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TERZA SERIE

AVVERTENZA

l. Questo volume, IV della terza serie dei Documenti Diplomatici Italiani, va dalla fine di luglio 1900 al 15 febbraio 1901, cioè dall'uccisione di Umberto I alla caduta del Governo Saracco.

I documenti pubblkati provengono dai seguenti fondi:

I. Archivio storico del Ministero degli Esteri: a) telegrammi in arrivo e partenza; b) archivio riservato del Segretario generale e del Gabinetto; c) serie politica;

d) eredità Nigra; e) fondi del Comitato per l'Africa.

II. Archivio Visconti Venosta-Santena.

III. Archivio Alberto Pansa -Reggio Emilia.

IV. Archivio Ministero della Marina -Roma.

Sono stati utilizzati altresì documenti dei volumi riservati, stampati dal Ministero degli Esteri, sulla Cina (serie confidenziale XX, 1900-1901), nonchè il Libro Verde n. 109, sugli accordi itala-francesi, presentato alla Camera il 2 gennaio 1920.

2. Com'è già stato osservato per il precedente volume di questa serie, la documentazione di certe trattative fondamentali, come quella tra il Ministro Visconti Venosta e l'ambasciatore francese Camille Barrère, è assai scarsa, specie se paragonata a quella pubblicata da parte francese. Ciò può dipendere dal fatto che le trattative furono condotte a Roma, nella massima segretezza ed in parte verbalmente; tuttavia rimane il sospetto che una •parte della documentazione sia andata perduta: tutti i nostri tentativi per rintracciarla, sono riuseiti vani. Nelle carte Tornielli, non v'è nessun documento riferentesi al periodo in cui egli fu ambasciatore a Parigi.

Molto ampia invece la documentazione relativa all'azione diplomatica del Visconti Venosta nella questione cinese: ad essa si è dato il dovuto risalto.

3. Nel licenziare il volume sento il dovere di ringraziare vivamente il Prof. Giacomo Perticone, curatore dei tre precedenti della stessa serie, per essermi stato prodigo di aiuti e consigli. Un ringraziamento particolare merita il Dott. Franco Bacino, esperto per la ricerca storico-diplomatica del M:inistero degli Esteri, per l'intelligente fattiva cooperazione. Ringrazio infine l'Ammiraglio di Squadra Carlo Paladini, direttore dell'Ufficio Storico della Marina, ed il Tenente Generale di Commissariato della Marina, Giovanni Bernardi, per le cortesi agevolazioni.

ENRICO SERRA

l),.


DOCUMENTI
1

L'AMBASCIATORE A MADRID, AVOGADRO DI COLLOBIANO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 537/176. Madrid, 26 Luglio 1900 (per. il 30) (1).

S. E. il Presidente del Consiglio mi ha confermato quanto già riferii col mio rapporto n. 483/153 del 2 corrente circa il consenso dato in massima dal Sultano del Marocco per la permuta del territorio di Ifni con altro più vicino al Rio d'Oro.

Il Signor Ojeda ha pure riferito di aver ottenuto assicurazione dal Sultano che si recherà egli stesso nel Riff per definire la questione della delimitazione della zona intorno a Melilla e che ha consentito alla domanda della Spagna per ottenere la libera disposizione delle fonti che forniscono l'acqua a Peuta.

Queste due quistioni contemplate dal Trattato di pace del 1860 non si erano

potute finora risolvere.

Il Signor Silvela ha la speranza che la pace non sia turbata al Marocco,

mercè disposizioni ferme ed intelligenti dimostrate dal Sultano nell'assumere il

potere dopo la morte del Gran Vizir.

L'agitazione per le occupazioni francesi è ora sopita.

S. E. mi disse avere più volte il Ministro degli Affari Esteri di Francia dichiarato all'ambasciatore di Spagna a Parigi che la Francia coll'occupazione dei territorii nell'ovest del Sahara ha avuto solo la mira di assicurare le comunicazioni fra l'Algeria ed i suoi possessi del Sahara e del Senegal, non intendendo di alterare lo statu quo del Marocco quale è realmente (2).

2

L'AMBASCIATORE A LONDRA, DE RENZIS, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 502/274. Londra. 27 luglio 1900.

Ho l'onore di trasmettere all'E. V. copia di un telegramma di Chang Chih Jung, Vice-Re dei due Hus, comunicatomi da questa Legazione di China (3).

5 -Documenti diplomatici -Serie III -Vol. IV

ALLEGATO

CHANG CHIN TUNG A LO FENG HUH

(Traduzione)

..... (per. il 25 luglio 1900).

• Since the breaking out of the Anti-Christian disturbances in the North of China, I have taken strong preventive measures within my jurisdiction against the similar occurrences and instructed my subordinate officials to afford effective protections to churches, chapels, missionaries, Christian convents & c., within their respective districts and to detach to them extra police and soldiery in case of need.

I have been so far successful in preserving peace and order within the Two Huus Provinces; but it is a matter to be deeply regretted that a fortninght ago an incident of destruction of a Church occurred in Hengchow in the province of Hunan, a prefecture rather far away from Wuchang.

I have since received a despatch from French Consul o:f that prefecture, reporting that in that incident two Italian Missionaries were murdered by the mob, but according to the reports made to me by the Taotai, the prefect and the Magistrate

o:f the District, no murder was mentioned.

Although it is not known which is the correct version, I have instructed the local Authorities to arrest and punish the criminals according to law and to send a special high official to the spot to superintend the administration of justice.

Please convey my deep regret to the Minister o:f Foreign Affairs at Rome for the incident, and assure him that no effort would be spared in the arrest and punishment o:f the parties who are :found to be guilty and due reparation shall be made to those who suffered either in li:fe or in property •.

(l) -Si pubblicano alcuni documenti del 26, 27, 28 e 29 luglio non compresi nel precedente volume. (2) -Il rapporto fu mandato in copia a Parigi e Tangeri. (3) -Il ministro a Pechino, Salvago Raggi, aveva inviato al Ministro degli Esteri alcuni rapporti, in data 2, 7. 12 giugno, che raggiunsero Roma solo nel mese di ottobre. In essi, che qui non pubblichiamo, Salvago Raggi fa la storia dell'inizio dell'insurrezione dei Boxers, del suo rapido diffondersi e dell'atteggiamento in proposito dei rappresentanti a Pechino delle varie potenze. Si vedano a questo proposito le memorie dello stesso Salvago Raggi pubblicateda G. LrcAT,A, NotabiLi della terza Italia, Roma, 1968, p. 327 e sgg. Si veda anche G. BoasA, Italia e Cina ne! Sec. XIX, Milano, 1961 e G. BoRSA, La crisi ita!o-cinese ne! marzo 1899 nz!!e carte inedite del ministro Canevaro, ne « Il politico », 1969, pp. 618-643.
3

L'INCARICATO D'AFFARI A COSTANTINOPOLI, GALLINA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 494/190. Therapia, 27 luglio 1900.

Gli avvenimenti che si svolgono nell'estremo Oriente sono qui seguiti collo stesso interesse destato in Europa dalla loro gravità, ma con sentimenti per certo assai diversi.

n linguaggio di gran parte della stampa turca, fin dalle prime notizie di quegli eventi, ed i commenti che vi si :fanno dagli indigeni, a quanto riferiscono persone che hanno dimestichezza con loro, indicano che la popolaziome musulmana segue con una certa simpatia il movimento anti-straniero scoppiato in Cina.

Siffatto sentimento è fino ad un certo punto spiegabile, poichè riposa sul legame, di cui molte cause ci sfuggono, ma che unisce inrnegabilmente tutti gli orientali di fronte all'europeo, su odi ài razza e di religione mal sopiti nella parte meno colta della popolazione mussulmana e sulla insofferenza da parte delle classi elevate di quella soggezione nella quale si sentono tenute dagli europei e che si palesa sovratutto nella diversità di trattamento usata dai Governi di Europa verso la Turchia nei rapporti internazionali.

Codesto stato d'animo che realmente esiste fra i musulmani è stato però esagerato, come avviene sovente, dalle dicerie inevitabili corse fra la popolazione straniera. Si parlò di prediche fatte nelle moschee nelle quali si additavano i cinesi come esempio di patriottismo, di minacce pubblicamente pronunciate, ecc., e si è dato a quelle voci, che non riposano su alcUJna prova sicura, una importanza che non risponde al vero stato delle cose.

Gli europei sono in Turchia troppo numerosi e troppo frammisti all'elemento ed alla vita indigena perchè vi si possano temere eccessi come quelli commessi in Cina contro gli stranieri. Oltre a ciò, le condizioni di questo paese, delle quali ognuno ha conoscenza, renderebbero la repressione molio più facile e pronta e questo pensiero non può a meno di esercitare sugli animi una salutare influenza.

Una conseguenza, però, di quanto succede in Cina, che molti dei Colleghi hanno ritenuta possibile fin da quando si comilnciò a parlare qui di quegli avvenimenti, si è una minore arrendevolezza da parte di questo Governo nei suoi rapporti coi Governi esteri e colle loro Rappresentanze ed un risveglio del desiderio che è costante nella Porta di sottrarsi ove le ne si presentasse il destro, alle capitolazioni, dalle quali si sente umiliata.

Sia per questa considerazione che per non tralasciare nessuna misura di prudenza, alcuni di questi Ambasciatori, e specialmente quello di Russia, stimarono opportuno di far giungere alla Porta ed al Palazzo consigli in proposito, che hanno già portato il loro frutto. La stampa ha tosto mutato linguaggio; cito, a mo' di esempio, un articolo dell'Ikdam, molto diverso da quelli comparsi finora e la cui int01nazione officiosa è facilmente riconoscibile. Se, come è a sperarsi, le Potenze potranno fra breve imporre al Governo cinese le loro condizioni ed attenerne la giusta riparazione loro dovuta, sparirà ogni pericolo anche lontano che quegli eccessi abbiano un contraccolpo in questo paese.

4

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL MINISTRO DELLA GUERRA, PONZA DI S. MARTINO

D. 30167/479. Roma, 28 Luglio 1900.

Mi sembra opportuno che sia ma;ntenuto una unità di criterio di regola per

la eventuale pubblicazione di notizie relative alla nostra spedizione militare in

China. Perciò io sarò grato all'E. V. se di tutti i telegrammi (non d'indole pura

mente tecnico-amministrativo) che Le giungeranno dal Comando delle nostre

truppe, Ella, egualmente come l'On.le Collega del Ministero della Marina ha la

cortesia di fare, vorrà mandarne subito copia al mio Ministero. Mi riserverei io

di giudicare sulla convenienza e sul modo della loro pubblicazione, salvo gli

accordi da prendere eventualmente con l'E. V.

Quanto alla maniera della trasmissione io gradirei che (egualmente come

viene fatto per i telegrammi della Marina) Ella ne facesse fare spedizione in

busta chiusa diretta personalmente al Sottosegretario di Stato di questo Ministero.

5

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL COMANDANTE DELLA NAVE “ ELBA “, CASELLA

T. 2136. Roma, 29 luglio 1900, ore 13.

Governo belga avverte noi e Governo francese che nella missione Chen-Ting corrono grave pericolo oltre molti religiosi anche parecchi impiegati ferrovia belga tra cui italiani Licaro, Gritti, Finardi. Governo belga crede possibile liberazione soltanto da Tientsin. Prego esaminare ed eventualmente provvedere di concerto specialmente collega francese.

6

IL MINISTRO A RIO DE JANEIRO, ANTONELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 2035. Rio de Janeiro, .....,ore 17,15 (per. ore 7,10 del 29 luglio 1900).

In udienza particolare ottenuta prima di ricevere telegramma di V. E. di ieri, questo presidente della repubblica mi ha fatto le più ampie dichiarazioni di amicizia verso l'Italia circa noto incidente. Mi ha detto che in vista delle nostre eccellenti relazioni amichevoli desidera che di quei fatti non si faccia un incideilte diplomatico, ma si considerino come non avvenuti togliendo dai nostri archivi ogni traccia. Nella conversazione molto più arrendevole del suo ministro, ha riconosciuto che può essere stata commessa qualche irregolarità, che il Cardinali e gli altri possono agire per le vie legali, chiedendo un'indennità (1). Quanto all'exequatur con un qualche ritardo ammette possa essere accordato, mi ha invitato recarmi mercoledì dal ministro degli affari esteri al quale avrebbe raccomandato soluzione dell'incidente. Sull'accordo commerciale ha manifestato tutta la sua soddisfazione: spera sia il principio di accordo commerciale più vantaggioso per i due paesi, augurando che la nostra emigrazione riprenda maggior ;;viluppo nel Brasile ed in San Paolo, dove è stata in questi ultimi giorni votata una legge per 50 mila emigranti sussidiati. Ho ringraziato S. E. Prego telegrafarmi .se V. E. mi autorizza chiudere incidente nel senso ilndicato da questo presidente della repubblica.

V. -a questo proposito l'interrogazione dell'on. Morpurgo sul mancato intervento del vice-console italiano e la risposta del sottosegretario on. Fusinato in Atti Parlamentari, Cam. Dep., Sessione 1900-01, I, p. 174 sgg.
(l) -La Compagnia lirica Cardinali si era impegnata con una società locale ad effettuare alcune recite nel Parà. Ma scoppiata la febbre gialla, che uccise alcuni dei suoi componenti, la Compagnia aveva cercato di fuggire imbarcandosi su di un piroscafo italiano, dove però i suoi componenti vennero arrestati dalla polizia brasiliana, portati a terra e gettati in prigione.
7

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AI RAPPRESENTANTI DIPLOMATICI ALL'ESTERO

T. 2142. Roma, 30 luglio 1900, ore 5.

Ho triste dovere annunciarle che S. M. il re Umberto è morto iersera domenica a Monza vittima di un infame attentato. Voglia partecipare codesto Governo luttuosa notizia. S. M. il re Vittorio Emanuele III travasi ora al Pireo donde sta per rientrare nel regno.

8

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI

T. 2144. Roma, 30 luglio 1900, ore 6.

Voglia comunicare a S. E. Villa la luttuosa notizia del mio precedente telegramma (l) e pregarlo in nome del presidente del consiglio di rientrare immediatamente a Roma per opportune disposizioni circa convocazione della camera dei deputati (2).

9

IL GOVERNATORE CIVILE DELL'ERITREA, MARTINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 2040/28. Asmara, 30 luglio 1900, ore 6,45.

Ciccodicola telegrafa Addis-Abeba 11 luglio n. 28: • Ieri sera Menelik ha firmato trattato. Questione confini finalmente finita. Grave, inattesa difficoltà ho dovuto superare in questi ultimi giorni: per lettera dirò. Circa pagamento si è convenuto ripartirlo in tre rate: la prima, di un milione, dopo sei mesi da oggi; la seconda, di due milioni, dopo un anno; la terza, rimanente, dopo un anno e mezzo. È morto Grasmacc Joseph ». Prego V. E. di farmi conoscere se posso pubblicare con bando notizia trattato, ciò che sarebbe il caso di fare prima che essa giunga in Tigrè, dove IIlon tarderà ad arrivare.

10

L'INCARICATO D'AFFARI AD ATENE, NOBILI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 2039. Atene, 30 luglio 1900, me 9,55.

Comunicata R. Governo luttuosa notizia, S. A. lasciò Pireo ieri ore 16. Capitaneria riferisce partito direttamente a Napoli. Presidente consiglio telegrafò autorità porti intermedi.

p. -337 e sgg.
(l) -Cfr. n. 7. (2) -La Camera dei deputati venne convocata il 6 agosto per ascoltare le commemorazioni di re Umberto I fatte dal presidente Villa, dal presidente del Consiglio, on. Saracco e dagli onn. dell'opposizione Turati e Pantano. V. Atti Parlamentari, Cam. Dep., Sessione 1900-01, I,
11

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, FUSINATO, AL MINISTRO DELLA REAL CASA, PONZIO VAGLIA

T. 2146. Roma, 30 luglio 1900, ore 10,30.

R. incaricato d'affari Atene telegrafa Yacht reale « Yela » partito ieri da Pireo ignota destinazione telegramma non potè essere destinato all'augusto destinatario. Ho tosto telegrafato a tutti gli agenti di S. M. negli scali ove supponibile approdo acciocchè, questo avvenuto, sia fatta immediata comunicazione. Il ministro dell'interno telegrafa, da canto suo per gli scali del regno.

12

L'INCARICATO D'AFFARI AD ATENE, NOBILI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 2041. Atene, 30 luglio 1900, ore 13,30.

Presidente del consiglio, venuto nuovamente legazione, mi ha detto autorità marittime avvertite per la trasmissione telegramma S. M., cannoniera greca <;pedita in crociera fra Zante e Cefalonia ricercare yacht reale, telegrafato Corinto per dove S. M. pare, avesse intenzione passare, invece proseguito direttamente Napoli. Presidente del Consiglio aggiunse domani doppierà capo Spartivento.

13

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL MINISTRO A RIO DE JANEIRO, ANTONELLI

T. 2154. Roma, 30 luglio 1900, ore 17.

Anche noi abbiamo vivo desiderio definire amichevolmente il caso di Parà (l) senza farne incidente diplomatico. Debbo però osservare che da parte del nostro vice console, nello aver creduto estraterritoriale il piroscafo nazionale, vi fu semplice errore di giudizio che !llon impedì nel fatto l'azione degli agenti locali, mentre invece da parte dell'autorità locale vi fu indubbiamente arresto arbitrario. Noi non potremmo, quindi, considerare eliminato l'incidente se il governo federale non riconosce, quanto meno, l'irregolarità dell'operato dell'autorità locale dandone notizia tanto a lllOi quanto al Governo statale. La situazione del vice console potrà essere regolata più tardi.

(l) Cfr. p. 4, nota l.

14

IL COMANDANTE DELLA NAVE “ ELBA “, CASELLA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 2048. Chefoo, 30 luglio 1900, ore 17,10 (per. ore 10 del 31).

Giorno 28 Granzeleda da Tientsin mi comunica per trasmettere famiglie, fino 21 del mese tutti italiani residenti Pechino salvi.

15

L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 1004/603. Berlino, 30 luglio 1900.

Come seguito al mio telegramma del 25 corrente n. 116 (l) ho l'onore di informare V. E. che questo Governo imperiale pubblicherà quanto prima llln decreto per proibire la esportazione delle armi e munizioni da guerra dalla Germania in China (2). Intanto, le autorità germaniche in alcuni porti principali sono state incaricate d'impedire, in una maniera assoluta, ogni imbarco di munizioni o di materiale da guerra per l'estremo oriente a meno che non sia fornita la prova della loro destinazione altrove che per la Cina. D'altra parte i Consoli di Germania sulla via dell'Asia Orientale sono stati invitati a denunziare ogni carico sospetto al ca9o delle forze marittime della Germania nell'estremo oriente.

Mi sono astenuto dal telegrafare quanto precede poichè sono informato da :J.Uesto dipartimento degli Esteri che l'Ambasciata di Germania iln codesta capitale ha già fatto una comunicazione nel senso suespresso all'E. V.

16

IL DIRETTORE GENERALE DELLA PUBBLICA SICUREZZA, LEONARDI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 2057/16611. Roma, 31 luglio 1900, ore 13,50.

È pervenuto stamane da Nuova York seguente telegramma che è stato trattenuto direzione telegrafi Milano «Angelo Bresci Monza (Italia). Coraggioso compagno bene colpì. Anarchici Nuova York ». Ne do comunicazione all'E. V. per quelle pratiche che credesse disporre verso console Nuova York e Govermo Stati Uniti anche per conoscere nomi coloro che trasmisero telegramma (3).

(l) -Non pubblicato. (2) -Con successivo tel. 224/136 in data 11 agosto, non pubblicato, Lanza comunicava l'avvenuta pubblicazione del decreto imperiale sulla Gazzetta Ufficiale. (3) -Con tel. 2131, giunto a Roma il 3 agosto 1900, non pubblicato, il console generale a New York, Branchi, precisò che il telegramma era stato firmato Joe Schineo, nome probabilmente falso, e proveniva dalla pensione tenuta da un noto anarchico, Cesare Pinotto, amico di Bresci.
17

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, FUSINATO, AI CONSOLI GENERALI AD ALGERI, MACHIAVELLI, A CANEA, MEDANA, A CORFU', DE GUBERNATIS, A MALTA, GRANDE, A SMIRNE, ACTON, A TRIPOLI, CHICCO, AI CONSOLI AD ALESSANDRIA D'EGITTO, ROMANO, A PORTO SAID, IONA, AL VICE CONSOLE A VALONA, BOSIO, E AI REGGENTI L'AGENZIA CONSOLARE A PREVESA, FONDA, E A RAGUSA, SERRAGLI

T. 2162. Roma, 31 luglio 1900, ore 16.

S. M. il re Vittorio Emanuele approdato stamane Reggio Calabria.

18

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, MALVANO, AL MINISTRO DELLA REAL CASA, PONZIO VAGLIA

T. 2171. Roma, 31 luglio 1900, ore 23,35.

R. ambasciatore Berlino annuncia la morte di S. A. R. il Duca regnante di Sassonia-Coburgo e Gotha, già duca di Edimburgo, figlio di S. M. la regina d'Inghilterra.

19

IL MINISTRO DELLA GUERRA, PONZA DI S. MARTINO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

N. 988. Roma, 31 luglio 1900.

Come l'E. V. avrà notato, ho subito adottato il sistema proposto nella lettera del 28 corrente (1), trasmettendo in busta chiusa al Sottosegretario di Stato di codesto Ministero il telegramma che annunzia l'arrivo delle nostre truppe ad Aden.

Aggiungo che di detto telegramma ho già provveduto io a dar comunicazione all'Agenzia Stefani.

Siccome poi dovrà trascorrere ancora un lasso di tempo abbastanza notevole, prima che le nostre truppe arrivino sul campo dell'azione, avremo agio di metterei d'accordo sul sistema da tenere per le partecipazioni di notizie da farsi al pubblico (2).

(l) -Cfr. n. 4. (2) -Il dibattito sulla spedizione italiana in Cina era assai vivo nel paese, come vivace era l'opposizione delle Sinistre: si vedano gli articoli di G. Ferrera su n Secolo (giugno e luglio), di A. Labriola su Critica Sociate, ripreso da l'Avanti (4 luglio), di C. Lombroso sulla Nuova Antologia del l• luglio, dell'an. Pantaleoni sulla Rivista Popolare dello stesso mese, ecc. Tra i quotidiani favorevoli all'intervento La Tribuna (che pubblica uno scritto di Francesco Crispi) e La Perseveranza.
20

L'AMBASCIATORE A WASHINGTON, FAVA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 2070/55. Seabright, .... luglio 1900 (per. l'1 agosto).

Console generale a New York mi riferisce avere avuto incarico dal ministero dell'intemo di ricercare eventuali complici Bresci, che dimorò Patterson. Sembrando accertato che l'assassino apparteneva gruppo anarchico di questa località da me sovente segnalato ministero dell'interno, ho dato istruzioni Branchi valersi agenzia privata di «Detectives » qui capaci di efficaci indagini e l'ho autorizzato alle spese necessarie, perchè non vi è molto da sperare sull'azione della polizia federale e locale. A quest'ultima mi ero già rivolto una settima111a fa per verificare notizia apparsa nei giornali che certo Luigi Bianchi detto Carbone dimorante anche Patterson dove si suicidò 17 corrente dopo di aver ucciso Giuseppe Piccante, aveva lasciato lettera in cui dichiarava di essere anarchico e di avere avuto mandato di uccidere S. M. il re. Segretario di stato mi assicurò di avere disposto attive ricerche potendo essere relazione coll'assassinio del nostro Sovrano. Ho telegrafato Branchi mandare tosto Patterson R. vice console esaminare carte trovate sul predetto individuo. Chiedo questo Governo comunicazione tutte le cosP che potrà raccogliere.

21

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, FUSINATO, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, DE RENZIS

D. 30580/173. Roma, 31 luglio 1900.

Trasmetto all'E. V. per sua notizia, la unita copia del verbale (l) ora soltanto approvato dai rispettivi governi del,la riunione tenuta il 18 maggio p.p. in Roma, dai rappresentanti delle potenze protettrici di Creta.

Già ho dato istruzioni al R. Console in Canea di mettersi d'accordo coi suoi colleghi di Francia, d'Inghilterra e di Russia, così per fornire ai quattro Governi interessati le notizie di fatto accennate nel verbale di cui si tratta relativamente alla tassa del tre % ed all'ammontare delle somme che possono essere attribuite al pagamento delle indennità reclamate dai danneggiati dai passati torbidi dell'isola, come pure per la notificazione da farsi all'Alto Commissario dell'accettazione definitiva, per parte dei governi stessi, della proposta russa concernente le modalità del rimborso dei quattro milioni anticipati dai medesimi al Governo cretese.

Gradirò di conoscere se analoghe istruzioni siano state impartite da codesto Governo al proprio agente consolare in Creta. Intanto, poichè il governo cretese non ha ancora dato riscontro alcuno alla nota verbale del 9 aprile p. p (vedi doc. n. 3338 Ser. LXXVII) (2) desidero che Ella mi faccia conoscere se codesto Governo non ritenga, come a me sembra, opportuno che i quattro Consoli alla

Canea insistano, d'accordo, presso l'Alto Commissario per avere al più presto una risposta concreta circa la questione di massima che formò oggetto di quella nota verbale che, cioè, la sopratassa del tre % deve servire a indennizzare le perdite cagionate, così ai cretesi, come agli stranieri, am.che dai torbidi verificatisi dopo il 1898.

In attesa di un suo cortese riscontro, per quelle istruzioni che fosse il caso di impartire, in tal senso, al R. console in Canea, mi valgo dell'occasione per esternarle, Signor Ambasciatore, gli atti della mia alta considerazione (1).

(l) -Non rinvenuto. Vedi nota a p. 10. (2) -Non pubblicato.
22

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, MALVANO, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, DE RENZIS

D. 30585/172. Roma, 31 luglio 1900.

Per opportuna notizia di V. E., Le comunico le seguenti informaziOIIli trasmessemi dal Governatore dell'Eritrea e dal R. Consolato Generale in Zanzibar intorno alla sollevazione nell'Ogaden.

Dopo una sconfitta toccata allo Sceik Mohamed Abdullai dalla gente di Degiac Banti molti altri Sceik Somal1i delle località di Gig-Giga, Gi1dessa ed Uad Amed, si sarebbero sollevati predicando la guerra santa contro i bianchi e più specialmente colla intenzione di combattere gli abissini dell'Harrar.

Essi avrebbero imposto al vecchio Sceik dei Dalbahanta di ritirarsi nel suo paese, rinunziando di fare causa comune con lui e tacciandolo di uomo ambizioso, che col pretesto di predicare la guerra santa mirava a formarsi un sultanato indipel!ldente. Fra questi Sceik capitanati dallo Sceik Sciunnile e gli abissini di Harrar avrebbe avuto luogo uno scontro, dopo del quale i belligeranti si sarebbero ritirati nelle rispettive loro località.

Al Governo Eritreo giunse pure notizia di uno scontro avvenuto nell'Harrar fra il Mahdi Gherard Abdi che sembra sia uno dei Sottocapi dello Sceik dei Dolbahanta, e gli abissini che sarebbero riusciti vincitori, e avrebbero trovato sul campo di battaglia materiale di guerra di origine inglese.

23

L'AMBASCIATORE A LONDRA, DE RENZIS, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

r. 2077. Londra, 1 agosto 1900, ore 11,04.

Duca d'Argyll è venuto dirmi che è stato delegato a rappresentare S. M. la regina ai funerali del re. Lo accompagnerà probabilmente il generale Slade già addetto militare all'ambasciata britannica in Roma.

(l) Nota marginale del documento: • Non visto l'annesso il 10 agosto. Probabilmente perso per colpa del R. Ambasciatore ».

24

L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

(AVV)

L. P. Berlino, 1 agosto 1900.

La tremenda sciagura che ha colpito l'Italia e il cambiamento avvenuto nella persona del Capo dello Stato potranno forse mutare le disposizioni progettate riguardo all'Ambasciata di Berlino, e certo poi quelle relative alla mia destinazione dopo che avrò lasciato il posto che ora occupo. Credo perciò mio dovere di assicurare fin d'ora l'E. V. ch'io sarò disposto ad accogliere di buon grado qualsiasi provvedimento Le piaccia suo tempo proporre a S. M. il Re non tenendo naturalmente in nessun conto le anteriori comunicazioni che mi sono state fatte circa la mia destinazione. Anzi io sarò sommamente grato a V. E. e al Ministro della Guerra se vorranno-e V. E. comprenderà il sentimento a cui mi inspironeppur far cenno a S. M. il Re delle intenzioni avute dall'Augusto Suo povero Genitore a mio riguardo, così che S. M. non possa per avventura tenersi vincolato

o solo influenzato da quelle intenzioni nelle sue determinazioni.

25

L'INCARICATO D'AFFARI DEGLI STATI UNITI A ROMA, IDDINGS, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

L. P. Roma, 1 agosto 1900.

I have the honour to communicate to you the following telegram, which has been received at this Embassy from the Secretary of State at Washington:

«Upon the suggestion of the Consuls at Chefoo and the admirals at Taku, this Government is prepared to cooperate forthwith with Germany, France, Great Britain, Italy, Japan allld Russia, to lay a temporary military cable from Taku to Shanghai to insure direct and prompt communica:tion with the military and naval forces operating in China, each nation defraying its share of the total cast, estimated not to exceed fìve-hundred and fifty thousand dollars ».

Accompanyilllg instructions direct me to cali Your Excellency's attention to this matter, with a view to its speedy consideration; which I venture to do, even at this time when the Royal Government is so sadly preoccupied, because of the pressing situation in China.

26

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, FUSINATO, AL MINISTRO DELLA REAL CASA, PONZIO VAGLIA, A MONZA

T. 2179. Roma, 2 agosto 1900, ore 12,25.

Oltre a parecchi capi di m1sswne che nella presente circostanza saranno particolarmente accreditati già si annuncia la venuta di principi e di missioni speciali. Sono annunciati S. A. R. il principe Nicola di Montenegro e S. A. R. il duca di Sparta. Sono annunziate: una missione della regina d'Inghilterra di cui faranno parte il duca d'Argyll e probabilmente il generale Slade, già addetto militare presso la R. corte; una missione della regina d'Olanda composta di tre personaggi di cui non si conoscono i nomi; una missione del presidente della repubblica francese di cui faranno parte il generale di divisione Zédé, governatore di Lione, comandante il XIV corpo d'Armata, il contr'ammiraglio Nabone, il signor Fontaine segretario d'ambasciata di la classe, il luogotenente colonnello Nicolas, addetto alla persona del presidente ed un ufficiale di ordinanza del generale Zédé.

Mentre mi riservo a suo tempo di concordare quanto occorre con S. E. il prefetto di palazzo prego V. E. voler recare quanto precede a conoscenza di S. M. e di farmi ·conoscere se e quali disposizioni S. M. intende dare drca le missioni speciali già annunciate e quelle che potranno essere ulteriormente annunciate (1).

27

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 2102. Parigi, 2 agosto 1900.

Stamane alle nove e mezzo, mentre lo scià usciva dalla sua residenza un ilndividuo tentò tirargli un colpo di revolver ma fu trattenuto per il braccio dal gran vizir e quindi arrestato e disarmato. La sua identità non è ancora accertata, ma dalla sua pronuncia queste autorità ritengono sia un francese. Telegrafo quanto precede a Monza.

28

L'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, MORRA DI LAVRIANO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 2130. Pietrobu1·go, 3 agosto 1900, ore 21,40.

Un comunicato del Messaggero del Governo rende [conto] dei passi fatti dall'imperatore China per ottenere mediazione dell'imperatore di Russia, passi sui quali finora era stato serbato il silenzio. La richiesta di mediazione è del 3 luglio; la risposta del 13. Imperatore China ricorda secolare amicizia, chiede Russia indichi mezzi per salvare il paese e prendere iniziativa porli in esecuzione. Risposta dichiara che l'incertezza sorte europei, rende difficile, per ora, mediazione. Russia non desidera che il ristabilimento ordine. Guidata da secolare amicizia, desidera riuscire allontanare mali, che minacciano la China e porre a disposizione del Governo legale possibile aiuto per soffocare crescente imsurrezione.

(l) Non si pubblicano numerosi telegrammi concernenti le missioni estere ai funerali del re.

29

L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. R. 2121/123. Berlino, 3 agosto 1900, ore 11,33 (per. ore 14,55).

Calmato alquanto primo violento impeto imdignazione, e mentre continuano infinite commoventi dimostrazioni simpatia profonda condoglianza per l'orribile tragedia di Monza, comincia qui farsi strada corrente opinione che Italia debba provvedere, con misure energiche, a frenare movimento anarchico che divampa e quasi sempre trova italiani pronti azioni più criminose, mettendo in pericolo tutti i sovrani Europa. Un importante autorevole organo di Monaco, parla, perfino, dell'obbligo Europa esigere garanzie in proposito dall'Italia. Biilow, tuttora presso l'imperatore assente, ha fatto, oggi, richiamare mia attenzione su questo concetto dell'opinione pubblica, da f. f. sottosegretario per gli affari esteri. Interprete idee imperatore, Bi.How ripone in campo questione di pena capitale, già trattata :in occasione assassinio imperatrice di Austria. Ora, come allora, rappresentai difficoltà riintrodurre pena capitale in Italia, e sua inefficacia. Credo, però realmente che, se pena capitale per regicidi, od altro energico provvedimento palese, potesse immediatamente da noi essere adottato, prestigio Italia presso le potenze monarchiche, di cui anzi tutto ci preme stima e appoggio, verrebbe rialzato di tanto quanto ha perduto per persuasione, non discuto se .fondata, o meno, di mollezza mel reprimere diffusione idee sovversive ed eccessivo culto di teorie umanitarie o di libertà, che ne favoriscono « l'éclosion •. In ogni caso, stimo mio dovere non tardare riferire idee che qui corrono e cenno fattomi dal Governo imperiale, dal quale sono divise.

30

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, FUSINATO, AI MINISTRI A L'AJA, GALVAGNA, AD ATENE, AVARNA, A BERNA, RIVA, A BRUXELLES, CANTAGALLI, A BUENOS AYRES, MALASPINA, A CETTIGNE, BIANCHI DI CASTELBIANCO, A LIMA, PIRRONE, A LISBONA, GERBAIX DE SONNAZ, A RIO DE JANEIRO, ANTONELLI, A STOCCOLMA, GUASCO DI BISIO, ALL'INCARICATO D'AFFARI A COPENAGHEN, FERRARA DENTICE, AI CONSOLI GENERALI A BELLINZONA, MARAZZI, A MALTA, GRANDE, A SMIRNE, ACTON, A TRIESTE, LAMBERTENGHI, E AI CONSOLI A CANEA, MEDANA, E A FIUME, LEBRECHT

Roma, 3 agosto 1900, ore 20,30.

T. 2200.

Funerali solenni avranno luogo Roma giovedì 9 corre111te.

31

L'AMBASCIATORE A W ASHINGTON, FAVA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 2113/86. Washington, 3 agosto 1900 (per. ore 6,30 del 3).

Li Hungh ha fatto chiedere questo Governo se le potenze sospenderebbero avanzata sopra Pechino qualora ministri esteri fossero scortati Tientsin, ovvero ammessi comunicare coi rispettivi Governi. Segretario di stato ha rifiutato entrare in discussione dichiarando che la libertà comunicazione agenti esteri rispettivi Governi è diritto n01n favore, e che China dimostrerebbe attitudine ostile agendo altrimenti.

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IL COMANDANTE DELLA NAVE “ ELBA”, CASELLA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 2129. Chefoo, ..... 1900 (per. ore 21,30 del 3 agosto).

Ho informato contr'ammiraglio francese pericolo missione Chenting. Egli richiederà notizie da console generale Tientsin. Ritenuto per il momento impossibile prestare aiuto missione rimanendo Chenting 250 a 300 kilometri da Tientsin e Pechino infestato da boxers.

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IL RAPPRESENTANTE DIPLOMATICO PRESSO IL NEGUS, CICCODICOLA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 2555. Addis Abeba, 3 agosto 1900 (1).

Ho ricevuto dispaccio di V.E. in data del 26 luglio circa espulsione lazzaristi dall'Agamè. Mi risulta che Lagarde li aveva raccomandati a Menelik, ma questi, mentre per mezzo di Lagarde, faceva conoscere che li avrebbe protetti scriveva a Ras Maconnen di farli immediatamente partire Agamè. Le loro proteste a nulla valsero e dovranno eseguire l'ordiJne avuto.

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L'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI. VISCONTI VENOSTA

R. 1079/514. Vienna, 4 agosto 1900.

Ieri soltanto, per mezzo del corriere ausiliare, ho ricevuto il dispaccio confidenziale del 15 luglio scorso n. 28343/596 relativo all'azione militare in Cina,

il cui contenuto mi era già noto per una lettera particolare di V. E. del 17 dello stesso mese, giuntami il 19 seguente. Ho preso nota anche del detto rapporto;

e per ora non mi rimane che a confermare quanto ebbi l'onore di mandare a

V. E. con telegramma del 21 luglio, e a questo fine ripeto qui la sostanza di quel telegramma.

« Vienna 21 luglio 1900. Ho parlato al Conte Szecsen nel senso indicatomi da V.E., ed egli mi assicurò che il Governo austro-ungarico non intende punto di disertare il posto che compete alla Monarchia Austro-Ungarica in Cima, e che a questo scopo il Comandante navale Austro-Ungarico aveva ricevuto l'istruzione di prender parte colle forze che erano a sua disposizione a tutte le misure militari, nonchè a tutti i negoziati diplomatici ed agli accordi di indole generale che sarebbero presi in comune dai rappresentanti delle Potenze, tenendosi più specialmente unito ai colleghi d'Italia e di Germania. Egli mi disse poi che l'Austria-Ungheria non credeva di dovere, salvo circostanze impreviste, mandare in Cina delle forze armate di terra, poichè, mandandone poche, la Monarchia non avrebbe fatto la figura che le compete come grande potenza militare di terra, e, mandandone molte, avrebbe oltrepassati i limiti segnati dai propri interessi. Però egli ripetè che il Governo Austro-Ungarico era deciso a mantenere il suo posto nei consigli delle Potenze rispetto alla Cina, e nei limiti suesposti anche nei fatti militari. Io dissi, conchiudendo la conversazione, che tale appunto era il desiderio del Governo del Re nell'interesse comune».

(l) Il documento venne trasmesso telegraficamente da Aden il 2 settembre, ore 17,50.

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L'INCARICATO D'AFFARI A COSTANTINOPOLI, GALLINA, ALL'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, PANSA (l)

(Archivio Pansa)

L. P. [Costantinopoli], 4 agosto 1900.

Quando il Principe di Napoli fu qui, il Sultano in uno di quei momenti di entusiasmo che tu gli conosci, disse al principe che desiderava avere qui degli ufficiali italiani, come già ne aveva dei tedeschi, e mandare in Italia ufficiali ottomani come aveva fatto con Berlino e che lo pregava di chiedere il permesso del Re. S. A. avendogli osservato che per le ulteriori pratiche si sarebbe dovuta di ciò occupare l'Ambasciata e che era perciò meglio che questa facesse fin d'ora la domanda, il Sultano gli disse che incaricherebbe Tewfic di parlarmene e ripetè poi un momento dopo a Cangià la stessa cosa, affinchè la dicesse a me, che aveva chiamato a tale scopo vicino a sè. Il principe ha preso la cosa molto a cuore, come è naturale e partendo mi raccomandò di non !asciarla cadere (2). Edotto dall'esempio di Agamennone, dell'ingegnere idraulico ecc. ho pensato che la cosa non andrebbe così liscia e prima di scriverne a Roma ho voluto andar cauto e pregai Cangià di riparlarne alla Porta ed a Palazzo.

Tahsin e Tewfic confermarono le intenzioni del Sultano per quanto dguarda

gli ufficiali ottomani, ma per l'invio dei nostri qui dissero trattarsi di un equivoco

non avendone S. M. parlato. È sempre la stessa storia! Anche per gli ufficiali

turchi, poi, avendo chiesto a Tewfic maggiori particolari egli mi disse che doveva ancora prendere gli ordini di S. M. e mi avrebbe poi scritto. Ma finora nulla comparve e non so se vi sarà un seguito qualsiasi. Date le continue difficoltà di ogni genere incontrate dagli ufficiali tedeschi, i quali si sono per ciò allontanati ormai quasi tutti, non credo che si debba rimpiangere che il Sultano si sia rimangiato l'invito. Ma sarebbe bene convincerne il principe che ha preso sul serio la cosa. Siccome tu dovrai vedere il nuovo re prima di ritornare ti avverto di quanto precede poichè molto probabilmente egli te ne parlerà.

Io poi scriverò a Roma in proposito e dopo averne riparlato con Tewfic e qualunque sia la sua risposta, riferendo come andarono le cose.

Che terribile catastrofe! La cosa fece qui molta impressione e sono intontito da tutte le visite, lettere, telegrammi di condoglianza che si seguono da tre giorni senza interruzione. Tutti imprecano alla mancanza di misure, alla soverchia indulgenza ecc. e fra una settimana se vl fosse un nuovo congresso antianarchico, esso avrebbe lo stesso bel risultato del primo e le cose andranno sempre ugualmente.

L'impressione del Sultano è stata enorme e prevedo una recrudescenza di difficoltà per i nostri operai.

Non fu fatta ancora la consegna del terreno, ma l'acquisto è fatto per intero; non si tratta più che di pagarlo, formalità del tutto secondaria secondo questi usi. Sollecitiamo di tanto in tanto.

Morandi è stato destituito in seguito ai ripetuti lamenti giunti a Roma da qui. La sua assenza dalla scuola il giorno in cui doveva dare i temi degli esami di licenza fu la spinta finale alla misura. Grande ira contro il Console, che si accusa (ed anche a torto in questa circostanza) di aver fatto il suo dovere. Sai che in quanto all'inchiesta egli aveva declinato di farla per varie ragioni. Non si limitò che a riferire la cosa degli esami. Ma c'è un movimento pro Morandi assai considerevole fra i giovanotti suoi amici e si voleva far depositare da lui (in unione al fratello di Levi) a nome della colonia la corona che questa invia a Roma pel defunto re. Guiccioli, con ragione, si è opposto e Levi deporrà da solo.

La guerra al Console si fa ogni giorno più aspra e potrebbe in seguito avere conseguenze. Se egli in qualche cosa esagera, in molte altre ha ragione. Al tuo ritorno credo che bisognerà esaminare la cosa un po' dall'alto; vedere che egli non si metta nel caso di farsi dar torto dal Ministero come già accadde a tre riprese e poi che si sappia che egli ha il completo appoggio della superiore autorità (1).

Scusami se turbo così la quiete del tuo congedo ·con uggiosi racconti.

(l) -Pansa si trovava in congedo in Italia. (2) -La visita in incognito dei principi di Napoli, che durò una settimana, terminò il 15 luglio 1900.

(l) L'eco dell'opposizione al Console Mazza giunse in Parlamento con tre interrogazioni degli onn. Mazza, Celli e Santini, cui rispose il sottosegretario agli Esteri Fusinato. Al console venne imputato di aver esatto delle tasse consolari non dovute, di non curarsi adeguatamente delle scuole italiane, di non aver tenuto un comportamento adeguato in occasione della morte del re. Cfr. Atti Parlamentari, Cam. Dep., Sessione 1900-1, l, 4 dicembre 1900, p. 991 e sgg.

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IL MINISTRO A PECHINO, SALVAGO RAGGI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. s. n. Pechino, 5 agosto 1900 (1).

Governo cinese mi ha anJnunciato morte di S. M. il re. A nome personale

della legazione e mio, prego V. E. esprimere S. M. nostri sentimenti profondo

dolore, inalterabile devozione.

Da due mesi non ho ricevuto alcun telegramma, credo che bisogna trasmet

tere per mezzo ministro di China Londra.

Questa notte furono tirate contro noi molte fucilate. Urn russo ucciso, due

feriti, nessun italiano colpito; dal 30 luglio non abbiamo notizie delle truppe

che noi speriamo marcino verso Pechino.

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L'INCARICATO D'AFFARI A BELGRADO, DE SARNO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 796/175. Belgrado, 5 agosto 1900.

Oggi, in forma solenne, ha avuto luogo il matrimonio di S. M.. il Re Ale:ssandro con la graziosissima Signora Draga nata Lu~nevitza. Ha preso parte alla cerimonia tutto il Corpo diplomatico meno l'Incaricato d'affari d'Inghilterra che, all'ultimo momento, ebbe ordine dal suo Governo di non prendervi parte. Il signor Manzuroff, quale rappresentante dello Czar, e S. E. il signor Marchand, designato negli ultimi istanti a rappresentare il Presidente della Repubblica Francese, ebbero posti e riguardi speciali.

S. M. il Re, a festeggiare maggiormente il fausto avvenimento, ha fatto una distribuzione di decorazioni e, insieme a S. M. la Regina, ha elargito somme di denaro ai poveri, agli ospizi, a Società operaie, a chiese.

Con Ukase reale odierno venne stabilito che l'Istituto femminile di Belgrado, come pure 1'8° reggimento di fanteria, porteranno, d'oggi irn poi, il nome della Regina. E « Draga » si chiamerà pure il yacht che il Comune di Belgrado ha deliberato di offrire alla Real Coppia.

Il Giornale ufficiale, uscito oggi in edizione di lusso, a colori, porta i ritratti degli augusti sposi e molti decreti di nomine, promozioni, trasferimenti e pensionamenti di impiegati civili e militari, nonché i nuovi decreti di amnistia i quali, però, tnon hanno soddisfatto la pubblica aspettazione. Difatti, di tutti i condannati nel processo per alto tradimento e attentato contro l'ex-Re Milan, solo il signor Tauschanovitch ed il signor Stojan Protitch, già redattore capo dell'Odjek, sono stati messi in libertà. Tuttavia si afferma che, malgrado il parere contrario dei Ministri della Giustizia e dell'Interno, direttamente interessati, S. M. il Re, in occasione del prossimo viaggio di nozze che tntraprenderà fra giorni, insieme a

S. M. la Regina, nell'interno del paese, sia intenzionato di ela'rgire, appena giunti

n. -2244, il giorno 11 agosto 1900, alle ore 18,24.

6 -Documenti dipLomatici -Serie III -Vol. IV

a Lugnevitza (villaggio donde è originaria S. M. la Regina Draga) una nuova

amnistia a pro' di quei disgraziati.

Il Decreto principale d'amnistia comparso oggi, concerne adeguate dimi

nuzioni di pene ai condannati dai Tribunali ordinari.

Il signor Paschitch è giunto a Belgrado.

Alcuni emigrati hanno fatto di già ritorno nella Capitale.

Mi esimo dallo smentire il preteso attentato che avrebbe avuto luogo contro

S. M. il Re Alessandro, trattandosi di notizia inventata di sana pianta.

(l) -Il telegramma venne inviato tramite l'ambasciata a Londra, che lo trasmise con il
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L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 2178. Berlino, 6 agosto 1900, ore 14.

Questo Governo giudica, da quanto dissemi il conte di Biilow, meno opportuna marcia immediata truppe alleate su Pechino di cui è questione in questi giorni. Inondazioni ·che sono da prevedere, insufficenza numero truppe mancanza di intesa sul comando superiore, fanno ritenere meno sicuro successo avanzata, mentre questa per evitare mali peggiori, deve farsi con sicurezza di risultati pienamente favorevoli. Il ritardo dell'avanzata fino all'arrivo di tutti i rinforzi

ora in viaggio dà inoltre adito speranza che possa nel frattempo essere posto in libertà personale legazioni europee aggredite in Pechino.

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IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA

T. CONF. 2271. Roma, 7 agosto 1900, ore 12,15.

Al presidente del consiglio e al ministro della real casa nella prese~nte luttuosa circostanza sono giunti numerosi telegrammi da municipii del Trentino, del Goriziano, dell'Istria e di Dalmazia, anzitutto dal municipio di Trieste, nonché da associazioni di quelle regioni. Mio proposito sarebbe di incaricare, io stesso, i RR. consoli dei rispettivi distretti di ringraziare in termini molto semplici i municipii e quelle soltanto tra le associazioni con le quali i RR. consoli possono

a loro giudizio avere rapporti. Prima di nulla fare desidererei conoscere il parere di lei.

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L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 2194. Berlino, 7 agosto 1900, ore 19,56.

Lettera reale riservata in seguito a scambi di idee confidenziali e personali

fra gli imperatori di Germania e Russia. Quest'ultimo ha telegrafato oggi a S. M. imperatore Guglielmo che sarebbe felicissimo mettere le sue truppe in China sotto gli ordini di generale tedesco. Questo ultimo sarebbe già designato nella persona del feld-maresciallo Waldersee. Comunicazione di questa importante decisione è stata fatta oggi a tutte le grandi potenze interessate. Questo Governo non dubita che proposta russa sia accettata da Francia. Non si dubita del consenso italiano; prevedesi che non rifiutata dal Giappone, si teme solo possa incontrare ostacoli dall'Inghilterra. Questo sotto segretario di stato affari esteri spera che anche con azione nostra Londra possa scongiurare opposizione inglese che porterebbe gravi conseguenze. Prega.to, sarei grato a V. E. telegrafarmi al più presto se, come non dubito, Italia accetta comando superiore in China affidato al feldmaresciallo Waldersee.

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IL MINISTRO DEL BELGIO A ROMA, VAN LOO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

Roma, 7 agosto 1900.

D'après les instructions du gouvernement du Roi, mon Auguste Souverain, j'ai l'honneur de porter à la connaissance de V. E. qu'un comité s'est constitué à Bruxelles à l'effet de former un corps de volontaires belges, destiné à coopérer à l'action militaire des puissance alliées en Chine.

Ce corps sera organisé immédiatement. Il est à prévoir qu'il pourra s'embarquer à Anvers dans la seconde moitié du mois de septembre. Il sera d'une force de six cents hommes environ, et se trouvera munì du matériel et des services accessoires qui lui seront nécessaires. Il sera composé de belges choisis avec soin et principalement d'officiers et soldats de l'armée nationale, qui recevront des congés à cet effet.

Il portera le drapeau beige.

Le gouvernement du Roi a donné son assentiment à ce projet.

Dans les circonstances où elle s:accomplira, la mission de ce corps, à nos yeux, et, nous n'en doutons pas, aux yeux des puissances intéressées, ne saurait présenter rien de contraire à la position qu'occupe la Belgique dans le droit public.

Le gouvernement du Roi espère que le gouvernement de S. M. le Roi d'ltalie consentira à coordonner l'action militaire du corps de volontaires belges, s'exerçant suivant les lois et les usages internationaux, avec celle des forces alliées qui opèrent en ce moment en Chine.

L.e corps beige serait, cela va de soi, placé sous le commandement direct des chefs auxquels sera dévolue la direction des opérations militaires.

Le gouvernement du Roi a l'entière confiance que ce projet sera favorablement accueilli par le cabinet de Rome. Vu l'urgence, il attacherait un prix particulier à connaitre le plus tot possible les vues des puissances.

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IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA

T. 2294. Roma, 8 agosto 1900, ore 20,15.

L'imperatore Guglielmo ha fatto telegraficamente conoscere al nostro sovrano la designazione del maresciallo Waldersee e S. M. direttamente risponde compiacendosi della scelta. Per quanto ci concerne, non ho d'uopo di dirle, la nostra adesione è fin da ora acquisita.

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IL MINISTRO A PECHINO, SALVAGO RAGGI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 2198. Tsingyamen, ..... (per. ore 6 dell' 8 agosto 1900).

Profitto promessa Governo chinese lasciar passare un telegramma e tentare informare V. E. di quello che accade. Ministro Germania ucciso dai soldati, venimmo attaccati 20 giugno. Abbandonate successivamente legazioni del Belgio, Russia Austria Ungheria Italia siamo con gli altri ministri legazione d'Inghilterra con i missionari ed i privati, circa settecento .stranieri. Non mi è stato possibile salvare dalla legazione italiana né effetti personali né archivi.

Fuoco continuato cannoni e fucileria continuò tutto il mese. Ora soltanto fucileria ad intervalli. Missioni cattoliche nord città pare resistano ancora difese da 30 marinai francesi, 10 italiani. Fino ad ora italiani morti sei marinai, un caporale. Da molto tempo mangiamo cavalli ed abbiamo ancora viveri per circa due settimane (1).

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IL CONSOLE A HONG-KONG, ZANONI VOLPICELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 2201. Hong-Kong, ..... , o-re 16,40 (per. ore 15,20 dell'8 agosto 1900).

Governatore generale Canton risponde mio telegramma Salvago trasmesso Tsung-li-Yamen. Editto imperiale due cor!'ente dispone ministri esteri partire Tientsin protezione Yung-lu truppe cinesi. Prima della partenza corrispondenza dei ministri est,eri deve passare Tsung-li-Yamen. Chiedo autorizzazione V. E. di rivolgermi direttamente T,sung-li-Yamen (2).

(l) -Si vedano su questo punto le memorie dello stesso Salvago Raggi, pubblicate in appendice al già citato volume di G. Licata, Notabili della terza Italia, p. 356 e sgg. (2) -Autorizzazione concessa con t. 2293 dello stesso giorno.
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IL COMANDANTE DELLA NAVE “ ELBA “, CASELLA, AL MINISTRO DELLA MARINA, MORIN

T. 690. Taku, 8 agosto 1900 (pe1·. ore 21,30 del 10) (1).

Distaccamento Calabria prese parte presa Peitsang. Ritornato Tientsin incolume. Vice ammiraglio russo segnalato questa mattina truppe alleate occupato Jangtsung.

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L'AMBASCIATORE A WASHINGTON, FAVA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 659/240. Washington, 8 agosto 1900.

Le ultime notizie di ,indole militare qui pervenute dalla Cina, concernono la battaglia di Pei-Tsang e la presa di Yang-Tsun-Monday, da parte degli alleati. Non voglio telegrafare queste informazioni perchè esse vengono immediatamente comunicate dal dipartimento di Stato alla stampa, che le trasmette subito alle agenzie d'Europa. Ogni mia comunicazione a questo soggetto giungerebbe superflua e tardiva.

Ciò che, per un istante, ha fatto credere ad un possibile mutamento nell'attitudine degli Stati Uniti nella politica cinese, è l'ultimo telegramma del ministro Conger, dal quale appare indubbiamente che le autorità imper,iali sono conniventi coi pretesi ribelli e responsabili della inqualificabile situazione in cui trovansi i rappresentanti esteri a Pechino. I giornali americani parlarono di ultimatum e di dichiarazione di guerra.

Ma, come V. E. può giudicare dal testo qui unito della nota (2) che, in 'seguito a quel telegramma, il dipartimento di Stato ha indirizzato al Governo cinese per mezzo del ministro Wu, il Governo americano non ha fatto che rinnovare l'invito di uniformarsi alle condizioni poste nella risposta che, in data 23 luglio

u. s., il presidente Mac Kinley inviò alla richiesta di mediaz;ione fattagli dall'Imperatore di Cina.

Questa nota non muta in nulla l'atteggiamento preso dal Governo federale di amichevole disposizione verso la Cina e di una politica separata ed indipendente d~ quella delle altre potenze europee.

Ma, a questo atteggiamento ed a queste ripetute manifestazioni del Governo americano non deve darsi soverchia importanza. Esse sono destinate a dimostrare al corpo elettorale che, sebbene spinto ad inv,iare truppe per la protezione del proprio rappresentante e della vita e degli averi dei cittadini americani, gli Stati Uniti non si discostano dalle loro tradizioni e si tengono lontani da impegni internazionali.

In fatto, poi, il gabinetto di Washington è, ormai, nella stessa situazione di tutte le potenze interessate in Cina. Esso non sa con precisione ciò che vuole e, attendendo lo svolgersi degli avvenimenti, per avere maggior voce allorchè dovrà discutersi definitivamente la questione cinese, manda tutte le truppe di cui può disporre.

Nè potranno gli Stati Uniti sottrarsi alle conseguenze di questa cooperazione militare. Al momento opportuno, se vi sarà scissione fra le potenze, esse dovranno entrare a far parte di un gruppo o dell'altro, con una forte preferenza per quello che vorrà mantenuta l'integrità dell'impero, ma non sollevando neppure grandi obbiezioni ad una diversa soluzione, purchè si concedano loro sufficienti compensi.

(l) -Il telegramma venne trasmesso da Chefoo il 10 agosto alle ore 9,40. (2) -Non pubblicata.
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IL MINISTRO A PECHINO, SALVAGO RAGGI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. s. N. Pechino, 9 agosto 1900 (1).

Tzung-li-yamen mi riferisce nomina Li-Hung-Chang a plenipotenziario per regolare situazione colle potenze. Siamo tutti concordi per chiedere ai rispettivi Governi non ritardare in alcun modo marcia truppe. Dignità potenze esige loro venuta Pechino. Anche la salvezza del personale delle legazioni e degli altri stranieri dipende dall'arrivo truppe, giacchè truppe chinesi continuamente ci attaccano ed i viveri diminuiscono rapidamente; benchè ridotti a mezza razione, basteranno per circa due settimane (2).

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L'AMBASCIATORE A WASHINGTON, FAVA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONT'I VENOSTA

T. 2208/57. Seabright, ..... 1900 (per. ore 6 del 9 agosto).

Secondo informazioni di Branchi da lui comunicate al ministero dell'Interno, meeting anarchico Patierson decise .sottoscrizione universale per difendere Bresci ed aiutare uccisione nuovo re d'Italia prima della condanna del regicida. Mentre ne riferisco, ad ogni buon fine a V. E., comunico quanto precede, in via confidenziale, a questo Governo per quelle cooperazioni che esso è in grado di fornire a questo proposito.

n. -2288, il giorno 14 agosto, alle ore 7 ,58.
(l) -Il telegramma venne inviato tramite l'ambasciata a Londra, che lo trasmise con il (2) -Il te!. venne ritrasmesso a Parigi, Vienna, Pietroburgo, Berlino, e Washington, il 15 agosto.
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L'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, MORRA DI LAVRIANO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 409/138. Pietroburgo, 9 agosto 1900.

Il Conte Lamsdorff, attualmente Reggente provvisorio del Ministero degli Affari Esteri, è .stato nominato Reggente definitivo, posto che equivale a quello di Ministro degli Affari esteri, e prelude alla nomina effettiva col grado di Ministro. È uso infatti che i titolari del Dicastero degli esteri prima di essere nominati Ministri, ove poi dovranno rimanere moltissimi anni, passino alcun tempo nella posizione intermedia di Reggente definitivo. Trasmetto qui accluso un brano del Journal de St. Pétersbourg, il quale contiene una piccola biografia del Conte Lamsdorff (1). Questa nomina varrà a confermare che le tendenze pacifiche, caratteristiche della gestione del Conte Mourawieff saranno continuate, e che anche nella questione del momento, cioé nella crisi cinese, si darà la preferenza a quelle solu

zioni che meglio potranno giovare alla conservazione dell'Impero dnese, e ad un pronto ritorno delle pacifiche relazioni colla Russia.

50

L'INCARICATO D'AFFARI DEGLI STATI UNITI A ROMA, IDDINGS, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

Roma, 9 agosto 1900.

I have the honour to inform you that I have just received the following lelegraphic instruction from the Department of State, at Washington:

« The Chinese Minister to-day (the 8 inst.) offioially communicated to me an Imperia! Edict, dated August 2, in response to the joint memoria! of Li-HungChang and Liu-Kun-Yi, proposing the sending of the Foreign Ministers to Tientsin. The Edict reads as follows:-«Throughout the disturbances recently caused by our subjects on account of Christian Missions, which have resulted in a confUct of forces, it has been found necessary to afford protection to all the Foreign Ministers in Peking. On r~peated occasions the Tsung-li-Yamen sent notes enquiring after their welfare; and as Peking has not yet been restored to order, and as precautionary measures may not secure absolute safety, the Foreign Ministers are being consulted as to the proposed plan of detailing troops to escort them safely to Tientsin for temporary shelter. So that they may be free from appl'ehensive anxiety or fear, we thereby command Jung Lu to 'appoint as a preliminary step, trust worthy high civil and military officials, who, together wich reliable and efficient troops, shall, at such time as the Foreign Mi.nisters may agree upon for leaving Peking, escort and protect them throughout their journey. Should lawless characters manifest evil designs upon the Ministers, or attempt to rot them, or in any way create trouble, they (the high officials)

shall at once refrain them without fail. If the Foreign Ministers, before leaving Peking, should desire to communicate with their respective Governments, and if their telegraphic messages should be in plain language, the Tsung-li-Yamen shall at once send them without the least delay, thus manifesting the almost friendliness of the Imperia! Government.

In respect to this, the Minister also communicated to me a telegram received by him on the morning of the 8 instant, from Yu Lien Yuen, Taotai of Shanghai, reading as fo1lows:-«I have received telegram from Governar Yu-an Shih to the effect that the Tsung-li-Yamen received, on fifth of August, an Imperia! Edict allowing ali the Foreign Ministers free communication with their respective Governments in cipher.

The following signed memorandum in reply was handed to the Chinese Minister this evening: -• W e are availing ourselves of the opportunity offered by the Imperia! Edict of ~the 5 of August, allowing the Foreign Ministers free communication with their respective Governments in cipher, and have sent a communication to our Minister, W. Conger, to which we await an answer. We are already advised by him in a brief despatch, received August 7, that the Imperia! troops are firing daily upon the Ministers in Peking. We demand the immediate cessation of hostile attacks, by Imperia! troops upon the Legations; and urge the exercise of every power and energy of the Imperia! Government for the protection of the Legations and all foreigners within. W e are also advised by the ,same despatch from Minister Conger, that in his opinion for the Foreign Ministers to leave Peking, as proposed in the Edict of August 2, would be certain death. In view of the fact that the Imperia! troops are now firing upon the Legations, and in view of the doubt expressed by the Imperia! Government in its Edict of August 2, as to its power to restare order and secure absolute safety in Peking, it is evident that this apprehension is well founded, for, if your Government cannot protect our Minister in Peking, it will presumptively be unable to protect him upon a journey from Peking to the coast. We therefore urge upon the Imperia! Government that it shall adopt the course suggested in the third clause of the Letter of the President, to His Majesty the Emperor of Chine, of July 23, 1900, and enter into communication with the relief expedition, so that cooperation may be secured between them for the restoration of order. Such action on the part of the Imperia-l Government would be a satisfactory demonstration of its friendliness and desire to attain these ends •.

(l) Non pubblicato.

51

L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 2225/131. Berlino, 10 agosto 1900, ore 5,35.

Inghilterra ha accettato in termini molto lusinghieri per Waldersee comando supremo di quest'ultimo in China.

52

L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 2226/132. Berlino, 10 agosto 1900, ore 5,35.

Contingente tedesco in China sarà accresciuto di quattro battaglioni, uno squadrone, una batteria in modo da costituire una completa divisione. Io non ho naturalmente parere da esprimere, tuttav,ia non so esimermi da far voti che possa aumentare sia pure di poco .nostro contingente in modo da affidarne comando a un generale. Questo avrebbe così in mezzo agli altri comandanti e presso il comando superiore quel desiderato maggiore prestigio che può solo esplicarsi col grado.

53

L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 2227l 133. Berlino, 10 agosto 1900, ore 10,35.

Maresciallo Waldersee ritiene indispensabile avere nel suo stato maggiore

due ufficiali delegati da ciascuno stato rappresentato con contingente sotto i suoi ordini in China. D'ordine di S. M. imperatore che, ritengo ne abbia già informato

S. M. il re, questo facente funzioni sottosegretario di stato per gli affari esteri ha ciò comunicato oggi a me e ai miei colleghi, pregando di informar.ne loro Governi per sapere se aderiscono nomina tali ufficiali e, eventualmente, farne al più presto nomi. Generale Prudente (l) ritornato stamane da Wilhelmhohe, ove appunto era stato pocù prima Waldersee, mi riferisce avergli S. M. !',imperatore detto che sembrerebbe conveniente scegliere per ufficiale delegato un ufficiale superiore e un capitano; che Waldersee s'imbarcherà il 22 a Napoli dove dovrebbe trovarsi anche ufficiale delegato e che, possibilmente, Waldersee, passando per l'Italia, si presenterà a S. M. il re.

54

IL MINISTRO A PECHINO, SALVAGO RAGGI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 2224. Pechino, 10 agosto 1900, ore 13,44 (per. ore 19,30).

Tsung-li-Yamen informa corpo diplomatico che i Governi esteri domandano Governo chinese nostra partenza Pechino sotto buona scorta. Tsung-li-Yamen ci ha pregato fissare data partenza e le condizioni. Rispondiamo che ne riferiamo ai nostri Governi per avere istruzioni, senza cui non possiamo abbandonare nostro posto. Debbo informare V. E. che, perchèi possiamo partire con qualche sicurezza, è necessario che truppe straniere vengano cercarci e che siano in numero sufficiente difendere 800 stranieri, fra loro 300 donne e bambini, 50 feriti, più di 3000 indigeni cristiani che noi non abbandoniamo al massacro. In

Il) Addetto militare a Berlino.

ogni caso scorta chinese non sarebbe accettabile. Questo telegramma è mandato da ogni rappresentante al suo Governo. Aggiungo che, alla maggior parte dei rappresentanti esteri, sembra impossibile accordarsi per far venire pacificamente truppe per cercarci, perchè dovrebbero ad ogni modo essere numerose dovendosi prevedere probabile tradimento, ma ci conviene tenere a bada Governo chinese, sperando truppe vogliano finalmente venire con rapidità a Pechino. Questa è nostra unica speranza (l).

55

L'AMBASCIATORE DI GRAN BRETAGNA A ROMA, CURRIE, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

L. P. Roma, 10 agosto 1900.

I have received a telegram from my Government stating that (subject to instructions which have not yet been drafted by them), they have accepted, so far as they are concerned, the proposal of the German Government that F. M. Count Waldersee shall be Commander in Chief of the international expedition to Peking.

P. S. Allow me to congratulate you upon the admirable impression made by the speech of His Majesty on all presents at this morning's ceremony (2).

56

L'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, MORRA DI LAVRIANO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 419/141. Pietroburgo, 11 agosto 1900.

Giungendo da due diverse direzioni le truppe russe dello Amour sono entrate il 4 agosto a Carbin e vi hanno liberato un distaccamento russo, il personale della ferrovia ed alcune famiglie cristiane che trovavansi colà circondate ed in grande pericolo. Dal punto di vista militare l'operazione vien molto lodata avendo le truppe percorso un gran tratto di paese a marce forzate di 40 verste al giorno.

A Kalzan furono bruciate dai cinesi parecchie case. In generale però la situazione lungo il confine Mongolo e Manciuriano appare buona, e secondo notizie ufficiose i cosacchi armati che colà si trovano attendono tranquillamente ai lavori campestri.

Comunico queste notizie malgrado che esse non abbiano che una importanza secondaria, ma sono indotto a farlo avendo osservato che poco si trova nella stampa occidentale suLle cose di Manciuria. Pel rimanente in generale mi astengo dal ripetere quanto suppongo venga già comunicato dalle agenzie telegrafiche.

(l) Il telegramma venne spedito via Londra.

(2) Si riferisce al discorso pronunciato da Vittorio Emanuele III davanti alle Camel'e riunite in occasione della cerimonia del giuramento, 1'11 agosto. Cfr. Atti Parlamentari, Cam. Dep., Sessione 1900-1901, I, p. 349 e sgg,

57

L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

(AVV)

L. P. [Berlino], 11 agosto 1900.

Il Conte Biilow, da Norderney, mi ha fatto per telegrafo domandare se, ora che per l'immane sventura che ha colpito l'Italia no.n è più questione della mia nomina a Corte, non mi avrebbe spiaciuto che o egli presso di V. E. o S. M. l'Imperatore presso S. M. il Re facessero sentil'e che tornerebbe gradito a S. M. l'Imperatore ch'io continui a rimaner qui. Ho fatto rispondere ch',io sarei lietissimo e altamente onorato di rappresentare S. M. il Re alla Corte di Germania, come ho per 8 anni bene o male, rappresentato il tanto rimpianto Suo padre, ma che desideravo astenermi di pronunciarmi sull'opportunità di far passi a Roma, non volendo potesse sorgere anche il più lontano dubbio che quei passi (per quanto ammissibili date le relazioni dei due Sovrani e trattandosi della designazione di un ambasciatore) fossero stati provocati da me.

No.n so che cosa farà l'Imperatore o Biilow, ma ho creduto mio dovere, a prevenire qualsiasi erronea interpretazione, di informare V. E. di quanto precede. Del resto, come già Le scrissi, disponga di me come crede meglio.

58

L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 2254/138. Berlino, 12 agosto 1900, ore 12,03.

Giappone, Stati Uniti hanno accettato comando superiore Waldersee. Manca solo risposta francese che si spiega per assenza Loubet da Parigi.

59

L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 2253/137. Berlino, 12 agosto 1900, ore 15.

Fu dato ordine che prime truppe tedesche che arriveranno in China si pongano al loro arrivo Taku, in attesa arrivo generale Waldersee, sotto gli ordini del più anziano generale russo presente.

60

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AGLI AMBASCIATORI A BERLINO, LANZA, A LONDRA, DE RENZIS, A PARIGI, TORNIELLI, A PIETROBURGO, MORRA DI LAVRIANO, A VIENNA, NIGRA, E A WASHINGTON, FAVA

T. 2332. Roma, 12 agosto 1900, ore 23.

Il Governo ha ricevuto dal R. ministro a Pechino un telegramma simile a quello che gli altri Governi ricevettero dai rispettivi loro rappresentanti. n telegramma del marchese Salvago termina con queste parole: « Aggiungo che alla maggior parte dei rappresentanti esteri sembra impossibile accordarsi per far venire pacificamente truppe per cercarci perchè dovrebbero, ad ogni modo essere numerose, dovendo prevedere probabile tradimento; ma ci conviene tenere a bada Governo Chinese sperando truppe vogliano finalmente venire con rapidità a Pechino. Questa è nostra unica speranza».

Ho ricevuto ieri dal ministro del Giappone una comunicazione colla quale il suo Governo considerando che il Governo Chinese desidera che i rappresentanti esteri possano per ora ritirarsi da Pechino e che all'avvicinarsi delle truppe alleate questi sarebbero molto probabilmente massacrati, propone che le potenze notifichino alla China che le sarà accordato un armistizio ad hoc con determinate condizioni le quali permettano l'invio a Pechino del numero necessario di truppe alleate per scortare i ministr.i esteri sino a Tientsin. Ho risposto al ministro del Giappone che la presenza delle legazioni a Pechino e la loro sorte così gravemente minacciata costituiscono e costituiranno anche in avvenire una grande responsabilità e una grande difficoltà per le potenze e sarebbe di somma importanza il poter cominciare col togliere questo pegno di mano ai Chine.si. Apprezzavo dunque lo spirito da cui era ispirata la proposta. Prima però di dare una risposta mi proponevo di mettermi in comunicazione con gli altri Governi per conoscere la loro opinione, essendo nostro proposito di procedere d'accordo con le altre potenze.

Prego V. E. di volersi informare del modo di vedere di codesto Governo intorno ai telegrammi dei ministri a Pechino alla proposta del Giappone soprattutto intorno alle misure che sono considerate più atte per venire in soccorso alle legazioni.

61

L'AMBASCIATORE DI GRAN BRETAGNA A ROMA, CURRIE, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

L. P. Roma, 12 agosto 1900.

I have just received the repetition of a telegram from S. Petersburgh stating that the Russian Minister at Peking has been authorized by his Government to proceed to Tientsin with his staff and escort, but only in the event of the Emperor of China and the Chinese Government havi.ng given the seriest guarantees that the journey will be made in complete security. The Minister has

been instructed at the .same time to point out the serious responsability which will weigh upo.n China and upon the Emperor himself in the event of the slightest infringement of the inviolability of these who _may proceed to Tientsin at the same time as the Russian Minister, in the event of such a measure being possible.

62

L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 2263. Berlino, 13 agosto 1900, ore l 7,3 5.

Proposta giapponese di cui è questione telegramma di V. E. di questa notte (1), si è meglio concretata in una proposta russa presentata qui oggi. Secondo questa proposta tratterebbesi di ottenere dalla China che un contingente di truppe internazionali potesse avanzarsi sotto bandiera bianca fino sotto mura Pekino, ove gli sarebbero consegnati personale delle legaz,ioni e altri europei. Qui non si è ancora dato risposta; ,si obbietta però, che se contingente sarà troppo piccolo non vi è sicurezza che non sia attaccato dai chinesi, se troppo forte, China non lo ammetterà. Questione merita, però, di essere .studiata e questo facente funzioni di sottosegretario di stato per gli affari esteri l'ha riferita subito a Bulow. Intanto questo ministro di China ha fatto ufficialmente conoscere qui come già fece ministro di China in altre capitali, che Li-Hung-Chang è stato incaricato di trattare colle potenze.

63

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA

T. 2334. Roma, 13 agosto 1900.

S. M. il re ha direttamente telegrafato all'imperatore Guglielmo per i due ufficiali italiani da assegnarsi allo stato maggiore del maresciallo Waldersee. Sono designati il tenente colonnello di stato maggiore Enrico De Chaurand ed il capitano d'artiglieria addetto allo stato maggiore Antonio Fedrigo.

64

L'AMBASCIATORE A WASHINGTON, FAVA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 681/244. Washington, 13 agosto 1900 (per. il 31).

Ho l'onore di confermare il mio telegramma odierno, n. 60 (2), col quale ho risposto al telegramma di V. E. che mi chiedeva di farle conoscere il modo di vedere del Governo federale, relativamente ai telegrammi inviati ai rispettivi

Governi dai ministri a Pechino, e sulla proposta di armistizio fatta dal Giappone per poter pacificamente sottrarre alla pericolosa situazione in cui trovansi gli stranieri rinchiusi nelle legazioni assediate.

Il signor Adee, facente funzioni di segretario di Stato nell'assenza del signor Hay, da me richiestone, mi ha risposto che la disposizione del Governo degli Stati Uniti a considerare favorevolmente la proposta del Giappone risultava virtualmente dal memorandum da lui rimesso il giorno 12 corrente al ministro di Cina, informato agli stessi criterii della proposta giapponese, ed il cui testo egli aveva telegrafato all'incaricato d'affari degli Stati Uniti a Roma per esser comunicato a V. E.

Di questo memorandum non ho telegrafato a V. E., per lo stesso motivo pel quale me ne sono astenuto nelle due precedenti occasioni che il Governo federale ha avuto di rispondere ad aperture fattegli dalla Cina; e cioè, perchè mi constava ufficialmente che l'ambasciata americana a Roma aveva ricevuto ordine di rimettevle il testo di quella risposta (1).

(l) -Cfr. n. 60. (2) -Non pubblicato.
65

L'INCARICATO D'AFFARI DEGLI STATI UNITI A ROMA, IDDINGS, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

N. 1122. Roma, 13 agosto 1900.

I have the honour to inform you that I have just received the following telegram, dated the evening of the 12th, from the Acting-Secretary of State at Washington with instructions to inform Your Excellency. I quote i t as follows:

« This morning the Chinese Minister delivered to me the text of an Imperia! edict forwarded by Privy Council, Peking, dated August eighth, appointing Earl Li-Hung-Chang as Envoy Plenipotentiary on the part of China to conduct negotiations by telegraph with the Powers concerned, for the cessation of hostile demonstrations pending negotiatio.ns through him for the settlement of whatever questions may have to be dealt with. Late this afternoon the following memorandum was delivered to Minister Wu as the response of this Government to the foregoing communication. 'M.emorandum: The Government of the United States learns wìth satisfaction of the appointment of Earl Li-Hung-Chang as Envoy Plenipotentiary to conduct negotiations with the Powers and will, on its part, enter upon such negotiations with a desire to continue the friendly relations so long existing between the two countries. It is evident that there can be no generai negotiation between China and the Powers so long as the Ministers of the Powers and the persons under their protection remain in their present position of restraint and danger, and that the Powers cannot cease their efforts for the delivery of these Representatives to which they are constrained by the highest consideration of National honour, except under an arrangement adequate to accompli.sh a peaceable deliverance. We are ready to enter into an agreement

between the Powers and the Chinese Government for a cessation of hostile demonstrations on condition that a sufficient body of the forces composing the Relief Expedition shall be permitted to enter Peking unmolested, and to escort the Foreign Ministers and residents back to Tientsin, this movement being proviàed for and secured by such arrangements and disposition of troops as shall be considered satisfactory by the Generals commanding the forces comprising the Rdief Expedition. Signed and dated August twelve ».

(l) Cfr. documento seguente.

66

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA

T. 2350. Roma, 14 agosto 1900, ore 1,18.

Riferendomi al suo telegramma d'oggi (1), credo utile farle tosto conoscere che S. M. il re sarebbe molto compiaciuta se il maresciallo Waldersee gli si presentasse in occasione del suo viaggio attraverso l'Italia. Sua Maestà in quel momento si troverà certamente o a Roma o a Napoli.

67

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, DE RENZIS

T. 2351. Roma, 14 agosto 1900, ore 1,20.

Sono informato che Li-Hung-Ciang ha notificato alle potenze essere stato incaricato per editto imperiale di negoziare la pace. Una comunicazione in questo senso è stata fatta anche all'Austria-Ungheria per mezzo del ministro di Cina a Pietroburgo accreditato anche a Vienna. Prego V. E. di chiedere a codesto ministro di Cina se è stato incaricato di far pervenire anche a noi .analoga comunicazione.

68

L'AMBASCIATORE A LONDRA, DE RENZIS, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 2287. Londra, 14 agosto 1900, ore 7,05.

Rispondo telegramma di V. E. di ieri (2).

Nell'attuale situazione in Cina Governo inglese si è ispirato princ1p10 che armistizio non potrebbe essere proposto da un Governo o da un altro, ma che trattative dovrebbero passarsi tra Governo dnese e comandante truppe inter

nazionali alleate, con obbligo, da parte della Cina, di fornire provv1s10ni ai ministri e con responsabilità in caso di sciagura. È una proposta russa precedente alla giapponese e che deve essere nota all'E. V. In questo senso Governo inglese ha risposto al governo giapponese. Dinnanzi alla nomina di Li-Hung-Chang a plenipotenziario per negoziare pace, Governo inglese, richiesto dall'incaricato d'affari di Russia di rifiutare di trattare, risponderebbe egualmente nel senso di cui sopra.

(l) -Non pubblicato. (2) -Cfr. n. 60.
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L'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, MORRA DI LAVRIANO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 2284. Pietroburgo, 14 agosto 1900, ore 19,10.

Conte Lamsdorff, visto testè, considera soluzione proposta Governo giapponese quella che offre le ma-ggiori guarentigie incolumità legazioni pur vedendone lati deboli. Governo russo rispose Governo cinese desiderare partenza legazioni da Pechino purchè siano date serie guarentigie, considerando, momento attuale, unicamente seria quella di farle proteggere da un distaccamento di truppa internazionale, cui si faccia facoltà di arrivare alle porte di Pechino mediante armistizio, in ogni modo, allontanando tutte le truppe chinesi dal punto in cui truppe internazionali prenderebbero consegna personale legazioni. Governo :russo è quindi disposto ad accettare mediazione Li-Hung-Chang, la quale dovrebbe, anzitutto, servire liberazione legazioni. Conte Lamsdorff ritiene però che distaccamento internazionale dovrebbe solo servire proteggere legazioni; se si trattasse proteggere oltre gli 800 europei delle legazioni, anche i 3 mila cinesi fatti cristiani, che Governo cinese considera come ribelli, la cosa non sarebbe possibile. Conte Lamsdorff teme attacco Pechino possa essere condanna morte legazioni, che Governo cinese abbandonerebbe prima quel momento Pechino e nulla concluderebbe detta conquista. Osserva distaccamento anche solo 3 o 4 mila uomini troverebbe a distanza certo appoggio altre truppe che continuerebbero a quella volta. Ritengo Governo russo preferire una soluzione senza guerra a fondo.

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L'AMBASCIATORE A LONDRA, DE RENZIS, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 2283. Londra, 14 agosto 1900, ore 19,58 (per. ore 23,30).

Ministro di China da me richiesto, in seguito telegramma V. E. di.stamane (1), disse essere stato incaricato comunicare R. Governo editto imperiale concernente nomina Li-Hung-Chang. Me ne rimise copia che trasmetto per posta (2).

(l) -Cfr. n. 67. (2) -Non pubblicata.
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IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, ALL'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, MORRA DI LAVRIANO

T. 2368. Roma, 14 agosto 1900, ore 23,55.

L'ambasciatore di Russia mi ha fatto conoscere per istruzione avutane dal suo Governo, la sostanza di una comunicazione fatta dal gabinetto all'imperiale ministro di China in Pietroburgo per essere trasmessa allo Tsung Yamen. Il Governo russo, dopo avere espressamente dichiarato la responsabilità dell'imperatore e dei principi cinesi per quanto potesse accadere di sinistro al ministro di Russia ed ai sudditi russi in Pechino, osserva che la loro partenza da Pechino non sar·ebbe possibile se non alla condizione che le autorità cinesi provvedano alla loro sicurezza durante il viaggio. La partenza effettuandosi ad istanza del Governo cinese, non sarebbe ammessa scusa o spiegazione alcuna, e le potenze hanno diritto di esigere una precisa indicazione delle misure di protezione prese per la protezione del ministro nel tragitto Pechino Tientsin. Se queste misure non fossero dalle potenze giudicate sufficienti esse potrebbero forse proporre al Governo cinese di organizzare un distaccamento internazionale sotto bandiera bianca od altro segno da convenirsi che avrebbe per esclusiva missione di proteggere i rappresentanti esteri durante il loro viaggio. All'ambasciatore di Russia ho risposto che la presenza delle legazioni a Pechino e la loro sorte così gravemente minacciata costituivano una grande responsabilità per ·le potenze e una grande difficoltà non che per la loro azione ulteriore verso la China e che il Governo italiano poneva una grande importanza a che ogni tentativo fosse fatto per togliere le legazioni dalle mani dei cinesi. Noi accoglievamo dunque con simpatia la proposta del Gabinetto di Pietroburgo ed eravamo in massima disposti ad aderirvi, quando essa fosse stata accettata anche dalle altre potenze. La proposta avrebbe forse potuto dar luogo nella sua ese-cuzione pratica a qualche osservazione di ordine militare. Per questo noi ci rimettevamo al giudizio di quelle potenze che hanno ora delle truppe che operano tra Tientsin e Pechino e dei comandanti che dirigono queste operazioni.

Osservavo inoltre che una formale trattativa per la stipulazione di un armistizio poteva forse offrire l'inconveniente che il Governo cinese ne approfittasse per annunciare delle condizioni che le potenze non sono disposte a discutere. Sarebbe dunque stato, a mio avviso, preferibile il procedere piuttosto che per negoziazioni, colla forma di una intimazione fatta dalle potenze per rendere possibile l'invio di una scorta pacifica con bandiera bianca composta di truppe internazionali per avvicinarsi in prossimità di Pechino per ricevere i ministri ed i loro connazionali ed accompagnarli a Tientsin. Le potenze dovrebbero, nel tempo stesso, solennemente dichiarare a quali conseguenze si esporrebbe la China se le legazioni e la scorta fossero in qualunque modo attaccate e messe in pericolo.

7 -Documenti dipl.omatici -Serie III -Vol. IV

72

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AGLI AMBASCIATORI A BERLINO, LANZA, A LONDRA, DE RENZIS, A PARIGI, TORNIELLI, A PIETROBURGO, MORRA DI LAVRIANO, A VIENNA, NIGRA, E A WASHINGTON, FAVA

T. 2369. Roma, 14 agosto 1900, ore 23,55.

(Per tutti). Dall'ambasciatore d'Inghilterra e dall'incaricato d'affari degli

Stati Uniti mi sono state comunicate le dichiarazioni che sono state fatte dai loro

Governi ai rispettivi ministri di China per essere trasmesse a Pechino. La comu

nicazione di Salisbury è cosi concepita:

«Il ministro di China in Pietroburgo ha proposto che le legazioni partano con una scorta chinese e con mandarino di distinzione come guarentigia della loro sicurezza. Lord Salisbury non è in grado di apprezzare il valore di questa guarentigia, ma se i chinesi sono sinceri e non possono provvedere una scorta che sia accettabile dai ministri esteri, dovrebbero ricorrere alle forze alleate, le quali, senza entrare nella città, potrebbero sotto bandiera bianca venire sotto le mura per ricevere gli stranieri e scortarli a Tientsin. Intanto il Governo chinese è assolutamente obbligato, come pegno della sua buona fede, a fornire provvigioni alle legazioni. A meno che le legazioni non siano immediatamente liberate dalla loro presente penosa situazione, l'atteggiamento del Governo della Regina verso il Governo chinese muterà: l'Imperatore della China ed i suoi ministri, come pure tutti quelli implicati in qualsiasi danno recato ai ministri o ad altri europei, tanto in Pechino quanto nella loro via verso Tientsin ne saranno tenuti direttamente responsabili»·

Dal canto suo il segretario di Stato degli Stati Uniti ha consegnato a quel ministro di China il seguente memorandum: «Il memorandum rimesso dal segretario di Stato al ministro di China dopo aver parlato di possibili negoziati per la pace dopo la liberazione dei ministri esteri così conclude: Noi siamo pronti ad entrare in accordo col Governo chinese per la cessazione delle ostilità alla condizione che ad un sufficiente contingente della spedizione di soccorso sia consentito di entrare, non molestato, a Pechino e di scortare i ministri e residenti esteri a Tientsin, tale movimento essendo predisposto e guarentito mediante accordi e disposizioni di truppe che siano stimate soddisfacenti dai generali comandanti le forze comprese nel corpo di spedizione».

Le notificazioni dell'Inghilterra e degli Stati Uniti, sostanzialmente non dissimili fra loro essendo ormai un fatto compiuto desidero ora conoscere se anche le altre potenze siano disposte a procedere ad analoga notificazione, parendoci poi, preferibile la formola inglese, la quale si riferisce esclusivamente alla liberazione delle legazioni e degli stranieri, senza riferimento possibili negoziati ulteriori.

(Per Vienna, Berlino, Parigi, Pietroburgo). La prego Ji telegrafarmi al più presto il pensiero di codesto Governo.

73

L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 2297. Berlino, 15 agosto 1900, ore 3,30.

Dichiarazioni Inghilterra e Stati Uniti circa liberazione personale delle legazioni a Pechino, di cui è questione telegramma di V. E. 2369 (1), concordano in sostanza fra loro e colla proposta russa accennata nel mio telegramma 140 (2). Le due prime sono ormai un fatto compiuto; quindi questo Governo si limiterà rispondere alla terza. Questa risposta non è ancora concretata, ma mi risulta che essa consta in principio disposizione Governo imperiale di associarvisi quante volte dai comandanti truppe internazionali, ora in Cina, essa sia militarmente giudicata attuabile colle forze di cui dispongono. Detti comandanti dovrebbero inoltre stabilire modalità esecuzione condizioni da esigersi da China per consegna personale legazioni. Si tratterebbe insomma di rimettere ogni cosa in mano di quei comandanti che solo essendo sul posto, possono apprezzare la situazione e stabilire miglior modo di procedere. Molto probabilmente saranno domani date in tal senso istruzioni all'ammiraglio tedesco a Taku. Mi riserbo ulteriori notizie appena possibile.

74

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, FUSINATO, AL CONSOLE GENERALE A MONTREAL, SOLIMBERGO

T. 2371. Roma, 15 agosto 1900, ore 12.

Prego comunicare codesto Governo che essendo fallite trattative commerciali, alle merci di origine canadese sarà applicata tariffa generale, e navi canadesi saranno escluse dalle agevolezze consentite agli altri stati in materia di navigazione.

75

L'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 2300. Vienna, 15 agosto 1900, ore 16 (per. ore 17).

Prevengo V. E. e la prego partecipare al re che il 18 corrente sarà celebrato in tutta la monarchia austro-ungarica, con gran solennità, il settantesimo genetliaco dell'imperatore d'Austria-Ungheria Francesco Giuseppe.

(l) -Cfr. n. 72. (2) -Cfr. n. 62.
76

L'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 2302. Vienna, 15 agosto 1900, ore 16.

Conte Goluchowski mi ha formulato il suo avviso circa la fase attuale della questione chinese nel modo seguente: egli crede che la previa liberazione delle legazioni deve essere considerata ,come una questione pregiudiziale, che perciò nessun impegno deve essere preso dalle potenze fino a che le legazioni non siano al sicuro. Quanto al modo di effettuare questa liberazione, Goluchowski pensa che dovrebbe essere concertato tra le le,gazioni stesse ed i comandanti delle forze alleate messi in diretto e libero rapporto fra loro.

77

L'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, POLACCO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 2304. Parigi, 15 agosto 1900, ore 17,35.

Rispondo suo telegramma 2369 (1).

Questo ministro degli affari esteri non tenne oggi consueto ricevimento, ma il suo capo di gabinetto mi comunicò avere il signor Delcassé fatto a questo ministro di China in risposta ai suoi uffici, la dichiarazione seguente: «L'ordine di lasciare Pechino non potrà essere dato al ministro di Francia fino a che la strada non sarà sicura e la responsabilità di qualsiasi danno ricadrebbe tutta intera sul Governo chinese, il cui stretto dovere è di proteggere i ministri stranieri quanto e più di se stesso. Se è vero che esso duri la più grande fatica difenderli ed a difendersi contro i ribelli, che ordini alle sue truppe di ritirarsi davanti alle truppe internazionali ... (2). Queste dovranno e sapranno rendere libera la strada da Tien-tsin alla capitale e compiere l'opera di protezione che loro incombe. Governo chinese comprenderà che il solo modo per lui di provare la sincerità delle disposizioni che proclama è di limitare le sue responsabilità e di cessare di mettervi ostacoli». Il signor Delcassé nulla intende aggiungere per ora a tale dichiarazione che fu trasmessa a Pechino.

78

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, ALL'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, MORRA DI LAVRIANO

T. 2379. Roma, 15 agosto 1900, ore 23,30.

Avendo oggi veduto l'ambasciatore di Russia gli ho confermato che per parte nostra eravamo disposti ad accettare la proposta russa per l'uscita da Pechino delle legazioni e degli stranieri con quelle modalità che potessero essere concordate con le aUre potenze.

(l) -Cfr. n. 72. (2) -Gruppi indecifrati.
79

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AGLI AMBASCIATORI A BERLINO, LANZA, A LONDRA, DE RENZIS, A PIETROBURGO, MORRA DI LAVRIANO, E ALL'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, POLACCO

T. 2382. Roma, 15 agosto 1900, ore 24.

Prego telegrafarmi se la comunicazione cinese relativa alla !nomina di Li-Hung-Chang come plenipotenziario per trattare colle potenze, è stata o sta per essere oggetto di una particolare risposta di codesto Governo, e in quali termini.

80

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, DE RENZIS

T. 2383. Roma, 15 agosto 1900, ore 24.

Circa suo telegramma di stamane (l) debbo osservare che l~ proposta giapponese ha preceduto la proposta russa e che non ci consta punto che il gabinetto di Pietroburgo rifiuti e consigli di rifiutare di trattare con Li-Hung-Chang. La prego di verificare questo punto: a noi risulterebbe il contrario.

81

IL COMANDANTE LA DIVISIONE NAVALE OCEANICA, CANDIANI, AL MINISTRO DELLA MAR.IN A, MORIN

T. 344. Taku, 14 agosto 1900 (per. ore 13,30 del 16 agosto) (2).

Sbarcato reggimento russo proteggere retrovie ammiraglio giapponese comunica forza alleata occupato Tungcho':V 12 agosto attendesi oggi attacco Pechino.

82

L'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, MORRA DI LAVRIANO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 2318. Pietroburgo, 16 agosto 1900, ore 16.

Messaggero Ufficiale pubblica comunicato con accettazione generale Waldersee, affermando che la Russia non ha scopo di conquista, che il suo desiderio è di vedere al più presto ristabilite buone relazioni colla China e che dovendo guerreggiare Russia non si scosterà dai sentimenti umanità.

(l) -Cfr. n. 68, in realtà del 14 agosto (2) -Il telegramma venne trasmesso da Chefoo il 16 agosto alle ore 1,45.
83

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, ALL'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, MORRA DI LAVRIANO

T. 2388. Roma, 16 agosto 1900, ore 16,30.

L'ammiraglio Candiani ci telegrafa in data di Taku 14 agosto: • Esercito alleato giunto giorno 11 a Macao dopo molte sofferenze. Forte esercito Cina sbarra strada Shanhaikwan. Comandante russo informa adesso retrovie esercito alleato tagliate. Chiede rinforzi temendo attacco. Sbarcano battaglione francese, due compagnie " Fieramosca " complete •.

Il telegramma del nostro ammiraglio mostra che l'impresa è grave e potrà subire difficoltà e ritardi, mentre è ormai evidente l'urgenza di liberare le legazioni. Su tale stato di cose prego V. E. di richiamare l'attenzione di codesto gabinetto acciocchè veda se non gli convenga di presentare senza indugio ai vari gabinetti, in base al suo noto progetto una proposta concreta in ogni suo particolare di esecuzione.

84

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, ALL'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, MORRA DI LAVRIANO

T. 2391. Roma, 16 agosto 1900, ore 16,35.

Facendo seguito al telegramma (l) testè speditole le comunico questo telegramma che ricevo in questo momento da Taku dall'ammiraglio Candiani e il qual!'! può modificare il valore del precedente mio telegramma: « Ammiraglio giapponese comunica forze alleate occupato Tungchow 12 agosto. Attendesi oggi attacco Pechino:~>.

85

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL MINISTRO A PECHINO, SALVAGO RAGGI

T. 2392. Roma, 16 agosto 1900, ore 16,35.

S. M. il re ringrazia per i sentimenti espressi in occasione del nefando attentato. S. M. che con tutto il paese ha trepidato per la sorte di lei e degli altri italiani costì rinchiusi, le manda una parola di simpatia confidando sollecita liberazione. Le potenze si stanno occupando del miglior mezzo per raggiungere l'intento. Nelle acque cinesi abbiamo ormai sei nostre navi con equipaggi in soprannumero per sbarco e tra pochi giorni saranno arrivati in Cina due mila uomini di nostre truppe terrestri. Prego telegrafarmi nome degli italiani costì morti e feriti. Desidero particolarmente notizie sua famiglia, Caetani, Pallavicina,. De Luca.

(l) Cfr. n. 83.

86

L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 2313/146. Berlino, 16 agosto 1900, ore 17,16.

Questo Governo non ha risposto nè intende per ora rispondere a comunicazione relativa nomina Li-Hung~Chang a plenipotenziario per trattare pace, non sembrandogli cosa seria, nè sapendosi realmente da chi sia fatta tale nomina.

87

L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 2314/147. Berlino, 16 agosto 1900, ore 17,16.

V. E. conosce già risposta francese a nomina maresciallo Waldersee, sebbene circondata da frasi che si considerano destinate a quietare opinione pubblica in Francia. Risposta ammette in sostanza comando supremo nelle mani del maresciallo e qui non si chiede altro. Waldersee partirà lunedi con treno speciale per Roma-Napoli. Circa arrivo Roma, udienza da chiedere al re, ecc., V. E. riceverà comunicazione da codesto ambasciatore germanico. Waldersee, con cui ho parlato or ora, parte pieno di bella fiducia militare di poter compiere missione avuta seppure, come egli dice, vi saranno, al suo arrivo, ancora allori da cogliere.

88

L'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, MORRA DI LAVRIANO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 2323. Pietroburgo, 16 agosto 1900, ore 18,30 (per. ore 6 del 17).

Rispondo al suo telegramma n. 2382 (1).

Alla comunicazione fatta dal Governo cinese, il Governo russo ha risposto che era pronto ad entrare in preliminari dì trattative con Li-Hung-Chang, ma che ... (2) ciò esigeva che il Governo cinese desse garanzie le più rassicuranti per quanto concerne la sorte delle legazioni e stranieri ivi ricoverati.

(l) -Cfr. n. 79. (2) -Gruppo indecifrato.
89

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AGLI AMBASCIATORI A LONDRA, DE RENZIS, A BERLINO, LANZA, A PETROBURGO, MORRA DI LAVRIANO, E ALL'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, POLACCO

T. 2387. Roma, ..... (1).

I consoli a Chefoo e gli ammiragli a Taku, secondo una comunicazione di questa ambasciata degli Stati Uniti avrebbero proposto di stabilire tra Taku e Shanghai un temporaneo cavo mHitare per assicurare dirette e pronte comunicazioni. La spesa, valutata a 550 mila dollari sarebbe ripartita tra gli Stati Uniti, la Germania, la Francia, l'Inghilterra, l'Italia, il Giappone e la Russia. Il Governo federale chiede se siamo disposti ad aderire. Prego informarsi e telegrafarmi che cosa ,codesto Governo pensi di tale progetto, se crede necessaria l'opera e se è disposto a parteciparvi.

90

IL MINISTRO A PECHINO, SALVAGO RAGGI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 8/1. Pechino, 16 agosto 1900 (per. il 13 ottobre).

Ieri sono arrivate ,le truppe inglesi, americane, giapponesi, russe e francesi inviate in nostro soccorso, ed oggi ho spedito all'E. V., per mezzo di un messaggero scortato, che si reca a Tientsin, un telegramma.

Fino al giorno 12 giugno ho continuato a redigere dei rapporti, che solo adesso partiranno. Da quel giorno ho smesso di preparare la relazione degli avvenimenti, prima perchè non avevo tempo nè facilità di scrivere, poi perchè dubitavo assai che i miei scritti, noi stessi e le cose nostre sfuggissimo alla distruzione.

Mi debbo quindi limitare, per ora, ad una sommaria esposizione di quanto accadde in questi ultimi due mesi.

Dai miei rapporti del 2, 7 e 12 giugno (2), l'E. V. avrà veduto come il corpo diplomatico fosse diviso in due campi completamente opposti: da un lato coloro che attribuivano poca importanza al movimento antieuropeo che andava svolgendosi sotto ai nostri occhi; dall'altro coloro che credevano invece alla gravità del pericolo. Il primo gruppo era composto dal ministro di Russia e da quello d'Inghilterra, mentre il ministro di Francia e quello di Germania rappresentavano il secondo.

Il signor Pichon, come ebbi già a riferire, aveva notizie allarmantissime sulla situazione dei missionari cattolici. Una lettera direttagli dal vescovo di Pechino, monsignor Favier, sembra una vera profezia di quanto doveva accadere;

disgraziatamente, o non vi si credette, o chi vi credeva non potè ottenere che

fosse presa in considerazione.

Il ministro di Russia, per ragioni a me ignote, lavorava fino dal marzo a far

fallire i tentativi ·che i suoi colleghi di Francia e Germania facevano per provo

care un'azione concorde delle potenze atta ad ottenere dal governo imperiale

misure tali da arrestare il movimento antistraniero.

L'unica scusa che potrebbe addurre il signor de Giers per diminuire il peso

della enorme responsabilità che grava su di lui, sarebbe l'essersi ingannato in

buona fede. Se ciò non è da escludere, rimane però a suo carico il grave fatto

di avere affermato ai suoi colleghi cose non vere, e che trassero tutti noi, ad

eccezione del ministro di Germania, in errore, e furono causa dell'inazione nostra

dinanzi all'avvicinarsi d'un pericolo che ci minacciava e che egli riuscì a nascon

derei, con previsioni fatte in tono di persona che sa più di quanto può dire, ma

che vennero poi smentite dai fatti, e con affermazioni contrarie alla verità.

Il più ingannato fra noi è stato certamente il ministro d'Inghilterra, il quale credette alla buona fede del suo collega di Russia, tanto più che i missionari inglesi non sembravano prevedere alcun pericolo. Sir Claude Mac Donald, il quale era in perfetta buona fede, non mancò di dichiarare che si sarebbe unito a qualunque misura i colleghi credessero utile per garantire la sicurezza degli stranieri; ma l'influenza che le insinuazioni del ministro di Russia ebbero su di lui è stata tale che egli sospettò il ministro di Germania non avere di mira la salvezza degli stranieri e dei loro interessi in Cina, ma il rovesciare la dinastia e la spartizione dell'impero.

Per conto mio, confesso che non prestai interamente fede alle previsioni del vescovo francese e, del resto, ognuno di noi le credeva assai esagerate. Ma se io pensava che non esistesse un pericolo imminente di vedere il governo cinese mettersi palesemente alla testa dei banditi, ero però convinto della necessità di soffocare fin dal principio il movimento, giacchè non ho mai dubitato che questo Governo potesse giungere a qualunque eccesso, se il suo orgoglio non veniva fiaccato dalle potenze europee.

Io, da un pezzo, vedevo l'alterigia cinese aumentata dai vari successi ottenuti e dall'indifferenza dei Governi europei che i cinesi interpretavano come timore

o impotenza, ma non credevo che l'acciecamento di questa gente fosse arrivato al punto di far massacrare tutto il corpo diplomatico, gli stranieri e sognare di liberare la Cina dalla civiltà occidentale.

L'E. V. ha già appreso da un mio precedente rapporto come l'ammiraglio Seymour fosse atteso qui fino dal 14 giugno. I giorni passavano, invece, senza che avessimo sue notizie, ed il 19 ci venne rimessa una nota dallo Yamen, nella quale ci si diceva, che· i consoli e gli ammiragli avendo chiesta la consegna dei forti di Taku, atto che la Cina considerava come ostile, ci si ingiungeva di partire entro 24 ore.

La partenza di circa ottocento persone, fra le quali quasi trecento fra donne e bambini, equivaleva a correre incontro al massacro, tanto più che eravamo circondati da quelle truppe di Tun-fu-cian (circa sette o ottomila uomini) note per la loro ostilità agli europei.

Ma il ministro di Russia, ormai realmente acciecato, sosteneva che bisognava partire, fidandoci del Governo cinese. Ne seguì una discussione violenta, durante la quale il ministro di Germania accusò recisamente quello di Russia di averci ingannato, e di averci tratto, per scopi di politica sua personale, alla rovina.

Dietro mia proposta si decise di rispondere che si partirebbe appena giungessero a Pechino le truppe dell'ammiraglio Seymour, le quali (se il Governo cinese facilitava il loro viaggio) potevano esser qui in due giorni. Si aggiunse che non era possibile riunire i mezzi di trasporto necessari in ventiquattro ore, e si concluse, in seguito ad insistenze del ministro di Francia, che noi ignoravamo la ragione della richiesta dei forti di Taku. Nel tempo stesso si decise di chiedere un'udienza allo Yamen per il domani, alle 9 antimeridiane.

Lo Yamen ci rispose che riconosceva giuste le nostre osservazioni sulla difficoltà di organizzare H viaggio in poche ore, e che si sarebbe parlato di ciò più tardi.

Intanto il ministro di Germania aveva chiesto l'udienza come noi, ma, invece di domandare se alle 9 si sarebbe stati ricevuti, aveva dichiarato semplicemente che alle 9 si sarebbe recato allo Yamen. Mentre noi si aspettava la risposta circa l'udienza, egli saliva in palanchino, e si faceva condurre allo Yamen.

Prima di giungervi, dovette attraversare le vie occupate da soldati, ed un ufficiale mancese gli tirò a bruciapelo un colpo di fucile che lo colse al capo. Un altro colpo venne sparato contro l'interprete, che rimase soltanto ferito, e che si salvò fuggendo alla missione americana, lontana forse due chilometri. Poche ore dopo, le truppe cominciavano a tirare su di noi.

I comandanti dei vari distaccamenti decisero allora di riunire le donne ed i bamòini alla legazione inglese, ove, in caso di attacco più serio, si sarebbero ridotti anche gli armati.

Erano già state abbandonate le legazioni del Belgio e d'Olanda, e in quella mattina il distaccamento austriaco si ridusse dalla sua legazione a quella di Francia.

Il giorno 20 ed il 21 passarono senza che perdessimo uomini, giacchè i colpi

di fucile erano assai mal diretti. Il 22 cominciarono gli incendi di tutte le case

che circondavano la legazione d'Italia, ciò che rendeva la nostra posizione assai

difficile, tanto più che coll'incendio si avvicinavano anche i soldati che sparavano

su di noi. Si ebbero allora i primi feriti, ma si poteva ancora tenere la legazione,

quando un ufficiale superiore austriaco, che aveva presa la direzione della difesa

nel nostro quartiere, ordinò la ritirata, convinto che i cinesi, dopo aver sopraffatto

gli americani, ci tagliavano le comunicazioni colla legazione d'Inghilterra. Il

comandante del nostro distaccamento, come quelli del distaccamento francese e

tedesco, insistettero per non abbandonare la loro legazione, ma dovettero ubbidire.

L.asciai allora il nostro distaccamento, e andai subito dal ministro d'Inghil

terra, dal quale seppi che il pericolo di essere tagliati fuori non era mai esistito.

Pregai allora sir Claude Mac Donald di prendere la direzione di tutta la difesa

e, essendo consenzienti gli altri ministri, così avvenne.

I vari distaccamenti cercarono allora di riprendere le legazioni abbandonate.

Ciò fu possibile per quelle di Giappone, Germania e Francia, ma quando il te

nente di vascello Paolini giunse col distaccamento italiano dinanzi alla nostra,

la trovò in fiamme.

Ciò spiega come quasi tutto l'archivio sia stato distrutto, ed io non abbia salvato che pochissimi effetti di vestiario miei e della mia famiglia (1).

La fucilata continuò ad aumentare, gli incendi minacciavano divorare le costruzioni delle legazioni che ancora tenevano, e si cominciò a sentire qualche colpo di cannone.

La situazione nostra era assai critica, quando il 27 giugno, un grande avviso scritto in cinese ci avvertiva ·che, per ordine imperiale, le legazioni sarebbero state protette e che lo Yamen ci avrebbe scritto ufficialmente.

Poche ore dopo, gli attacchi ricominciavano più violenti di prima, i colpi di cannone più frequenti e, poco a poco, ai vecchi cannoni a palla di ghisa o di ferro, vennero sostituiti cannoni Krupp, con obici che recavano danni considerevoli nei fabbricati, benchè assai mal diretti.

Uno di questi cannoni era puntato contro il posto occupato dal nostro distaccamento ed il tenente di vascello Paolini volle tentare di prenderlo, assaltando la barricata cinese. La disgrazia volle che, giunto a forse dieci metri dal cannone nemico, il signor Paolini venisse gravemente ferito alla spalla sinistra. Caduto l'ufficiale, i marinai nostri, i cinque volontari inglesi ed i tre marinai francesi esitarono, non sapendo chi seguire. Ciò bastò perchè i cinesi riprendessero la posizione, e sparassero sui nostri che dovettero ritirarsi con due morti e cinque :feriti.

Il nostro distaccamento non aveva più ufficiale e, spiacendomi di vederlo comandare da ufficiali stranieri, pregai don Livio Caetani di assumerne il comando, finchè il signor Paolini non fosse ristabilito. Ciò egli fece con zelo e capacità, tanto che a lui devesi se, anche durante il tempo in cui ebbe la direzione del distaccamento, le cose procedettero in modo onorevole per noi.

La condotta di don Livio Caetani destò l'ammirazione di tutti, ed io credo mio dovere segnalarla in modo speciale all'E. V., giacchè credo che raramente troverebbesi un funzionario che, non essendovi in modo alcuno obbligato, si sobbarchi ad una responsabilità simile, e, benchè non Hevemente ammalato, si rassegni a passare per alcune settimane il giorno e la notte dietro ad una barricata, dormendo per terra, esposto alle pioggie torrenziali di questa stagione; tutto ciò oltre all'evidente pericolo di occupare il punto più esposto della nostra dife;;:a, come lo provano le perdite italiane relativamente superiori a quelle degli altri distaccamenti.

Ma un merito maggiore gli si deve attribuire, ed è quello di avere, con la

sua condotta coraggiosa, evitato un accidente grave per le sue conseguenze pra

tiche, e per la vergogna che ne sarebbe venuta ai nostri marinai.

Una notte in cui più viva era la fucilata e più frequenti i colpi di cannone,

tre marinai austriaci, aggiunti al nostro distaccamento, abbandonarono il loro

posto precipitosamente, portando il disordine fra i nostri, che ebbero un momento

di panico. Caetani cercò riunirli e, riuscendo vani i suoi sforzi, ritornò da solo

sulla barricata, dove rimase alcun tempo solo. Ciò vedendo i nostri marinai riac

quistarono la coscienza del loro dovere ed ognuno ritornò al suo posto.

Credo non esagerare affermando che don Livio Caetani rese allora un vero servizio, ed esprimendo la speranza che il R. Governo vorrà dimostrargli la sua approvazione.

La nostra posizione andava sempre peggiorando, giacchè diminuivano i combattenti, le munizioni e le provviste che già eravamo obbligati di economizzare, quando, il 17 luglio, ci giunse una lettera rossa firmata «principe Cing ed altri» nella quale ci si diceva che saremmo stati protetti, ma che dovevamo partire.

Il fuoco cessò per alcune ore, poi ricominciarono le fucilate che, più o meno violente, durarono sempre.

/

Nella nostra risposta cercammo di prender tempo, e si cominciò allora una corrispondenza più o meno regolare. Da parte nostra si cercava di non impegnarci a partire, ma evitare, nel tempo stesso, di toglierne la speranza ai cinesi.

Ci giunse allora un primo messaggero da Tientsin, che era riuscito a nascondere nei suoi abiti un biglietto, in cui ci si parlava di combattimenti colà avvenuti e della possibile partenza di truppe giapponesi verso il 20 luglio. Altri due biglietti non ci appresero nulla di interessante per noi.

In questa incertezza si rimase fino a che una lettera del console americano ci annunciò che le truppe partirebbero il 1° agosto. Il giorno 11, un altro messaggero riuscì a penetrare sino a noi con lettere dei generali inglese e giapponese, che annunciavano gli scontri di Pei-tsang e Iang-tsung e l'arrivo probabile delle truppe per il 13 o 14.

La corrispondenza fra noi ed il « principe Cing ed altri » continuava, ma era diventata più intensa la fucilata, e, nel giorno 13, i cinesi accennarono perfino a tentativi di assalto contro le mura delle legazioni, cosa che mai avevano dimostrato di voler fare.

Nella notte, la violenza dell'attacco aumentò, il frastuono era indescrivibile, quando, verso le due, giunse al nostro orecchio l'eco di un cannoneggiamento lontano. Popo a poco le fucilate cinesi diminuirono ed al mattino potevamo vederE' all'orizzonte scoppiare gli obici lanciati dalle truppe liberatrici contro le mura della città. Una certa calma regnava già intorno a noi, e verso le due pomeridiane giungeva alla legazione inglese il generale Gaselee che, accompagnato da pochi uomini, aveva potuto entrare in città tartara. Poco dopo arrivarono anche alcune truppe americane, poi pochi giapponesi, e finalmente, prima di sera, i russi.

In pochi momenti i cinesi avevano abbandonato i posti intorno a noi, e nella notte circa ventimila uomini entravano nella città che stanno ora occupando, non senz« incontrare qualche resistenza.

Mi riservo di inviare all'E. V. traduzione delle note e lettere rosse scambiate in questl tempi fra noi, lo Yamen e il «principe Cing ed altri».

Ch1 fossero in realtà gli autori di queste ultime non sappiamo, e si stenta generalmente a credere che il principe Cing scrivesse quelle lettere, giacchè ognuno è convinto che egli era il meno ostile a noi, e che sconsigliava l'ImperatricE> dal tentare il massacro degli europei in Pechino.

I11vierò pure traduzione di alcuni decreti imperiali pubblicati durante i mesi di giugno e luglio e da noi conosciuti grazie ad alcuni numeri della gazzetta ufficiale che riuscimmo ad avere. Questi decreti hanno un certo interesse, perchè

costitui.scono i soli indizi sicuri per conoscere quale sia stata la condotta ed il modo di pensare del Governo cinese dinanzi all'Hgitazione che egli stesso favoriva. A çuanto si afferma, l'Imperatrice, l'Imperatore e tutta la corte sarebbero

fuggiti soltanto il 14 corrente verso l'ovest: nello Shansi o nello Shensi.

Durante tutto il tempo dell'assedio, non potemmo comunicare colla missione del Pei-tang ove, come l'E. V. ha appreso da precedenti miei rapporti, erano rinchiusi i missionari francesi coi vescovi Favier e Jarlin, le suore, fra le quali ùue italiane, trenta marinai francesi e undici italiani comandati dal sottotenente di vascello Olivieri, che avevo mandati nei primi giorni del giugno sulla domanda del vescovo Favier e del ministro di Francia.

Oggi soltanto, distaccamenti di truppe francesi, inglesi e americane, con alcuni :::annoni, riuscirono a ristabilire le comunicazioni.

Dei dodìci italiani, uno venne ucciso nel luglio da una palla di fucile, e cinque r;masero m0rti in una mina che i cinesi fecero scoppiare il 12 agosto, due giorni prima dell'arrivo delle truppe iberatrici. Il signor Olivieri rimase ferito alle gambe, ma è ora in via di guarigione.

Il distaccamento italiano, composto in origine di 39 uomini e due ufficiali, ha avuto 13 uomini uccisi e 15 feriti, fra i quali i due ufficiali.

Con l'arrivo delle truppe straniere, siamo stati liberati dal pericolo che correvamo, ma non credo si possa considerare che il ristabilimento dell'ordine sia prossimo, nè che ormai siamo avviati alla soluzione di questa faccenda. Il Governo cinese è seomparso, e non si sa dove siano il Sovrano coi suoi ministri. Presa Pechino, il Governo cinese verrà a chiedere la pace? Se invece ci abbandonasse la capitale ritirandosi nel centro della vecchia Cina a 30 o 40 giorni di marcia da Pechino, l'imbarazzo delle potenze non sarebbe piccolo.

Coll'arrivo delle truppe sento confermata la notizia, che già era stata scritta da Tientsin, dell'invio di cinquemila soldati italiani. Io spero che ora mi giungeranno telegrammi con istruzioni dell'E. V., giacchè, come ho l'onore di telegrafarle, dd lC giugno non mi è pervenuto alcun telegramma, nè alcuna lettera.

(l) -Il telegramma, privo di data, è posto nel registro fra quelli in partenza il 16 agosto. (2) -Cfr. p. l, nota 3. Il 2 luglio ebbe luogo alla Camera dei Deputati un importante dibattito circa l'azione del Governo italiano in Cina con dichiarazioni di Visconti Venosta, Nasi, Fortis ecc. Cfr. Atti Parlamentari, Cam. Dep. Sessione 1900-1901, I, p. 84 e sgg.

(l) A mia giustificazione aggiungo che nella stessa condizione travasi il ministro del Belgio, e che l'incaricato d'affari d'Austria non salvò nemmeno un cifrante. [Nota del documento].

91

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL MINISTRO DEL BELGIO A ROMA, VAN LOO

N. 32539/56. Roma, 16 agosto 1900.

De la note que Vous avez bien voulu m'adresser, le 7 aout courant (1), relativement au comité qui s'est constitué à Bruxelles dans le but de former un corps de volontaircs belges destiné à prendre part à l'action militaire des puissances en Chine, il résulte que le Gouvernement de Belgique attacherait du prix à connaitre la manière de voir des puissances en ce qui concerne la constitution de ce corps rnilitaire belge et sa coopération avec les troupes engagées en Chine.

{l) Cfr. n. 4L

En Vous remerciant de Votre communication, je m'empresse de déclarer que, non seulemer:t !e Gouvernement Royal n'a, pour sa part, aucune objection à faire au projet dont il vient d'etre informé par Votre obligeante entremise, mais qu'il verra &vec satisfaction le drapeau beige se ranger parmi ceux des puissances qui pm.u~uivent en Chine une oeuvre de civilisation et d'humanité.

En Vous priant, Monsieur le Ministre, de bien vouloir porter ce qui précède à la connaisfance de Votre Gouvernement, je saisis l'occasion pour Vous renouveler...

92

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL MINISTRO A TANGERI, MALMUSI

D. 32539/29. Roma, 16 agosto 1900.

Mi affretto a ::egnare ricevuta del pregiato rapporto in data del 26 luglio

p. p. N. 229-50 (l) con cui Ella mi rende conto delle varie e interessanti questioni per le quali la S. V. ha ottenuto soddisfacente soluzione, durante il suo soggiorno nella capitale del Marocco.

Mi è grato anzitutto che l'opera della S. V. sia valsa a dissipare i sospetti e la diffidenza che sembravano da tempo manifestarsi costì rispetto alla Italia, e ehe la sistemazione di parecchi antichi reclami abbia tolto di mezzo ogni causa ulteriore di screzio e di malinteso.

La questione relativa all'incidente di Mogador ed al pagamento, per parte di codesto Governo, della somma anticipata dal Consiglio Sanitario, è stata dalla

S. V. composta, nel modo più favorevole e soddisfacente, secondo le intenzioni del corpo diplomatico, che della questione stessa Le aveva affidata la trattazione. Nell'interesse, altresì, della Commissione Internazionale di vigilanza del faro a capo Spartel, la S. V. ha fatto opportunamente e con fondata speranza di buon risultato, gli uffici dei quali La aveva pregata il suo collega di Germania, presidente di turno di quella Commissione.

Ho preso buona nota dell'affidamento datole ufficialmente del prossimo invio di due giovani marocchini al R. Istituto internazionale di lavoro; e del fatto che il Signor Buziama, grazie al suo intervento, ha mandato un indennizzo di quarantacinquemila pesetas.

Mentre attendo ogni ulteriore ragguaglio che Ella si riserva di comunicarmi relativamente alla fabbrica di Fez, rispetto alla quale, siccome la S. V. mi assicura, codesto Governo osserverà intanto, scrupolosamente, gli accordi tacitamente rinnovati nel dicembre scorso, Le esprimo la mia approvazione per quanto ha fatto per chiamare la attenzione di codesto Governo sulle industrie italiane ed in particolar modo, per dimostrare al Sultano l'utilità che il Marocco ritrarrebbe nell'acquistare di prima mano in Italia e nell'importare direttamente lo zolfo, capitale prodotto della Sicilia, e La assicuro che già ho disposto perchè il Sin

d&cato siciliano di quella industria, sia, senza ritardo, informato delle buone

disposizioni e degli utili suggerimenti contenuti in uno scritto che S. M. le fece

tenere a questo riguardo, e del quale Ella mi comunica il testo.

Nel significarle, pertanto, il mio compiacimento per la buona riuscita della

sua missione, e nel ringraziarla dell'opera proficua spesa in questa occasione

dalla S. V. On., ...... .

(l) Non pubblicato.

93

IL REGGENTE IL CONSOLATO GENERALE A CALCUTTA, GHILARDI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 316/111. Calcutta, 16 agosto 1900.

Ho l'onore d'informare V. E. che la Gazzetta civile e militare di Laliore si estende molto sull'attività militare in Afghanistan. Fu ordinata la riorganizzazione dell'artiglieria ed infanteria in vista di una mobilitazione immediata. I depositi di foraggi in vari centri sono quasi completati. C'è molto eccitamento nei bazars delle frontiere ove si crede che tal movimento sia foriero di una dichiarazione di guerra. Contro chi? A Kabul si dice che tutte le forze afghane saranno dirette alla frontiera russa.

94

L'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, POLACCO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 2327. Parigi, 17 agosto 1900, ore 15,40.

Questo ministro degli esteri mi fa conoscere che ha ricevuto da Tientsin, in data del 9 corrente, telegramma, secondo il quale generale Frey, comandante truppe francesi in Cina, che era tornato a Tientsin in cerca di rinforzi, ne è ripartito con nuovi contingenti francesi per raggiungere, a marcie forzate, la colonna in cammino. Egli ha offerto agli italiani, austriaci, tedeschi, non rappresentati in questa colonna di mandarvi con lui dei distaccamenti per cooperare, eventualmente, alla presa Pechino. Essi accettarono ringraziandolo.

95

L'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, MORRA DI LAVRIANO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 2330. Pietroburgo, 17 agosto 1900, ore 18.

Governo russo ha. aderito spese impianto cavo Taku, ritenendo pevsone sul posto migliori giudicare utilità. Marcia alleati essendo ormai molto avanti, come ha telegrafato V. E. e come mi ha confermato testè conte Lamsdorff, ogni altro progetto cade causa distanza che rende ormai impossibile intervenire nell'azione delle truppe. Tale è pensiero conte Lamsdorff, il quale, interrogato, ha risposto vibratamente a questo ministro di China, che a nome Li-Hung-Chang gli ha domandato impedire bombardamento Pechino. Conte Lamsdorff desidera..... (l) sino a che alleati, giunti sotto le mura Pechino, potranno ottenere liberazione legazioni e degli stranieri senza bombardamento, ma ritiene indispensabile rimettersi alle decisioni comandante capo.

96

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL COMANDANTE LA DIVISIONE NAVALE OCEANICA, CANDIANI

T. 2404. Roma, 17 agosto 1900, ore 18.

Il Governo russo ha saputo dal suo ammiraglio e ci comunica che gli ammiragli hanno risoluto di non permettere a Li-Hung-Chang, qualora arrivasse a Taku, di comunicare con la costa. Il Governo russo trova tale decisione inesplicabile rendendosi con essa impossibile a Li-Hung-Chang di prestare la sua opera per eventuali negoziati ed esprime il desiderio che gli ammiragli ricevano istruzioni di revocarla. Autorizzo la S. V. qualora i suoi colleghi ricevano analoga istruzione, ad associarsi ad essi per permettere lo sbarco di Li-Hung-Chang. Autorizzo del pari la S. V., qualora i suoi colleghi ricevano analoga istruzione, e lo credano conveniente, a prendere con Li-Hung-Chang le necessarie intelligenze per l'uscita da Pechino delle legazioni e degli stranieri.

97

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, DE RENZIS

T. 2406. Roma, 17 agosto 1900, ore 18,45.

L'ambasciatore d'Inghilterra mi fa conoscere che per mezzo di codesto ministro di Cina, L,i-Hung-Chang si è telegraficamente rivolto a lord Salisbury chiedendo che le truppe alleate non entrino in Pechino. Identica richiesta è stata rivolta alla Francia, aHa Russia, alla Germania, agli Stati Uniti ed al Giappone. Può darsi che il non esser stata rivolta la stessa richiesta anche all'Italia, e neppure all'Austria Ungheria dipenda dalla circostanza che a Roma ed a Vienna i ministri cinesi rispettivamente accreditati non sono stabilmente ed attualmente presenti. In ogni modo, trovandosi l'Italia impegnata, di pieno accordo colle altre potenze, nella comune azione militare in Cina, è cosa corretta che le relative comunicazioni del Governo cinese siano anche a noi rivolte. Prego V. E. di farne espressa avvertenza a codesto ministro di Cina, acciocchè ne avverta il suo

Governo e Li-Hung-Chang confermandogli esser ella autorizzata a rendersi intermediario delle comunicazioni telegrafiche per cui occorresse una trasmissione riservata. Codesto ministro di Cina non ignora che, oltre alle truppe di terra le quali ora .stanno in viaggio, parecchie compagnie da sbarco delle nostre navi già prendono parte alle operazioni militari delle forze alleate.

(l) Gruppo indecifrato.

98

L'AMBASCIATORE A LONDRA, DE RENZIS, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 2336. Londra, 18 agosto 1900, ore 1,17.

In risposta alla comunicazione della nomina di Li-Hung-Chang per negoziare colle potenze, Salisbury ha informato questo ministro di China che il Governo della regina non può entrare in trattative di tal genere fino a che la legazione d'Inghilterra non sia stata trasportata a Tient-sin con una scorta di adeguate forze europee.

99

L'AMBASCIATORE A LONDRA, DE RENZIS, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 2337. Londra, 18 agosto 1900, ore 1,17.

Quest'amb,asciatore degli Stati Uniti ha comunicato a lord Salisbury il progetto per l'impianto di un cavo temporaneo tra Taku e Shanghai, ma lord Salisbury lo ha informato che il tesoro britannico aveva già contratti impegni con la compagnia Eastern Extension Telegraph che lo impedivano di aderire al progetto attuale.

100

L'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 2339. Vienna, 18 agosto 1900, ore 3,30.

Nel mese di giugno scorso in seguito al desiderio del governo rumeno, conte Goluchowski fece dare al Governo bulgaro consigli nel senso delle rimostranze fatte dal gabinetto di Bukarest per agitazione provocata in Rumania dal comitato macedone di Sofia, ma dopo allora Governo austro-ungarico non fu più sollecitato per altra pratica. Conte Goluchowski per parte sua non vede alcun inconveniente se il Governo italiano darà a Sofia consigli nel senso sopra indicato.

8 -Documenti diplomatici -Serie III -Vol. IV

101

L'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 2338. Vienna, 18 agosto 1900, ore 3,45.

Ambasciatore di Russia comunicò a Goluchowski telegramma contenente la notizia che il consiglio degli ammiragli in Cina aveva deciso di non permettere a Li-Hung-Chang di comunicare colle autorità chinesi. Ministro affari esteri russo disapprovando questa decisione chiedeva al conte Goluchowski di mandare all'ammiraglio austro-ungarico istruzione di revocare una tale decisione nell'interesse delle legazioni bloccate. Conte Goluchowski crede che questo telegramma è anteriore alla notizia non ancora ufficiale ma verosimile della liberazione delle legazioni. In ogni modo, rispose che gli pareva difficile e pericoloso il mandare dall'Europa istruzioni contro le decisioni degli ammiragli che sono meglio competenti nella questione di sapere ciò che si deve fare.

102

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI

T. 2412. Roma, 18 agosto 1900, ore 12,45.

Prego manifestare a codesto Governo nostro gradimento per avere il Governo francese accolto nella sua colonna diretta da Tientsin su Pechino anche un distaccamento italiano.

103

L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 2343/150. Berlino, 18 agosto 1900, ore 17,35.

Governo rumeno non ha finora sollecitato appoggio questo Governo per rimostranze GovernQ bulgaro. Se tale appoggio sarà chiesto credo che sarà dato in forma di consiglio amichevole a Sofia.

104

L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 2341/153. Berlino, 18 agosto 1900, ore 17,37.

Insistendo questo ministro di China per avere una risposta alle varie comunicazioni fatte a questo Governo, gli fu iersera, in complesso, con nota verbale seguente, risposto: • Governo germanico non può entrare in negoziati con Governo chinese e con i suoi rappresentanti fino a che questo non abbia rilasciato

in libertà forestieri rinchiusi a Pechino. Compito di questa liberazione spetta ora truppe internazionali attualmente in marcia su Pechino. È quindi con i comandanti di esse che Governo chinese dovrà negoziare rispetto a questa liberazione e alla necessità, o meno, dell'entrata delle truppe internazionali nella capitale chinese ».

105

IL REGGENTE IL CONSOLATO A SHANGHAI, GHISI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 2335. Shanghai, 18 agosto 1900.

Alleati entrati Pechino. Ministri salvi.

106

UAMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 1142/638. Berlino, 18 agosto 1900.

Facendo seguito al mio telegramma d'oggi, n. 153 (1), credo opportuno di qui accluso trasmettere, in traduzione, copia della nota verbale inviata dal dipartimento imperiale degli affari esteri a questa legazione di Cina in risposta alle insistenze di questa ultima per ottenere un riscontro alle sue ultime comunicazioni intorno agli affari cinesi.

ALLEGATO

NOTA VERBALE

Berlino, 17 agosto 1900.

Il Governo imperiale è di parere, come già è risaputo, essere primo ed imprescindibile dovere del Governo imperiale cinese l'immediato rilascio in libertà dei forestieri rinchiusi in Pechino. Fin che questo dovere non sarà stato soddisfatto, il Governo imperiale non è in grado di entrare in negoziati col Governo cinese, o con qualsiasi rappresentante di esso. La liberazione dei rinchiusi è presentemente di spettanza delle truppe alleate che marciano sopra Pechino, ed è in facoltà dei comandanti di esse di adottare i provvedimenti necessari a tal fine. I negoziati per la liberazione, e particolarmente intorno alla questione se ed a quali condizioni sia necessaria, o meno, per raggiungere tale obbiettivo, l'entrata delle truppe alleate nella capitale cinese, potranno, quindi, da parte cinese essere intavolati soltanto coi comandanti delle truppe suddette.

107

L'INCARICATO D'AFFARI A COSTANTINOPOLI, GALLINA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 530/201. Therapia, 18 agosto 1900.

L'esecrando misfatto di cui fu vittima Re Umberto e la notizia di un vasto complotto che 'lo avrebbe preparato, ed al quale si attribuiscono altri progetti criminosi, hanno avuto qui per conseguenza severissime ed arbitrarie misure di

polizia, verso le persone, appartenenti sovra tutto al ceto operaio, che giungono in Turchia, e specialmente verso gli italiani. Ogni benchè lieve irregolarità nel passaporto, ogni dubbio sulla identità delle persone e talvolta semplici infondati

sospetti degli agenti, bastano perchè s'impedisca a degli innocui individui di sbarcare, od a farli tradurre alla Polizia, dove sono trattenuti fino a che il Consolato, rispondendo di loro, riesca a farli rilasciare.

Fin da due settimane or sono, essendo venuto a conoscenza di qualcuno di questi atti di arbitrio me ne ero !agnato con Tewfic pascià. Ma la cosa ha ora preso proporzioni tali, che ho dovuto parlargli in un tono molto energico, facendogli osservare che giustificate misure di prudenza, non debbono degenerare in un generale assurdo ostracismo per tutti gli operai italiani.

Tewfic pascià, è uomo di molta buona volontà, ma di nessuna energia e di pochissima autorità. Mi diede tutte le ragioni, ma sono convinto che farà poco o nulla. Mi riservo di riparlargli in proposito. Sarebbe utile però che l'E. V. ne dicesse pure una parola a codesto Ambasciatore Ottomano.

A togliere poi qualsiasi appiglio a queste autorità, converrebbe che i nazionali, i quali intendono recarsi in Turchia, venissero avvertiti nel modo che l'E. V. riterrà più efficace, di avere le loro carte in perfetta regola e sovratutto di far vidimare il loro passaporto da un Consolato Ottomano (1).

(l) Cfr. n. 104.

108

L'INCARICATO D'AFFARI A COSTANTINOPOLI, GALLINA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 531/202. Therapia, 18 agosto 1900.

Parecchi giorni or sono comparve su questi giornali un iradè imperiale che autorizzava il passaggio dagli Stretti di due navi da trasporto appartenenti alla flotta regolare russa, destinate a portar truppe in Cina. Già da molti anni, i bastimenti della flotta volontaria dei quali il Governo russo si serve per il cambio delle guarnigioni nell'estremo Oriente, passano pel Bosforo, anche quando sono carichi di truppe, mediante le sole formalità richieste per il passaggio delle navi mercantili. Da principio la Porta, si disse allora ad istigazione di qualche potenza europea, aveva opposto difficoltà a concedere i relativi firmani, ma dietro insistenze della Russia fini per riconoscere a quelle navi il carattere mercantile e per lasciarle passare come tali.

Attendo Sue istruzioni. G. F. •·

c Credo io pure che le espulsioni dalla Turchia possano finire col sollevare una questione di una certa gravità. -Il ritorno di Pansa è imminente, se pure non è già ritornato al suo posto.

È il caso di richiamare la sua attenzione sull'argomento e pregarlo di occuparsene attivamente. Bisognerebbe poi avvisare intorno al modo con cui avvertire coloro che vanno in Turchia, specialmente gli operai, sulla necessità del passaporto e del visto del Console ottomano •.

Il caso è ora assai diverso, poichè le due navi in questione, il Dniester ed il Pruth, sebbene non da combattimento, appartengono effettivamente alla marina militare e la Porta non aveva diritto di aprir loro gli Stretti il cui regime è regolato da un patto internazionale. Queste ambasciate rilevarono codesta circostanza ed i miei colleghi ne hanno informato anch'essi i propri Governi: quelli di Inghilterra e di Germania hanno anche fatto in proposito qualche rimostranza alla Porta. Viste, però, le circostanze dei momento e le due navi essendo sempHci trasporti, che vennero anche, almeno apparentemente, disarmate, non mi pare si voglia dare alla cosa molta importanza.

Per analogia di argomento, riferirò anche un fatto, accaduto or sono dieci giorni destando nel Governo imperiale una certa inquietudine. Tre navi da guerra ed una torpediniera russe si avvicinarono a 4 miglia daH'imboccatura del Bosforo e manovrarono per qualche tempo in quelle acque. Sebbene nulla vi sia in ciò, di contrario alle disposizioni dei trattati che regolano la navigazione del Mar Nero, essendo però la prima volta che un simile fatto si verifica, la Porta ne fu per un momento allarmata. Non mi risulta però che essa abbia fatto osservazioni in proposito a quest'Ambasciata di Russia.

È continuo da due settimane H passaggio pel Bosforo di navi, sia russe, sia straniere noleggiate dal Governo russo, cariche di truppe per la Cina. Si calcola a 20.000 circa il numero dei soldati chE-hanno finora attraversato gli stretti per quella destinazione.

(l) Al rapporto sono annessi i seguenti due appunti di Fusinato a Visconti Venosta e di questi a Fusinato: • Questa faccenda delle espulsioni potrebbe farsi grave. Crede che, seguendo il consiglio di Gallina, sia il caso di parlarne a questo Incaricato d'affari? Francamente se fosse qui a Roma Lei e se ci fosse l'Ambasciatore turco, ne varrebbe la pena. Piuttosto, profittando del ritorno imminentissimo di Pansa a Cospoli, si potrebbe pregarlo di far lui nuove pratiche personali.

109

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA AGLI AMBASCIATORI A BERLINO, LANZA, A LONDRA, DE RENZIS, A PARIGI, TORNIELLI, A PIETROBURGO, MORRA DI LAVRIANO, E A VIENNA, NIGRA

T. 2425. Roma, 19 agosto 1900, ore 15.

Entrate ora le truppe alleate a Pechino, importa di tenerci in comunicazione cogli altri Gabinetti per essere informati di come essi considerino ora la situazione. I punti che si affacciano alla mente e circa i quali gioverebbe conoscere il pensiero dei rispettivi Governi sono essenzialmente questi: come si voglia regolare l'occupazione temporanea di Pechino per opera dei contingenti forniti da tutte le potenze; come si consideri la questione del momento opportuno per l'inizio di negoziati col Governo cinese; se questi negoziati dovranno condursi per mezzo delle legazioni ora liberate, od invece per opera dei comandanti superiori delle rispettive forze, se si ravvisi la convenienza, che a noi pare evidente, del dare al negoziato un carattere collettivo, partecipandovi le grandi potenze europee, gli Stati Uniti ed il Giappone. Non è mio proposito prendere ora iniziative che sarebbero premature. Mio desiderio nel dirigerle questo telegramma è soltanto questo: di potere mercè i suoi colloqui con codesto ministro degli affari esteri, essere tenuto al corrente delle idee di codesto Gabinetto circa la situazione delle cose cinesi in generale, ed in ispecie circa i punti più sopra indicati.

110

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 2357. Parigi, 19 agosto 1900, ore 22,40.

Extrait discours Delcassé: • Il ne faut exagérer mais il serait dangereux de se dissimuler la gravité du problème que les événements de Chine ont posé devant les puissances pour en venir à bout. La première des conditions pour elles est de bien savoir ce qu'elles veulent; de ne vouloir que ce qui ne saurait compromettre l'entente nécessaire et de le vouloir jusqu'à la fin. Après avoir dit que le but marqué par le cri de la conscience universelle est atteint par les délivrances des ministres, Delcassé s'exprime ainsi: La présence des troupes internationales servira ensuite à obtenir des réparations pour le passé, des garanties pour l'avenir. Quelles que puissent etre à cet égard les vues particulières de chaque puissance, je suppose qu'elles se garderont d'en formuler d'exclusives ce qui détruirait l'union, éveillerait des méfiances et peut ètre préparerait des redoutables malentendus. Le ministre ajoute que le Gouvernement français ne se départira pas de ce point de vue auquel il s'est placé dès la première heure, agissant toujours de concert avec la Russie.

111

L'AMBASCIATORE A WASHINGTON, FAVA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 2351. Washington, 19 agosto 1900.

Questo Governo non elevò nessuna abbiezione contro la pretesa Inghilterra di sbarcare essa sola truppe a Shanghai. Però avendo China chiesto buoni uffici gabinetto di Washington per fare dissuadere indistintamente sbarco truppe, segretario di stato ha risposto che le potenze avevano diritto sbarco truppe per mutua sicurezza interessi loro connazionali. Ho avuto da buona fonte che uno sbarco inglese Shanghai seguito immantinenti da uno sbarco francese.

112

IL MINISTRO DELLA GUERRA, PONZA DI S. MARTINO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

N. 342. Roma, 19 agosto 1900.

Questo Ministero ha il pregio di trasmettere a V. E. ·copia del rapporto n. 90, Riservatissimo, in data 10 agosto corrente dell'Addetto Militare a Berlino avente per oggetto: «Guerra in Cina».

ALLEGATO

PRUDENTE A SALETTA

R. RR. 90. Berlino, 10 agosto 1900. A conferma del mio telegramma inviatole ieri da Casse!, mi onoro notificare alla

S. V. che stamane questo Ministero degli Esteri ha comunicato a questa R. Ambasciata che presso il Quartier Generale del Maresciallo Conte Waldersee in Cina dovrebbero possibilmente essere comandati due ufficiali di ciascuno degli eserciti che hanno inviato colà un contingente di truppa.

Ieri, allorquando S. M. l'Imperatore si è degnato di preavvisare di quanto sopra il nostro Ministero della Guerra, chiesi all'Augusto Sovrano quale grado dovevano avere detti ufficiali, ed Egli mi rispose che, a suo avviso, uno dovrebbe essere un ufficiale superiore e l'altro un ufficiale inferiore possibilmente del grado di capitano. Mi soggiunse che il Conte Waldersee avrà per suo capo di stato maggiore il maggiore generale Schwarzkoff che, quale colonnello, avea funzionato da delegato militare alla conferenza internazionale dell'Aja, e per sottocapo il colonnello di fanteria barone von Gayl.

S. M. l'Imperatore mi disse essere intenzione del conte Waldersee di assegnare ad ogni corpo di spedizione una linea speciale di rifornimento onde non frammischiare i servizi logistici, che presso ogni corpo di spedizione sono organizzati in modo differente e con materiali differenti. I predetti ufficiali dovranno, quindi, servire per tenere collegato il corpo della loro nazione col comando supremo delle truppe in Cina.

Mi aggiunse che gli ufficiali stessi dovrebbero prendere imbarco il 22 corrente a Napoli col Maresciallo Waldersee su di un piroscafo germanico celerissimo, il quale arriverà a Taku non più tardi del 24 settembre.

Espresse infine la speranza che tutte quante le nazioni interessate accetteranno la proposta di affidare il comando supremo al Maresciallo Waldersee, ma che, in qualsiasi caso, quest'ultimo si recherà in Cina per comandare i soli contingenti delle nazioni che accetteranno tale proposta. L'Italia, la Russia e l'Inghilterra avevano già risposto affermativamente.

S. M. l'Imperatore era visibilmente molto soddisfatto che il comando supremo delle truppe internazionali in Cina fosse affidato ad un generale tedesco, e specialmente al maresciallo Waldersee, il quale oltre ad avere tutti i requisiti militari necessari per un comando così difficile, ha anche quelli necessari per soddisfare al suo mandato per quanto riguarda la parte politica (V. il mio foglio n. 59 R.mo del 22 giugno 1898).

L'Augusto Sovrano mi ha espresso la convinzione che se l'opera del maresciallo

Waldersee non sarà ostacolata da cause indipendenti dalla sua volontà, darà certo

ottimi risultati, e che per la fine del corrente anno, e forse anche per il principio di

decembre p. v. la grossa guerra guerreggiata sarà finita.

Soggiunse che il corpo di spedizione germanico, che è partito in questi ultimi

giorni per la Cina, sarà rinforzato da altri reparti, onde costituirlo come una divi

sione (12 battaglioni), lasciando autonoma la brigata di fanteria marina.

Espresse poscia l'avviso che tutte le nazioni che hanno inviato truppe in Cina,

dovrebbero adottare le opportune disposizioni per potere con la massima celerità

inviare in Cina i personali supplementari necessari per ricolmare i vuoti prodotti

dalle perdite nei combattimenti e per cause di malattie.

Parlai poscia con S. E. il generale von Wittich, comandante dell'XI corpo d'armata ed aiutante generale di S. M. l'Imperatore, il quale mi disse che partiranno quanto prima per la Cina 4 battaglioni di fanteria, 3 batterie di cannoni da campagna, 1 squadrone di cavalleria e qualche aliquota di truppe ausiliarie, per modo che il corpo di spedizione (non compresa la brigata di fanteria marina) avrà press'a poco la forza e la formazione di una divisione sul piede di guerra.

I cavalli ed i muli per detti reparti saranno acquistati nel Chilì e nella Repubblica Argentina, poichè si dubita di poterli trovare in Australia e nell'America del Nord, ove furono acquistati, e si stanno acquistando, quelli necessari per i reparti che sono ora in viaggio. I Governi delle due repubbliche prima nominate hanno assicurato il Governo germanico che agevoleranno in ogni modo l'opera delle commissioni d'acquisto state già colà dirette.

II predetto generale mi soggiunge poscia essere intendimento di S. M. l'Imperatore di Germania di non inviare altre unità in Cina sino a che non si veda quale piega prendono le relazioni fra le varie nazioni interessate in Cina, inquantochè non è da escludersi la possibilità, che la guerra cominciata ora nell'estremo oriente sia più tardi terminata in Europa. Il predetto generale mi ripetè marcatamente: • è necessario di essere colà degnamente rappresentati perchè, come disse S. M., durante la colazione (alla quale io presi parte), l'attuale guerra è una specie di esposizione militare, nella quale si vedrà in quale grado ciascuno degli eserciti che vi prendono parte è istruito e disciplinato, ma non bisogna avere troppa fretta ad allontanare dalla patria molta truppa in questo momento di incertezza politica •.

Soggiungo infine alla S. V. che, d'ordine di S. M. l'Imperatore, il maresciallo conte Waldersee nel recarsi a Napoli, procurerà di avere l'alto onore di ottenere un'udienza da S. M. il Re Vittorio Emanuele III.

113

L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 1145/640. Berlino, 19 agosto 1900.

Il discorso pronunciato da S. M. l'Imperatore di Germania in occasione della partenza del maresciallo Waldersee sarà già noto all'E. V. dai larghi riassunti che ne avranno certamente inviato costì le Agenzie telegrafiche; attesa quindi la .sua relativamente scarsa importanza politica mi asterrò dal comunicarne una traduzione !imitandomi soltanto a farne qui accluso pervenire a V. E. il testo originale (1).

È da notarsi soltanto l'insistenza con cui il Sovrano germanico si curò a mettere in evidenza come la nomina del maresciallo a generalissimo delle truppe alleate in China sia dovuta all'istigazione dell'Imperatore di Russia, e ciò evidentemente doveva, nel pensiero di S. M., costituire una risposta ad un recente comunicato ufficiale russo, già noto certamente a V. E. in cui era manifesta la tendenza di voler attribuire tale scelta unicamente all'iniziativa dell'Imperatore Guglielmo. Come siano andate realmente le cose ed a chi spetti la prima idea della designazione del Conte Waldersee non saprei invero pronunziarmi, e non posso che confermare quanto mi è stato qui assicurato da fonte uffic,iale e che ebbi già a telegrafare a V. E. il 7 corrente (telegramma n. 128) (2) esser tale designazione scaturita da uno ,scambio di idee confidenziali fra l'Imperatore di Germania e l'Imperatore di Russia.

(l) -Non pubblicato. (2) -Cfr. n. 40.
114

L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 2365. Berlino, 20 agosto 1900, ore 7,26.

Consolato di Germania Che-foo telegrafa quanto segue data di oggi: • Truppe alleate fanno fuoco contro fortificazioni palazzo imperiale Pekino: si dice imperatrice sia ancora in esso».

115

L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 2364/155. Berlino, 20 agosto 1900, ore 17,25.

Non mancherò ragguagliare V. E. il più esattamente possibile sulle intenzioni di qu.esto Governo sulle cose cinesi e in ispecie sui punti indicati nel telegramma 2425 (l) appena che queste intenzioni possano, sulle ulteriori notizie che verranno da Pechino, esplicarsi. È mia impressione che Germania desidererà lasciare per ora ogni decisione in mano comandanti militari, nella speranza che Waldersee giunga ancora in tempo a prendere comando superiore e dirigere almeno i negoziati; così avrebbero vero carattere collettivo. Ma sarà ciò possibile? Ne dubito. Waldersee è certo uomo capace dell'azione militare più ardita e rigorosa, e me ne persuase conversazione avuta con lui, è anche uomo da condurre negoziati con moderazione e tatto, e sarebbe forse la persona più adatta a mettere d'accordo soverchie esigenze suo sovrano colle tendenze russe più miti che mi sembrano specialmente predominare in Russia.

116

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELL'INTERNO, SARACCO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

N. R. u. 11179. Roma, 20 agosto 1900.

Credo opportuno di segnalare all'attenzione di V. E. il seguente rapporto del Prefetto di Napoli: «Facendo seguito alle precedenti comunicazioni relative all'attentato contro

S. M. lo Shah di Persia, pregiomi di manifestare alla E. V. che da Luxemburgo è qui giunta per posta un'altra lettera (che d'ordine dell'Autorità giudiziaria è stata pure sequestrata) diretta al: "Cercle de la Jeunesse Anarchiste Italienne, Via Medina -Naples".

Tale lettera, di cui si allega copia, con riserva di rassegnare la copia fotografica, vorrebbe aver l'aria di essere scritta con segni convenzionali; ma essa si legge facilmente, giacchè il preteso segreto della scrittura consiste nell'aver sostituto alle cinque vocali dell'alfabeto i numeri: l -2 -3 -4 -5.

Onde la lettera di cui si tratta si legge così: "Pugnale. Gli anarchici italiani residenti qui nel Luxemburgo esprimono il loro contento per l'uccisione di Re Umberto. Noi prepariamo una nuova arma per l'Imperatore della Germania. I>'Iandate nuovi uomini coraggiosi e fedeli. Viva l'anarchia. Il Capo partito

C. Z. Felus ". Dal timbro postale risulta che la lettera venne impostata ad Esch-Sur-Alzette il 6 corrente. Tanto per quelle indagini e comunicazioni che V. E. creda di disporre per

l'estero ». Rimetto copia della lettera di cui si tratta, soggiungendo che si è scritto al

R. Console del Luxemburgo per le indagini opportune, delle quali si resta in attesa di conoscere i risultati.

(l) Cfr. n. 109.

117

L'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 2373. Vienna, 21 agosto 1900, ore 16,50.

Ho chiesto a Goluchowski il suo avviso circa la nuova fase della questione chinese. Scrivo in proposito, a V. E. (1). La sola cosa che può esserle utilmente telegrafata è che, secondo Golukowski, quando si saprà con chi negoziare, le trattative dovrebbero essere affidate relative legazioni.

118

L'INCARICATO D'AFFARI A TOKIO, COBIANCHI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 2376. Tokio, 21 agosto 1900, ore 21,10.

Constato mutamento relazioni Russia Giappone, quasi entente, credo basata larghe concessioni reciproche azione avvenire ... (2) a Corea.

(l) -Cfr. n. 120. (2) -Gruppo indecifrnto.
119

IL, MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL COMANDANTE LA DIVISIONE NAVALE OCEANICA, CANDIANI

T. 2457. Roma, 21 agosto 1900, ore 23,55.

Il Governo che ha piena fiducia in lei intende !asciarle intera la sua libertà d'azione, ma dal punto di vista politico, le esprimo il desiderio che le nostre truppe al loro prossimo arrivo possano essere o in tutto o almeno in parte dirette su Pechino essendo importante che della occupazione internazionale in Pechino .faccia parte sino da ora ed abbia il suo posto anche un contingente italiano.

120

L'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 1161/556. Vienna, 21 agosto 1900.

Secondo le istruzioni impartitemi per telegrafo dall'E. V., pregai il conte Goluchowski di volersi mantenere, durante la nuova fase della questione cinese, in costante scambio d'idee col governo del Re, e, intanto, gli chiesi in qual guisa egli credesse doversi procedere per ottenere gli scopi che le potenze avevano avuto in mira colla loro azione comune in Cina.

Il conte Goluchowski mi disse, anzitutto, che V. E. aveva prevenuto un suo

desiderio col proporgli lo scambio regolare di idee tra i gabinetti di Vienna e

di Roma circa l'assestamento degli affari cinesi. Egli espresse l'avviso che in

questa vertenza i Governi d'Italia e d'Austria-Ungheria dovevano mantenersi in

comunione d'idee e di condotta non solo con le altre potenze in generale, ma,

specialmente, tra loro stessi, per la situazione pressochtèr identica in cui si trovano

rispetto alla Cina.

Circa il modo di procedere nella nuova fase della questione, il conte Golu

chowski si espresse nel senso che passo ad esporle.

Gli scopi, egli disse, che le potenze si proposero, erano tre, cioè: l o la Hbe

razione delle legazioni a Pechino; 2° le indennità e le riparazioni da chiedersi al

Governo cinese per i massacri e i danni inflitti ai rispettivi sudditi, non che per

la violazione del diritto delle genti e internazionale; 3° le guarentigie per pre

venire il rinnovamento delle offese fatte.

Il primo di questi scopi, soggiunse il conte Goluchowski, è ottenuto. Le

legazioni estere a Pechino sono salvate. Rimangono i due altri scopi. Per atte

nerli conviene che vi sia a Pechino, o altrove in Cina, un governo con cui si

possa trattare. Ora, in questo momento, ciò non si sa. Quando si saprà, sarà il

caso di decidere d'accordo; lo sulla qualità e l'entità delle riparazioni e delle

guarentigie da chiedersi; 2° sul modo di procedere. Sul primo punto, il conte

Goluchowski non ha nulla da enunciare fin d'ora. Le domande dell'Austria

Ungheria si regoleranno in proporzione dei danni recati ai sudditi austro-ungarici,

e dell'offesa fatta al Governo austro-ungarico, in correlazione a quelle che

saranno fatte dalle altre potenze in giusta misura.

Sul secondo punto, cioè, circa il modo di procedere, il conte Goluchowski è d'avviso che si debba agire in via diplomatica e per mezzo delle legazioni rispettive accreditate a Pechino. Ma su questo punto, come in generale su tutti gli altri, il conte Goluchowski è disposto ad agire d'accordo colle altre potenze, e non farà ostacolo per parte sua all'unanimità delle decisioni. Egli comprende, del resto, che la Germania, più crudelmente offesa, esiga dalla Cina maggiori soddisfazioni, e che il capo delle sue truppe di spedizione sia anche investito, in considerazione del suo alto grado militare, di pieni poteri diplomatici per trattare ogni questione che la riguardi.

Il conte Goluchowski aveva ricevuto oggi stesso dal ministro cinese a Pietroburgo, accreditato anche a Vienna, la comunicazione d'un telegramma di Li-HungCiang, con invito alle potenze di fare sapere in che modo intendevano trattare con lui.

L'E. V. avrà ricevuto, suppongo, una simile comunicazione dal ministro cinese accreditato presso l'Italia. Il conte Goluchowski aspetterà, prima di rispondere, che gli sia noto l'avviso delle altre potenze. Ma mi disse che, prima di ogni cosa, è necessario sapere se vi è un governo in Cina con cui si possa trattare, se questo governo è lo stesso che diede i pieni poteri a Li-Hung-Ciang, e se le altre potenze sono disposte a trattare, come l'Austria-Ungheria preferirebbe, in via diplomatica e per mezzo delle rispettive legazioni in Cina.

121

IL MINISTRO A PECHINO, SALVAGO RAGGI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 2384. Chefoo, 22 agosto 1900, ore 13,10 (per. ore 23,15).

Truppe straniere arrivate senza viva resistenza. Prego avvertire famiglie tenente di vascello e ex ministro De Luca figlio benissimo. Non mi è pervenuto alcun telegramma dell'E. V. dal 10 giugno.

122

L'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, MORRA DI LAVRIANO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 2383. Pietroburgo, 22 agosto 1900, ore 17,16 (per. ore 21,30).

Conte Lamsdorff non ha ricevuto nessun telegramma, nè dal comandante russo, nè dal ministro di Russia e ne è sorpreso e scontento. Malgrado asserzioni ministro di China, crede .possibile imperatrice sia tuttora Pechino e ritiene che i rappresentanti potenze a Pechino potranno difficilmente condurre essi stessi trattative, delle quali, del resto, per ora, non si parla, malgrado insistenze di Li-Hung-Chang.

(l) Manca evidentemente il nome del tenente di vascello.

123

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, DE RENZIS

T. 2471. Roma, 22 agosto 1900, ore 22.

Non ebbi ancora risposta al telegramma del 17 agosto (l) col quale la pregai di avere una spiegazione col ministro di Cina circa le comunicazioni del suo Governo e di Li-Hung-Chang che, rivolte alle altre potenze, debbono esserlo del pari all'Italia. Intanto questo ambasciatore di Inghilterra mi comunica un nuovo telegramma di Li-Hung-Chang, in data di Shangai 21 agosto, costì rimesso da codesto mini,stro di Cina, e l'incaricato di affari di Austria-Ungheria mi fa conoscere che una comunicazione di Li-Hung-Chang è pur giunta al suo Governo per mezzo del ministro di Cina a Pietroburgo accreditato anche a Vienna. La prego di recarsi tosto dal ministro di Cina e di chiedergli una precisa spiegazione non tacendogli che dal tenore di questa dovremo prendere norma per il nostro contegno avvenire. Nel casò presente è notevole, e V. E. dovrà farne avvertenza a codesto. ministro cinese, che il telegramma direttogli da Li-Hung-Chang contiene l'invito di ripeterlo ai suoi colleghi presso gli altri Governi, il che dimostra l'intenzione del mittente che tutti i Governi ne fossero informati. Ecco, ad ogni buon fine, il telegramma di Li-Hung-Chang: « Shangai 21 agosto. L'imperatore e l'imperatrice madre hanno lasciato Pechino: gli insorti sono totalmente dispersi. Non vi è ormai bisogno di ulteriori operazioni militari; sarei inquieto che le .forze alleate fossero ancora, con gravi spese, mantenute a Pechino; devo, pertanto, chiedere oltre la cessazione delle ostilità, anche il ritiro delle truppe di colà, rinnovo le premure per la nomina di un plenipotenziario per negoziare la pace. Vogliate comunicare quanto precede a lord Salisbury inducendolo a dare favorevole risposta. Ripetete questo telegramma ai vostri colleghi presso gli altri

Governi~.

124

L'AMBASCIATORE A WASHINGTON, FAVA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 2377. Seabright, ..... (per. ore 6 del 22 agosto 1900).

Governo federale decise oggi rigettare proposta Li per cessazione ostilità. Rifiuto che verrà subito comunicato Governo chinese è fatto sul non avere questi eseJZuito le specifiche condizioni poste nella dichiarazione Stati Uniti del 12 agosto.

Il) Cfr. n. 97.

125

IL COMANDANTE LA DIVISIONE NAVALE OCEANICA, CANDIANI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 2380. Shanghai, ..... (per. ore 14,40 del 22 agosto 1900).

Ricevuto dispaccio di V. E. del 17 (1).

Seduta 24 luglio, presieduta, appunto, da ammiraglio russo, decideva, in caso arrivo Li-Hung-Chang, nominato vice-re Tien-tsin, non permettere sbarco, prima di dare spiegazioni sua missione dinnanzi consiglio superiore. Situazione presente delle cose differente; eseguirò istruzioni che V. E. mi ha date. Inviata a Shanghai «Elba». Qualora V. E. lo stimi opportuno, potrebbe mettersi a disposizione Li-Hung-Chang, portarlo Taku. Date istruzioni comandante, caso

V. E. invii direttamente disposizione. Giunto Pechino primo distaccamento marinai. Continua combattimento città imperiale.

126

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL COMANDANTE LA DIVISIONE NAVALE OCEANICA, CANDIANI

T. 2472. Roma, 22 agosto 1900, ore 22,30.

Rispondo al suo telegramma (2). Col mio telegramma 17 intesi soltanto autorizzarla associarsi ai colleghi quando questi avessero ricevuto dai loro Governi ordine di revocare divieto sbarco Li-Hung-Chang. Non credo poi il caso di offrirgli imbarco sull'« Elba » perchè non abbiamo ragione di nulla fare, dal canto nostro, per favorire od ostacolare le mosse di Li-Hung-Chang.

127

L'AMBASCIATORE A LONDRA, DE RENZIS, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 2392. Londra, 23 agosto 1900, ore 1,19.

Ancora ieri l'altro insistetti presso questo ministro di Cina sul fatto che non tutte le comunicazioni rivolte alle potenze erano ugualmente fatte all'Italia. Egli mi disse che avrebbe telegrafato al suo Governo per vedere come ciò accadesse. Ritornerò oggi, facendogli osservare come il telegramma di Li-HungChang lo invitava a darne comunicazione agli altri Governi.

(l) -Cfr. n. 96. (2) -Cfr. n. 125.
128

L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 2395. Berlino, 23 agosto 1900, ore 5,50.

Governo imperiale fa pubblicare dall'agenzia Wolff che alla proposta di Li-Hung-Chang nella quale si chiede il ritiro delle truppe alleate e l'apertura delle trattative di pace, esso ha fatto rispondere non potere entrare in trattative per mancanza di convenienti pieni poteri per parte della China.

129

L'IMPERATORE DELLA COREA, YI HIEUNG, A VITTORIO EMANUELE III, A NAPOLI

T. s. n. Seoul, 23 agosto 1900, ore 9,10.

Très heureux apprendre délivrance votre ambassadeur Pekin adresse à V. :VI. sentiments profonde amitié.

130

IL MINISTRO DELLE POSTE E TELEGRAFI, PASCOLATO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 2391. Roma, 23 agosto 1900, ore 13.

Attivato cavo ,sottomarino tra Chefoo e Taku. Taku è collegato telegraficamente con Tientsin mediante linea militare. Linea per servizio internazionale è in costruzione. Servizio di corriere fra Tsinanfu e Pechino sospeso per difficoltà di comunicazioni. Telegrammi inoltrati telegraficamente Tsinanfu v,ia Chefoo Taku saranno fatti proseguire con migliori mezzi disponibili.

131

IL, MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL COMANDANTE LA DIVISIONE NAVALE OCEANICA, CANDIANI

T. 2486. Roma, 23 agosto 1900, ore 22,15.

Credo utile informarla maresciallo tedesco Waldersee, nominato comandante supremo forze alleate, partito ieri da Napoli col suo stato maggiore a cui sono aggregati anche due ufficiali italiani. Prego inoltrare al ministro Pechino seguente mio telegramma: • Dubitando non le siano pervenuti i miei telegrammi, spediti

per altra via, confermo alta soddisfazione di S. M. e compiacimento intero paese per la sua liberazione e per il suo contegno. Nostre forze in Cina consistono oramai sei navi con equipaggio rinforzato e due mila uomini di truppe terrestri già oltre Hong-Kong. Prego telegrafarmi se alcuno tra i residenti europei è morto

o ferito •.

132

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL MINISTRO DELLA MARINA, MORIN

r. 2487. Roma, 23 agosto 1900, ore 22,20.

Crederei opportuno che, compatibilmente con le esigenze d'ordine militare, una delle navi alla dipendenza dell'ammiraglio Candiani potesse rimanere di stazione a Shanghai. Prego V. E. di telegrafare, se non ha obiezioni, in questo senso all'ammiraglio e di farmi conoscere la sua decisione.

133

L'AMBASCIATORE A WASHINGTON, FAVA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 2385. Seabright, 23 agosto 1900 (per. ore 6,50).

Nel rifiuto dato alla proposta di Li, il segretario di stato ha dichiarato anche a questo ministro di Cina che gli Stati Uniti nomineranno un negoziatore per la pace solo quando avranno prove dell'esistenza di una regolare e responsabile amministrazione in Cina.

134

IL SOTTOSEGRETARIO ALLA MARINA, SERRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 2403. Roma, 24 agosto 1900, ore 11.

Secondo desiderio V. E. ho telegrafato all'ammiraglio Candiani che compatibilmente con esigenze militari una nave stazioni a Shanghai. Informo che dal 22 travasi colà « Elba ».

135

L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 2410/160. Berlino, 24 agosto 1900, ore 17,49.

Prime notizie dirette da legazioni di Germania in Pechino giunsero solo ieri qui per mezzo telegramma incaricato d'affari von Below in data del 16 corrente. Sono poche parole in cui conferma che possibile resistenza legazioni era proprio all'ultimo per aumentati sforzi assalitori nel giorno 15 quando giunsero truppe alleate a liberarle e enumera morti tedeschi.

136

IL MINISTRO A PECHINO, SALVAGO RAGGI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 2441. Taku, 24 agosto 1900 (per. ore 15 del 26).

Giunto felicemente distaccamento 30 marinai « Calabria •. Presto parte convoglio scortato col quale mando mia famiglia che prego ammiraglio mandare Giappone con una R. nave non essendo possibile altrimenti. Prego V. E. dare autorizzazione. Corre voce venga truppa italiana. Sarei grato dirmi se è vero. Se Vitale non è per giungere, prego V. E. farmi venire provvisoriamente Volpicelli giacchè presenza interprete è ora più che mai necessaria (1).

137

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. R. 1942/859. Parigi, 24 agosto 1900.

Al mio ritorno qui, dopo l'assenza di dieci giorni, avrei voluto poter conferire con il Signor Delcassé circa gli importanti incidenti prodottisi, in sì breve periodo di tempo, nello spinoso ed intricato affare cinese. Sarebbe stato desiderio mio lo avere un'impressione personale della accoglienza fatta qui alla nomina del maresciallo Waldersee ed avrei voluto essere in grado di riferire contemporaneamente a V. E. circa il pensiero di questo ministro degli affari esteri in ordine alla situazione risultante dalla occupazione di Pechino e dal verificarsi della temuta eventualità di non trovare in quella capitale gli elementi di un governo cinese sufficientemente costituito.

Ma il Signor Delcassé si è allontanato da Parigi dove egli non ritornerà che fra qualche aHro giorno. Nè mi sarà possibile conseguentemente il dare, con

9 -Documenti dipLomatici -Serie III -Vol. IV

questo corriere, alla E. V. la risposta che il di Lei telegramma delli 19 corrente· richiederebbe (1). Procurerò rimediare al ritardo con una comunicazione telegrafica tosto che avrò potuto abboccarmi con questo Signor ministro.

Per oggi debbo !imitarmi a registrare talune considerazioni che dalle cose occorse recentemente sembrano emergere e che meritano, a parer mio, la speciale attenzione del Governo di S. M.

Le gazzette di Parigi del 17 corrente hanno simultaneamente pubblicato due documenti importanti: la nota comunicata dal Ministero francese alla stampa contenente la risposta data alla Germania circa la nomina del maresciallo Waldersee ed il comunicato ufficiale, stampato nel Messaggero del governo russo, relativamente alla nomina stessa. La simultaneità della pubblicazione dei due documenti non fu casuale. Essi si collegano fra di loro e spiegano ciò che è occorso fra Parigi e Pietroburgo.

Giova qui ricordare che, nei primi giorni di luglio, il Gabinetto di Parigi avea preso l'miziativa presso i singoli governi interessati negli affari di Cina per assegnare uno scopo determinato all'azione coalizzata delle potenze e per assicurare alla medesima il concorso di mezzi sufficienti. Neil'informarmi della comunicazione fattaLe dall'ambasciatore di Francia a tale riguardo, l'E. V. mi significava che i concetti espressi dalla Francia coincidevano sostanzialmente con i nostri, sicchÈ), ove essi fossero accettati anche dalle altre potenze e venissero iniziate in proposito trattative concrete, noi saremmo stati pronti a parter::iparvi. lo era autorizzato a ciò dichiarare al Signor Delcassé e ne profittai per avere con ìui la conversazione di cui ho riferito con il telegramma del 4 luglio. Mi premeva più che tutto rendermi conto del carattere vero che questo ministro degli affari esteri avea inteso dare alla iniziativa e dalla mia indagine sembrava risultare che il Signor Delcassé avesse avuto in vista piuttosto una necessità del momento che il proposito di concretare e rendere efficace la comune volontà ddle Potenze. Era tuttavia evidente che la prima mossa era stata fatta e che uno scambio di idee era aperto fra i Gabinetti. Seppi dippoi che, sovra i termini nei quali conveniva esprimere l'intento comune da raggiungere mediante l'impiego delle forze coalizzate, si era prosseguito fra Parigi e Pietroburgo uno scambio di comunicazioni e che il testo concertato fra i due Gabinetti era stato trasmesso a Londra, daddove alla fine di luglio non era ancora venuta una risposta positiva. Intanto qui si sapeva che i comandanti militari interrogati dai rispettivi Governi circa l'importanza numerica dell'esercito destinato a marciare sovra Pechino, avevano risposto in guisa che si poteva ritenere che almeno sessantamila uomini sarebbero stati necessari. In vista di ciò si erano accelerati qui i preparativi per l'immediata partenza di un nuovo contingente di truppe sotto il comando di vari generali. Il presidente della Repubblica, recatosi appositamente a Marsiglia per consegnare le bandiere e:i reggimenti che s'imbarcavano per la Cina, avea, indirizzandosi il 12 agosto alle truppe, definito il compito che la Francia si è prefisso, nei rigorosi termini seguenti: « exiger d'un pays, où les lois essentiel.les des Etats civilisés ont été odieusement violées, le chàtiment

des coupables; lui im~oser des réparations éclatantes pour le passé, des garanties nécessaires pour l'avenir ».

È cosa agevole il rendersi conto della emozione prodottasi qui all'annunzio della nomina del Maresciallo Waldersee la quale inaspettatamente veniva comunicata in mezzo alle circostanze sovra narrate.

Mi fu detto che sulle prime si era ventilato nei consigli del Governo di rispondere che un'ordinanza del 1842, non mai abrogata, vietava che le forze francesi fossero sottoposte al comando di ufficiali stranieri. Alcuni giornali di opposizione moderata aveano citato il testo di quella ordinanza. Ma della medesima non si era tenuto conto in casi relativamente recenti ed, in ultimo, durante l'azione concertata delle potenze in Creta, dove il Vice Ammiraglio Canevaro aveva esercitato il comando superiore delle forze internazionali. Si rinunziò dunque, e probabilmente in ·seguito a consigli venuti da Pietroburgo, a dare una siffatta risposta e dallo scambio di idee seguito fra i due Gabinetti derivò la simultanea pubblicazione dei comunicati dei due Governi.

«Le Gouvernement français, disse il Gabinetto di Parigi, a fait savoir au Governement allemand que lorsque le Maréchal de Waldersee sera arrivé en Chine et qu'il y aura pris dans les conseils des commandants des corps d'armées internationaux la piace éminente que lui vaut la supériorité de son grade, le général Voyron, commandant en chef du corps expéditionnaire français, ne manquera pas d'assurer ses relations avec le Maréchal ».

Il comunicato russo, dopo di aver messo in sodo che la necessità di provvedere al comando in capo delle forze internazionali in Cina era imposta dalle circostanze e che conseguentemente uno scambio di idee avea avuto luogo a tale riguardo, così si è espresso: « L'Empereur Guillaume a télégraphié à l'Empereur de Russie et aux gouvernements intéressés, leur proposant de confier au feldmaréchal de Waldersee la direction des opérations des troupes internationales concentrées dans le Pe-Tchi-Li, ainsi que la tache de régler le plus rapidement possible les complications pouvant se produire en Extrème Orient. L'Empereur Nicolas répondit qu'il ne voyait de son còté aucun obstacle à l'acceptation des propositions de l'Empereur d'Allemagne, car du moment où des troupes internationales importantes doivent ètre concentrées dans le golfe du Pe-Tchi-li, l'unité dans les opérations devient la condition sine qua non du succès dans l'accomplissement de la tàche des Puissances •. Poi, dopo di aver addotto altre ragioni che giustificano la scelta e la supremazia del maresciallo, il comunicato russo continua in questi termini che la stampa periodica francese ha messi in particolare evidenza: «Il ne faut pas oublier cependant que, tout en permettant que le détachement russe soit placé sous le commandement en chef d'un feldmaréchal allemand, l'Empereur de Russie ne songe nullement à s'écarter du programme politique dont les grandes lignes ont été arrètées en parfait accord avec la France ainsi qu'avec les autres Puissances ». Ed il comunicato del Governo russo conchiude tracciando un programma di conservazione del governo imperiale cinese che infatti sarebbe pienamente conforme al concetto direttivo manifestato fin da principio dal Gabinetto di Parigi.

Il 18 agosto l'Imperatore di Germania, nel discorso rivolto al feld-maresciallo conte di Waldersee per salutare in lui il capo delle truppe unite del

mondo civilizzato, s1 e espresso così: • Il est extremement significatif que le point de départ de votre nomination ait été une proposition et un désir de l'Empereur de toutes les Russies, du puissant souverain qui fait sentir sa puissance jusque là-bas sur la terre asiatique... C'est avec joie que je salue ·cette circonstance que, sur I'inspiration de S. M. le monde civilisé tout entier ait, à l'unanimité et spontanément, choisi V. E. comme commandant de ses troupes »,

L'enfasi di queste parole non ne nasconde la sostanza. Se, come è presumibile, l'Imperatore Guglielmo conosceva il testo del comunicato ufficiale russo, il suo discorso vi appone la più categorica smentita. Comunque di ciò sia, è certamente cosa poeo edificante e di pessimo esempio che di un incidente al quale personalmente presero parte i due Imperatori, si abbiano due versioni ufficiali tanto dissimili fra di loro.

La diplomazia russa in Francia ne risentì la scossa. Il principe Ouroussov parlandone con me, si limitò a dire essere cosa quasi inconcepibile che una simile divergenza si sia potuta produrre nel linguaggio ufficiale il più autorizzato dei due Imperi.

Il discorso pronunciato dal Signor Delcassé a Foix il giorno 19 e consacrato in parte alla situazione presa dalla Francia di fronte alla gravità del problema cinese, affetta di non curarsi dell'incidente della nominadel Maresciallo tedesco, ma rafferma il programma francese ed il concerto con la Russia per non dipartirsene. La liberazione delle Legazioni a Pechino, egli disse, era ormai ottenuta. «La présence des troupes internationales servira ensuite à obtenir les réparations pour le passé, des garanties pour l'avenir. Quelles que puissent ètre à cet égard les vues particulières de chaque Puissance, je suppose qu'elles mesureront leurs exigences aux possibilités de la Chine et surtout qu'elles se garderont d'en formuler d'exclusives, ce qui détruirait I'union, éveillerait des défiances et peutètre préparerait de redoutables malentendus. C'est à ce point de vue que, dès la première heure, s'est placé le gouvernement avec l'approvation de la représentation nationale: il ne s'en est pas écarté quand il a eu à prendre des initiatives énergiques, d'ailleurs couronnées de succès, ou quand il a fait aux puissances des propositions qui ont obtenu l'adhésion unanime. Je n'ai pas besoin de vous dire qu'il ne s'en départira pas davantage dans l'avenir, agissant toujours de concert avec le gouvernement impérial de Russie qui, de son coté, prenait soin, il y a trois jours, de proclamer son parfait accord avec la nation alliée et arnie». Tutto in questo discorso esprime, a parer mio, il concetto fermo e preciso di non lasciarsi vincere la mano dalla Germania nello svolgimento del programma che le difficoltà del problema cinese potrebbero imporre. Il richiamo al comunicato ufficiale della Russia per proclamare l'intesa della Francia con l'Impero suo alleato, è particolarmente significativo nella bocca del Signor Delcassé che finora ed a più riprese svolse con me il pensiero che l'azione comune delle Potenze nell'Estremo Oriente avrebbe prodotto effetti tanto maggiori quanto meno apparirebbero le divisioni che per gli interessi loro particolari in Europa le aggruppava in separate alleanze.

Un articolo firmato Gabriel Hanotaux, è comparso questa mattina nel Journal. È intitolato • Généralissime » e pone categoricamente la questione: che cosa la Germania 'si propone con l'invio del conte di Waldersee in Cina?

L'antico ministro degli Affari Esteri con la dialettica di cui è maestro mette a nudo ,che i punti che formarono il programma della Francia sono ormai conseguiti. « Où allons nous? » tale è la domanda che egli formula. Non vi trova una risposta decisiva, ma sembra intravvedere l'ipotesi che le Potenze possano essere trascinate nei pericoli di un protettorato policefalo con tutti gli imbarazzi, tutte le difficoltà, tutti i pericoli dei condominium. Il Signor Hanotaux non polemizza con il suo .successore; ma egli lascia sottintendere che la Francia avrà ormai le più grandi difficoltà a mantenersi nelle linee del suo programma.

Da queste pubblicazioni, destinate ad influire in larga misura sulla opinione pubblica francese, emerge quale potrà essere la posizione di questo Gabinetto rispetto all'ulteriore sviluppo della questione cinese. Le medesime contengono più di quanto basterebbe per indicare i latenti screzi che da un incidente qualsiasi, anche di secondaria importanza, potrebbero essere messi in evidenza e creare le più serie complicazioni.

(l) Il telegramma venne comunicato dal ministero della Marina.

(l) Cfr. n. 109.

138

IL MINISTRO A TANGERI, MALMUSI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 2422. Tangeri, 25 agosto 1900, ore 10.

Per la posta, trasmetto all'E. V. una nuova protesta (l) del Governo marocchino contro mossa truppe algerine nel Tuat ed i paesi confinanti impero: fu comunicata a tutti rappresentanti esteri eccettuato francese e conclude sollecitando altresì risposta nota anteriore.

139

IL SOTTOSEGRETARIO ALLA MARINA, SERRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 2420. Roma, 25 agosto 1900, ore 11,45.

Comunicai all'ammiraglio Canevaro sua missione presso le corti di Inghilterra, Belgio ed Olanda; ammiraglio sarà a Roma 27 settembre p. v.

140

L'AMBASCIATORE A LONDRA, DE RENZIS, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 2424. Londra, 25 agosto 1900, ore 13,08.

Ministro di China mi ha inviato segretario per assicurarmi che in avvenire tutte le comunicazioni indirizzate alle potenze saranno trasmesse anche a Roma per mezzo questa ambasciata.

(l) Cfr. n. 144.

141

L'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, MORRA DI LAVRIANO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 2429. Pietroburgo, 25 agosto 1900, ore 17.

Mi si assicura essere intenzione questo Governo, sotto il pretesto che le legazioni sono liberate, di ritirare al più presto sue truppe da Pechino trasportando nello stesso tempo legazione a Tientsin.

142

IL COMANDANTE LA DIVISIONE NAVALE OCEANICA, CANDIANI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 2448/25. Taku, 25 agosto 1900, ore 17 (per. ore 7,15 del 27).

Ho ricevuto il dispaccio 22 (1). Truppe giungeranno il 29. Farò possibile inviarle rapidamente a Pechino, compatibilmente rottura strade, deficenza mezzi trasporto. Onde facilitare avanzata, stabilisco quattro stazioni rifornimento lungo fiume con mezzi squadra italiana e alcune yunche catturate. Cinque compagnie marinai sono Pechino previsione ritardo arrivo truppe. Paolini ritorna insieme altri feriti. Linea telegrafica europea funziona fino a Taku.

143

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, DE RENZIS

'l'. 2515. Roma, 25 agosto 1900, ore 20.

Prendo atto della dichiarazione di codesto ministro cinese che per mezzo di codesta ambasciata saranno fatte al R. Governo tutte le comunicazioni rivolte dal suo Governo alle potenze. Le confermo desiderio ricevere da lei sollecitamente telegraficamente quelle comunicazioni del Governo cinese che abbiano carattere politico.

144

IL MINISTRO A TANGERI, MALMUSI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 278/59. Tangeri, 26 agosto 1900 (per. il 2 settembre).

Nella nota-circolare che, qui unita, letteralmente tradotta, rassegno all'E. V., Sid Mohammed Torres reitera, a nome del Sultano, le già formulate proteste contro l'occupazione francese del Tuat e d'Igli, ed altre e più accentuate ne muove per il continuo avanzarsi, così vi è scritto, di truppe algerine, e loro esploratori, nel Tuat e nei paesi confini dell'impero.

Di ciò Le telegrafai ieri (2). Oggi imparo, e mi affretto a partecipa-re all'E.V., che l'incaricato d'affari di Sua Maestà Britannica ed il console generale degli

.Stati Uniti d'America ebbero per direzione di segnare puramente e semplicemente ricevuta della prima; e, senza commenti, or diedero notizia ai rispettivi Governi della seconda protesta.

I ministri di Spagna, di Germania, di Russia e d'Austria-Ungheria s'aspettano, per quanto parmi, a non dissimili istruzioni. All'agente portoghese fu da Lisbona raccomandato di tenersi a giorno e di riferire circa l'atteggiamento delle altre missioni.

ALLEGATO

HADJE MOHAMMED TORRES A MALMUSI

22 Rabia 2" 1318 (19 agosto 1900).

Lode a Dio Unico.

Al savio, sincero amico, il ministro plenipotenziario dell'onorevole governo ita1iano, signor comm. Malmusi,

Ti salutiamo e chiediamo tue notizie, desiderando che tu stia sempre bene.

Voi ricordate la comunicazione da noi fattavi in data 20 Safar decorso (19 giugno 1900) relativamente all'operato del governo algerino nella contrada del Tuat e paesi .circostanti, facenti parte dell'impero marocchino, perchè voi la recaste a cognizione dell'eccelso vostro governo acciò ne facesse oggetto di studio e ci informi della sua risposta.

Dobbiamo ora comunicarvi che le truppe algerine non si sono fermate dove vi avevamo fatto sapere; esse continuano, anzi, ad avanzare in quella contrada e mandano persino esploratori per attirare a sè varie tribù, poscia se ne ritornano.

Ciò costituisce una vera minaccia per l'interno del territorio dell'impero, lontano dalla linea di confine segnato sulle carte geografiche, e dimostra gli sforzi che si fanno per suscitare perturbazioni fra quelle tribù. Cionondimeno, il Makzen, lo guidi Iddio, non ristà dal fare tutto il possibile allo scopo di trattenere tutte quante le tribù dal fronteggiare le truppe suddette.

Vi diamo partecipazione di quanto precede perchè lo eleviate a cognizione del vostro grande governo, e perchè valga di nuova protesta, in aggiunta all'altra già fatta, contro il governo algerino.

Aspettiamo la risposta.

Conservati bene. Pace.

(l) -Cfr. n. 119. (2) -Cfr. n. 138.
145

IL COMANDANTE LA DIVISIONE NAVALE OCEANICA, CANDIANI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 2472. Taku, 27 agosto 1900, ore 17,30 (per. ore 9,05 del 29).

Giunto seguente telegramma di trasmettere: • Praefecto Propaganda Fide Roma; Instanter peto licentiam eundi Europam exaenere (sic) defendere causam fidelium sinorum aliter ruina religionis imminet. Coadiutor tenebit Peking meum locum. Solve responsum. Favier •.

Credo opportuno informare V. E. essere opinione pubblica per ora contraria

ristabilire missionari China. Vedasi mio rapporto 6 agosto (1). Rimetto per essere

trasmesso, altro telegramma: '· Pères Lazzaristes Paris. Daddosio, Garrigue,

Dare (sic) Chananne (sic) Taurias (sic) morts, autres sauves Favier •.

Ricevuto dispaccio di V. E. del 23 (2).

(l) -Non pubblicato. (2) -Cfr. n. 131.
146

!L SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, FUSINATO, AGLI AMBASCIATORI A BERLINO, LANZA, A LONDRA, DE RENZIS, A PARIGI, TORNIELLI, A PIETROBURGO, MORRA DI LAVRIANO, E A VIENNA, NIGRA

T. 2533. Roma, 27 agosto 1900, ore 19,30.

L'incaricato d'Affari di Russia mi ha comunicato una nota del suo Governo circa gli affari di Cina. La nota comincia col riassumere gli intenti del Governo russo ed i principii che ne hanno guidato l'azione politica e militare in Cina. Essa insiste sul carattere assolutamente disinteressato dell'azione stessa e sull'indole provvisoria dell'occupazione russa in lVIanciuria talchè, a meno che l'attitudine delle altre Potenze non vi faccia ostacolo, le truppe saranno ritirate tosto che l'ordine regolare sia ristabilito su quella regione e siano state prese le necessarie misure .per la sicurezza della ferrovia. La nota prosegue constatando che dei due scopi che l'azione russa si proponeva, il primo che era quello della liberazione delle legazioni e degli stranieri è raggiunto. Il secondo che è quello di ristabilire l'ordine ed i regolari rapporti con le potenze non si potrebbe per il momento conseguire a causa della assenza dalla capitale di ogni rappresentante del Governo cinese. In tale condizione di cose, il Governo russo ha l'intenzione di richiamare a Tientsin il suo ministro con tutto il personale della legazione facendolo scortare dalle truppe russe la presenza delle quali a Pechino è nelle circostanze attuali senza oggetto. Tosto che un Governo legittimo sarà stabilito ed avrà delegato dei rappresentanti debitamente muniti di poteri, la Russia d'accordo con tutte le potenze non mancherà di nominare dal canto suo dei plenipotenziarii e di dirigerli sul luogo che sarà scelto per negoziati. La nota conclude così: «Noi speriamo che il Governo presso cui voi siete accreditato vorrà ben dividere il nostro punto di vista».

(Meno Pietroburgo). Prego telegrafarmi al più presto il pensiero di codesto Governo circa la qui sopra riprodotta comunicazione russa. (Per Pietroburgo). Mi sono riservato di esaminare questa comunicazione e di far indi conoscere all'incaricato d'affari imperiale il pensiero del R. Governo.

147

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA (l) ALL'INCARICATO D'AFFARI A TOKIO, COBIANCHI

T. 2538.

Roma, 27 agosto 1900, ore 23,55.

Circolare russa annunzia intenzione di ritirare a Tientsin legazione e le truppe imperiali. Prego telegrafarmi accoglienza fatta da codesto Governo a tale comunicazione.

Venosta il quale si trovava in realtà a S. Pellegrino.

(l) Questo ed alcuni altri telegrammi degli stessi giorni recano la firma di Visconti

148

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, ALL'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, MORRA DI LAVRIANO

T. 2539. Roma, 27 agosto 1900, ore 23,55.

Sarebbe assai importante conoscere movente della risoluzione annunciata dalla Russia, come pure se trattisi decisione definitivamente presa, o se possa essere modificata dall'accoglienza che la comunicazione troverà presso altri Governi. Prego indagare e telegrafarmi.

149

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, FUSINATO

T. S. N. S. Pellegrino, 28 agosto 1900, ore 18,10.

Sento tutta la gravità della inattesa proposta russa. Temo che ora e più tardi esponga a dura prova l'accordo delle potenze e possa metterle di fronte a una nuova resistenza dei cinesi. La costituzione di un governo cinese capace di dare garanzia di ordine e di sicurezza era uno dei punti accettati da tutti i governi. Non si vede come questo scopo possa essere ottenuto lontano dal controllo delle legazioni appoggiate da una occupazione temporanea di Pechino anche regolata e limitata. Malgrado queste ed altre considerazioni a noi preme sopratutto che l'accordo delle potenze se appena è possibile non si rompa. Ella ha quindi fatto bene a informarsi delle intenzioni dei Governi senza muovere obbiezioni che se dovessero sorgere sorgeranno dagli altri Governi maggiormente interessati. Solo possiamo osservare che il ritiro delle legazioni da Pechino a Tientsin quando fosse accettato dovrebbe essere il risultato non di altrettante singole decisioni ma di una intelligenza tra le potenze perchè se la legazione di Russia potrà essere scortata dalle truppe russe entrate numerose a Pechino le altre legazioni non ~si trovano nelle medesime condizioni e dovrebbero essere accompagnate da una scorta collettiva sotto la responsabilità dei comandanti militari delle diverse potenze. Se le truppe russe si ritirano e forse le giapponesi e le americane, le altre legazioni come ella avverte potrebbero trovarsi di nuovo in una situazione pericolosa. Nello ,stato attuale delle cose a noi conviene attendere l'esito della proposta russa e prendere consiglio dagli avvenimenti. Credo quindi che si debba telegrafare a Candiani di trattenere per il momento e sino a nuovo avviso con un pretesto plausibile i nostri battaglioni a Tientsin. È necessario che ella si intenda in proposito col presidente del consiglio e coi ministri della guerra e della marina e mandi quindi un rapporto a S. M.

150

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, ALL'AMBASCIATORE A WASHINGTON, FAVA

T. 2549. Roma, 28 agosto 1900, ore 20.

I recenti avvenimenti furono causa ritardo risposta rapporto V. E. 9 luglio. Convengo necessità evitare che anche questa volta tutto riducasi ad una attribuzione di indennità, e convengo pure nel riconoscere il pericolo che preventiva accettazione indennità pregiudichi le altre riparazioni. D'altronde le dichiarazioni del messaggio presidenziale e la presentazione dei Bills attenuano il carattere che avrebbe avuto una pura e semplice offerta di indennità. Neppure posso disconoscere spiacevole situazione in cui ci troveremmo non ottenendo nè la riparazione legislativa, nè l'indennità. Tanto più che con ciò assumeremmo l'obbligo di pagare noi le indennità per ogni altro simile caso eventuale. Parmi pertanto che suo progetto di nota possa essere mantenuto, aggiungendovi espressione desiderio che Bill per le indennità sia presentato soltanto dopo che siano stati ripresentati i Bills per riforma competenza giudiziaria federale. Si potrebbe giustificare tale desiderio aggiungendo in fine della nota una frase la quale ripeta che i provvedimenti annunciati riguardano esclusivamente le considerazioni di umanità verso famiglie delle vittime ma non possono esaurire pel Governo italiano la questione fatta sorgere dai crudeli fatti di Tallulah. Esso ha chiesto soltanto il corso efficace della giustizia e la protezione assicurata dai trattati. Nelle relazioni tra i due Governi la questione dunque non può essere risolta che con dei provvedimenti atti raggiungere questo scopo ed è perciò che si esprime desiderio che Bill per indennità sia presentato dopo ripresentazione progetti di leggi inspirati a tale concetto. È inteso che esprimo solo il pensiero e non le parole di cui rimane giudice V. E.

151

IL CONSOLE A GERUSALEMME, SCANIGLIA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 2498. Gerusalemme, 29 agosto 1900, ore 8,20 (per. ore 14,15).

È stato patriarca Piavi che, parlandomi dei suoi possibili successori a questo patriarcato, mi ha detto, in via privata e confidenziale doversi eliminare monsignor Bonfigli, il quale, sia quale custode di Terra Santa, sia quale delegato apostolico in Siria, si è mostrato per molti anni, e per opportunismo assai ligio collega francese. Fu Bonfigli che affidò in Gerusalemme scuole Terra Santa a ignorantelli francesi da lui chiamati. In Egitto, paese di circoscrizione inglese, .gli è ora facile fare l'italiano. Informo V. E. a conferma del mio rapporto riservato 14 corrente (l)

che patriarca Piavi ha scritto, in questi giorni, da Alessandria, questo custode di Terra Santa di essere stato privatamente informato da Roma dell'insistenza manifestata da Leone XIII di elevarlo al Cardinalato entro l'anno corrente. Propongo quali successori assolutamente raccomandabili, monsignor Ghezzi da Castel Madama, attuale vescovo di Civita Castellana, ex custode di Terra Santa, .oppure padre Giannini, Palermo, custode di Terra Santa.

(l) Non pubblicato.

152

L'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, MORRA DI LAVRIANO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

·T. 2490. Pietroburgo, 29 agosto 1900, ore 9,20.

Conte L.amsdorff mi ha parlato lungamente della nota verbale di cui tratta il telegramma 2533 di V. E. (l) e che io già le facevo presentire con mio tele.gramma (2) sostenendomi come logico e conveniente ritiro truppe da Pechino; deplora truppe alleate siano state costrette per liberare legazioni ad entrare di viva forza Pechino, mentre loro missione era fare una dimostrazione per liberarle per mezzo di trattative. Ora che le legazioni sono liberate e che si devono portare altrove, non si vede ragione per !asciarvi truppe in così scarso numero, non essendovi neppure un Governo con cui trattare. Russia, mentre è pronta, .d'accordo colle altre potenze, ad entrare in negoziati per mezzo di Li-Hung-Chang

-o altro rappresentante Governo costituito, è possibile forse ricostituirlo Pechino, [sic], quando truppe internazionali siano uscite: a questo proposito deplora azione giapponese che cerca impadronirsi Imperatrice, ritenendo che Governo, ricostituito in tal modo, non potrebbe vincere rivoluzione e non offrirebbe garanzie trattative. Rispondendo telegramma, a mio avviso, movente risoluzione annuodata, qualunque siano pretesti, è sempre stabilire Russia, nulla volendo per sè, è aliena negoziare nella capitale conquistata, temendo negoziati causino forti .domande compensi e territori. Conte Lamsdorff mi disse Russia ritira truppe a Tientsin indipendentemente decisione potenze. lVIi risulterebbe imperatore di Russia abbia personalmente telegrafato ordini. Conte Lamsdorff mi negò Russia .sia per annettersi sponda chinese Amour. Trovai solo amba•s.ciatore di Francia già informato esistenza nota; mi disse suo Governo non è, pel momento, favorevole ritiro. Ambasciatore d'Inghilterra, per precedenti comunicazioni ricevute, è propenso ritenere suo Governo favorevole ritiro progettato. Ambasciatore di Germania e altri rappresentanti esteri non mi precisarono pensiero proprii Governi, tutti preoccupati risoluzione Governo russo, che, se non è accettata da altre potenze, può complicare trattative ulteriori.

11) Cfr. n. 146.

(2) -Cfr. n. 141.
153

L'AMBASCIATORE A LONDRA, DE RENZIS, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 2478. Londra, 29 agosto 1900, ore 13,20.

Nell'assenza di Lord Salisbury e del sotto segretario di stato permanente al Foreign Office ho visto ieri il sotto segretario aggiunto che ha trattazione affari di Cina. Mi disse che finora incaricato d'affari di Russia aveva sempre parlato dell'opportunità di negoziare con Li-Hung-Chang, ciò a cui Salisbury aveva risposto dover attendere rapporto da Mac Donald. Ieri soltanto incaricato d'affari di Russia fece comunicazione di cui nel telegramma di V. E. n. 2,533 (1). La cosa è stata riferita a Salisbury che si trova a Schlucht nei Vosgi. Sottosegretario mi osservò però che secondo informazioni di sorgente giapponese sarebbero tuttora a Pechino il principe Ching (2) e Chung-Li, membro del fsung-li-Yamen.

154

L'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 2475. Vienna, 29 agosto 1900, ore 13,25.

Conte Goluchowski è andato ad Ischel dove la coppia reale di Rumania è ospite dell'imperatore, fin dopo il suo ritorno non potrò rispondere ai due ultimi telegrammi. È più che probabile che il re di Rumania intratterrà imperatore e 11 suo ministro circa la vertenza bulgara-rumena.

155

L'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. CONFIDENZIALE 2480. Vienna, 29 agosto 1900, ore 14,55.

La nota russa fu comunicata ieri al conte Goluchowski al momento della sua partenza per Ischel. Egli si riservò di sottometterla all'imperatore, ma non celò all'ambasciatore di Russia qualche sorpresa circa il richiamo delle truppe russe da Pechino ordinato senza intesa colle altre potenze. La mia impressione è che anche in questa fase della questione il gabinetto di Vienna pur continuando a dichiararsi il meno interessato di tutti si manterrà d'accordo con Berlino.

(21 Nel testo conservato nell'archivio dell'ambasciata di Londra, qui aggiunto: • presidenteTsung-li-Jamen, Wang Wen Chao membro consiglio privato •.

(l) Cfr. n. 146.

156

L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 2477/164. Berlino, 29 agosto 1900, ore 15.

Governo imperiale non divide idee del Governo russo espresse nella nota verbale di cui tratta telegramma 2533 (1). Esso crede che ritiro legazioni e truppe da Pechino nelle circostanze attuali sarebbe interpretato come atto di timore e di debolezza toglierebbe ogni prestigio potenze e minaccierebbe essere il segnale di nuovi massacri specialmente nel sud della Cina. Al ritiro truppe da Pechino Governo imperiale aderirebbe quando comandanti militari dichiarassero impossibilità sostenervisi.

Circa negoziati di cui è cenno nella nota surriferita, Governo imperiale crede prematuro parlarne, quando il momento sarà venuto e si potrà avere di fronte delegati chinesi che ispirino fiducia e siano muniti di regolari poteri Governo imperiale non avrà difficoltà associarsi a quei negoziati con spirito di moderazione e col solo scopo di assicurare una pace duratura che dia guarentigie contro rinnovarsi dei dolorosi fatti avvenuti.

Conte Biilow comprende che alla Russia, la quale non ha come la Germania, Francia, Inghilterra sì gravi interessi finanziarii in China, prema di venire, purch~ sia, ad un accomodamento con essa, ma occorre che questo accomodamento non sia precipitato, sia serio, e conte Biilow che mi prega portare quanto precede a conoscenza di V. E. ed ha il vivo desiderio mantenere accordo con tutte le potenze e principalmente colla Russia, non dubita che questa non insisterà sulle intenzioni esternate nella nota suaccennata.

157

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 2489. Parigi, 29 agosto 1900, ore 19,48.

Ho .conferito oggi con Delcassé ed ho messo anzitutto in evidenza il desiderio nostro di mantenere l'accordo di idee che fin da principio si è rivelato fra l'Italia e la Francia relativamente agli scopi dell'azione militare. Delcassé ha osservato che il principale di essi è conseguito mediante la liberazione delle legazioni. Ora si tratta di ottenere riparazione e guarentigia; per questa seconda fase si può sperare che la semplice presenza delle forze ·Coalizzate basti senza che occorra l'impiego delle medesime in altri sanguinosi combattimenti. Nel 1870 il Governo che era fuggito da Pekino cercò poco dopo di aprire trattative con le potenze occupatrici. Si può sperare che lo stesso avvenga ora; giova intanto aspettare. Governo francese non fu .fin qui richiesto [da] alcun altro rela

tivamente agli accordi da prendersi per la occupazione temporanea di Pechino. Egli persiste a ritenere che appena lo si possa converrà accettare le trattative

col Governo cinese e limitare le pretese alle possibilità del medesimo. Del negoziato troverebbe naturale fossero incaricati i rappresentanti diplomatici. Circa il carattere collettivo dei negoziati Delcassé osserva che mentre è manifesto l'interesse collettivo e identico di tutti gli stati a conseguire le stesse guarentigie per l'avvenire, sul punto invece che riguarda risarcimenti, le pretese dei singoli stati potrebbero presentarsi in diverse misure. A prima vista però egli ritiene desiderabile che l'interesse collettivo di conseguire guarentigie identiche ugualmente prevalga nella discussione delle riparazioni. Russia ha fatto anche qui la comunicazione segnalatami col telegramma di V. E. del 27 (1). Questa comunicazione non fu concordata preventivamente con la Francia e Delcassé non pare inclinato ad accettare la proposta di ritirare a Tientsin, insieme alle legazioni, anche le truppe che occupano Pekino. Egli crede che nei termini della nota russa questa proposta non sia espressa come una risoluzione fermamente presa dalla Russia e mi ha lasciato intendere di avere fatto pervenire, in proposito, delle obiezioni a Pietroburgo. Intanto egli ha domandato tempo per pensare a prendere una deliberazione. N e i telegrammi del ministro di Francia è indicato eventualità di un ritorno offensivo dei cinesi, regolari o insorti. Non gioverebbe a parer suo evacuare militarmente Pekino col pericolo doverlo rioccupare più tardi combattendo. Al ritiro delle legazioni Delcassé non sembra opporsi, stato di rovina in cui si trova Pechino potrebbe suggerire tale misura, ma egli stima che la via tra Tientsin e Pechino dovrebbe essere tuttavia ristabilita e difesa. Concluse non potere emettere su tutto ciò fondati giudizi senza conoscere neppure ciò che ne pensano titolari legazioni. Delcassé che sul principio mi era sembrato meno espansivo nelle sue comunicazioni alla fine del lungo colloquio aveva ripreso i soliti accenti di fiduciosa confidenza.

(l) Cfr. n. 146.

158

L'ONOREVOLE BOVI AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 2512. Palmi, 30 agosto 1900, ore 7,30.

Continuano giungere tristissime notizie emigrati Vera Cruz. Pregata V. E. farne rimpatriare alcuni non ottenni risposta. Persistendo notizie sofferenze

emigrati aggiungendosi accusa indolenza rappresentante italiano, prego V. E. interessarsi sorte tanti infelici.

159

IL CONSOLE A HONG KONG, ZANONI VOLPICELLI AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 2497. Hong Kong, ..... ore 2,45 (per. ore 11,30 del 30 agosto 1900).

Giappone sbarcato marinai Amoy. Ora inviamo 1300 soldati. Ho l'onore di rammentare all'E. V. i miei rapporti n. 80-230. Isola Taichton potrebbe occuparsi come stazione navale, ora che si abbozza spartizione China. I nostri

sacrifici, le nostre vittime meritano ricompensa. Bisogna affrettare. Sarebbe opportuno agire prima arrivo Waldersee.

(l) Cfr. n. 146.

160

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL COMANDANTE LA DIVISIONE NAVALE OCEANICA, CANDIANI

T. 2573. Roma, 30 agosto 1900, ore 16.

Governo russo comunica intenzione di ritirare da Pechino a Tientsin sua legazione e sue truppe. Mi riservo comunicarle le decisioni del Governo e degli altri gabinetti in ordine a tale comunicazione. Lascio intanto lei giudice dei provvedimenti da prendere relativamente alle nostre truppe senza preoccuparsi precedenti telegrammi.

161

L'AMBASCIATORE A WASHINGTON, FAVA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 2510/73. Washington, 30 agosto 1900.

Sembra che gli Stati Uniti sono disposti a aderire alla nuova proposta russa ài ritirare truppe da Pechino e dintorni dopo che, naturalmente, se ne saranno· allontanati tutti i cittadini americani.

162

L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 2520/166. Berlino, 31 agosto 1900, ore 5,32..

Sembra oramai impossibile rimuovere Russia dallo effettuare suo progetto· ritiro sue truppe e sua legazione da Pechino. Difficoltà finanziarie, bisogno di disporre truppe per la Manciuria, la spingono; essa lascierebbe due o tre brigate in Tientsin, anzi nemmeno in Tientsin, ma in località a nord di detta città sulla via della Manciuria. Stati Uniti, da quanto qui consta, sono contrari ritiro truppe da Pechino, ma disposti a seguire esempio se altre potenze ordinare ritiro. Francia contraria ritiro truppe, acconsentirebbe ritiro legazioni, ma non diede risposta desiderando parere dai ministri Pechino. Non conosco ancora modo di pensare dell'Inghilterra. Germania è decisa rimanere praticamente anche se non tutte le altre potenze vi restano a meno che comandanti militari dichiarino non potere mantenervisi. Biilow mi dice che tutte le persone pratiche cose cinesi assicurano essere grave errore abbandonare Pechino dopo di averlo occupato e temere conseguenze se quell'abbandono dovesse realmente effettuarsi.

163

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA

'T. 2586. Roma, 31 agosto 1900, ore 16,45.

Le sono grato d'avermi comunicato col telegramma di ieri l'altro (l) il pensiero del conte Biilow circa la recente circolare russa. Una analoga comunicazione mi è stata fatta da questa ambasciata germanica. Noi dividiamo, sul fondo della questione sollevata dalla circolare russa, l'opinione di codesto Governo e i suoi timori sugli effetti che potrebbe avere un improvviso ritiro delle truppe internazionali da Pechino, mentre, al tempo stesso, dobbiamo preoccuparci, nel più .alto grado, del pericolo derivante, per la soluzione delle difficoltà cinesi, da un primo grave d1saccordo delle potenze che potrebbe essere il punto di partenza di disaccordi maggiori. Certo avremmo desiderato che si facessero, presso il

·Governo russo, tutti gli sforzi per giungere a qualche soluzione conciliativa. Ma dalle informazioni venuteci da Pietroburgo apparisce che la Russia non consentirà a desistere dalla intenzione manifestata, nè a modificarla. Forse non è impossibile ottenere che l'esecuzione sia differita fino a che le potenze abbiano potuto pronunciarsi, ed il conte Biilow è meglio di chicchessia in grado di giudicare se dal Governo germanico possano farsi, a Pietroburgo, opportuni offici in tal senso. Ad ogni modo, è manifesto che, nel presente stato di cose, noi non abbiamo i dati necessarii per giudicare quale sia, dal punto di vista militare, la situazione delle truppe a Pechino, nè quale sarebbe questa situazione nel caso di un possibile ritorno offensivo dei chinesi. Su questi due punti crediamo che converrebbe consultare i rispettivi comandanti delle forze in Cina, facendo loro conoscere, per il caso che loro non fossero note, le intenzioni di tutte le potenze le cui truppe partecipano all'attuale occupazione di Pechino. Prego V. E. di conferire col conte Biilow sul testo del presente telegramma e farmene conoscere al più presto il pensiero.

164

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, DE RENZIS

T. 2587. Roma, 31 agosto 1900, ore 16,45.

Ammiraglio Candiani telegrafa che ebbe ed ha tuttora grandi agevolezze dai comandanti inglesi .~egnatamente per l'attuale sbarco delle nostre truppe. Prego ringraziare codesto Governo a nome del R. Governo.

(l) Cfr. n. 156.

165

IL CONSOLE GENERALE A GALATZ, PAPPALEPORE, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. R. 1058/85. Galatz, 31 agosto 1900.

Una delle lamentevoli conseguenze del nefando regicidio di Monza, è la condizione fatta ai nostri operai all'estero, sui quali si riversano l'odiosità, la repulsione, il sospetto ingenerati da quel delitto. Questi sentimenti contro di loro che si erano già parzialmente manifestati dopo gli assassinii di Carnot, di Canovas e dell'Imperatrice d'Austria, si sono ora più generalmente diffusi invadendo anche la Rumania, che aveva fin da principio accolto con certa simpatia la nostra emigrazione, offrendole un campo di attività e di lavoro assai ben retribuito. Le loro sorti che a causa della depressione economica e finanziaria del paese erano andate continuamente peggiorando sono divenute in seguito a quel truce misfatto assai precarie e tristi. Le poche costruzioni pubbliche e private a cui malgrado il generale disagio si era posto mano, cercano ogni modo di sbarazzarsene, sostituendoli con elementi locali o di altre nazionalità. Gli operai italiani impiegati al palazzo reale in Bucarest ed al castello reale di Sinaia si videro immediatamente licenziati, sebbene tra questi ultimi alcuni vennero ripresi per ordine diretto di Re Carlo. Anche nei confinanti paesi di Transilvania non si vogliono più adoperare lavoratori italiani, e quelli mandati via di colà sono venuti ad ingrossare le file dei disoccupati che qui abbondano. Ad accrescere la gravità della jattura è venuto ad aggiungersi il divieto fatto ai Consoli di Turchia dalla Legazione Imperiale di Bucarest di vidimare i loro passaporti per Costantinopoli. Una gran parte dei nostri operai pr-eferisce condursi in patria per quella via, e perchè meno dispendiosa e più facile, e perch!è sperano di trovare ad occuparsi in qualche paese a cui toccano i piroscafi durante la traversata. Una tale misura oltre di recar loro un pregiudizio materiale, costituisce un torto morale che si fa esclusivamente alla nostra emigrazione. Tutti gli argomenti di persuasione per farlo revocare non hanno a nulla approdato e i nazionali che giunsero colà senza il visto ottomano ai loro passaporti vennero trattenuti in arresto, per cui non resta che far appello a V. E.

perchè fossero fatti uffici presso la Porta per indurla a recedere da una disposizione che è ingiusta ed odiosa.

166

IL CONSOLE GENERALE A CANEA, MEDANA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 720/177. Canea, 31 agosto 1900.

Ho l'onore di compiegare all'E. V., approvata da S. A. R. il Principe Alto

Commissario, la risposta del Governo cretese (annesso l) alla nota verbale del 9 aprile scorso (v. mio rapporto 11 aprile u. s. n. 274/76), colla quale io ed i miei

10 -Documenti diplomatici -Serie III -Vol. IV

tre altri colleghi notificavamo la deliberazione presa dalle quattro potenze protettrici nella conferenza di Roma del 15 e 19 aprile 1899, circa la questione degli indennizzi.

Nell'allegato documento il Governo cretese, nel mentre si dichiara pronto ad inchinarsi alle decisioni delle potenze, prega, in primo luogo, perchè, a scanso di ogni sua responsabilità, gli sia anzitutto concesso di consultare la prossima assemblea circa così importante argomento, ed in secondo luogo, propone che le indennità siano riservate esclusivamente a quei danneggiati che si sono reistallati nei loro focolari, o, quanto meno, a tutti quelli che presentemente trovansi ad abitare ancora in Creta. Questo temperamento tenderebbe ad escludere i musulmani rifugiati in Turchia dal beneficio delle indennità.

Il corpo consolare, avendo preso in esame la risposta del Governo cretese, ha, nell'ultima sua seduta, deciso di proporre ai rispettivi Governi:

l a che non fosse accordato al Governo cretese di consultare sull'argomento la prossima assemblea, in quanto, trattandosi di decisione presa e confermata dalle potenze nelle conferenze di Roma e notificata all'Alto Commissario, l'assemblea nulla potrebbe obbiettare al riguardo senza porsi in conflitto colle potenze stesse;

2o che, pur lasciando al Governo cretese piena facoltà di decidere sulla opportunità di escludere dal beneficio delle indennità quei danneggiati cretesi che avessero emigrato all'estero, o in qualsiasi modo abbandonata l'isola, fosse bene specificato che simile misura non potrebbe applicarsi ai danneggiati stranieri, la cui dimora in Creta è sempre da considerarsi a titolo provvisorio.

Ciò posto, qualora le potenze fossero dell'avviso del corpo consolare, questo dovrebbe essere autorizzato a notificare all'Alto Commissario le decisioni sopra specificate, con invito al Governo cretese di voler, senz'altro, procedere alle operazioni di accertamento e di perizia di danni.

P. S. -Ho l'onore di compiegare (annesso Il), per debito di ufficio, una petizione (l) pervenutami da alcuni danneggiati della città di Candia diretta all'E. V. Detta petizione, come già quella dei danneggiati di Canea, tende ad accelerare la liquidazione della questione riferentesi alle indennità.

ALLEGATO

KUNDUROS, FUMIS E YAMALAKIS AL PRINCIPE GIORGIO

La Canée, le 25 juillet 1900.

Conformément à l'ordre de V. A. R. le conseil de l'Etat crétois a pris connaissance de la communication par laquelle Votre Altesse a été informée que les représentants des quatre puissances protectrices réunis à Rome avaient décidé • que la surtaxe de 3 % sur les importations établie en 1896 dans le but d'indemniser les victimes des troubles survenus dans l'ìle, serait également destinée à indemniser les personnes qui ont souffert postérieurement à cette date du mauvais état de l'ordre public, et que les réclamations seraient prises en considération de telle sorte que les sujets étrangers fussent indemnisés sur le meme pied que les indigènes •.

Le conseil de Votre Altesse fait observer au sujet de cette communication, que la décision de l'assemblée crétoise relative à l'affectation du produit de la surtaxe

au service de l'emprunt qui aurait été contracté sous la garantie des quatre puissances et consacré à des prets aux victimes des insurrections, ayant été rejetée, le produit de cette surtaxe revient à sa première destination -qui est le paiement des indemnités; -néanmoins, en présence de la décision des puissances protectrices stipulant que les sujets étrangers seraient assimilés de tous points aux indigènes et que la perception de cette surtaxe ne serait pas maintenue au-delà du terme primitivement fixé -le quel expire en septembre 1906 -, le conseil déclare qu'il ne peut que se soumettre à cette décision et qu'il est disposé à procéder d'ores et déjà au travail préparatoire nécessaire à son exécution en organisant des commissions d'expertise. Mais, comme le gouvernement se trouve en présence d'une décision de l'assemblée constituante entièrement contraire à la solutìon proposée -et comme, d'autre part, le travail préparatoire d'expertise est considérable et ne peut etre guère achevé avant la date de convocation de la prochaine assemblée, date qui n'est plus très éloignée, le conseil demande respectueusement à ce que les puissances lui permettent de consulter la Chambre au sujet d'une question si importante; en outre, il lui parait indispensable de faire remarquer que les frais d'expertise absorberont une part considérable du produit de la surtaxe et que les pertes causées en 1897 sont si grandes que pour peu qu'on veuille allouer des indemnités qui en vaillent la peine, il faut nécessairement réduire le nombre des ayant-droit.

Ce résultat peut etre obtenu si les indemnités sont réservées aux seules personnes auxquelles le produit de la surtaxe avait d'abord été destiné, c'est-à-dire aux victimes qui ont diì prendre des mesures pour quitter leurs demeures et s'installer dans leurs biens en province, ou, du moins, à celles qui à l'heure actuelle, habitent encore la Crète.

Le gouvernement estime, en effet que, puisque l'argent manque pour satisfaire tout le monde, il est juste d'indemniser en premier lieu les victimes en vue desquelles la surtaxe avait d'abord été étabHe et d'autre part celles qui par leur séjour continue! dans l'ile pourront, en qualité de consommateurs, aider à l'accroissement du fond des indemnités et contribuer par leur travail et leur avoir à la prospérité et au progrès du pays.

Dans l'espoir que les puissances protectrices n'auront aucune objection à faire sur cette question, le conseil accepte respectueusement leurs décisions.

(l) Non si pubblica.

167

L'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 2545. Vienna, 1 settembre 1900, ore 6,25.

Conte Goluchowski mi disse che, nell'interesse stesso della Bulgaria, aveva tenuto un linguaggio molto severo all'agente bulgaro in Vienna per impegnare seriamente il Governo principesco a non tollerare più oltre le mene del comitato macedone. Nel tempo stesso conte Goluchowski consigliò amichevolmente il re di Rumania a prendere nell'interno del regno tutte le misure possibili contro i comitati esteri, ma a non sollevare una grossa questione internazionale, contentandosi di quanto si potrà ottenere dalla buona volontà mostrata dal principe e dal suo Governo.

168

L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 2533/167. Berlino, l settembre 1900, ore 11,28.

Gazzetta di Colonia pubblica lungo comunicato ufficioso circa recente nota russa. Esso esamina, ·COn molti particolari, pericoli cui potrebbe dar luogo sgombero Pechino truppe internazionali: riconosce speciale interesse Russia e termina con seguenti parole che indicano stato odierno dei tentativi della Germania per mantenere suo punto di vista, con accordo, o con sembianza di accordo, tra le potenze. • La situazione verrebbe di molto migliorata se la Russia desse alla sua proposta significato che essa ritira, bensì sue truppe da Pechino, ma non vede alcun osta·colo a che vi restino quelle delle altre potenze. Le condizioni in cui trovasi Russia in Manciuria rendono necessario invio costà grossi rinforzi, che non si possono in breve tempo far venire da Europa. A ciò servirebbero truppe russe tolte da Pechino: mentre quelle altre potenze basterebbero a tenere in freno resto Cina. Non tratterebbesi di un mutamento negli scopi da raggiungersi, solo di un mutamento nei mezzi per arrivarvi. Russia opererebbe in Manciuria, altre potenze, d'accordo con essa, nel Petchili, tutte animate stesso desiderio di un pronto ristabilimento ordine in Cina •. Trasmetto, per posta, comunicato Gazzetta di Colonia (1).

169

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI

T. 2602. Roma, l settembre 1900, ore 15.

Io divido l'opinione del Governo francese per il timore degli effetti che potrebbe avere un improvviso ritiro delle truppe internazionali da Pechino. Nel tempo stesso mi preoccupo nel più alto grado del pericolo derivante per la soluzione delle difficoltà cinesi da un primo grave disaccordo delle potenze che potrebbe essere il punto di partenza di divergenze maggiori. Purtroppo dalle informazioni che riceviamo da Pietroburgo non appare che la Russia sia disposta a desistere dalla intenzione manifestata nè a modificarla. L'idea accennata dal Signor D2lcassé di mandare le legazioni a Tien-Tsin mantenendo le truppe a Pechino sarebbe accettabile dal nostro punto di vista, ma dubito che sia conciliabile con le vedute della Russia. Tale idea francese sarebbe stata forse combinabile regolarizzando l'occupazione di Pechino evacuando la città imperiale e concentrando nel quartiere delle legazioni una occupazione limitata composta di contingenti d.i tutte le potenze. L'occupazione ridotta in questi limiti avrebbe forse reso possibile il ritorno del Governo chinese a Pechino secondo le probabili vedute del Governo russo. Ma temo che oramai sia troppo tardi. In questo stato di cose noi non abbiamo i dati necessari per giudicare quale sia, dal punto di

v1sta militare, la situazione delle truppe a Pechino, nè quale sarebbe questa situazione n~l caso di possibile ritorno offensivo dei chinesi dopo il ritiro delle truppe russe a Pechino. Su questi due punti crederei conveniente consultare i comandanti delle forze in China ai quali dovrebbero essere note le intenzioni di tutte le potenze le cui truppe partecipano all'attuale occupazione di Pechino.

(l) Non si pubblica.

170

L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 2540/169. Berlino, l settembre 1900, ore 17

Conte Biilow riparte stasera per Norderney; ma ho potuto ancora conferire con lui su oggetto telegramma di V. E. n. 2586 (1). Egli si compiace trovarsi d'accordo con V. E. circa ultima nota russa. Oramai non è più il caso di dissuadere Russia da ritiro legazione e truppa da Pechino; una intesa però nel senso del .::omunicato della Gazzetta di Colonia, di cui tratta il mio telegramma precedente (2), conte Biilow la crede probabile tanto più che Russia dichiara restare truppe russe, che rimarranno presso Tiensin, disponibili per cooperare ·con altre nel Petchili. Conte Biilow lavora in questo senso e spera che nessun'altra potenza si deciderà ritirare truppe da Pechino e che questa potrà esser tenuta fino a che comandanti militari dichiarino essere nella impossibilità di mantenervisi. Intanto conte Biilow, d'ordine imperatore, ha fatto dichiarare alla Russia che Germania, pur mantenendo truppe tedesche a Pechino, è disposta a ammettere ritiro legazione a Tiensin e dà istruzioni in tal senso al suo ministro in China. Di ciò Biilow mi dà incarico informarne V. E. come cosa che può particolarmente interessarci, essendo locale nostra legazione in Pechino bruciato.

171

L'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, MORRA DI LAVRIANO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 2542. Pietroburgo, l settembre 1900, ore 17.

Il Messaggero del Governo, giornale ufficiale, pubblica circolare inviata alle potenze facendola seguire da una nota in cui è detto che il ministro di Russia a Pechino, con tutti sudditi russi ed il generale Lenevic con tutte le sue truppe, ebbero ordine di ritirarsi senza indugio da Pechino a Tien-Tsin. Ora Il Nuovo Tempo parla delle prepotenze giapponesi a Pechino. Mi risulta che la Francia avrebbe risposto alla cii·colare approvando il concetto, ma riservando la sua libertà d'azione sul ritiro graduale delle sue truppe.

(l) -Cfr. n. 163. (2) -Cfr. n. 168.
172

L'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. CONFIDENZIALE 2546. Vienna, 1 settembre 1900, ore 18,25.

Conte Goluchowski mi disse di avere risposto all'ambasciatore di Russia presso a poco come segue: «Governo austro-ungarico stima indifferente che le legazioni si trasportino fuori Pechino e che i negoziati colla China abbiano luogo piuttosto in un luogo che in un altro: ma egli ha dichiarato che il contingente austro-ungarico starà sotto gli ordini del maresciallo germanico. Ha pure implicitamente disapprovato che prima ancora dell'arrivo del maresciallo, la Russia voglia ritirare le sue truppe da Pechino». Conte Goluchowski sarebbe dolente

se la Russia ritirasse o almeno limitasse la sua azione, e teme che sarebbe seguita dalla Francia e forse dagli Stati Uniti d'America.

173

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 2549. Parigi, 1 settembre 1900.

È continuato nei giorni scorsi lo scambio di idee fra Parigi e Pietroburgo circa il ritiro delle truppe da Pe,chino. Le obbiezioni di Delcassé non pare abbiano smosso gabinetto di Pietroburgo dal suo punto di vista fondato essenzialmente sopra considerazioni d'ordine militare. Per garantire l'occupazione di Pechino contro il pericolo di ritorni offensivi, occorrerebbe, dice la Russia, un considerevole aumento di forze ed il regolare vettovagliamento delle forze attualmente presenti è già incerto e difficilissimo. La difesa della retrovia insufficiente, se un esercito numeroso cinese venisse a tagliare le truppe chiuse a Pechino, si troverebbero ridotte a duro cimento [sic], inoltre le condizioni della salubrità di Pechino sono pessime ed è temibile lo scoppio di morbi micidiali. Da parte della Francia oltre all'argomento dedotto dalla necessità che si potrebbe eventualmente produrre di dover rioccupare a mano armata Pechino, dopo di averla evacuata, si è fatto osservare che l'evacuazione qualunque ne sia il motivo, sarà interpretata dai cinesi come una disfatta dell'Europa e ne avrà tutte le morali conseguenze al momento in cui gli stati coalizzati hanno invece ogni interesse ad esercitare sopra la Cina un'azione intimidatrice per conseguirne le migliori possibili guarentigie per l'avvenire ed i necessarii risarcimenti per il passato. Senza avere ancora formulata la proposta concreta per il ritiro delle truppe ad una data fissa, gabinetto di Pietroburgo mantiene il suo modo di vedere e sembra obbedire a ciò che egli considera come una necessità di ordine militare. Francia non aveva jeri presa ancora alcuna risoluzione, ma la stampa periodica francese, informata da Washington della proposta russa e della adesione degli Stati Uniti, sembra in grande maggioranza spingere questo Governo ad aderirvi. Egli pure non nasconde che questa politica avrebbe per effetto di mettere scacco quella della

Germania e di lasciare sola questa potenza insieme all'Italia a guerreggiare in Cina. In questo stato di cose l'occupazione parziale di Pechino con truppe limitate

di numero non sembrerebbe risolvere le difficoltà messe innanzi dalla Russia e gli altri pericoli che preoccupano V. E. di un disaccordo grave fra le potenze esistono realmente. Sembra a me prodursi la tendenza a collegare questione della evacuazione di Pechino con quella della accettazione di negoziare con Li-Hung-Chang, se i poteri dei quali questi si dice munito saranno trovati sufficienti. Forse in questa direzione si potrebbe trovare il modo di indurre Russia a soprassedere. Alla base delle trattative dovrebbe infatti stare una regolare dichiarazione di astensione da ogni ostilità da parte della Cina ed in tal caso alcune delle ragioni di evacuare Pechino verrebbero a cessare, se non totalmente, in parte. Aspetterò prima di parlare di nuovo di questa delicata situazione con Delcassé un altro telegramma di V. E. che mi precisi il linguaggio che dovrei tenere.

174

L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 1251/660. Berlino, 1 settembre 1900.

Sciogliendo la riserva che andava contenuta nel mio telegramma in data d'oggi n. 167 (1), mi affretto di portare a comunicazione della E. V. l'articolo della Kolnische Zeitung intorno alla nota proposta russa del ritiro da Pechino delle truppe internazionali, articolo che, attesa la sua speciale importanza; ritengo utile di qui appresso trascrivere in traduzione: «La notizia pervenuta da Washington relativa ad una nota russa, per cui vien consigliato il ritiro delle truppe delle potenze da Pechino, proposta che, secondo notizie americane, può contare sull'approvazione del Governo degli Stati Uniti, può essere considerata, per quanto riflette almeno il contenuto della nota russa, come attendibile. La Russia ha, difatti, diretto, a tutte le potenze che parteciparono all'impresa cinese, la proposta di abbandonare Pechino e di ricondurre a Tientsin le truppe internazionali, e, sotto la loro scorta e protezione, i ministri esteri, i sudditi degli Stati forestieri ed i cinesi cristiani sopravvissuti. Nel fare questa proposta, il Governo russo parte dal punto di vista che la conclusione della pace sarebbe alquanto facilitata quando il Governo cinese, con cui si dovrà negoziare, avrà nuovamente la sua sede a Pechino. Avendo ora il Governo preso la fuga, nè essendovi probabilità che esso sia per ritornare a Pechino, fintantochè· le truppe internazionali vi avranno stanza, sarebbe opportuno di sgombrare Pechino, dando così il mezzo al Governo cinese di far ritorno nella antica capitale, ove potranno iniziarsi i negoziati di pace. Sarebbe :stato, difatti, assai da desiderar.si se le potenze avessero trovato a Pechino un Governo abbastanza forte e volonteroso di annodare ragionevoli trattative. I negoziati sarebbero senza dubbio stati facilitati di assai, quando si fossero potuti condurre a Pechino e non in qualche lontana località dell'interno. In poche parole, non è da disconoscersi l'inconveniente della lontananza del Governo cinese da Pechino.

La proposta del ministro degli affari esteri persegue un obiettivo a tutti certamente gradito, quello, cioè, di accelerare i negoziati di pace, ma, con tutto

il riguardo dovuto alla proposta stessa, devesi seriamente ponderare se essa sia atta a raggiungere lo scopo che si propone: una sollecita conclusione della pace. A tal fine, si presenta anzitutto naturale il quesito: Quale impressione farà la evacuazione di Pechino sulle popolazioni cinesi? N o i altri europei potremo dircì che ci ritiriamo nella coscienza della nostra forza e dopo aver raggiunto il primo scopo della spedizione, la liberazione, cioè, dei ministri e dei rispettivi sudditi. Ma è molto problematico che i cinesi si lascino andare a quest'obiettività di apprezzamento. È anzi probabile assai che essi considereranno il ritiro delle truppe alleate da Pechino, come un segno di debolezza e, fors'anche, come una sconfitta degli eserciti delle potenze. I cinesi, come si sa, sono maestri nell'arte di alterare le più chiare verità. Devesi a questo proposito ricordare che dopo la guerra giapponese si cercò di far credere nelle più lontane provincie dell'impero non essere avvenuta una invasione di nemici vittoriosi, ma di un'orda di miserabili ed affamati mendicanti a cui la generosità del Governo cinese, mediante la elargizione di elemosine (ossia, in altre parole, indennità di guerra), fornì i mezzi di ritornare nel proprio paese. È quindi da prevedersi che i cinesi interpreteranno lo sgombro da Pechino quale una vittoria cinese, e poco, in verità, dovrebbe importarci un tale tentativo, anche quando riuscisse, se non avesse altre conseguenze che quella di soddisfare la vanità cinese!

Rimane, però, da vedere se l'attuazione della proposta russa non avrebbe anche altre serie e fatali conseguenze. A giudizio di tutte le persone competenti in fatto di cose cinesi, nessuno, due mesi fa, avrebbe potuto credere ad una seria resistenza delle truppe del celeste impero. Ma allorquando, dopo il ritiro della spedizione Seymour, si ebbero a registrare i primi successi, il fanatismo cinese prese delle proporzioni inaspettate e fu rinfrancato in tal modo lo spirito militare dei cinesi, da renderli capaci di fare, davanti a Tientsin, un'opposizione assai seria alle truppe confederate.

È da temersi quindi che, coll'evacuazione da Pechino si riproduca lo stesso fenomeno, e che le sbaragliate truppe cinesi si riuniscano nuovamente per nuove resistenze. Questa nuova esplosione del fanatismo cinese non si limiterebbe, però, soltanto alla provincia di Petschili, ma è da temere si estenda pure anche alle più lontane provincie del sud della Cina.

La situazione non è tale da potersi considerare come 'soddisfacente. È' appena necessario di qui ricordare come le condizioni a Schangai e nella valle di Yangtse diano motivo a serie apprensioni, tanto da indurre le potenze ad inviarvi un numero rilevante delle loro navi, ed è pure prevedibile l'invio colà di truppe di sbarco. Se in mezzo all'eccitazione colà regnante venisse gettata la notizia dell'evacuazione di Pechino per parte delle truppe alleate, essa servirebbe indubbiamente, a guisa di vento impetuoso, a tramutare le fiamme ancora nascoste, in un potente incendio. Ma non soltanto a Schangai e negli altri porti di mare risiedono europei, di essi ve ne sono pure nelle città dell'interno, ed è più che probabile che i cinesi, che solo dalla conquista di Pechino poterono essere repressi, alla prima notizia delle evacuazioni di detta città, aggrediscano gli europei e ne facciano strage.

La conclusione della pace che si vuole raggiungere sarebbe, invece, da quei fatti assai ostacolata. In luogo di una campagna portata a termine nelle sue linee principali e limitata al Petschili, ci troveremmo di fronte ad una nuova

e grande guerra che si estenderebbe a tutta quanta la Cina. Havvi pure un'altra considerazione. Colla diffidenza che caratterizza i cinesi, che ha la sua ragione di essere nella coscienza della propria mendacità, è anche possibile che il Governo stesso, dopo l'evacuazione di Pechino, non si decida a farvi ritorno, scorgendo in quell'evacuazione un'insidia che gli vien tesa. In tale eventualità, le potenze si troverebbero aver rinunziato ai vantaggi derivanti dalla conquista di Pechino senza avere, d'altra parte, raggiunto l'obiettivo che si prefigge la proposta della Russia.

Tutte le potenze interessate non mancheranno di prendere questi apprezzamenti in seria considerazione. Devesi ora cercare di trovare una soluzione che, nello stesso tempo, corrisponda ai generali e ben ponderati interessi e scongiuri il pericolo di vedere un importante fattore, quale è la Russia, allontanarsi dall'azione comune. La nuova situazione che viene originata dalla proposta russa potrebbe sostanzialmente venire migliorata e facilitata quando la Russia fosse per dare alla sua proposta l'interpretazione che essa vuole soltanto ritirare da Pechino le proprie truppe, ma non ha difficoltà a che le truppe delle altre potenze rimangano a Pechino. Ed infatti parrebbe che il Governo russo, se anche non vuole lasciare a Pechino le proprie truppe, nulla avrebbe da opporre se le altre potenze lascino colà i loro contingenti. Il grave compito che spetta alla Russia nella Manciuria spiega come essa abbisogni colà di grossi riparti di truppe. Siccome l'invio di nuove forze dalla patria richiederebbe non poco tempo, è naturale che si voglia rimediare a quell'inconveniente richiamando colà le truppe che si trovano a Pechino. I contingenti delle altre potenze a Pechino sono però abbastanza forti non soltanto per tenere la capitale, ma anche per esercitare al di fuori una tale influenza che il Governo cinese, anche se molto lontano, non vi si potrà sottrarre.

Se non erriamo nell'apprezzare la situazione, non trattasi affatto di una divergenza negli obiettivi che si propongono le potenze, ma soltanto di una modificazione dei mezzi per raggiungere tali obiettivi. Colla buona volontà che caratterizza l'azione di tutte le potenze, non esclusa la Russia, è da sperarsi che un accordo sia possibile particolarmente quando la Russia, anche limitando la sua azione militare alla Manciuria, non abbia difficoltà a che le altre potenze continuino ad esercitare la loro nel Petschili, e ciò al solo scopo di raggiungere al più presto, e con riguardo agli interessi di tutte le potenze, il ristabilimento dell'ordine in Cina. Ed havvi ogni ragione di credere che questa speranza non vada fallita •.

(l) Cfr. n. 168.

175

L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 1253/662. Berlino, l settembre 1900.

Non sarà certo sfuggito all'attenzione di V. E., come l'Imperatore di Germania ed il suo Governo, onde sempre più propiziarsi l'animo del Sultano ed aumentare in tal modo la propria influenza in Oriente, non trascurano occasione di prodigare al Sovrano ottomano ogni sorta di cortesie ed attestati d'amicizia.

Così, per non citare che esempi recenti, si sta attualmente innalzando su una delle piazze di Costantinopoli una fontana monumentale dovuta alla munificenza del Sovrano germanico ed eretta in ricordo dell'ultimo viaggio sul Bosforo di S. M., ed in questo momento il Sovrano germanico sta curando l'invio in Turchia di una artistica corona di bronzo da deporsi in suo nome sulla tomba del Saladino.

Ricorrendo poi oggi il 25° anniversario della assunzione al trono di Abdul Hamid, festeggiato a Costantinopoli con insolita pompa e coll'intervento di un delegato speciale dell'Imperatore Guglielmo, volle anche il Governo Germanico far testimoniare per mezzo dei suoi organi la parte che prende al fausto avvenimento.

• S. M. il Sultano -scrive a questo proposito il Reichsanzeiger -festeggia oggi il suo 25° anniversario di regno e da ogni parte del suo vasto impero si innalzano al cielo preghiere per la Sua prosperità. Anche la Germania si associa volentieri alla festa del Sovrano il di cui saggio reggimento seppe conservare le relazioni turco-germaniche sul piede d'incontrastata amicizia e la di cui illuminata benevolenza viene apprezzata con riverenza e gratitudine da tanti nostri connazionali in Oriente.

All'ospitale Sovrano, cui era diretto il notevole brindisi pronunziato da S. M. l'Imperatore a Damasco 1'8 novembre 1898, al protettore e patrocinatore dell'opera germanica di civilizzazione in Turchia, auguriamo insieme a milioni dei Suoi sudditi, lunghi, prosperi e pacifici anni di regno».

176

L'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, MORRA DI LAVRIANO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 2553. Pietroburgo, 2 settembre 1900, ore 14.04 (1).

Facendo seguito al mio telegramma di jeri (2), aggiungo che nota relativa ritiro truppe termina con queste testuali parole: • Generale dovrà evidentemente tener conto a questo riguardo condiZJioni locali •. Le Novosti publicano, sotto forma intervista colla legazione giapponese, una protesta risentita contro le insinuazioni stampate ieri dal Novoie Vremia e da me segnalate alla E. V.

177

IL MINISTRO A TANGERI, MALMUSI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 283/60. Tangeri, 2 settembre 1900.

Non è certamente sfuggita all'E. V. la varia intonazione delle due note protestative che questo Governo ha ultimamente indirizzato alle Potenze: è sereno e fiducioso il linguaggio dell'una, è concitato, e poco meno che risentito, nella seconda protesta.

Gli è che, ad onta dell'esperienza di più anni e degli avvenimenti i quali pur avrebbero dovuto dimostrargli quanto mutevole sia sempre stata la politica internazionale, il Sultano, e così i suoi Ministri, sino a ieri, può dirsi, ritenne che

sicuro pegno del rispetto da parte francese delle ragioni e dei diritti che il Marocco rivendica nel Tuat, il Trattato del 1845, e più di tutto il patto di garanzia dell'l! marzo 1887, si fosse.

Di qui il senso di meraviglia, il turbamento, che il silenzio dei Governi consultati (massime dei gabinetti di Londra, di Madrid e di Roma a quel patto partecipanti), ha presso questa Corte suscitato, e che, le brevi parole dell'ultimo suo Messaggio alle Potenze «aspettiamo la risposta » pur così efficacemente traducono.

Si è detto di segreti recenti negoziati tra il Gran Vizir ed il Rappresentante della Repubblica per la cessione del Tuat alla Francia, quasicchè tutti i precerlenti della questione, tutta la condotta politica di Si Ahmed Ben Mussa non escludessero la verosimiglianza di simili sue aperture.

Taccio del divieto che, per sacra dottrina Mosulmana, è qui fatto al Sovrano di contrattualmente cedere qualunque terra dell'Impero: l'Eletto al Trono degli Sceriff, il Principe dei Credenti non piega che dinanzi alla forza delle armi ed .a nemica conquista.

La verità per quello che appresi a Marocco, e qui a Tangeri da più parti ho pur risaputo, sarebbe tutt'altra. Sta in fatto che trattative speciali, nè d'adesso soltanto, ma da tempo, sono in corso; e che a queste trattative si collegano e il viaggio in straordinaria Ambasciata di Sid Mohammed Ben Mussa (nel 1897) e le successive frequenti gite a Parigi, del noto officioso agente francese Signor Dottor Linares; ed è pur certo ·Che l'Inviato Marocchino se richiamò l'attenzione del Governo della Repubblica sul Tuat, ciò non fece per offrirne il dominio alla Francia, ma per trattare della delimitazione della frontiera Algerina coll'Impero, (non del Tuat); delimitazione ripetutamente proposta, non mai dal Marocco, ottenuta: e perchè, intervenendo un a·ccordo in proposito, questo fosse sottoposto alle Potenze e dalle Potenze garantito.

L'Ambasciatore del Sultano ammalò giunto appena in Francia, tornò in patria alieno di mente, nè altri, come è noto, lo sostituì; non già perchè qui non .premesse di continuare i negoziati così rimasti in tronco, ma perchè ad analogo annunzio del Maczen, il Governo Francese rispose non gradire, nè riceverebbe, nuovi Messaggeri Imperiali se prima, ed una volta per tutte, il Sultano non rinunciasse ad ogni suo diritto sul Tuat.

A tale una rinuncia non addivenne nè .giammai sarà per addivenire il Sovrano, quale esso sia del Marocco; ma a strapparla pur tuttora si adoperano e si affaticano in Tangeri l'Incaricato d'Affari della Repubblica, a Marocco, il Dottor Linares.

Nel sollecitare le istruzioni dell'E. V. circa la risposta che pur converrà dare alle preallegate due Note (l) sceriffiane, unisco un rapporto (2) che per essere d'antica data pur riesce d'attuale particolarissimo interesse: è scritto nel 1891 da quel distinto, intelligente funzionario che è il Cavalier Gentile, e si raccomanda per chiarezza ed evidenza di esposizione, e per assennate preveggenti riflessioni circa la questione del Tuat, nelle sue origini e conseguenze, ed il modo di risolverla (3).

(l) -Nel registro dei telegrammi il documento porta erroneamente la data dell'l settembre. (2) -Cfr. n. 171. (l) -Pubblicata una soltanto, cfr. n. 144. (2) -Non pubblicato. (3) -Copia del presente rapporto, venne trasmessa dal ministero all'ambasciata a Londra :in data 18 settembre 1900.
178

L'AMBASCIATORE A LONDRA, DE RENZIS, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 2563. Londra, 3 settembre 1900, ore 8,30.

Questo ministro di Cina mi comunica seguente telegramma ricevuto 31 agosto u. s.: « Ho consigliato il trono per la nomina del principe Ching, Yung lu vicerè Liu Kung Yi e Chang chih tung come coplenipotenziarii per aprire negoziati pace ·con le potenze. Il principe Ching e Yung lu nel caso formassero parte del seguito di Loro Maestà dovrebbero essere inviati a Pechino immediatamente. Firmato Li-Hung-Chang •.

179

L'AMBASCIATORE A LONDRA, DE RENZIS, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 2568. Londra, 3 settembre 1900, ore 17,37.

Sottosegretario di stato per gli affari esteri aggiunto mi ha mostrato bozza di nota circolare ai rappresentanti britannici per comunicazione alle potenze, nella quale è detto che ancora nessuna risposta è giunta dal generale inglese e dal ministro d'Inghilterra, alle informazioni loro chieste sulla situazione a Pechino. Fino a che queste informazioni non perverranno, Governo britannico non è al caso di pronunziarsi sui varii punti enunciati nella dichiarazione della Russia. Signor Bertie aggiunse che non è da aspettarsi una decisione qualsiasi prima di cinque o sei giorni.

180

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AGLI AMBASCIATORI A BERLINO, LANZA, A LONDRA, DE RENZIS, A PARIGI, TORNIELLI, A PIETROBURGO, MORRA DI LAVRIANO, A VIENNA, NIGRA E A WASHINGTON, FAVA

T. 2629. Roma, 3 settembre 1900, ore 20.

L'incaricato d'affari di Russia mi comunica la risposta del suo Governo alle osservazioni del Governo germanico circa la nota sua decisione. Eccone il sunto: «Il telegramma comincia col dire che lo scopo della Russia in Cina differisce essenzialmente da quello che si propongono le altre potenze e che la Russia non può curarsi di soddisfare vedute che le sono estranee. Insiste sulle secolari relazioni amichevoli con la Cina. Dichiara che l'occupazione di Pechino non corrisponderebbe più alle proprie precedenti dichiarazioni, e, rendendo impossibile· H ritorno del Governo legittimo nella capitale, renderebbe più difficili i negoziati. Ritiene che gl'insorti non si impadroniranno più di Pechino e che in ogni caso si farà sempre a tempo di rioccupare allora durevolmente quella capitale. La legazione e le truppe russe rimarranno in ogni caso a Tientsin sino a nuovo ordine •.

(Per Parigi). Questa nuova comunicazione russa potrebbe a V. E. servire d'occasione per una utile conversazione con Delcassé per conoscere se già ne è il caso gli intendimenti definitivi del Governo francese.

181

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL CONSOLE GENERALE A SOFIA, SILVESTRELLI

T. 2639. Roma, 4 settembre 1900, ore 19,05.

Circa agitazione comitato macedone la prego presentare in forma amichevole a codesto Governo consigli di moderazione e prudenza per prevenire complicazioni pericolose per la pace dell'Oriente alla quale l'Italia è interessata.

182

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. R. 2029/909. Parigi, 4 settembre 1900.

Ieri sera, anniversario della memoranda seduta notturna nella quale fu posta davanti all'Assemblea nazionale la dichiarazione di decadenza dal potere della Dinastia napoleonica, l'Ambasciatore di Russia fu, con eccezionale pompa, ricevuto dal Presidente della Repubblica nella villa di Rambouillet ed al medesimo ha presentato, insieme ad una lettera autografa dello Czar, le insegne' dell'Ordine supremo di Sant'Andrea.

Dei discorsi pronunciati in tale circostanza e della lettera imperiale sono stati subito comunicati i testi alla Agenzia Havas. V. E. troverà qui uniti i ritagli dei bollettini che li contengono (1).

Si comprende che, non potendosi più a lungo ormai lasciare sussistere il dubbio sulle intenzioni dell'Imperatore Nicola in ordine alla sua visita a Parigi durante la Esposizione, si sia voluto circondare l'annunzio che S. M. I. non verrebbe quest'anno in Francia, da un cumulo di cortesie destinate ad attenuare l'impressione sfavorevole che altrimenti si sarebbe potuta qui produrre. Importava escludere che qualche cosa fosse mutata nella intimità dei due paesi alleati. Premeva dimostrare pubblicamente che la persona dell'attuale Capo dello St&to in Francia ed i sentimenti dello Czar per la medesima in nulla aveano influito sovra la decisione imperiale. La lettera dell'Imperatore, le parole del principe

Ourossow, nel rimetterla al Signor Loubet, sono evidentemente ispirate dal desiderio di ottenere questo doppio intento. Si può anche credere che, in una certa misura, esso sarà conseguito. Ma, se mi è lecito così esprimermi, molti dovranno vedere in tutto ciò un semplice ripiego.

Le persone particolarmente cognite delle situazioni economiche-finanziarie dei vari paesi, ritengono che sia ormai prossimo il momento per la Russia d! ricorrere al credito per una somma di molta entità. Gli stabilimenti di credito di Parigi che negli ultimi anni hanno alimentato con i loro capitali molte industrie in Russia le quali vivono principalmente dei lavori ordinati da quelle Amministrazioni imperiali, hanno vivissimo interesse a non lasciare mancare il denaro al principalissimo cliente degli opifizi da essi sostenuti, o fondati. La previsione che il Governo imperiale si abbia a trovare in istrettezze finanziarie si ripercuote già nell'enorme ribasso che ha colpito i titoli industriali russi negli ultimi tempi. Alcuni stabilimenti finanziari parigini ne risentono gravemente le conseguenze. Essi vorrebbero conseguentemente favotrire il nuovo prestito russo sovra tutto per gli interessi indiretti che ne ricaverebbero evitando a se stessi ed alla loro clientela francese maggiori perdite. Ma l'alta banca non si dissimula che il risparmio francese non dimostra più lo stesso entusiasmo con cui accorse a sottoscrivere i primi prestiti della Russia. Il piccolo capitalista francese pare dippiù in più persuaso che i dodici miliardi circa di franchi impiegati nei valori russi non sembrano aver mutato le condizioni economiche di quell'Impero in guisa da allettare all'impiego di un altro miliardo nelle stesse condizioni. Si tennero qui delle riunioni fra i principi della Finanza e pare che per comune avviso si decidesse che un prestito russo non troverebbe favorevole accoglienza se prima il pubblico non si fosse preparato con un risveglio di entusiasmo per l'alleanza con la Russia.

Il viaggio dell'Imperatore Nicola a Parigi durante la Esposizione si affacciava naturalmente come il mezzo più facile di ridestare tale movimento d'opinione in Francia. Si parlò infatti nel mese di luglio ultimo con molta insistenza del viaggio imperiale che avrebbe dovuto compiersi in settembre. Ma, dopo la catastrofe di Monza che ~ivelò un nuovo periodo di scatenamento audace della setta anarchica, si dice che il Governo stesso della Repubblica abbia concepito grave timore per la responsabilità che avrebbe incontrato spingendo il Governo di Pietroburgo allo adempimento della mezza promessa di una visita dello Czar.

Da queste circostanze avrebbe avuto origine il ripiego che fu infine adottato e di cui ieri si è cercato di dissimulare il carattere con la pompa della cerimonia di Rambouillet.

Intanto il Signor Witte, il Ministro delle finanze imperiali, si trova in Parigi e pare che egli cerchi le occasioni per ismentire la notizia del prossimo prestito russo. Sono queste smentite sincere? Devesi forse in esse vedere l'effetto della persuasione in cui sarebbe venuto l'accorto finanziere che una emissione sarebbe attualmente pericolosa per il credito del suo paese? Non è neppure inammissibile l'ipotesi che egli voglia, prima di prendere decisioni ferme, scrutare egli stesso qui in Parigi l'effetto delle espansive cordialità d'ieri sul pubblico francese.

Intanto bisogna tener conto che la Russia non potrà dispensarsi dal ,ricorrere ad un grosso prestito altrimenti che restringendo considerevolmente le sue spese e facendo una politica di completo raccoglimento. Né bisogna dimenticare che una siffatta politica si ripercuoterà duramente sul mercato finanziario francese nella rovina, o per lo meno nel deprezzamento enorme dei valori industriali russi. Questa conseguenza sarà vivamente sentita dalla opinione pubblica in Francia e potrà avere una influenza grande sovra quel complesso di sentimenti e d'interessi che ha creato e sostenuto fin qui l'alleanza russa.

(l) Non pubblicati

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L'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 1241/596. Vienna, 4 settembre 1900.

Con telegramma del l o corrente (l) ho informato l'E. V. di quanto il conte Goluchowski mi aveva detto circa la proposta russa di ritirare le forze confederate da Pechino, e d'intavolare il più presto possibile in altra sede dei negoziati di pace colla Cina. Il linguaggio tenutomi dal ministro imperiale e reale degli affari esteri è confermato da quello dell'organo speciale della Ballpla·tz, il Fremdenblatt. Nel suo ultimo numero, questo giornale contiene un articolo che riflette esattamente il modo di vedere del gabinetto di Vienna circa la questione sollevata dalla circolare russa.

Esso stabilisce in sostanza quanto segue:

«La notizia che il governo russo ha determinato di ritirare da Pechino la sua legazione e le sue truppe naturalmente, è tale da destare molta impressione, e a primo aspetto, considerandola superficialmente sembrerebbe implicare un completo cambiamento d'indirizzo nella questione cinese. Ma, in sostanza, anche dopo que<>ta comunicazione, non è sorta alcuna divergenza fra gli scopi che la Russia e le altre potenze si propongono in Cina. La differenza di vedute consiste solo nei mezzi da impiegarsi. La Russia crede opportuno evacuare Pechino per dar modo al governo cinese, attualmente ir•reperibile, di rientrare nella sua capitale e di là negoziare cogli alleati, mentre altre potenze, e sovra tutto la Germania, ritengono consigliabile che si prolunghi l'occupazione di Pechino.

Ora, non bisogna dimenticare che la Russia, storicamente e geograficamente, si trova per rapporto alla Cina in una situazione affatto differente da quella di tutte le altre potenze, situazione che spiegherebbe il suo desiderio di proclamarsi, malgrado tutto e in ogni circostanza opportuna, amica della Cina.

L,e potenze che hanno in Cina solo interessi secondari e per conseguenza contingenti militari poco importanti, non potranno che conservare un'attitudine riservata nella questione di cui si tratta. Questa è specialmente la condizione dell'Austria-Ungheria; ma in ogni caso il suo piccolo contingente militare sarà messo sotto gli ordini del conte Waldersee. È possibile che il nuovo atteggiamento della Russia dia luogo a discussioni e polemiche d'ogni sorta, ma sarebbe prematuro il trarne conclusioni pessimiste, perchè i fondamenti politici dell'azione in Cina sono stabiliti per molto tempo. Essi consistono nella ferma risoluzione

delle potenze di non spartire l'impero di mezzo e nei loro sforzi unanimi per mantenere l'accordo del mondo civile nelle parti essenziali della questione cinese».

Ma gli altri giornali tengono un linguaggio meno riservato. Essi disapprovano concordemente l'attitudine presa dalla Russia, che accusano di seguire nella questione cinese una politica d'egoismo, e non celano la speranza che la sua proposta sia destinata a cadere. Non si manca di rilevare, più o meno apertamente, che la proposta russa va a ferire direttamente la Germania, la quale, per le dichiarazioni pubblicamente fatte di vendicare l'uccisione del suo ministro a Pechino, e per l'apparato militare con cui il conte Waldersee si presenterà in Cina, si trova impegnata a non contentarsi di una mezza pace, conchiusa in condizioni svantaggiose. Tuttavia è notevole la fiducia che si esprime specialmente negli organi liberali che l'incidente attuale non sia per turbare la buona intelligenza fra la Germania e la Russia.

Confermo, ad ogni buon fine, che per quanto spetta al Governo austroungarico, esso non si dipartirà dalla condotta indicata nel mio telegramma del l o covrente, e manterrà le sue forze in Cina sotto la direzione del supremo comandante germanico.

(l) Cfr. n. 172.

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L'ADDETTO MILITARE A COSTANTINOPOLI, SIGNORILE, AL COMANDANTE IN 2a DEL CORPO DI STATO MAGGIORE, GRILLENZONI

R. 44. Varna, 4 settembre 1900.

Durante il mio soggiorno a Sciumla ho potuto constatare che pure colà ferve il lavoro preparatorio della mobilitazione. Numerosi soldati sono impiegati a riattare le fortifi.cazioni esistenti ad Est della piazza; nella caserma del battaglione d'artiglieria da fortezza si caricano i proietti dei cannoni di medio calibro e si trasportano all'aperto le bocche da fuoco ed il carreggio; nella caserma del battaglione pionieri si sta caricando il carreggio di tutti gli utensili di mobilitazione e si fanno numerose lanciate di piccioni per tenersi in comunicazione con Silistra. Il giorno 2 settembre, da Silistra, vennero lanciati circa 200 pic.cioni i quali, nella giornata stessa, arrivarono quasi tutti alla colombaia di .Sciumla, la quale è organizzata in modo soddisfacente.

Interrogando, in modo discreto, diversi ufficiali bulgari venni a conoscere che parte delle truppe della Divisione di Sciumla vennero in questi giorni distaccate in avamposti ve·rso la frontiera della Dobrugia, temendosi un'invasione rumena da quella parte. Così pure parte delle truppe di Plevna, Tirnovo e Rusciuk, vennero fatte avanzare sul Danubio per la sorveglianza di quella parte della frontiera bulgara.

Qui a Varna ho pure potuto accertarmi che un battaglione del 24° reggimento fanteria è stato distaccato a Dobritch, per potere, unitamente al 5o reggimento di cavalleria, sorvegliare la frontiera della Dobrugia, da quella località fino al Mar Nero. In una gita fatta nei dintorni della città, ho veduto che attualmente si stanno costruendo due nuove batterie, di cui una presso il castello principesco di Euainagrad e l'altra a Galata a Sud di Varna. Queste due batterie, in terra, saranno armate con cannoni lunghi, da 15, Krupp, coll'intento di impedire il bombardamento e lo sbarco delle truppe rumene in Varna. Anche la marina bulgara si prepara alla guerra e la Nave « Nadejda » fa frequenti esplorazioni nel golfo di Varna. Il Comandante della flotta bulgara, Capitano di vascello Pichon (francese), attualmente si trova in congedo a Pa,rigi, ma oggi stesso ha telegrafato che arriverà qui domenica prossima.

Tutto ciò conferma quanto ebbi l'onore di riferire alla S. V. col rapporto

N. 42. I riservisti, in parte, si sono già presentati ai rispettivi corpi, ma privi degli oggetti prescritti e delle razioni viveri, dicendo che, essendo poveri, non potevano, a loro spese, eseguire l'ordine ricevuto. Sono tutti però pieni d'entusiasmo e desiderano battersi contro i rumeni, che ,ritengono deboli e privi di coraggio.

Il Colonnello Ivanoff, comandante della divisione di Sciumla, mi ha detto che il conflitto colla Rumania non potrà risolversi pacificamente, perchè i rumeni pretendono troppo. Soggiunse che i Rumeni desiderano impadronirsi del quadrilatero bulgaro (Rusciuk-Sciumla-SiHstra-Varna) ma ·che non vi riusciranno perchè la Bulgaria è decisa a fare completamente il suo dovere ed a sacrificare tutto, anche fino all'ultimo uomo, piuttosto che cedere alle ingiustificate pretese rumene.

Le stesse idee prevalgono a Varna e perciò si può concludere che la situazione diventa sempre più oscura. Ho chiesto notizie a Sofia e di là mi si assicura che, almeno per ora, il Governo bulgaro non ha intenzione di fare la guerra alla Rumania perchè capisce che esporrebbe il paese a gravi danni.

Io continuo a ritenere che la .guerra non si farà, specialmente se le potenze europee interverranno nella questione ed imporranno un arbitrato ai due contendenti (1).

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L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 2586/170. Berlino, 5 settembre 1900, ore 10,25.

Alla risposta del Governo russo, di cui telegramma 2629 (2) questo Governo ha replicato cogli argomenti svolti nel comunicato della Gazzetta di Colonia da me trasmesso col mio rapporto 660 (3). Pur tenendo conto speciali condizioni della Russia, Governo imperiale insiste segnatamente sulla eventualità preveduta dalla Russia stessa nella risposta su ricordata di una nuova occupazione di Pechino. Abbandonare Pechino che ora si è occupata, pur prevedendo di essere costretti a rioccuparla con conseguente spargimento di sangue, è un atto cui

S. M. l'imperatore non può consentire senza esservi costretto da necessità militari e di cui non crede poter prendere responsabilità dinanzi al suo paese. Come

11 -Documenti diplomatici -Serie III -Vol. IV

è noto a V. E. Inghilterra ha risposto Russia non poter decidere su questione così grave senza sentire parere suo ministro e suo comandante militare in Cina. Giappone non si è ancora pronunciato. Cosicchè fino ad oggi nessuna potenza si è incondizionatamente associata a proposta russa e situazione Pechino rimane immutata. Qui non si dispera che accoglienza fatta a proposta della Russia induca quest'ultima a ritornare sulle sue decisioni o quanto meno ritardarne esecuzione. Questa speranza è confortata dal telegramma semi ufficiale da Washington di ieri sera e che a ciò si riferisce, nonchè dal fatto che Russia non ha neppure d'uopo di sconfessare esecuzione ordini dati per ritiro sua legazione e sue truppe da Pechino, essendo come è tassativamente indicato nella nota 25 agosto, lasciato in facoltà ministro di Russia in Cina tenuto conto condizioni locali.

(l) -II rapporto venne comunicato al ministero degli esteri, dal ministero della guerra, con foglio riservato n. 5914 del 14 settembre 1900. (2) -Cfr. n. 180. (3) -Cfr. n. 174.
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IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, ALL'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, MORRA DI LAVRIANO

T. 2647. Roma, 5 settembre 1900, ore 12,45.

Facendo seguito al mio telegramma del 27 agosto n. 2533 (l) la prego di recarsi dal conte Lamsdorff e di comunicargli oralmente la risposta nostra alla circolare russa nei termini seguenti: «<l Governo italiano associandosi in Cina all'opera delle altre grandi potenze nonchè degli Stati Uniti e del Giappone ha dato la sua intera adesione a quei principii generali che dovevano servire di norma all'azione comune dei Governi e che si trovano sostanzialmente formulati nella circolare russa. Fra questi principii che devono essere tutti ugualmente osservati, il Governo italiano dava e dà tuttavia una speciale importanza al mantenimento dell'accordo tra le potenze che esso considera come la migliore guarentigia per realizzare gli altri punti del programma, per prevenire ogni ulteriore complicazione e consolidare le basi della pace generale. Da questo punto di vista il Governo italiano avrebbe desiderato che la questione intorno alla opportunità di una temporanea presenza di contingenti internazionali a Pechino o del loro totale ritiro avesse potuto essere, col concorso del gabinetto di Pietroburgo, l'oggetto di un maturo esame delle potenze; ma poichè il Governo imperiale ha deciso di ritirare da Pechino la sua legazione e le sue truppe, il Governo italiano esprime la viva speranza che questa risoluzione lasci intatto, come lo indica la stessa circolare russa, il proposito comune del Governo russo come di tutti gli altri Governi di procedere di concerto nelle fasi ulteriori della questione, con lo scopo di ottenere una soluzione delle presenti difficoltà. Per quanto concerne la speciale questione di cui ora si tratta, il Governo italiano, non ha, in massima, obiezioni perchè le legazioni pongano la loro sede a Tientsin ed ha, in proposito, interrogato il suo ministro in Pechino. Quanto alle truppe il Governo italiano non nasconde la sua preoccupazione che loro improvviso ritiro sia dal Governo e dalla popolazione cinese interpretato come un atto di debolezza

e possa incoraggiare il fanatismo dei rivoltosi; ma fedele al suo proposito che uno spirito di conciliazione abbia a prevalere tra le potenze e d'altronde imperfettamente informato intorno alle circostanze locali, è d'opinione che i comandanti delle forze in Cina siano chiamati a riferire intorno alla situazione delle truppe a Pechino, credendo che le considerazioni militari siano uno degli elementi necessari per prender possibilmente di concerto una definitiva decisione».

(l) Cfr. n. 168.

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L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 2594. Parigi, 5 settembre 1900, ore 19,50.

Delcassé ha abbandonato tutte le sue obiezioni ed ha aderito alla proposta russa di ritiro legazione truppe da Pechino, aspettando a Tientsin che il Governo cinese rientrato nella capitale, cerchi di aprire i negoziati, senza dei quali riuscirebbe, egli dice impossibile raggiungere prontamente i due altri scopi dell'azione comune cioè: il conseguimento delle guarentigie per l'avvenire e le riparazioni per il passato. Nel lungo colloquio avuto con lui egli mi disse che da tutti i vicerè dell'interno e del sud è stato unanimemente dichiarato che la punizione dei ribelli e dello stesso prindpe Tuan sarà accettata dalla nazione cinese, ma che non bisogna toccare la dinastia attuale la sola che può dare guarentigia perchè essa sola può ottenere obbedienza nel vasto impero. Delcassé è sopratutto ansioso risolvere prtsto la questione e mi pare anche preoccuparsi del lato finanziario della medesima. Egli mi disse che la settimana passata Francia aveva già speso 54 milioni. Mi sono espresso in guisa da lasciare intendere una volta di più che noi mettevamo al di sopra di ogni interesse il mantenimento dell'accordo delle potenze. Egli mi domandò se io sapevo che cosa pensasse di fa,re Germania e sulla mia risposta negativa, mi disse che anche l'ambasciatore d'Inghilterra non si era lasciato vedere da lui in questi ultimi giorni.

188

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AGLI AMBASCIATORI A BERLINO, LANZA, A LONDRA, DE RENZIS, E A VIENNA, NIGRA (l)

T. 2656. Roma, 5 settembre 1900, ore 23,59.

(Per tutti). Ho incaricato il R. ambasciatore in Pietroburgo di rispondere oralmente alla nota comunicazione russa. La nostra risposta mette sostanzialmente in rilievo i seguenti punti: che tra i principii generali che dovranno servire di norma all'azione comune e che sono ricordati nella stessa circolare russa, ha per noi particolare importanza il mantenimento dell'accordo fra le potenze; che da questo punto di vista avremmo desiderato che la questione di mantenere

-o non la temporanea occupazione di Pechino potesse essere oggetto di un maturo esame tra le potenze col concorso del gabinetto di Pietroburgo; che di fronte alla decisione presa dalla Russia noi speriamo tuttavia che il Governo imperiale persista nel proposito comune di procedere di concerto nelle fasi ulteriori della questione; che circa il ritiro delle legazioni a Tientsin non abbiamo obiezioni di massima ed abbiamo in proposito interrogato il nostro ministro; che circa il ritiro delle truppe non possiamo nascondere la nostra preoccupazione che possa essere interpretato come atto di debolezza ed incoraggiare i rivoltosi; che in ogni modo su questo punto stimiamo doversi anzitutto consultare i comandanti delle rispettive forze in Cina.

(Per Berlino). Come V. E. vede il nostro linguaggio a Pietroburgo, pur avendo intonazione moderata e conciliante, è identico a quello che Ella fu incaricata di tenere costì, e la nostra risposta alla comunicazione russa coincide' con quanto Ella disse, in mio nome, nelle sue conversazioni con Blilow.

(l) -Un telegramma analogo venne spedito poche ore prima all'ambasciata di Parigi ed il giorno successivo a quella di Washington.
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IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL COMANDANTE LA DIVISIONE NAVALE OCEANICA, CANDIANI

T. 2657. Roma, 5 settembre 1900, ore 23,59.

In relazione con la recente comunicazione russa desidero da lei risposta telegrafica sui seguenti punti: • l) qual'è attualmente e nei prossimi giorni l'effettivo dei singoli contingenti delle varie potenze a Pechino; 2) quale forza è da lei stimata necessaria, sia per respingere ogni eventuale ritorno offensivo dei cinesi, sia per assicurare le retrovie ed i rifornimenti. Desidererei pure sapere se i colleghi di lei sono stati analogamente interrogati dai rispettivi Governi».

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IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AGLI AMBASCIATORI A BERLINO, LANZA, E A LONDRA, DE RENZIS

D. 3,5355/285, 35356/195. Roma, 5 settembre 1900.

Come risulta dal telegramma in data del 25 agosto (l) del quale trasmetto copia all'E. V., del R. Ministro in Tangeri, il Governo Marocchino ha nuovamente protestato contro l'avanzarsi delle truppe algerine nel Tuat, e, colla stessa occasione, ha chiesto ai Rappresentanti esteri colà accreditati, una risposta alla nota, pure di protesta, ad essi diretta da Sid Mohamed Torres, sul medesimo argomento, il 19 giugno p.

Di questa nota era cenno nell'altro telegramma del Reggente la R. Legazione in Tangeri, che trovasi riprodotto nella serie XL dei documenti diplomatici (vedi

N. 2110) ed ora ne trasmetto, qui compiegato, il testo alla E. V., assieme a copia del rapporto col quale il Cav. Zanotti Bianco me lo inviava a suo tempo (2).

Sarò grato alla E. V. se vorrà informarsi e farmi conoscere quale accoglienza abbiano trovato costì le proteste del Governo Marocchino e quale risposta il Rappresentante di codesto Stato abbia avuto istruzione di far pervenire al Governo stesso.

(l) -Cfr. n. 138. (2) -Non pubblicati.
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IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, ALL'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, PANSA

D. 35358/171. Roma, 5 settembre 1900.

Con rapporto del 18 agosto p.p. 530-201 (1), il Conte Gallina mi riferiva le severe e arbitrarie misure che si applicano ora frequentemente agli italiani, specie se operai, che giungono in Turchia, le quali hanno per conseguenza lo sfratto o la detenzione di essi fino a che il R. Consolato abbia risposto dell'essere loro.

Dalla R. Legazione in Atene fui poi informato di ripetute espulsioni fatte da codesta polizia, di italiani, che vennero di,retti al Pireo, espulsioni sulle quali quel R. Incaricato d'affari ha, anzi, chiamata l'attenzione di codesta R. Ambasciata con lettera del 20 del predetto mese, della quale mi trasmise copia (2).

Il Conte Gallina ha già opportunamente fatto uffici presso Tewfic pascià per ottenerP. che gli inconvenienti segnalati nel suo rapporto non abbiano a rinnovarsi e, per parte mia, provvederò, secondo il suggerimento di lui, affi:nchè ai nazionali che intendono recarsi in Turchia sia ricordato essere indispensabile che abbiano le loro carte in perfetta regola e, sovratutto, che i loro passaporti siano vidimati da un consolato ottomano.

Poichè, però, il ripetersi di tali difficoltà e delle espulsioni di nostri nazionali, non potrebbe non creare uno stato di cose altrettanto dannoso alla emigrazione italiana nell'Impero, quanto imbarazzante per le autorità del Regno che devono, poi, provvedere alla sorte di quegli espulsi, io prego la E. V. di voler insistere energicamente presso la S. Porta perchè abbia a cessare la opposizione, che ormai va facendosi sistematica, per gli operaj italiani di entrare e soggiornare nell'Impero liberamente, in conformità ai diritti che dai trattati e dagli usi sono stabiliti e garantiti.

Gradirò che l'E. V. mi informi a suo tempo dell'esito dei suoi uffici.

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L'INCARICATO D'AFFARI A TOKIO, COBIANCHI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 111/45. Tokio, 5 settembre 1900.

Quando mi giunse il telegramma che l'E. V. mi fece l'onore di rivolgermi il 27 ora scorso agosto (3), questo Governo non era ancora stato ufficialmente informato della proposta russa di cui è cenno nel telegramma citato.

Fin dalla fine dello scorso luglio, mi fu detto confidenzialmente al ministero degli affari esteri, questo ministro di Francia aveva fatto ufficialmente al visconte Aoki delle proposte presso a poco identiche a quelle della circolare russa, ma la cosa non aver avuto .seguito.

Solo il 31 agosto il signor Iswolsky scese dalla campagna, ove risiede attualmente, alla capitale, e la sera del l o settembre mi disse che aveva sottomessa al visconte Aoki la proposta del suo Governo, ma che non aveva ottenuto nessuna risposta; anzi alla domanda da esso rivolta al ministro imperiale degli affari esteri, se egli avesse almeno un suo modo di vedere personale in proposito, il visconte Aoki avrebbe risposto col più completo riserbo. « C'est pourquoi » mi diceva il signor Iswolsky « je retourne de suite à la campagne. Dès que S. E. aura là dessus une idée qualconque, il me le fera savoir: ainsi, lorsque vous me verrez descendre, vous saurez que la réponse va arriver ».

Dalle poche cose dettemi in proposito al ministero non mi sembra, del resto, che il Giappone sia molto propenso ad accogliere con favore le proposizioni russe. Mi parve invece che si contasse su qualche obbiezione per parte dell'Italia e della Germania. Stamani, poi, ho saputo che realmente la Germania solleverebbe qualche dubbio sul risultato eventuale dell'attuazione delle proposte in parola.

Il ministro di Russia non è ancora sceso a Tokio, per cui credo che una vera e propria risposta non sia tuttora stata data. Per cui mi limitai a telegrafare la dichiarazione fatta in proposito dal Governo giapponese, salvo a completare più tardi le informazioni relative.

(l) -Cfr. n. 106. (2) -Non pubblicata. (3) -Cfr. n. 147.
193

L'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, MORRA DI LAVRIANO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 2603. Pietroburgo, 6 settembre 1900, ore 6,40.

Ho eseguito ordine V. E. (1), dando conte Lamsdorff comunicazione verbale

risposta circolare senza lasciar.gli nota scritta. Conte Lamsdorff mi disse tenere

anzitutto accordo fra potenze e nulla avere da obiettare, sembrandogli, però,

evacuazione Pechino non può interpretarsi come atto di debolezza, ma come

diretta installare Governo regolare indispensabile per trattare. Del resto, truppe

che si.. ... (2) Tientsin possono conseguire scopo comune a quello che rimanessero

Pechino, Tientsin essendo base operazione. Ritiene probabile francesi e ameri

cani si ritirino con loro. Ad ogni modo, conte Lamsdorff, appoggiandosi sempre

medesimi argomenti, mi pare più remissivo nei suoi propositi del giorno in cui

inviò circolare.

(l) -Cfr. n. 186. (2) -Gruppo indecifrato.
194

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL COMANDANTE LA DIVISIONE NAVALE OCEANICA, CANDIANI

T. 2661. Roma, 6 settembre 1900, ore 12,55.

Avverto e prego avvertire Salvago per informazione di entrambi che Francia ha già consentito ritirare da Pechino legazione e truppe. Altra potenza ancora non consta essersi pronunziata. Prego inoltre trasmettere a Salvago seguente mio telegramma: «Desidero parere di lei e possibilmente dei suoi colleghi circa ritiro delle legazioni da Pechino a Tientsin ».

195

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 2050/918. Parigi, 6 settembre 1900 (per. l'11).

Allorchè scrissi l'ultima volta a V. E. delle cose della Cina (1), il signor Delcassé era assente da Parigi ed io, al mio ritorno qui da Roma, il 19 agosto, non avea potuto rimettermi subito con lui in comunicazione di idee. Ma varie pubblicazioni, dalle quali era agevole scorgere i primi e non buoni effetti della sorpresa fatta alla Francia con la nomina del maresciallo Waldersee come comandante generale delle forze internazionali in Cina, suggerivano talune deduzioni le quali mi parevano avere grado sufficiente di probabilità per formare il soggetto di un mio rapporto. Epperò, nello scrivere il 2,4 agosto alla E. V., io conchiudeva che le ultime manifestazioni pubbliche in Francia, in Germania ed in Russia, contenevano più dell'occorrente per indicare gli screzi latenti che un incidente qualsiasi, anche di secondaria importanza, avrebbe potuto mettere ad ogni momento in evidenza creando le più serie complicazioni.

V. E. mi aveva diretto il 19 agosto una importante comunicazione telegrafica (2) che tracciava esattamente il concetto che il R. Governo si faceva della necessità di mantenere possibilmente fra le potenze una comunione di idee sovra alcuni punti di interesse generale. Pure rifiutandosi a prendere una iniziativa al riguardo, Ella desiderava che da parte mia fermassi l'attenzione del gabinetto di Pa,rigi sovra l'opportunità, dopo l'ingresso delle truppe alleate in Pechino, che le potenze prendessero insieme in considerazione la situazione e principalmente alcuni punti che la di Lei comunicazione telegrafica specificava.

Mi affrettai, il dì stesso, a rispondere (3) che l'assenza del ministro degli affari esteri mi costringeva ad aggiornare di qualche giorno la comunicazione del telegramma da V. E. prescrittomi. Soltanto il 29 agosto potei abboccarmi col signor Delcassé ( 4) per la prima volta dopo il suo ritorno alla capitale e, fino dal 27 dello stesso mese. Ella mi avea telegraficamente informato (5) del senso della nota

verbale russa contenente la proposta di ritirare le legazioni e le truppe a Tien-tsin evacuando Pechino.

Benchè questa mossa della diplomazia russa fosse tale da precorrere il concerto di idee che il R. Governo avrebbe voluto contribuire a formare sovra i punti specificati nel telegramma di V. E. del 19 ago.sto, ritenni tuttavia che convenisse far risultare, anche presso il gabinetto di Parigi, quali sarebbero stati

P.d erano ancora gli intendimenti nostri a tale riguardo. Mi apriva la strada ad una siffatta ·comunicazione, l'evidenza della comunanza di idee in cui si erano, fino a quel momento, costantemente e direi quasi spontaneamente trovati i due Governi relativamente agli scopi ed alla misura dell'azione militare internazionale in Cina. Che la conservazione di questo accordo fosse nel pensiero e nell'interesse dei due paesi non era malagevole il dimostrare. Queste mie generali considerazioni portarono il signor Delcassé ad osservare che dei tre scopi prefissi all'azione militare comune, uno, anzi il principale, era raggiunto poichè le legazioni assediate in Pechino, erano ora liberate. Si apriva, soggiungeva questo ministro degli affari esteri la seconda fase della questione. Si trattava di conseguire i risarcimenti e le riparazioni per il passato, le guarentigie per l'avvenire. Gli pareva che la presenza delle forze coalizzate basterebbe da sola, senza bisogno di altri sanguinosi combattimenti, per convincere i cinesi dell'unanimità del proposito di tutti gli Stati civili nel pretendere sì le une che le altre. Non rammentavasi bene il mio interlocutore, le circostanze di ciò che era avvenuto quando l'altra volta la Francia e l'Inghilterra avevano occupato Pechino. Anche allora la fuga del Governo imperiale aveva sulle prime reso impossibile l'apertura delle trattative. Tale imbarazzante situazione non era però stata allora di lunga durata e giovava sperare che lo stesso accadrebbe ora. Intanto conveniva aspettare e forse il Governo .imperiale non tarderebbe a cercare egli stesso di aprire le trattative. Circa i punti sovra i quali l'attenzione del Governo italiano si era particolarmente portata, il signor Delcassé mi faceva notare che egli non era ancora stato richiesto da àlcuno relativamente agli accordi da prendere per regolare la occupazione temporanea di Pechino. La recente proposta della Russia, relativa al ritiro delle truppe dalla capitale cinese, faceva in ogni modo pa·ssare in seconda linea la questione della occupazione temporanea da parte di tutti gli Stati che concorsero alla presa di quella città. Il soggetto principale delle preoccupazioni attuali era la ricerca del modo di annodare utilmente le trattative per il conseguimento delle riparazioni e delle gua,rentigie. Il signor Delcassé, riferendosi a cose da lui dette pubblicamente, persisteva a ritenere che vi fosse interesse comune ad aprire il più presto possibile i negoziati con il Governo cinese, limitando le pretese alle possibilità del medesimo. A suo avviso il momento più opportuno per trattare, era il più vicino. Perciò egli avrebbe trovato cosa naturale che i singoli Governi, rappresentati dalle loro legazioni in Cina, di queste si valessero per negoziare con il Governo cinese, tanto più che gli agenti diplomatici accreditati in quel paese meglio di altri potrebbero recare un giudizio sicuro sovra la possibilità per il Governo imperiale di dare soddisfazione alle domande delle potenze. Mi parve che il signor Delcassé mettesse una marcata insistenza nello accennare alla necessità di misurare le domande ai mezzi che la Cina avrebbe per darvi soddisfazione.

Avendo io toccato alla evidente convenienza che il negoziato abbia carattere collettivo partecipandovi, insieme alle grandi potenze europee, gli Stati Uniti dell'America del nord ed il Giappone, questo signor ministro degli affari esteri, nel rispondermi, metteva avanti una distinzione. A dire suo, l'interesse identico e collettivo non mancherà di manifesta,rsi quando si tratterà di conseguire dalla Cina le guarentigie per l'avvenire. Ma quando invece bisognerà che ciascuno Stato misuri i risarcimenti da chiedere ai danni ed alle offese ricevute, sarà più malagevole mantenere al negoziato il carattere collettivo. Per pronunciarsi con fondamento, sovra un punto così difficile e delicato, converrebbe, soggiungeva il signor Delcassé, conoscere meglio che non si conoscano presentemente, le vere intenzioni dei singoli Governi anche sopra la natura degli indennizzi che eglino vorranno pretendere. Giudicando però delle cose a prima vista, e sotto riserva di più profondo esame, egli stimava essere desiderabile che l'interesse collettivo di ottenere identiche guarentigie per l'avvenire, valga a tenere riuniti tutti gli Stati di fronte alla Cina nella discussione delle riparazioni per il passato.

Il signor Delcassé, nel linguaggio del quale potei notare, sul principio di questa conversazione, un'insolita circospezione, si era venuto riscaldando poco per volta, fino a ripigliare il carattere della consueta espansione, quando il discorso si portò a trattare in ispeciale modo della proposizione russa per la evacuazione di Pechino.

La nota ve11bale contenente questa proposizione era stata comunicata al signor Delcassé dal principe Ouroussow nel pomeriggio del dì innanzi e ne era seguita una discussione sulle ragioni pro e contro che da un primo esame di esso erano suggerite. Il ministro francese non aveva voluto pronunciarsi senza avere sovra di esso sufficientemente meditato ed aveva intanto esposto all'ambasciatore imperiale qui ed al gabinetto di Pietroburgo, per il tramite dell'ambasciatore della repubblica, talune obbiezioni. Nel momento in cui noi parlavamo il signor Delcassé era sotto l'impressione che i termini della circolare russa non esprimessero una risoluzione ferma ed irrevocabile del Governo imperiale.

Era facile desumere dalle cose che il signor Delcassé mi aveva dette, che la proposizione comunicata dalla Russia a tutti i Governi non era stata preventivamente concordata con la Francia.

Ammetteva questo signor ministro che lo stato di rovina in cui è ridotta gran parte della città di Pechino ed il pericolo di un ritorno offensivo dei cinesi che avrebbe potuto compromettere le comunicazioni delle truppe stanziate nella capitale con Tientsin ed il mare, fossero motivi da prendere in seria considerazione. In uno dei telegrammi più recenti del ministro francese signor Pichon, l'eventualità del ritorno offensivo delle masse armate cinesi era indicata. Ma alla mente del mio interlocutore si affacciavano ugualmente con molta lucidità le ragioni d'ordine morale e materiale che rendevano di difficile accettazione la proposta della Russia. In sostanza il signor Delcassé, nel nostro colloquio del 29 agosto, mi lasciava l'impressione che egli in ultimo non si sarebbe opposto al ritiro a Tientsin delle legazioni, ma che, fino a quel momento e fino a che non si fossero avuti i pareri dei ministri e dei comandanti delle forze militari in Cina. egli era inclinato a considerare come pericolosa l'evacuazione, mentre non si aveva ancora la certezza di non essere costretti più tardi a rioccupare Pechino le armi alla mano.

La conversazione aveva, a volta a volta deviato dal suo soggetto principale verso questioni al medesimo connesse. Il signor Delcassé aveva toccato alla nomina del maresciallo Waldersee per dkmi che la comunicazione fattagli al riguardo dall'incaricato d'affari di Germania aveva avuto il carattere di una sorpresa. Non era vero, come in alcuni giornali era stato detto, che il Governo tedesco avesse offerto alla Francia di prendere il comando delle forze internazionali. Nessuna proposta, sotto veruna forma, era stata fatta a tale riguardo. Quando la nomina del maresciallo Waldersee fu annunziata, il signor Delcassé aveva dovuto rispondere che gli bisognava consultare il consiglio dei ministri ed il presidente della repubblica, poichè la sua personale decisione non avrebbe bastato per un caso simile. Il consiglio si era infatti subito riunito e n'era venuta fuori la risposta che era stata tosto comunicata al Governo tedesco ed al pubblico e che così ognuno aveva potuto conoscere dai giornali. Tutte queste cose erano dette, con grande semplicità, ma con manifesta amarezza, dal signor Delcassé che mi sembrò evitasse con ostentazione di far cenno del concorso armato italiano che prossimamente doveva sbarcare in Cina. Epperò, deviando a mia volta, in altro opportuno momento, il discorso, presi a parlare degli interessi principalmente d'ordine morale e prettamente italiani che avevano determinato l'invio del piccolo contingente nostro in Cina. L'insolenza del Governo di Pechino doveva essere rintuzzata anche con il concorso nostro se volevamo rendere normali le nostre relazioni con quel paese in avvenire. Mi parve che questo accenno ai motivi nostri di associarci all'azione comune degli Stati civili con un contingente di forza sufficiente, benchè fosse da me fatto incidentalmente nel corso della conversazione, non isfuggisse all'attenzione del signor Delcassé che era evidentemente preoccupato della visita del maresciallo tedesco alla nostra corte prima di salpare dall'Europa per la Cina.

Il primo di questo mese mi pervenne il telegramma con cui V. E. (l) mi faceva sapere che Ella non era meno preoccupata del signor Delcassè circa gli effetti che l'improvviso ritiro delle truppe internazionali da Pechino potrebbe avere. Ma, nello .stesso tempo, Ella considerava il pericolo che, per la risoluzione delle difficoltà cinesi, deriverebbe da un primo grave disaccordo delle potenze il quale potrebbe essere il punto di pa,rtenza di divergenze e di controversie maggiori. Per essere in grado di tenere il R. Governo informato della situazione come, vista da qui, essa si delineava, io m'era tenuto in contatto con le migliori fonti di informazione ed era perciò in grado di riconoscere che V. E. era nel vero ritenendo che il gabinetto di Pietroburgo non fosse disposto a desistere dal suo proposito di evacuazione, nè a modificarne la proposta fatta alle potenze. Lo scambio di idee fra Parigi e Pietroburgo era stato assai vivo negli ultimi giorni; ma non aveva valso a smuovere il Governo imperiale dalla sua risoluzione, fondata sostanzialmente sovra considerazioni d'ordine militare. Tali almeno erano quelle che la diplomazia russa era stata incaricata di esporre e far valere a Parigi. Esse erano presso a poco queste: per guarentire l'occupazione militare di Pechino contro il pericolo di ritorni offensivi dei cinesi, occorrerebbe aumentare in proporzione considerevole le forze internazionali; -il regolare vettovagliamento delle truppe presenti a Pechino è già incerto e diffi

cilissimo;-la difesa delle retrovie è insufficiente; -se un esercito soverchiante per numero, riuscisse a tagliarle anche momentaneamente, le truppe chiuse in Pechino potrebbero in breve essere ridotte a duro cimento; -le condizioni di Pechino ridotto in macerie, sono divenute pessime per la salubrità ed è temibile lo scoppio di micidiali morbi.

Da parte della Francia si era insistito sovra le ragioni di non evacuare addotte fin dal primo giorno e si era fatto osservare che, qualunque ne fosse il motivo, il ritiro delle truppe da Pechino apparirebbe ai cinesi come una disfatta dell'Europa e di questa avrebbe tutte le funeste conseguenze appunto nel momento in cui occorreva più che mai che l'unione di tutti gli Stati esercitasse un'azione vigorosamente intimidatrice se si volevano conseguire i risarcimenti, le riparazioni e le guarentigie necessarie. Se il Governo russo non si era piegato davanti le manifeste ripugnanze del francese a seguirlo nella ritirata da Pechino, bisognava ritenere che dal suo proposito egli non recederebbe. E V. E., nel suo telegramma del l" settembre, era perfettamente conscio della situazione stimando che ormai fosse troppo tardi per tentare di riunire il voto della Russia a quelli degli altri Stati sopra una proposta intermedia che avrebbe lasciato sussistere l'occupazione militare in una parte soltanto della capitale cinese. Vero è che, fino a quel momento, nè la Russia aveva formulato la proposta concreta di ritirare le truppe ad una data fissa, nè la Francia aveva preso in tale senso una formale decisione. Ma era già stata divulgata dalla stampa periodica la risposta data dal gabinetto di Washington a quello di Pietroburgo e qui si interpretava quel documento come una adesione sicura degli Stati Uniti alla proposizione della Russia. Il linguaggio di molti giornali parigini era favorevole a siffatta politica e ben si comprendeva, che, se la Russia persisteva, il Governo della repubblica ne avrebbe in ultimo seguito le orme. Un malaugurato sentimento di dispetto che il procedimento seguito a Berlino nella nomina del maresciallo Waldersee aveva destato, faceva vedere al pubblico francese nella politica patrocinata dalla Russia il modo di mettere in iscacco quella che si supponeva preferita dalla Germania. E nel risveglio di questo sentimento, in una ora così inopportuna, era impossibile non vedere uno dei sintomi più inquietanti della situazione. Non soltanto vi era il pericolo di un disaccordo grave fra le potenze; ma io mi permetteva, nel rispondere a V. E. il l" settembre (1), di mettere in sodo che ormai il fatto del disaccordo esisteva.

Siccome però, dalle cose dalla E. V. telegrafatemi in quel giorno, traspariva che in Lei sussisteva ancora la speranza di un componimento al quale tutti i gabinetti avrebbero .potuto aderire, così mi permisi conchiudere la mia risposta coll'indicare la tendenza che pareva farsi strada, di collegare la ritirata su Tièntsin con l'apertura immediata delle trattative con il Governo imperiale cinese e con lo stesso Li-Hung-Chang se questi risultasse munito di sufficienti e regolari poteri. Alla Cina, si sarebbe, in tal caso, dovuto domandare in limine l'impegno di astenersi, da qualunque ostilità contro le forze internazionali e questa circostanza avrebbe permesso il ritiro se non di tutte almeno di buona parte delle truppe da Pechino dando soddisfazione al programma russo se questo era dettato

veramente da considerazioni d'ordine militare, e non piuttosto dalla brama di

tenere verso l'impero dnese e la sua dinastia uno speciale e separato atteg

giamento.

La comunicazione telegrafica di V. E. del lo settembre, non mi avrebbe fornito, per le ragioni dette, la base di un nuovo ed efficace scambio di idee con questo signor ministro degli affari esteri. Mi premeva ch'Ella ne fosse informata, epperciò, dopo di averle esposta la situazione come qui mi si affacciava, telegrafai quel giorno stesso che, prima di riannodare col signor Delcassé il discorso sovra un tema così delicato, avrei aspettato che da una nuova comunicazione del

R. Governo mi fosse indicato il linguaggio da tenere.

Era cosa indubitabile che il gabinetto di Parigi aveva tutto messo in opera per dissuadere la Russia dallo insistere sovra la sua proposizione, od almeno sovra la pronta esecuzione della medesima. M.a era non meno certo che, ove il governo dello Czar avesse perdurato nel proposito annunziato alle potenze, la Francia non gli avrebbe ,resistito e si sarebbe, ancorchè a malincuore, piegata ai voleri della sua alleata. Già nel 1894, questo paese aveva dovuto seguire la Russia, unitasi allora alla Germania, per impedire che il Giappone raccogliesse tutto il profitto delle sue vittorie sovra la Cina. La situazione internazionale che ne era risultata dispiaceva alla grande maggioranza de' francesi. Il Governo era vivamente censurato per avere consentito a spiegare le sue bandiere insieme alle tedesche nei mari dell'estremo Oriente. Il ministero Ribot-Hanotaux, per salvarsi avea dovuto portare alla tribuna la prima ufficiale dichiarazione della esistenza dell'alleanza franco-russa. Per fare questa rivelazione i ministri francesi avevano dovuto domandare ed ottenuto a stento il permesso della imperiale alleata. Nell'entusiasmo che l'annuncio ufficiale della esistente alleanza suscitò allora in Francia, pare, si perdette di vista l'interesse che vi sarebbe stato di precisare l'estensione che avevano gli impegni di questo paese. Vi era però buon motivo di credere che questi comprendevano non soltanto le questioni territoriali dell'Europa, ma anche quelle dell'Asia.

Il giorno 3 corrente V. E. mi segnalò (l) il senso ed il carattere della risposta russa alle obbiezioni della Germania circa il progetto di evacuazione di Pechino. Ella mi indicava contemporaneamente l'opportunità di avere con il signor Delcassé un altro colloquio, importando a noi di conoscere, appena ne fosse il caso, gl'intendimenti definitivi della Francia.

Ebbi ieri la nuova conversazione.

Avviai il discorso chiedendo a questo signor ministro degli affari esteri, quale impressione gli avessero prodotta i termini della risposta del gabinetto di Pietroburgo a quello di Berlino. Il signor Delcassé non mi lasciò il tempo di dirgli la mia e, parlando come se io già avessi dovuto sapere che la Francia aveva aderito alla proposta russa, prese subito a svolgere i motivi che avevano persuaso il gabinetto di Parigi a tale passo. Erano ormai trascorse, diceva egli, tre settimane dacchè il primo e principale intento comune degli Stati coalizzati era stato raggiunto. La marcia su Pechino era stata decisa soltanto quando si vide la necessità di liberare a mano armata le legazioni. Ora bisognava proseguire l'opera che entrava nella seconda fase, sovra la quale tutti i Governi erano

stati pure consenzienti. Ma in questa il concorso del Governo imperiale cinese era indispensabile. Davanti l'occupazione internazionale questo si era ritirato a grande distanza nell'interno del paese. Bisognava facilitargli il ritorno nella sua capitale. Il progetto d'inseguirlo e di raggiungerlo non si era mai ventilato. Nessuno lo aveva finora concepito. Se non si entrava in contatto con il Governo cinese, era impossibile il pronto conseguimento delle riparazioni e delle guarentigie. Poichè questo era, in sostanza, il solo mezzo che poteva essere tentato subito, perchè non farne l'esperienza? Se, ~ ciò che non pareva probabile, esso non fosse per riuscire; se, malgrado l'evacuazione della capitale, il Governo imperiale ricusasse di rientrarvi e di mettersi in grado di eseguire ciò che le potenze sono in diritto di esigere da lui e di fare egli stesso di là eseguire i suoi comandi nelle lontane provincie, la rioccupazione di Pechino, od altri mezzi di pressione potrebbero essere deliberati di comune accordo fra gli Stati interessati. Non si trattava certamente di abbandonare le vie di comunicazione, ora riaperte, con quella capitale e, quando queste fossero mantenute, il ritorno delle forze internazionali a Pechino non sarebbe riuscita un'impresa di grande mole. In sostanza, soggiungeva il signor Delcassé, che cosa importa all'Europa che il Governo imperiale cinese faccia credere alle sue popolazioni ciò che meglio gli conviene, quando egli stesso conosce e tocca con mano i funesti effetti della sua passata condotta? I rapporti dei consoli che sono stati in contatto, durante gli ultimi avvenimenti, con i vicerè i meglio intenzionati, unanimemente conchiudono nel senso della necessità assoluta di conservare la dinastia regnante perchè

è la sola autorità alla quale l'intiero impero presterà obbedienza. Questa è dunque sola in grado di punire i ribelli, di accordare le riparazioni, di offrire le guarentigie. Gli Stati che si trovarono d'accordo nel programma di dare all'azione militare la minore possibile estensione e di procurare, dopo la liberazione delle legazioni, il conseguimento da un Governo cinese delle riparazioni possibili e delle guarentigie desiderabili, non dovrebbero, così conchiudeva il ministro degli affari esteri francese, trovarsi in dissenso quando si tratta di applicare il programma da tutti accettato. Incidentalmente il signor Delcassé aveva pur toccato al lato finanziario di una questione nella quale la Francia, per parte sua, non aveva mai cessato di protestare di non cercare compensi materiali. Le spese incontrate ascendevano diggià, alla fine di agosto, per il tesoro francese, a ben 54 milioni di franchi. Tutti coloro che, al pari della Francia, avevano scopi disinteressati e non anelavano ad impadronirsi di territori col pericolo di aprire una formidabile sequela di competizioni, dovevano essere ansiosi di cogliere la più favorevole occasione per risolvere prontamente la questione presente e far finire con essa una causa di gravi ed improduttivi dispendi.

Lasciai che il mio interlocutore esaurisse il suo tema e quando ebbe finito, ne tirai la sola conclusione che mi paresse logica, dicendo semplicemente: dunque la Francia ha abbandonato le sue obbiezioni ed ora, .non soltanto si accosta alla proposizione russa, ma anzi la patrocina.

Non piacque naturalmente l'osservazione mia ed il signor Delcassé con vivacità l'interruppe dicendo che della decisione in cui la Francia era venuta, dopo di aver maturato il proposito, egli aveva voluto spiegarmi i motivi.

Dello scambio di comunicazioni seguito fra Pietroburgo e Berlino egli non aveva fatto cenno; nè parve a me opportuno il richiamarlo sovra quel soggetto

da cui la conversazione avea preso le mosse. Però egli mi avea chiesto se io conoscessi le intenzioni della Germania e, dopo la mia risposta negativa, avea soggiunto che anche l'ambasciatore d'Inghilterra non si era da lui lasciato vedere in questi ultimi giorni. Degli intendimenti nostri non mi ha interrogato; ma dal canto mio lasciai intendere una volta di più che l'Italia metteva al dissopra di ogni altro interesse, quello del mantenimento dell'accordo delle potenze. Tenni il mio interlocutore per alquanto tempo in disagio mettendogli innanzi la supposizione che la legazione francese a Pechino ed il comando superiore delle forze francesi in Cina, opportunamente consultati, avessero dato avvisi conformi al pensiero manifestato dalla Russia. Il signor Delcassé non si trovava in migliore situazione per rispondere alle interrogazioni mie quando queste portavano sovra le notizie che si leggevano nei giornali, secondo le quali l'Imperatore della Cina aveva annunziato di avere deliberatamente lasciato a Pechino tre alti funzionari del Yamen e di avere costituito una commissione per le trattative con le potenze a capo della quale rimaneva Li-Hung-Chang. Queste notizie erano forse già state riscontrate e non erano risultate vere? Il signor Delcassé si limitava a tale riguardo ad osservare che non si conoscevano l'origine ed il fondamento di quelle notizie mentre l'ultimo telegramma del signor Pichon aveva impiegato tredici giorni per arrivare a Parigi ed il più recente telegramma pubblicato dal Governo tedesco era di data ancora più antica. Naturalmente io mi rendeva perfettamente conto della vacuità e della inefficacia di questa prolungazione della mia conversazione con il signor Delcassé e solo scopo di essa era per me di non lasciar passare liscia la disinvoltura con la quale questo ministro degli affari esteri mutava, a breve distanza di giorni, di idee e di linguaggio, senza avere il coraggio di confessare che, in presenza della ostinazione della Russia e dopo di aver esaurito ogni sforzo per fare a questa mutare consiglio, il Governo della repubblica avea dovuto prendere la risoluzione per lui necessaria.

Questa confessione, per non essere stata fatta in modo esplicito, risultava non di meno troppo chiaramente dal contegno del signor Delcassé perchè non se ne debba tener conto. Finchè questi avea sperato di dissuadere la Russia dai suoi propositi, egli s'industriava ad interpretare la nota verbale del gabinetto di Pietroburgo come se in essa non fosse stata espressa la decisiva risoluzione di evacuare Pechino. Librando il pro ed il contro di tale risoluzione, egli non nascondeva la propensione a sospendere la decisione circa il ritiro delle truppe. Delle obbiezioni fatte da lui presentare al gabinetto imperiale, non faceva mistero. D'onde proveniva dunque il completo mutamento d'idee e di linguaggio?

Soltanto la cura di mantenere gli impegni della sua alleanza che già dopo gli eventi del 1894 i ministri francesi avevano proclamato di mettere sovra ogni altra cosa, poteva anche questa volta aver costretto il signor Delcassé a mutare di avviso e di linguaggio.

Nella sostanza la risoluzione franco-russa a me pare voglia significare la volontà di aggiornare ad ogni costo Io scioglimento dei problemi compresi nella questione cinese. È logico il supporre che la Russia, non ancora sufficientemente apparecchiata, desideri un aggiorname'nto che le permette intanto di assumere il contegno del protettore dell'integrità dell'impero cinese e dell'amico della dinastia regnante. A queste tratte sulla futura riconoscenza della Cina e del suo Governo, io inclinerei ad attribuire ben poco valore. Osservo invece che l'aggiornamento non dovrebbe dispiacere a tutti gl'impreparati ed ho perciò l'impressione che questo gioverebbe agli interessi della maggioranza delle potenze. La questione asiatica non potrebbe essere aperta d'improvviso nella situazione che l'Europa ha creato ed è .stata finora abituata a contemplare solo dal punto di vista della pre.servazione della pace dai pericoli che le contestazioni territoriali sul suo continente potrebbero far nascere. Mi sembra ormai ammissibile la supposizione che l'alleanza franco-russa abbra·cci previsioni più larghe di quelle che la triplice alleanza contempla. Ma non è men vero che la situazione internazionale studiata e voluta in vista di certi, determinati interessi, potrebbe non attagliarsi a tutte indistintamente le condizioni di cose e che a torto l'immutabilità di essa si invocherebbe quando dai mutamenti avvenuti nelle medesime, nuove previsioni sono imposte.

(l) -Cfr. n. 137. (2) -Cfr. n. 109. (3) -Non pubblicato. (4) -Cfr. n. 157. (5) -Cfr. n. 146.

(l) Cfr. n. 169.

(l) Cfr. n. 173.

(l) Cfr. n. 180.

196

IL MINISTRO A BELGRADO, MAYOR DES PLANCHES, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 910/188. Belgrado, 6 settembre 1900.

I rapporti tra la Serbia e la Russia appaiono, qui, notevolmente migliorati, vicini probabilmente a tornare allo stato normale. Due condizioni il Governo Imperiale poneva, più o meno apertamente, al ripristinamento delle antiche relazioni: l'allontanamento di Re Milan; la liberazione dei radicali condannati per congiura nel processo dello scorso anno, od altrimenti perseguitati sotto il passato regime. I recenti avvenimenti hanno avuto, tra gli altri effetti, la realizzazione del primo desideratum; il secondo è stato in parte conseguito, con la liberazione del Signor Tauschanovitch e di altri minori, fra i condannati dell'ultimo processo; con l'autorizzazione a tornare in patria data ai radicali che stavano al bando, e, fra gli altri, ai Gruitch, ai Milovanovitch, ai Vuitch, amici fedeli della Russia. Ma non tutti i condannati sono usciti dal carcere, e sebbene le pene siano state, per i rimasti, notevolmente mitigate, pure la soddisfazione richiesta dalla Russia non può dirsi sinora completa. E sembra che lo Czar e il suo Governo ne abbiano voluto dar prova in occasione del matrimonio Reale, nella quale per il giovane Monarca resipiscente si sarebbe potuto fare assai di più. Ed, invero, l'avere ·accettato di fungere da padrino d'anello (cum) al Re non fu, da parte dello Imperatore, figlio del padrino di battesimo del Re stesso, una singolare degnazione, poichè, sebbene l'accettazione non fosse assolutamente necessaria dal punto di vista della religione ortodossa nè da quello della consuetudine slava, il diniego sarebbe stato grave offesa. Poi, il modo con cui la nuova parentela spirituale venne stretta non sembrò molto lusinghiera per i Serbi e pel loro Re. Mentre qui si aspettava, dapprima, che S. M. Imperiale avesse da Pietroburgo delegato un personaggio notevole, e in seguito, era corsa voce che, almeno, sarebbe venuto da Vienna il Suo ambasciatore colà, Conte Capnist, si rimase delusi allorchè si seppe che da padrino del Re fungerebbe, in rappre·sentanza dell'Alto Mandante, un assai modesto mandatario, il Signor Mansuroff, semplice segretario di Legazione incaricato d'affari a Belgrado, e certamente uno dei meno «rappresenta

tivi » fra quanti figurano sui ruoli della diplomazia russa. Inoltre, mentre si era parlato dai giornali di doni vistosi che lo Czar e la Czarina avevano mandato alla Regina, diadema e monile, assegnando loro fantastici valori (centocinquantamila rubli, etc.), in realtà codesti regali si sono ridotti ad una collana di smeraldi e diamanti, di mediocre apparenza e senza dubbio di non grande valore, giunta pochi giol'ni sono e che il Signor Mansuroff ha portata a Semendria alla destinataria. In somma, per ripetere un detto di questo Ministro di Francia, « si è, dalla Russia, nella circostanza del matrimonio, fatto il minimum del fattibile».

Comunque ciò sia, il gabinetto di Pietroburgo sembra ora voler tener conto del buon volere che gli si dimostra dal nuovo regime, e forse di promesse fattegli, perchè si parla di nuovi condoni di pene per la vicina festa della Regina. E mentre, lo scorso anno, esso aveva dichiarato che, per il ristabilimento di rapporti diplomatici normali, non darebbe il gradimento ad altri che al cessato Ministro, generale Sawa Gruitch, ora ha annuito alla domanda di gradimento direttagli pel Signor Novakovitch. Se ne induce che la nomina di Ministro di Russia a Belgrado non debba più oltre tardare. Si designa, anzi il futuro Ministro nella persona del Signor Tcharikoff, Ministro residente presso la Santa Sede.

197

IL REGGENTE IL CONSOLATO GENERALE A CALCUTTA, GHILARDI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 359/133. Calcutta, 6 settembre 1900.

Mi pregio di riassumere qui per sommi capi e per informazione di V. E. il bellissimo articolo che Sultan Mohamed Khan scrisse recentemente sul Fontm con tutta la sua dignità propria di Segretario Capo, dell'Afghanistan. Le tante intraprese sconosciute in Afghanistan fino dal Regno dell'Emiro, danno oggi impiego a centinaia di migliaia di gente che prima era oziosa. Le industrie che prosperano a motore d'acqua, o col semplice lavoro manuale, richiedono tanta gente, che oggi si trovano esauste quelle fonti (si legga caste) dalle quali era tratta. Perciò l'Emiro fece una legge, per virtù della quale tutti i prigionieri di guerra e per debiti, come quelli rinchiusi per altre offese, e che sono ansiosi di ottenere la loro libertà, possono acquistarsela dedicandosi a qualche lavoro, nel quale, dopo raggiunta una certa competenza, divengono liberi e sono subito impiegati, nelle officine dello stato. I Dipartimenti dei Lavori pubblici, delle Foreste, e delle irrigazioni, danno lavoro non solo a quelli occupati nello scavare canali, piantare alberi, costruire strade e ponti, ma bensì a migliaia di agricoltori che lavorano quelle terre, un tempo condannate all'aridità, ma che oggi sono rese fertili da una saggia irrigazione. Anche lo stato morale della donna fu migliorato, perchè le registrazioni dei matrimoni sono rese obbligatorie. Fu abolita la schiavitù. Riformata la legge sulla proprietà del suolo. L'Emiro deve essere stato molto attivo negli ultimi 10 anni perchè Sultan Mohamed Khan ammette che la sua prima occupazione salendo al trono fu di sedercisi più solidamente e sicuramente possibile. A tale oggetto eliminò tutti quelli che sarebbero stati causa di P.ericolo e d'inquietudine a lui, o che potessero divenirlo, dopo la di lui morte, per suo figlio. Su questo obbiettivo l'Emiro

ottenne uno splendido successo. Peccato, dico io, che tali metodi siano possibili solo in Afghanistan!

L'intelligente segretario capo dice però che anche tale salutare dispotismo in Afghanistan lascia a desiderare e crea un serio svantaggio; ecco le sue parole: «Mentre un principe dispotico se è un uomo energico e saggio, può riuscire a fare il suo regno prospero e fortissimo, aL momento deLLa sua morte può succedere che il già fatto vernga anche disfatto •. L'Emiro Abdur Rahman col suo acume asiatico ha già preveduto ciò, ed ha cercato di assicurare la posizione a suo figlio, per quanto è possibi,le.

Sultan Mohamed Khan non scorge più alcun pericolo per il futuro quando il suo grande vecchio uomo (così lui lo chiama) passeggerà in Paradiso. Habib Ullah Khan, l'erede del Gadi (trono) ha già il grande privileg,io di essere il figlio maggiore; privilegio che è un sacro diritto riconosciuto con profondo scrupolo dalla fede mussulmana. Di più, da molti anni suo padre adottò la politica di farsi sempre rappresentare da lui nelle cerimonie più importanti, come Durbans, udienze reali etc.

Il segretario capo non crede altri pretendenti possano sorgere a contendere il trono di Habib Ullah, ma ammette candidamente che fuori di Afghanistan esistono due che potrebbero dar noia. Di questi egli mette subito fuori di causa, e liquidato, Jakoob Khan, prigioniero in mani inglesi (lo credo bene!). Ma Ishak Khan, il Beniamino della Russia, farà qualche tentativo per farsi avanti. Egli ha contro se medesimo la vigliaccheria dimostrata alla Battaglia di Aybah.

L'astuto segretario dice: « Non c'è nulla di più odiato da una brava nazione quanto un atto vile e codardo, e per tutta la sua vita Ishak sarà odiato dai bravi guerrieri afghani». Nel caso egli si facesse avanti, Sultan Mohamed Khan spera nel favorevole intervento dell'Inghilterra, la quale fermerebbe in tempo qualunque passo che la Russia volesse muovere in favore d'Ishah, come fece al tempo di Shere Alì. È difficile peraltro prevedere come l'Inghilterra potrebbe riuscire allo scopo, visto che l'Emiro non sarebbe preparato a permettere il transito sul suo territorio all'armata inglese sotto alcun pretesto o veduta, perchè egli intende che il suo paese si difenda con la sua propria gente e coi suoi propri mezzi.

Se l'articolo del Forum avesse la pretesa di essere una specie di Manifesto dell'Emiro, ci sarebbe da prendere nota della diffidenza dimostrata per l'Inghilterra e della indifferenza ad una supposta aggressione russa. L'Emiro dice essere certo che l'Inghilterra non intende inoltrarsi di più verso il Nord, ma è altrettanto certo che la Russia è aggressiva e considera l'Afghanistan un ostacolo nella sua strada.

Ora la politica Russa, secondo Abdur Rahman (l'Emiro) consiste di prendere

o conquistare solo quei paesi che si trovano fuori della sua strada.

L'Emiro crede che il suo Governo è il solo in Oriente la cui politica sia basata più nel tenersi nella strada della Russia che fuori di quella. Egli non invaderà mai il territorio russo, ma dichiara che difenderà il suo paese, pollice

per pollice fino alla morte. E qui finisce l'articolo. Da pa~te mia concorro a dividere l'opinione inglese, la quale non si riscalda alle declamazioni afghane nè in India nè nel sancta sanctorum del Foreign Office a Londra. Qui si dice «Let him talk » (!asciatelo dire).

12 - Documenti diplomatici -Serie III -Vol. lV

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IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA

T. CONFIDENZIALE 2676. Roma, 7 settembre 1900, ore 12.

Io voglio sempre sperare che la questione relativa al ritiro delle truppe da Pechino malgrado i danni che avrà sempre portato seco pure non conduca ad una fase acuta. Il vero pericolo consisterebbe in una irrimediabile divergenza di vedute tra la Germania e la Russia intorno allo sviluppo ulteriore dell'azione delle potenze in Cina, divergenze di cui la questione attuale non sarebbe che il punto di partenza, e che si verificherebbero quando la Germania intendesse dare a questa azione delle proporzioni maggiori di quelle a cui le altre potenze sono disposte ad associarsi. D'altra parte mi pare degna di nota la comunicazione di Li-Hung-Chang alle potenze trasmessa in data 31 agosto nella quale egli fa sapere d'aver consigliato il trono di aggiungere a lui altri tre plenipotenziari per negoziare la pace, e allude al loro immediato invio a Pechino, e ciò malgrado la presenza delle truppe. Se si potessero stabilire anche solo i prodromi dei negoziati per la pace, questi potrebbero collegarsi colla questione dell'occupazione e forse agevolare il ritorno della corte cinese a Pechino. In tali condizioni di cose desidererei conoscere l'opinione di V. E. su quelle che Ella crede essere le intenzioni e i progetti del Governo germanico e le sue disposizioni intorno a cui sia possibile l'accordo delle potenze oppure ad impegnarsi anche in una azione militare isolata. Desidererei pure possibilmente di essere informato sulla opinione del Governo germanico intorno all'ultima comunicazione di Li-Hung-Chang e sulla sua disposizione ad ammettere in massima la possibilità di negoziare quando i poteri dei plenipotenziari chinesi siano riconosciuti sufficienti.

199

L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 2619/174. Berlino, 7 settembre 1900, ore 19 (per. ore 21,55).

Generale Pelloux ripartito poco fa via Gottardo. Ier sera ore 7 egli fu ufficialmente e molto cordialmente ricevuto da imperatore a Potsdam. Dopo il ricevimento presentazione imperatrice e pranzo di gala. S. M. mi fece invito a solo dopo il pranzo per lasciare, come di consueto, precedenza all'inviato del re, e pure volendo farmi prendere parte a piacevole serata con missione. Dopo compiuto suo mandato, imperatore partito stamane per le grandi manovre a Stettino.

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IL COMANDANTE LA DIVISIONE NAVALE OCEANICA, CANDIANI, AL MINISTRO DELLA MARINA, MORIN (l)

T. s. n. Taku, 7 settembre 1900.

Ho dato opportune disposizioni sospendere avanzata truppe su Pechino, ove lascerò soltanto marinai. Quanto prima corpo di operazione, comando superiore generale inglese, formato due battaglioni italiani con distaccamento marinai, uno inglese, uno giapponese, poche altre truppe, partirà da Tientsin per attaccare Tsinghaishien ove grosso corpo boxers con artiglieria continua minaccia nostre barche a vapore, giunche viveri accompagnate su canale imperiale. Panificio ospedale italiano stabiliti Tientsin. Ultime notizie giapponesi principe Ching ritornato Pechino visitare corpo diplomatico. Iniziato consiglio superiore internazionale comandanti militari.

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L'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, MORRA DI LAVRIANO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 470/167. Pietroburgo, 7 settembre 1900.

Ho l'onore di dar conferma all'E. V. dei miei telegrammi del 25, 29 agosto, del 1", del 2 e di ieri, 6 settembre (1), concernenti il ritiro delle truppe Russe da Pechino, coll'ultimo dei quali ebbi ad informarla che, in conformità agli ordini da Lei ricevuti, avevo dato comunicazione della risposta del Governo del Re alla Circolare Russa. In quella circostanza il Conte Lamsdorff, oltre quanto ebbi già a riferire telegraficamente a V. E., mi lasciò anche intendere, una volta di più, come sarebbe stato, a suo avviso preferibile che le truppe internazionali avessero dato modo ai Rappresentanti Esteri di uscire da Pechino senza essere costrette .ad entrarvi e come fosse spiacevole che non si sia potuto impedire che l'Imperatrice e la Corte Chinese se ne .allontanassero.

Il Conte Lamsdorff non mancò pure di farmi sentire che del ritiro delle sue truppe il Governo Russo non aveva formato oggetto di una proposta alle potenze, ma che erasi bensì limitato a dar loro partecipazione dei suoi particolari intendimenti.

Dal colloquio, come già per telegramma accennai a V. E., ricavai l'impressione che il Conte Lamsdorff pur ripetendo gli argomenti già da lui addotti per giustificare la decisione del proprio Governo, mostrasse una mag,giore remissività, e si studiasse anzi di dare ai suoi concetti ed alle sue parole una intonazione assai più blanda e conciliativa e quasi direi una impronta di semplice conversazione. A suo avviso, le truppe Russe da Tientsin avrebbero potuto seguitare a cooperare all'azione delle altre potenze, e ciò non avrebbe impedito

che nuove truppe, mentre quelle Russe ne ritornavano, si recassero a Pechino ove se ne presentasse la necessità.

L'impressione che io ritrassi dalla visita è analoga a quella che ebbero altri miei colleghi in seguito ai loro colloquì col Gerente di questo Ministero degli Affari Esteri.

Secondo quanto mi risulta il ritiro delle truppe non avrebbe fino ad ora avuto un principio di esecuzione, nè ciò deve meravigliare quando si rammenti che la annotazione fatta seguire dal Messaggero deL Governo giornale ufficiale, alla pubblicazione della Circolare Russa terminava colle parole seguenti: • Il Generale Lenevitc dovrà evidentemente tener conto a questo riguardo delle condizioni locali ».

Ciò indurrebbe a sperare che questo Gabinetto (pur mantenendo tale dichiarazione della quale potrà, a suo tempo, farsi un merito, con suo vantaggio, di fronte alla China, e che è destinata pure anche a mettere in rilievo ed affermare la peculiare posizione della Russia di fronte al Celeste Impero) si renda conto della convenienza di non precipitare le sue risoluzioni e di tener conto delle opinioni dei Comandanti in China e delle considerazioni di ordine militare, provando così coi fatti che il Governo Imperiale continua veramente, secondo le sue dichiarazioni, ad ispirare la propria condotta al desiderio di un sincero accordo colle Potenze.

(l) -Il telegramma venne comunicato a Visconti Venosta il 13 settembre alle ore 16,16 e reca il numero di arrh·o 2670. (2) -Cfr. nn. 141, 152, 171, 176 e 193.
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L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 2624/175. Berlino, 8 settembre 1900, ore 15,25.

Rispondo telegramma confidenziale n. 2677 (1). Io non credo che questione ritiro truppe da Pechino possa condurre a divergenza irrimediabile di vedute tra la Germania e la Russia. Governo imperiale ha troppo interes~n a non alienarsi Russia per non trovare il modo di, con opportune concessioni, "'"Dianare dissidio nascente. Conte Biilow ha, ripetutamente, insistito con questo ambasciatore di Russia sulle tendenze moderate della Germania mettendo ogni cura dissipare impressione parole pronunciate dall'imperatore alla partenza truppe tedesche per la Cina, e dimostrazioni che hanno accompagnato nomina di Waldersee. Anche imperatore nelle sue conversazioni si dimostra ora molto meno bellicoso ed io stesso l'ho udito, di recente, esprimere idee ben !ungi da azione militare isolata o con altra potenza, oltre Pechino. Alla Germania preme ristabilire ordine in China su base seria e crede ciò si possa più facilmente ottenere anzi imporre da Pechino occupata da truppe europee. Essa non vuoi responsabilità trattative che non abbiano certezza di successo, o conduca:-to a sistemazione provvisoria, senza garanzie per avvenire. Essa che già non ha alcuna fiducia in Li-Hung-Chang, di cui nessuno ha

veduto, fino ad ora, le credenziali, vorrebbe quindi si aspettasse arrivo tutti i rinforzi in marcia, e specialmente arrivo Waldersee in Cina, per prendere, poi,

d'accordo colle altre potenze, decisioni sul da fare. Credo difficile Germania si scosti da questo punto di vista, ma sono persuaso che essa saprà farlo valere senza turbare le sue relazioni colla Russia, al mantenimento delle quali Btilow dedica e giustamente dal punto di vista tedesco, tutta la sua abilità diplomatica. Intanto truppe russe non si sono mosse da Pechino, e, siano esse in Pechino, o in Tientsin all'arrivo di Waldersee esse si porteranno subito, ,così disse di recente conte Lamsdorff al principe Radolin, sotto gli ordini del maresciallo tedesco.

(l) Sic, ma trattasi verosimilmente del n. 2676. Cfr. n. 198.

203

IL RAPPRESENTANTE DIPLOMATICO PRESSO IL NEGUS, CICCODICOLA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. P. 2918. Addis Abeba, 8 settembre 1900 (1).

Menelik accolse col più vivo compiacimento consiglio inviare istituto internazionale italiano alcuni giovani etiopi. Si propone perciò inviare giovani suoi parenti o di famiglie distinte. Ne è grato in modo speciale a V. E. Segue lettera.

204

IL RAPPRESENTANTE DIPLOMATICO PRESSO IL NEGUS, CICCODICOLA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 2954/34. Addis Abeba, 8 settembre 1900 (2)

Cir,ca reclamo superstiti operai dopo assalto Issa alla ferrovia Gibuti: per ordine di S. M. devo dichiararlo fondato. Menelik mi ha assicurato avere all'inizio lavoro sul suo territorio offerto governatore Gibuti soldati per proteggere personale c lavori, e gli furono rifiutati. Aggiunge comprendere che senza questo precedente si sentirebbe obbligato indennizzare famiglie: ma dopo rifiuto governatore Gibuti, responsabilità ricade sul Governo francese e impresa. Ho avuto l'onere trasmettere all'E. V. lettera reclamo testè a me inviata da operai italiani in Gibuti.

205

IL MINISTRO DEGLI ESTERI CINESE, CHING, AL MINISTRO DI CINA A LONDRA, LO-FENG-LUH

T. Pechino, 8 settembre 1900 (3).

The allied forces occupy Peking. The Emperor and the Mother-Empress left for the West. I am now invested with Full Powers to act as co-Plenipotentiary to His Excellency the Grand Segretary Li Hung Chang to open Peacenegociations with Foreign Powers. Pleace request Foreign Offi.ce in taking into consideration the amicable relations existed between us, to be so good as to empower its Representative in Peking to negociate with us as soon as possible so as to confer the benefits of peace upon humanity at large.

(l) -Il documento venne trasmesso telegraficamente da Aden il 9 ottobre alle ore 16. (2) -Il documento venne trasmesso telegraficamente da Aden il 13 ottobre alle ore 18,15. (3) -Il telegramma pervenne a Londra il 16 settembre e fu comunicato da Bottaro Costa a Visconti Venosta il 18 settembre.
206

L'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 1248/598. Vienna, 8 settembre 1900.

Ho comunicato verbalmente e confidenzialmente a S. E. il conte Goluchowski la sostanza della risposta data da V. E. alla comunicazione russa, e riferitami col telegramma del 6 corrente, n. 2656 (1). Il conte Goluchowski si compiacque nel vedere che essa concorda, nei punti principali, con quella data da lui stesso all'ambasciatore di Russia su questo argomento. Egli ricordò soltanto che l'incaricato d'affari austro-ungarico, come è noto, prima ancora della comunicazione russa, aveva di già lasciato Pechino insieme coi malati e feriti, essendo ferito egli stesso.

207

L'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 1252/601. Vienna, 8 settembre 1900.

La Wiener Zeitung pubblica oggi una patente imperiale in data di ieri colla quale viene sciolta la Camera dei deputati austriaca e si ordina che sia proceduto immediatamente alle nuove elezioni. In pari tempo lo stesso giornale ufficiale pubblica il comunicato seguente nel quale il Governo espone le ragioni da cui fu determinato questo provvedimento:

• La Wiener Zeitung pubblica oggi nella sua parte ufficiale la patente imperiale, col!a quale viene sciolta la Camera dei deputati del Consiglio dell'Impero.

Da tre anni l'Amministrazione dello Stato manca della stabilità e del controllo costituzionale, la maggior parte dei disegni del Governo, e cioè il complessivo programma economico che fu presentato al Consiglio dell'Impero nello scorso inverno rimasero inattuati ed è sospesa qualsiasi riforma per quanto urgente.

Tutti l desideri della popolazione, che si riferiscono al miglioramento del bem:ssere generale e all'impossibilità della popolazione stessa, per quanto tale miglioramento sia tanto più necessario, in quanto che i bisogni dello Stato, come delle Provincie e dei Comuni aumentano continuamente, devono arrestarsi davanti all'unica questione del regolamento della lingua d'ufficio in singole parti dell'Impero, questione che non tocca affatto l'intero Stato.

I grandi successi dell'industria e del commercio mondiale toccarono ad altri Stati; l'Austria ed i suoi popoli non ne ebbero che quella limitata parte, che ottennero 1o spirito intraprendente e il lodevole ardire di alcuni singoli, i quali dovettero perdò anche essere particolarmente favoriti dalle circostanze. Altrimenti però tutte le forze sono paralizzate, perchè la legislazione non può provvedere per esse, l'amministrazione prestare i mezzi necessari.

Quelli che sono economicamente i più deboli, il contadino, il bracciante, l'operaio soffrono più di tutti di questa involontaria trascuranza.

Questo stato di cose non è tollerabile. In esso lo Stato e i suoi abitanti deobono vedere completamente sacrificati i loro interessi che da quella trascuranza furono già finora troppo danneggiati.

Gli .sforzi leali del Governo diretti a far dimenticare le tristi condizioni degli ultimi tempi con benevola sollecitudine in ogni campo sono rimasti infruttuosi; l'imparzialità politica e nazionale che il Governo stesso all'uopo addimostrò, tutte le sue cure perseveranti non riuscirono ad ottenere la ripresa del lavoro legislativo assegnato alla rappresentanza del popolo dalla legge fondamentale dello Stato. Lo scioglimento della Camera dei deputati divenne imprescindibile necessità.

Il Governo raccomanda ai corpi elettorali di garantire compatti i loro interessi nelle nuove elezioni, che avranno luogo immediatamente; con ciò essi promuoveranno la consolidazione dello Stato ed aumenteranno la sua capacità di appoggiare efficacemente la popolazione sulla via del suo sviluppo generale.

Collo scwglimento della Camera dei deputati che non compiva alcun lavoro positivo, il Governo ha agito in base ad uno dei principì fondamentali della costituziune.

Più le circostanze presenti sono gravi, più grande sarà il dovere dei corpi elettorali di tener presente l'importanza del loro voto nel momento in cui una rappresentanza del popolo, da eleggersi a nuovo, riceve la conformazione decisiva per la sua futura attività. I corpi elettorali avranno da decidere se il bene inestimabile che consiste nella continuità delle istituzioni costituzionali debba essere privato di ogni valore dal fatto che esse continuino ad essere private di ogni pratica efficacia ».

Come era facile prevedere, la stampa liberale tedesca giudica questa disposizione abbastanza favorevolmente, benchè alcuni fogli, fra cui la Neue Freie Presse dichiarino che essa non sarà sufficiente per spezzare l'ostruzione, finchè il Governo non manifesti in modo più energico eò esplicito la sua intenzione di combatterla. Dall'altro lato gli organi del partito czeco, contro cui il provvedimento è diretto, affettano una certa indifferenza, la quale però non riesce a dissimulare completamente il loro malumore.

(l) Cfr. n. 188.

208

L'AMBASCIATORE A WASHINGTON, FAVA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 769/274. Washington, 8 settembre 1900.

Dal R. Console a Manilla ricevo un rapporto sulle presenti condizioni alle Filippine. Nel dubbio ch'egli non abbia fatto al R. Ministero analoga comunicazione, ho l'onore di spedire originalmente a V. E. siffatto rapporto. Le notizie che qui si hanno di quel nuovo possedimento nord-americano sono conferma di quelle fornite con diligenza dal Signor Reyes e mostrano

che la situazione nell'arcipelago non è divenuta migliore e che il Governo degli Stati Uniti si urta sempre a gravi difficoltà nello stabilirvi il suo pacifico dominio. Di ciò fa prova altresì il fatto che un nuovo contingente di truppe partito per la China ricevette testè ordine a Nagasaki di portarsi alle Filippine.

ALLEGATO

REYES A FAVA

ManHle, 30 juHlet 1900.

Depuis près de six longs mois, il se maintient aux Philippines la meme politique toute faite d'indécision.

La confiance sera longue à revenir aux gens d'Aguinaldo, et bien que des Cagals infiuents fassent chaque jour tous leurs efforts pour amener leur soumission honorable, bien que la loi d'amnistie plénière que vient de publier le Général MacArthur leur soit grandement favorable, ils s'entetent à garder la campagne et à harceler constamment les troupes des Etats Unis par leurs guerrillas incessantes.

Et cette situation durera autant que le Gouvernement américain ne se sera résolu à en finir par la force: il est en effet des généraux de l'armée nationale (comme il est convenu de les appeler maintenant) qui ont nettement déclaré qu'ils ne se rendraient jamais, quand bien meme Aguinaldo leur en donnerait l'ordre. Et comme voici bientòt quatre ans qu'ils se battent quoique en déplorable condition, nous sommes portés à croire qu'ils en ont pris l'habitude et disent vrai.

Donc, de leur part l'intransigeance est inéniable, et voici que les affaires de Chine ont amené le retrait de plusieurs bataillons; c'est là une perte de temps et d'argent pour le Gouvernement des Etats Unis, qui se verra sans doute obligé tòt ou tard d'entreprendre à nouveau la campagne des Philippines et d'une façon moins sommaire.

A Manille, la Commission de la Paix s'est mise en rapport avec des personnes du pays pouvant avoir quelque autorité sur leurs frères en armes. Elle a longuement discuté sur des questions de détail et c'est en pure perte lorsque la majorité répond:

• nous ne voulons pas rendre nos fusils •.

Le dernier paragraphe de la loi d'amnistie, offre trente piastres par arme en bon état: nous doutons que ce so i t suffisant pour attirer des désertions; peu d'hommes se sont présentés c'est certain, mais en échange un nombre notable d'officiers a preté serment de fidélité au Gouvernement des Etats Unis; presque tous sont propriétaires et ont agi dans un but intéressé; ceux-là avaient été presque toujours les moins dangereux.

Il est réellement dommage de voir la conciliation si longue à s'établir car nous sommes persuadés qu'avec elle s'ouvrirait pour ce beau et fertile pays une ère de prospérité, mais actuellement comment songer aux améliorations?

L'idée de travail en avant qui existe chez le peuple américain n'a pu trouver encore de voie ouverte et les rares essais faits en province ont eu de navrants résultats. Manille pourtant, a déjà profité de quelques heureuses innovations et nous avons oui dire qu'il en est d'autres en étude, mais tout se borne à la capitale, et cela forcément.

Nous serions les premiers à glorifier bien haut une entente dont nous comprenons d'ores et déjà tous les avantages: la loi déamnistie est un appoint que l'on essayera de grossir aux yeux du peuple; des proclamations des appels à la raison et au calme seront encore faits par des hommes tels que Paterno ou Buencamino, mais Aguinaldo et les siens les oni déjà repoussés tant de fois que si leurs efforts redoublés étaient rejetés encore, nous ne nous étonnerions pas.

Pour expliquer les divergences d'opinion il suffira de rappeler qu'au moment méme ou l'on travaillait très ferme à Manille en pro de la quiétude, la police indigène découvrait un vaste complot fort bien organisé pour une révolte soudaine et le Général Ricart qui devait en prendre le commandement était arrèté. Nombre de gens compromis ont été écroués, mais relachés bientot, pour la plupart. C'est là encore une erreur de la politique d'attraction et le Gouvernement américain ne tardera pas à voir combien les Tagals pretent serment avec facilité et comme le dit serment le gene guère: rebelles ou nationalistes, espagnols puis yankees peu leur importe; ils seraient meme japonais à l'occasion et démoliraient leurs amis avec délices!

Certes il existe toujours des exceptions et celles là méritent la palme car elles brillent par leur extrème rareté: l'honneur revient aux Philippins qui, ayant jugé dès le début le peu d'assises des ambitions de la masse, ont toujours gardé une stricte neutralité: ils aimaient pourtant leur patrie, ceux là, et ils ont le droit de le dire bien haut, mais en gens sensés ils avaient prévu les divisions, leur funeste résultat et avaient refusé leur appui au mal.

Au moment où j'écris cette lettre la situation politique aux Philippines est peut-etre plus tendue qu'elle ne l'a jamais été: voilà le résumé et il ne m'étonnareit pas d'avoir à écrire bientot le fracas des rapprochements amicaux et à signaler un envoi nécessaire de troupes: je désirerais bien ardemment etre dans l'erreur mais l'atmosphère sent l'orage! (1).

209

IL MINISTRO A BELGRADO, MAYOR DES PLANCHES, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 913/191. Belgrado, 8 settembre 1900.

La difficoltà di far pervenire in modo sicuro le considerazioni che seguono, me ne ha fatto differire l'invio. Chieggo a V. E. venia pel ritardo.

Col matrimonio di Re Alessandro si sono accompagnati tali mutamenti nella Reggia, nel Governo, nell'amministrazione, nell'esercito, nelle idee direttrici, nelle tendenze, da potersi dire avvenuta in Serbia una rivoluzione. In pochi giorni, quanti erano in favore od in seggio sono stati, ad eccezione dei più agili nel mutare simpatie, messi da parte, e sostituiti da altri, di quel personale di ricambio, od avventizio, che mai non manca, specie nei paesi usi alle rivoluzioni. E naturalmente, fra coloro che sono venuti in auge, vi sono quelli, o molti di quelli, che si trovavano, dianzi, in disgrazia, mentre altri sono gente nuova, ignota, dimostratasi, però, pronta ad assumere, col cuore leggero, le responsabilità, qualunque si fossero, della situazione.

Primo effetto di codesti rivolgimenti è stato il ridestarsi di quei partiti che, ad ogni occasione, Re Alessandro non mancava di affermare, con serena sicurezza, nonchè assopiti, spenti. E fra questi partiti, il più sollecito a riaffermare la sua esistenza e la sua vitalità, ed a trar partito dagli avvenimenti, è stato, come facilmente potevasi presupporre, il partito radicale. Con esso, dichiarava testè il Re al Ministro di Francia, doversi ormai nuovamente contare; e, con singolare preveggenza, gli assegnava di già una quarantina di seggi nella futura Scupcina, laddove, nell'attuale ne conta appena due o tre. E nei radicali, parecchi dei quali, per essere stati perseguitati al tempo di Re Milan, ricevono ora, come dirò, compenso di posti importanti e lucrosi, rinasce la speranza, anzi la certezza, di poter quanto prima, se nulla devia il corso delle cose, riafferrare il potere. Si

ricostituisce rapidamente il loro stato maggiore: degli antichi loro capi, taluni escono dal carcere, graziati, come il Tauschanovitch, a cui si ,condona anche la pena a cui era stato testè condannato per reato di diritto comune; come l'altro ex-ministro Vesnitch; come il pubblicista Gorgevitch, che sarà forse stato profeta, quando, l'anno scorso, tornando in cella dopo la condanna, gridava esultante, gettando per aria il cappello: « Tra due anni sarò ministro »; altri tornano dall'esilio, come il Vuitch, il miglior finanziere del partito, da anni rifugiato a Parigi ed ora in predicato di ritornarvi non più esule, ma ministro; come il Milovanovitch, per cui si presagisce un prossimo posto diplomatico; come il Nicolitch, di cui si diceva, giorni sono, che avrebbe assunto il portafogli degli affari esteri, mentre il Dottor Alexa S. Yovanovitch conserverebbe la presidenza del Consiglio; come il generale Sava Gruitch, che prenderà assai probabilmente, aHa testa del partito, il posto che, per le rivalità altrui più che per meriti propri, vi aveva il Pacitch, più che mai esautorato dalle dichiarazioni umili e sommesse con cui comperò, lo scorso anno, la grazia sovrana. Nè alcuno dubita più, anche fra i non radicali, che la reintegrazione di costoro in alte posizioni non sia un avviamento del loro pa,rtito verso il potere: già nel transitorio gabinetto attuale, per altro incolore, figura uno dei loro, non a dir vero di antica data, ma forse tanto più zelante per gli interessi del partito, il Marinkovitch, ministro della pubblica istruzione e dei culti, il solo fra i ministri del giorno che abbia una cultura occidentale. E così il partito che Re Alessandro dichiarava essere stato il più infausto al potere, dispotico e rivoluzionario ad una volta, venale e spendereccio, anzi dilapidatore, carico di crimini di ogni sorta; quel partito che Egli si vantava di aver non soltanto sgominato, ma colpito a morte, è in procinto di tornare fra breve a governare, ed a trarre, ben si capisce, vendetta delle persecuzioni sofferte. Con tutto ciò, il Re dichiarava poco fa al mio collega di Austria-Ungheria che la «rotta della nave» non era, nè sarebbe cambiata; il che faceva osservare dal barone di Heidler che la rotta poteva essere la stessa,

ma, in tal caso, veniva ora percorsa in .senso inverso.

Altro effetto dei recenti avvenimenti, in stretta correlazione col precedente, è il riaffermarsi dei russofili. Sotto il passato regime, che mirava a sciogliere od allentare i vincoli fra il Reame ed il grande Impero slavo (non s'inviavano più ufficiali a studiare in Russia; si distoglieva il clero dall'andarvi a compiere gli studi, ecc.), chi nutriva simpatia per la Russia, accuratamente la nascondeva; e benchè la Corte prodigasse riguardi al Signor Mansuroff, la Legazione Imperiale era luogo da evitarsi, e chi vi entrava diventava sospetto. Ora invece non si teme di far mostra di russofilismo; ed il Signor Mansuroff era, dopo gli Sposi, il personaggio più adulato e più riverito, fra tutti nei festeggiamenti nuziali.

Terzo effetto, che avrà male conseguenze, perchè tosto o tardi provocherà reazioni, è la persecuzione di quanti tenevano per Re Milan. Per quanto concerne personalmente il Re Padre, mi riferisco ad altro rapporto. Dei passati ministri, suoi fidi, taluni come il Dr. Vladan Georgevitch, come il suo omonimo, Andrey Georgevitch, sono stati messi a pensione, altri a disposizione, ma verranno collocati a riposo, anch'essi; quanto all'ex Ministro dell'Interno, Ghentcitch, più energico nell'opposizione al matrimonio, più inviso perchè rivelatore con prove di antiche debolezze della Signora Maschine, egli è stato cacciato dall'amministrazione. E così coloro che poco prima erano proclamati i più fedeli cooperatori del Re nell'opera di rigenerazione del Paese, sono ora in voce di traditori e fedifraghi; il Sovrano pubblicamente li accusa di averlo, in un momento capitale della sua vita, ostacolato e indi abbandonato; e innanzi a terzi, anche a diplomatici, li vilipende con termini offensivi e non meno disdicevoli alla Sua qualità che alla loro passata divozione. E se taluno ricorda pubblicamente i loro meriti, viene punito, come è avvenuto al generale Pantelitch, il quale, a Corte, in un brindisi portato in nome dell'esercito, al Re ed alla Regina, osò nominare Re Milan, instauratore del Reame e riorganizzatore dell'esercito, e due giorni dopo fu messo a riposo. Nessuno vien risparmiato, per quanto in alto; e per quanto benemerito nè il colonnello brigadiere Constantinovitch, cugino del Re, messo a pensione; nè il colonnello Solarovitch, uno degli autori del colpo di stato che tolse innanzi tempo Re Alessandro alla tutela dei Reggenti, da sette anni primo aiutante di campo, fedele soldato, privo perfino del diritto di portare l'uniforme; nè il capo del gabinetto di S. M., Dr. Velikovitch, di cospicuo casato e giurista distintissimo; nè il prefetto di polizia, Consigliere di Stato Bademlitch, già l'uomo di tutti i servizi; nè altri che, nelle recenti circostanze mostrarono lealtà, schiettezza e fermezza di carattere, preferendo incorrere il disfavore sovrano, con tutte le sue conseguenze, e taluno di essi, come il Solarowitch, la miseria, piuttosto che porgere mano al Re in ciò che consideravano nefasto per Lui, per la Dinastia e pel Paese. Così, a Corte, nel Governo, nell'esercito, nell'amministrazione, non si saprebbero contare i mutamenti. A tal segno che, nei ricevimenti a Corte, i miei colleghi, fra tutti quei nuovi venuti, e taluni venuti da strati sociali inferiori, non avevano a chi rivolgere la parola, non scorgendosi attorno, di volti che non fossero loro nuovi, se non fra il servitorame.

È ovvio il domandare come si pronunci l'opinione pubblica; o se, per prudenza, come fa, si tace, che pensi.

Nel primo momento il sentimento pubblico fu di riprovazione pressochè unanime. Le classi meno incolte, le quali desideravano pel Re un'alleanza dinastica che rialzasse il prestigio degli Obrenovitch e della Serbia, rimasero male della scelta, da parte del Re, di « quella piccola borghese come ve ne sono due o trecento a Belgrado », di cui molti ricordavano l'infanzia bisognosa con un padre discolo, e il disgraziato matrimonio, e la vita stentata di vedova con 60 dinari di pensione al mese, cercante consolazione forse 1in tresche galanti non del tutto ignorate, sinchè, mossa a compassione, la Regina Natalia l'aveva presa seco, dapprima a prova, poi sedotta da quelle arti che hanno testè condotto la Draga al trono, come dama d'onore. E ragioni intuitive e considerazioni ragionate si collegarono, in quella parte della popolazione, per riprovare il Re, che cedendo ad un capriccio di adolescente, sposava una donna di tanto più avanti negli anni, di fama non intemerata, di condizione non superiore alla media. Il popolo incolto, specie i contadini, che non fanno distinzioni sottili, ignorando che sia una dama d'onore, dicevano che il Re sposava la « serva » di sua madre, e davano prova del loro scontento, astenendosi dal venire alla capitale per le feste. L'esercito, sinceramente divoto a Re Milan, di cui apprezzava l'opera indefessa a vantaggio degli ordinamenti militari, divideva i sentimenti lasciati da lui divinare, fino dal primo momento, forse con troppa precipitazione. E tra coloro stessi che traevano dal matrimonio reale vantaggi personali immediati, vi fu chi se ne dolse: si cita qualcuno dei radicali liberati dal carcere che ebbe a dire essergli ingrata la libertà riacquistata in tali condizioni. Tutti coloro che parlano di quei giorni d'incertezze e di esitazioni per tutti salvo che per il Re, il quale aveva il suo ~-olere (il che fece la sua forza), assicurano che se Re Milan fosse tornato sollecito all'appello dei Ministri, nei primi tre giorni, sarebbe stato, dalla popolazione unanime, accolto come salvatore e portato al Konak in trionfo. Ma s'indugiò a Carlsbad, a Vienna, conscio forse dell'ostinazione del figlio, pavido delle minaccie che questi profferiva, parlando coi Ministri, col Metropolita, con quanti gli presentavano obiezioni, di abdicazione, di suicidio, mali maggiori per il Re e per la Dinastia che non il matrimonio, il quale, al postutto, come è stato stretto, così potrebbe essere sciolto, quando alla passione nel Re dovesse subentrare la stanchezza.

Attualmente, però, nella nazione prevale l'acquiescenza, l'accettazione del fatto compiuto. Nuovi interessi si sono creati. Coloro che hanno avuti i posti resi disponibili, intendono tenerli, e si vanno formando clientele. Nell'esercito sono state distribuite onorificenze a profusione, fatte ed annunciate promozioni. Le ragioni esposte dal Re nel suo manifesto, le quali ricordano, si parva licet componere magnis, quelle che adduceva Napoleone I per voler sposare una « fille de Saint-Denis », dopo il rifiuto della granduchessa Anna e prima dell'annuenza dell'arciduchessa Maria Luisa, e le altre di Napoleone III, annunciante il suo matrimonio con la Signorina di Montijo, sono parse non cattive e talune hanno sollecitato l'amor proprio nazionale. Molti concordano nel pensare che una principessa straniera si sarebbe forse trovata a disagio in Serbia, non in comunione d'animo col popolo, specie piombando dalla feudale Germania, in cui il menomo funzionario aulico conta trentadue quarti di nobiltà, in un paese di contadini, il cui sovrano è pronipote di un mandriano. E poichè le resistenze sono state vinte, si rassegnano all'irreparabile, od a ciò che momentaneamente è tale, con quella medesima inerzia con cui sottostettero ad oppressione cinque volte secolare, e, da quando sono tornati a libertà, assistettero ai tanti fatti tragici

o comi-tragici, che rendono così singolare la storia di questa Corte e di questo Stato.

Ciò non vuoi dire che non aspettino dall'avvenire, sia che temano sia che sperino, qualche nuovo mutamento. Allorché il Re disse che il Suo matrimonio con la Signora Draga Lugnevitza sarebbe l'ultima sorpresa riservata alla Serbia, non vi fu alcuno che ritenesse codesto un vaticinio sicuro. Altre sorprese ci saranno ancora, presto o tardi, e questo Ministro di Austria-Ungheria, più di tutti colpito dall'avvenimento, ripete volentieri: «chi vivrà vedrà». Sin da ora, si ha il sentimento che l'ordine di cose attuale è instabile. Il Ministero ha già offerto le dimissioni, forse soltanto pro forma, prima che il Re si recasse a Sumendria. Egli le ha rifiutate, pregando i Ministri di rimanere in seggio, almeno fino alla prossima sessione della Scupcina. Hanno ubbidito senza difficoltà, ed ora attendono a preparare il bilancio, che sembra doversi chiudere con un deficit di 5 milioni. Intanto, per far fronte a bisogni urgenti del Tesoro, il Governo ha concluso con la Banca Nazionale un imprestito di due milioni e mezzo di dinari.

Paragonando il presente col passato, si scorge che il colpo di testa di Re Alessandro ha turbato una situazione relativamente sicura e soddisfacente, poiché di tutti gli Stati balcanici, più o meno travagliati da crisi interne, o dinastiche,

o politiche, o economiche, o finanziarie, la Serbia sola, non astante talun! errori e falli, pareva procedere, con un passo regolare, verso un avvenire migliore. Col privarsi della guida sperimentata del Padre rinsavito, dei consigli di uomini divoti alla Dinastia, superiori ai partiti, desiderosi del bene pubblico, usi agli affari, si può profondamente temere che Re Alessandro abbia intralciato per un tempo, e forse a lungo, quella marcia in avanti. Le agitazioni partigiane ricominciano, e desse furono e saranno flagello di questo popolo di politicanti, impedimento ad ogni serio suo progresso. Il passato confortava a bene sperare. Il presente non è lieto; né tale appare l'avvenire, col pericolo radicale in vista, già minaccioso.

(l) Annotazione marginale: « Arr. 8 settembre in originale a Roma. Ringraziato pregandolo di continuare a fornirmi le sue pregevoli informazioni».

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L'INCARICATO D'AFFARI A BRUXELLES, IMPERIALI, AL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, FUSINATO

R. P. RR. 694/199. Bruxelles, 8 settembre 1900.

V. E. è senza dubbio, al corrente di una corrispondenza epistolare e telegrafica particolare, scambiata, durante la primavera scorsa (aprile-maggio) tra

S. E. il Ministro degli Affari Esteri ed il titolare di questa Legazione, relativamente alla scelta di un rappresentante Italiano nel Consiglio di Amministrazione della «Compagnie d'Orient ». Questa corrispondenza ebbe termine col telegramma n. 1234 del 2i2 maggio, col quale il Marchese Visconti Venosta prescriveva al Commendatore Cantagalli di astenersi, « dopo i passi già dati, da ogni ulteriore intromissione in questo affare ».

Avendo avuto occasione di intrattenermi ieri con una personalità assai importante e bene al corrente delle segrete cose del mondo finanziario internazionale, la conversazione ebbe a cadere.. naturalmente, sugli affari di China: chiesi allora, per semplice curiosità, se la Compagnia d'Oriente aveva poi finalmente provveduto alla scelta degli Amministratori, .destinati a riempire i quattro posti che erano vacanti nel Maggio. Mi fu risposto: tale nomina non avrà ufficialmente luogo che nella riunione plenaria del primo Ottobre prossimo: il Colonnello Thys ha, tuttavolta, in massima, deciso, e si ritiene sicuro della approvazione del Consiglio, di nominare le seguenti persone:

l o M. Mercet (francese) Rappresentante la « Banque Indo-Chinoise ». zu lVI. Rothstein (russo) Rappresentante la « Banque Sino-Russe •. 3° Un rappresentante (inglese) della « Hong-Kong-Shanghai Bimk •. 4o Un rappresentante di una Banca giapponese.

L'idea di designare un Rappresentante Italiano, come componente il Consiglio di Amministrazione, ha dovuto, fatalmente, essere abbandonata, aggiungeva il mio interlocutore, in presenza della rivalità sorta tra la Banca Commerciale di Milano, patrocinata dal gruppo germanico, e la Ditta Manzi di Roma, con la quale il Colonnello Thys aveva già preso precedenti impegni, cui, (secondo risulta dalla corrispondenza del Commendatore Cantagalli v. lettere 22, 26 Aprile ed 8 Maggio), è impossibile assolutamente pretendere che egli venga meno.

Il risultato pratico di questa deplorevole rivalità tra le due nostre Case Bancarie, è che l'Italia, sola fra le grandi potenze interessate, non sarà rappresentata nel Consiglio di Amministrazione di una Società, destinata, a quanto pare, e per il suo carattere Internazionale e per la serietà ed importanza delle ditte che la compongono, a partecipare efficacemente ai negoziati futuri, per le questioni d'indole finanziaria, le quali dovranno essere trattate, parallelamente a quelle di natura politica. Ed a questo riguardo, non mi pare superfluo l'aggiungere che, da coloro che sono bene al corrente, non si esclude la possibilità che fra i risultati degli accordi futuri, vi sia quello della Istituzione in China, come in Egitto, di un controllo finanziario Internazionale. La Compagnia di Oriente si prepara, infrattanto, ad inviare i suoi Rappresentanti in China nel corso del prossimo mese di ottobre, ed ha, inoltre deciso, di aumentare il suo capitale.

Le informazioni che precedono mi sono state fornite, in via strettamente confidenziale: ciò nonostante io ho creduto mio dovere di comunicarle all'E. V., premendomi che il R. Governo non venga preso alla sprovvista, e possa, ove lo giudichi opportuno, tentare ancora qualche passo allo scopo di parare, a tempo, ed evitare una esclusione la quale, a mio modesto avviso, confortato da quello di persona sagace ed esperta in questioni simiglianti, non potrebbe che riescire deplorevole, al doppio aspetto sia della politica sia degli interessi nostri nell'Estremo Oriente.

Non mi dissimulo la possibilità che a qualche passo eventuale da parte nostra, si risponda qui: «troppo tardi», ma, d'altra parte, il tentare non nuoce, qualora, beninteso, a ciò non si oppongano altre potenti ragioni, il che io ignoro.

Ad evitare equivoci, giova che io faccia rilevare, come corollario di quanto ho riferito e di quanto ebbe a scrivere precedentemente il mio Capo, che la sola soluzione atta a presentare una qualche lontana speranza di riuscita, sarebbe un accordo delle due banche rivali sul nome del rappresentante la Ditta Manzi. In caso contrario è inutile darsi pena, perchè si può essere sicuri che il Colonnello Thys non muterà di parere, nè verrà meno alla parola data.

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IL COMANDANTE LA DIVISIONE NAVALE OCEANICA, CANDIANI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 2637. Taku, ..... 1900 (per. ore 19,45 del 9 settembre).

Truppe da Tientsin proseguono oggi Pechino, ove giungeranno dieci. « Elba » lasciato Shanghai prima ricevere ordine acquisto rimorchiatore, indispensabile servizio approvvigionamento. Incaricato « Calabria » cercarlo Giappone. Numero

4· approssimativo truppe sbarcate seguente: Giappone 2 mila, Russia, diciottomila, Inghilterra seimilanovecentosessantaquattro, Stati Uniti cinquemilaseicentootto, Francia cinquemilatrecentosessantotto, Germania tremiladuecentocinquanta, Italia duemilacinquecento, Austria Ungheria duecentottantotto. Tengo disposizione delegato commerciale Errera.

212

IL COMANDANTE LA DIVISIONE NAVALE OCEANICA, CANDIANI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 2658. Taku, 10 settembre 1900, ore 7 (per. ore 17,50 del 12).

Adesso trovansi trentamila uomini Pechino; diciottomila tra Taku-Tiensin; dodicimila in marcia; devono giungere altri ventimila fra germanici e francesi. Ritengo queste forze sufficienti garantire sicurezza territorio occupato. Colleghi ammiragli non ancora interpellati dai loro rispettivi Governi; forse interpellati comandanti supremi assenti Taku. Generali russo e germanico convenuto lasciare ciascuno in Tiensin quindicimila uomini. Procede segreta trattativa per resa fortificazioni Pechino. Inghilterra dice giungerà Li-Hung-Chang; deciso concordemente coi colleghi lasciar sbarcare.

213

L'INCARICATO D'AFFARI A TOKIO, COBIANCHI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 2648. Tokio, 10 settembre 1900, ore 8,10.

Annulli telegramma 8 corrente (l); invio spiegazione rapporto. Governo giapponese sfavorevole proposte russe che parvero fatte per creargli imbarazzi verso China. Per non rispondere rifiuto completo dichiara consentire, eventualmente, ritiro temporaneo legazione, qualche truppa per ora inutile in China. Insiste necessità mantenere pressione militare e desidera agire accordo potenze.

214

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, FUSINATO, ALL'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, BOTTARO COSTA (2)

T. 2717. Roma, 10 settembre 1900, ore 10,35.

Il R. incaricato in Tokio telegrafa quanto segue:

« Questo Governo ha risposto favorevolmente proposta circolare russa • (3). A noi consterebbe indirettamente che la risposta giapponese non sarebbe tanto favorevole. Prego V. E. di assumere tosto precise informazioni al Foreign Office e di telegrafarmele d'urgenza.

(l) -Cfr. n. 214 e nota 3. (2) -Con R. 624/307 in data 8 settembre, Bottaro Costa aveva informato Visconti Venosta di aver assunto la direzione dell'ambasciata di Londra per ordine dell'ambasciatore De Renzis. (3) -Tel. n. 2638 dell'8 settembre.
215

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, ALL'AMBASCIATORE A WASHINGTON, FAVA

T. 2726. Roma, 10 settembre 1900, ore 13.

Si ha ragione per ritenere che trovasi Paterson sotto falso nome il noto Luigi Granotti complice assassinio re Umberto contro cui è spiccato mandato di cattura. Desidererei conoscere se, come spero, nessuna difficoltà si solleverebbe da codesto Governo a tale domanda in base articolo 3 vigente trattato estradizione, considerando che più recenti convenzioni negano carattere politico alla uccisione capi di stato, la cui esistenza non può non meritare almeno uguale protezione ogni altro cittadino.

216

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL MINISTRO A RIO DE JANEIRO, ANTONELLI

T. 2722. Roma, 10 settembre 1900, ore 14,30.

Preso atto dell'amichevole intendimento per cui codesto Governo ha espresso desiderio che siano reciprocamente ritirate le note relative agli incidenti di Parà acciocchè di questo incidente non rimanga traccia ufficiale la autorizzo a scambiare lettere particolari nei termini indicati nel mio telegramma del 4 settembre (1).

217

IL COMANDANTE LA DIVISIONE NAVALE OCEANICA, CANDIANI, AL MINISTRO DELLA MARINA, MORIN (2)

T. 2659. Taku, 10 settembre 1900, ore 19,05.

Prego telegrafare direttamente a Taku. Uniformandomi desiderio del ministero affari esteri ritengo opportuno «Vesuvio» resti stazionario Shanghai nella possibilità dovere sbarcare compagnia essendo sbarcati tremila inglesi ottocento francesi cinquecento germanici. Navi Taku sono impegnate approvvigionamento. Prego ripetere telegramma indecifrabile del 2 riguardo compra rimorchiatore. «Calabria» telegraferà ministero marina prezzo prima impegnarsi.

(l) -Non pubblicato. Cfr p. 4, nota. (2) -Il telegramma venne comunicato al ministero degli esteri, dove giunse il 12 settembre, alle ore 17.
218

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, FUSINATO, ALL'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, PANSA

D. 35932/174. Roma, 10 settembre 1900.

Mi è pervenuto il rapporto in data 18 agosto scorso (l) relativo alle numerose, e non sempre giustificate, espulsioni di italiani ordinate da codesto Governo, e alle rimostranze fatte da codesta R. Ambasciata presso la Sublime Porta, a tutela dei diritti dei nostri connazionali. Non posso, su questo argomento, che rinnovarle la raccomandazione già fatta di continuare, cioé, ad energicamente insistere perché codesto Governo faccia cessare quelle misure vessatorie a danno dei nostri operai.

Ho, poi, in questi giorni, ricevuto un rapporto dalla R. Legazione in Bucarest (2) da cui risulta che i Consoli ottomani nei porti rumeni hanno ricevuto ordini da costà, di non vidimare passaporti, od altre ·carte di vriaggio, ad operai diretti per la Turchia. Non ho bisogno di far Tilevare all'E. V. il grave danno che simile misura arreca ai nostri nazionali e la nessuna legalità di una disposizione per la quale codesto Governo impedisce •che la formalità del Vlisto, da esso stesso raccomandata agli emigranti in Turchia, sia compiuta dai suoi agenti all'estero.

La prego, pertanto, di adoperarsi, senza ritardo, presso codesto Governo, per la revoca immediata di questo arbitrario provvedimento ed in attesa di conoscere il risultato delle Sue pratiche, Le rinnovo ...

219

L'INCARICATO D'AFFARI A PIETROBURGO, CALVI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 2654. Pietroburgo, 11 settembre 1900, ore 8,45.

Al ministero degli affari esteri dicesi non risultare finora che Giers abbia ricevuto telegramma contenente ordine ritiro truppe; questa sarebbe la causa del ritardo sua esecuzione. Secondo una diceria, comandante russo, avrebbe fatte osservazioni di carattere militare. Ritiro truppe considerato irrevocabile. Conte Lamsdorff rinnovò all'ambasciatore d'Inghilterra ampie dichiarazioni solidarietà concerto europeo e soggiunse avere avvisato China che ritiro truppe non ha •significato alcuno di remissività suo riguardo. Giappone rispose il sette dichiarando rimanere se altri rimangono.

13 -Documenti diplomatici -Serie III -Vol. IV

(l) -Cfr. n. 107. (2) -Non pubblicato, ma cfr. n. 165.
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IL MINISTRO A PECHINO, SALVAGO RAGGI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 2721. Pechino, 11 settembre 1900 (1).

Ministro di Francia ha avuto notizia R.R. sudditi italiani Liccaro, Pinardi, Gritti Nicola, Italian [sic] Scipione Nicola vivi pochi giorni fa presso Paotingfu. Truppe straniere esitano andare. Appena nostre truppe giunte spero, d'accordo con altre, cercheranno modo Idi \SOccorrere R.R. sudditi. Missionari ·italiani monsignore Grassi e Fogolla, torturati, morirono, l'ultimo fu decapitato dallo stesso vicerè del Schiensi, il quale fece uccidere pure un altro italiano e parecchie suore fra cui alcune italiane. Ministro di Francia non ha notizie degli altri missionari italiani (2).

221

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, MALVANO, AL CONSOLE GENERALE A GALATZ, PAPPALEPORE

D. 36008. Roma, 11 settembre 1900.

Mi è pervenuto il Suo rapporto del 31 agosto u. s. (3) sulla difficile situazione costì fatta agli operai italiani dopo il regicidio di Monza. Non dubito che analoga comunicazione sarà stata da Lei diretta al R. Ministro in Bucarest.

Quanto al divieto ricevuto dai consoli ottomani nei porti rumeni, di vistare le carte di viaggio ai nostri lavoranti diretti in Turchia, non ho mancato, in seguito alle informazioni inviatemi in proposito dal Marchese Beccaria Incisa, di eseguire pratiche a Costantinopoli ( 4) per la revoca di questo ingiustificato provvedimento.

222

L'INCARICATO D'AFFARI A PIETROBURGO, CALVI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 2665. Pietroburgo, 12 settembre 1900, ore 12,05.

Il 7 settembre a Sacalin sull'Amour, ha avuto luogo solenne cerimonia religiosa per presa possesso di quel punto. Mi riservo verificare importanza del fatto che ha carattere di principio occupazione definitiva riva destra. Segue rapporto (5).

(l) -Il tel. venne trasmesso da Taku il 16 settembre 1900, alle ore 5,30. (2) -Un riassunto di questo tel. venne comunicato dal ministero a Berlino, Parigi, Vienna, Pietroburgo e Londra, con tel. n. 2850 del 19 settembre 1900. (3) -Cfr. n. 165. (4) -Cfr. n. 218. (5) -Cfr. n. 225.
223

L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 2661/178. Berlino, 12 settembre 1900, ore 16,57.

Nulla constami di specialmente rilevante sugli affari di Cina, dopo l'ultimo mio telegramma. Dalle informazioni giunte a questo dipartimento affari esteri, risulta solo un poco più chiaro e preciso punto di vista inglese, giapponese, francese su questione ritiro truppe da Pechino. Inghilterra si è dichiarata recisamente contraria; Giappone è pronto a ritirare a Tiensin solo quelle truppe che non siano ritenute necessarie in Pechino, come artiglieria da fortezza e simili. Francia, dopo molte esitazioni, ha dato istruzioni ministro in China di associarsi a quello che farà Russia. Quest'ultima, d'altra parte, ha fatto dichiarare qui, considerare indispensabile tenere assicurata strada Pechino-Tiensin, ciò che è considerato come disposizione Russia tenere truppe, se non in Pechino stesso, almeno fuori delle mura della città.

Ieri questo ministro di China volle annunziare a questo Governo che, per noti negoziati, a Li-Hung-Chang, sarebbe stato aggiunto principe Tching. Questo sottosegretario di stato per gli esteri ha risposto che tutte le comunicazioni di tal genere devono, da chi crede poterle fare, essere presentate al ministro di Germania in China, che poi ne riferirà al Governo.

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IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, ALL'AMBASCIATORE A WASHINGTON, FAVA

T. 2758. Roma, 12 settembre 1900, ore 19,10.

In risposta al memorandum contenente le vedute del Governo federale, circa la nota comunicazione russa, ho rimesso all'incaricato di affari degli Stati Uniti, a titolo di comunicazione puramente verbale, il memorandum· (l) che qui riassumo per sua informazione: « Il Governo italiano si è associato all'opera comune delle potenze in China con quelli stessi intendimenti che hanno ottenuto l'adesione di tutti gli altri Governi e che trovansi riaffermati nel memorandum degli Stati Uniti. Il Governo italiano desidera che possano essere affrettati negoziati di pace, i quali diano, colle giuste riparazioni pei danni subiti, le necessarie guarentigie per l'avvenire. Esso crede, al pari del Governo degli Stati Uniti, che, nelle circostanze attuali, gli scopi comuni si otterrebbero meglio prolun

gando ancora per qualche tempo la occupazione internazionale di Pechino. Il

R. Governo non può nascondere la preoccupazione che il ritiro delle truppe da Pechino possa essere interpretato come una prova di debolezza e risollevare il fanatismo dei rivoltosi. Il Governo italiano ha sempre dato una speciale importanza al mantenimento dell'accordo tra le potenze. Con questo intendimento, mentre attende di conoscere le decisioni di tutte le potenze, esso opina che debbano essere consultati, sulla situazione delle truppe a Pechino, i comandanti delle forze in China. Ad ogni modo, esso ha ferma fiducia che una eventuale diversità di vedute sul momento più opportuno per far cessare l'occupazione di Pechino, non implicherebbe una divergenza sugli obiettivi comuni, e desidererebbe intanto che quei Governi, che avessero già accettato in principio il ritiro delle truppe, vogliano non affrettarne la esecuzione, per dar luogo ad una ulteriore intesa tra le potenze ».

(l) Memorandum comunicato il 12 settembre dal sottosegretario Fusinato all'incaricato d'affari degli Stati Uniti a Roma, Iddings.

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L'INCARICATO D'AFFARI A PIETROBURGO, CALVI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 483/173. Pietroburgo, 12 settembre 1900.

Il 7 settembre, sulla riva cinese dell'Amur, fra i ruderi di Sakaline Etampò, alla presenza delle autorità e truppe russe e dell'ufficiale inglese Wugha, hanno avuto luogo speciali preghiere in onore di S. Elia, per solennizzare l'occupazione di quella regione da parte delle truppe russe.

Il protoiereo pronunciò le seguenti caratteristiche parole. «Ora qui sorge la croce su questa riva dell'Amur, che ancora ieri era cinese. Murawiew aveva previsto che, presto o tardi, questa spiaggia sarebbe nostra •.

Un eguale concetto era già stato espresso dal generale Grodekow, in un telegramma all'Imperatore, cui per vero era stato risposto con un laconico « ringrazio ». Infine, in un ordine del giorno del comandante del Priamur, dopo lodi alle truppe per le vittorie ottenute, esprimevasi la fiducia che esse avrebbero ben sopportato i disagi e le fatiche della prossima campagna invernale. La funzione sopra narrata ha veramente l'apparenza di una presa di possesso della riva destra dell'Amur e le parole dell'ordine del giorno sembrano preludere, malgrado ogni dichiarazione in contrario, alla conquista effettiva di tutta la zona ove passa la ferrovia. I fatti esposti sono positivi; avrò cura di controllare più tardi se veramente abbiano la importanza che io vi ho attribuita, cosa che mi è impossibile fare oggi, per la partenza del corriere.

Altre notizie di Manciuria annunciano che il paese è tranquillo e più non esiste nella campagna che un piccolo numero di bande armate. Tutto il tratto compreso fra Kiacian e Aihun, fra le rive dell'Amur Kastav e Zizikar, fino a Carbin Kirin e Ningut, è in mano ai russi.

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IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, ALL'INCARICATO D'AFFARI A BRUXELLES, IMPERIALI

T. 2664. Roma, 13 settembre 1900, ore 17,45.

Voglia .portare subito a notizia del colonnello Thys che il Governo italiano facendo conoscere come ne era stato richiesto e come informazione conforme alla verità che la Banca Commerciale era un istituto che godeva la sua fiducia non mai intese con questo d'avere un candidato da contrapporre ad un altro e tanto meno credeva che il colonnello Thys potesse trovarsi in contraddizione con impegni presi. Ciò che soltanto il Governo italiano vivamente desidera, ricordando anche le conversazioni che il detto colonnello ebbe con me, è che nel consiglio d'amministrazione della compagnia figuri un rappresentante italiano.

Io la interesso vivamente ad agire in questo senso avvertendomi d'urgenza del risultato delle sue pratiche.

227

L'AMBASCIATORE A WASHINGTON, FAVA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 2669. Lenox Mass., ..... (per. ore 12,05 del 13 settembre 1900).

Malgrado che il nostro trattato non accordi estradizione per delitti politici, questo Governo è disposto a non considerare in nessun caso come politico un delitto solamente perchè perpetrato contro il capo dello stato. Segretario di stato mi ha aggiunto che soltanto dopo l'esame delle prove e delle deposizioni può essere determinato se nel caso presente trattasi di delitto politico. Sono di parere che V. E. mi trasmetta regolare mandato di cattura indicante falso nome Granotti, senza che polizia americana non saprà mai trovarlo. Farò mio possibile

perchè nostra domanda di estradizione venga considerata come motivata da delitto comune.

228

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, PANSA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 590/227. Therapia, 13 settembre 1900.

Con rapporto del 12 agosto u. s. (l) questa Ambasciata ha avuto l'onore di trasmettere a V. E. una nota della Sublime Porta relativa alla convenzione consolare colla Grecia insieme ad alcuni documenti, in risposta agli argomenti già presentati dai delegati ellenici sui punti contestati di quell'accordo sottomessi allo arbitraggio degli Ambasciatori.

In una riunione avvenuta ieri l'altro con miei colleghi, fu deciso di comunicare i detti documenti ai plenipotenziari ellenici, invitandoli a farci tenere

prima del 31 ottobre prossimo le osservazioni ch'essi avessero eventualmente a fare sul loro contenuto. Quando giungano codeste osservazioni, sarebbe nostra intenzione di notificarle ancora una volta al Governo ottomano, in vista di una sua replica ulteriore, che dovrebbe poi esser l'ultima, dopo di che si procederebbe alla preparazione definitiva dell'arbitraggio.

Mentre rimetto qui unite in copia le note da noi indirizzate a tal fine, in data di ieri alle due parti interessate, etc. etc.

ALLEGATO I

CALICE, PANSA, MARSHALL, ZINOVIEV, O'CONOR E EAPST AI DELEGATI ELLENICI

12 settembre 1900.

Les soussignés, Ambassadeurs d'Allemagne, d'Autriche-Hongrie, de Grande Eretagne, d'Italie et de Russie et Chargé d'Affaires de France ont l'honneur de transmettre ci-joint à LL. EE. les Délégués du Gouvernement Hellérrique les mémoires et documents divers qu'ils ont récemment reçus de la S. Porte en réponse aux observations et conclusions formulées par Les dites Excellences au sujet de la Convention Consulaire prévue par l'art. 5 des Préliminaires de Paix du 6/18 Septembre 1897 et l'art. 11 du Traité du 22 Novembre/4 Décembre suivant.

Les soussignés prient LL. EE. les Délégués Helléniques de leur faire parvenir leur réplique, si toutefois ils en ont une à présenter, avant l'échéanche du 31 Octobre prochain (nouveau style).

ALLEGATO II

CALICE, PANSA, MARSHALL, ZINOVIEV, O'CONOR E EAPST A TEWFIK PASCIÀ

12 settembre 1900.

Les soussignés, Ambassadeurs d'Allemagne, d'Autriche-Hongrie de Grande Eretagne, d'Italie et de Russie et Chargé d'affaires de France ont reçu les mémoires et documents divers que la S. Porte a bien voulu leur faire parvenir à la date du 2 Aoilt dernier et qui répondent aux observations et conclusions présentées par LL. EE. les Délégués du Gouvernement Hellénique lorsqu'ils ont sollicité l'arbitrage des Représentants des six grandes Puissances en vue d'arriver à la conclusion de la Convention Consulaire prévue par l'art. 5 des préliminaires de paix du 6/18 Septembre 1897 et l'art. 11 du Traité de Paix du 22 Novembre/4 Décembre suivant.

En communiquant ces mémoires et documents à LL. EE. les Délégués Helléniques, les soussignés les ont priés de leur faire connaitre leur réplique, si toutefois ils en ont une à présenter, avant la fin d'Octobre, nouveau style.

(l) Non pubblicato.

229

IL COMANDANTE LA DIVISIONE NAVALE OCEANICA, CANDIANI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 2679. Taku, ..... settembre 1900 (per. ore 19,35 del 14).

Trasmisi Salvago telegramma di V. E. (1). Essendo Tientsin quasi totalmente distrutto io ritengo difficile vi possano svernare ottantamila uomini oltre legazioni. Parecchi ammiragli sospettano segreti accordi russi-germanici ·tendenti

promuovere ritiro truppe altre nazioni. Giapponesi sbarcarono Amoy. Invio Paolini Giappone per grave operazione temendosi infiammazione perdita uso braccia. Soldati germanici con spari accidentali uccisero marinaio Foti, matricola 89623, ferendone altri due. Ricevetti lettera rincrescimento generale germanico.

(l) Cfr. n. 194.

230

L'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, BOTTARO COSTA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 642/317. Londra, 14 settembre 1900.

La risposta del Gabinetto di Londra alla Circolare della Cancelleria russa è, come V. E. avrà osservato, assai laconica. A quanto parmi poter discernere da qualche parola sfuggita al reggente il Ministero degli Affari Esteri, tale laconismo è voluto forse più che per la stessa Russia, per il Gabinetto di Washington che si sperava si schiererebbe in questa circostanza nello stesso campo che l'Inghilterra.

231

L'INCARICATO D'AFFARI A PIETROBURGO, CALVI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 2692. Pietroburgo, 15 settembre 1900, ore 11,10.

La risposta inglese comunicata oggi dichiara brevemente che le truppe non saranno ritirate da Pechino, giudicandosi momento poco opportuno.

Le autorità russe avendo, in una cerimonia sulla riva destra dell'Amur, pronunciato parole facenti supporre essersi iniziata annessione di quella regione, conte Lamsdorff disapprovò loro contegno, e mi ripetè dichiarazione che la Russia nulla intende prendere.

232

L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 2693/179. Berlino, 15 settembre 1900, ore 16,50.

Ministro di Germania in China, signor Mumm, che trovasi a Shanghai, telegrafa aver ieri ricevuto visita Li-Hung-Chang. Questi assicura aver, insieme a principe Cing, regolari pieni poteri per negoziare colle potenze, nonchè per punizione colpevoli. Egli è pronto a presentare pieni poteri appena potenze dimostrino voler entrare in negoziati. Confessò che Tuan trovasi presso l'Imperatrice e Imperatore. Negò che sir Robert Hart sia nominato terzo plenipotenziario; Li-Hung-Chang è partito ieri su nave da commercio inglese per Taku, per di

là proseguire verso Pechino, se ammiragli non metteranno ostacoli sua andata e fa appello al buon volere della Germania per cominciare negoziati. Barone Richtofen, il quale mi comunicò quanto precede, non ha ancora, sul telegramma di Mumm, ordini di Biilow e dell'Imperatore, ma egli è d'opinione che ammiraglio tedesco Taku avrà istruzioni non opporsi andata Li-Hung-Chang a Pechino e che Germania, in mancanza di meglio, finirà per desistere da opposizione trattare con esso, se l'Inghilterra consente pure. Individuo arrestato e consegnato ammiraglio tedesco, come assassino Ketteler, è un soldato chinese. Egli confessa assassinio e dice averlo commesso in seguito ordine suoi capi di uccidere qualunque membro delle legazioni estere.

233

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA

T. 2795. Roma, 15 settembre 1900, ore 23,10.

L'incaricato d'affari d'Austria-Ungheria mi ha confidenzialmente comunicato quanto segue: l'ambasciatore di Russia a Vienna ha dato lettura al conte Goluchowski di una comunicazione del conte Lamsdorff che il barone Kuhn alla sua volta mi ha letto e che io trasmetto secondo gli appunti che ho potuto prendere. Il conte Lamsdorff comincia col dichiararsi contrario alla idea di una conferenza internazionale per la risoluzione degli affari chinesi. Secondo l'opinione del Governo russo una tale conferenza non farebbe che aumentare le difficoltà e ritardare la soluzione. Esso ritiene più opportuno il metodo dei negoziati, tanto più che non essendovi stata dichiarazione di guerra, non è necessaria la stipulazione di un trattato di pace. Per ciò che riguarda la sostanza dei negoziati, bisognerebbe distinguere gli argomenti di interesse speciale a ciascuna potenza, che dovrebbero essere trattati e risoluti da ciascuna potenza direttamente, e gli argomenti di interesse comune che dovrebbero essere trattati e risoluti d'accordo e con la cooperazione di tutti gli stati. Secondo il Governo russo questi interessi di interesse comune si potrebbero raggruppare intorno a questi capi: l) ristabilimento delle relazioni diplomatiche; 2) determinazione di una base sulla quale si possa conseguire questo scopo. E i rappresentanti delle potenze in China sembrano i più indicati per manifestare la loro opinione su questo punto e fare le adatte proposte; 3) le potenze dovrebbero obbligarsi con trattato a non fornire materiali di guerra alla China; 4) allontanamento e punizione di coloro che furono causa dei disordini; 5) indennità. A questo proposito il conte Lamsdorff è di opinione che lasciando ad ogni stato di determinare la cifra delle proprie indennità, si raggiungerebbe una somma enorme, tale che supererebbe la potenzialità economica della China. Le potenze dovrebbero quindi limitare le loro domande. E al Governo russo sembra che la questione potrebbe essere affidata al tribunale permanente dell'Aia. Il conte Kapnist ha fatto puramente e semplicemente la comunicazione al conte Goluchowski senza chiedergli nè il suo avviso nè una risposta. A sua volta il conte Goluchowski desiderava che io ne fossi, in forma affatto confidenziale, informato, per corrispondere al

l'accordo convenuto fra i gabinetti di Vienna e di Roma, di mantenersi in uno scambio di vedute della questione cinese. Prego V. E. di ringraziare il conte Goluchowski per la sua importante comunicazione. Noi non abbiamo obiezione di massima circa i singoli punti della comunicazione russa, rispetto alla quale converrà conoscere anche l'opinione degli altri Governi, desiderando soprattutto, dal canto nostro, procedere d'accordo con l'Austria-Ungheria e con la Germania, ma fin da ora mi sembra pratico ed opportuno il concetto che il regolamento delle indennità si affidi ad una commissione arbitrale internazionale.

234

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL COMANDANTE LA DIVISIONE NAVALE OCEANICA, CANDIANI

T. 2796. Roma, 15 settembre 1900, ore 23,30.

Le telegrafo d'accordo col collega della marina. Questa è sostanzialmente la situazione quale è risultata in seguito alla nota comunicazione russa. La Francia ha accettato. Gli Stati Uniti dichiarano che ritireranno le loro truppe da Pechino se la Russia effettivamente le ritira. La Germania, l'Inghilterra ed il Giappone non credono opportuno ritiro truppe. Alla loro opinione ci siamo associati, non prendendo, verso la proposta russa, alcun impegno. Questa divergenza di opinione intorno a questo punto speciale non altererà però la buona armonia e l'accordo fra le potenze. Prego comunicare quanto precede anche al marchese Salvago. La prego pure telegrafarmi le disposizioni da lei prese circa le nostre truppe, rispetto alle quali le confermo avere ella piena libertà di impiegarle sia a Pechino sia altrove.

235

IL MINISTRO DELLA REPUBBLICA SUD-AFRICANA A BRUXELLES, LEYDS (1), AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 2700. La Haye, 16 settembre 1900, ore 15.

J'ai l'honneur de faire connaìtre à V. E. que la députation des Républiques sud-africaines se composant des M. M. Fischer, Wessels et Wolmarans vient de publier l'appel suivant et que je me joins entLèrement à la protestation qu'il contient contre la façon par laquelle du còté anglais la guerre est menée dans l'Afrique australe et surtout contre l'annexion de la République sud-africaine proclamée par lord Roberts d'une manière si absolument contraire au droit international: «La guerre que les Républiques sud-africaines ont été contraintes de faire et qu'elles ont cherché à éviter par tous les moyens possibles, mème

par l'offre de soumettre le litige à un tribuna! d'arbitrage, cette guerre continue violant tous les droits et tous les usages de la guerre entre peuples civilisés.

Les anglais lancent proclamations sur proclamations; par la bouche de son premier ministre, la Grande-Bretagne a déclaré qu'elle n'avait pas l'intention de rechercher un accroissement de territoire: vaines paroles qui n'ont été prononcées que pour ètre violées! L'annexion meme de la République sud-africaine a été proclamée, mais elle n'aboutira pas et ne peut aboutir à la soumission des boers aussi peu que celà a été le cas il y a trois mois lors de la proclamation de l'annexion de l'état libre d'Orange, la puissante Grande-Bretagne le sait d'expérience! Il est vrai ce n'est pas le but immédiat de la proclamation celle-ci n'a été lancée que pour continuer la guerre de la façon la plus inhumaine, la plus cruelle et au mépris de tous les principes du droit des gens. Les chefs de l'armée anglaise veulent pouvoir traiter en rebelles les populations déjà si éprouvées des deux républiques sud-africaines auxquelles on avait au début reconnu le caractère de belligérants; ils veulent sans merci poursuivre jusqu'à la mort les combattants épuisés: voilà le but véritable de la proclamation, mais avec l'aide de Dieu il ne sera pas atteint! Les citoyens des deux Républiques continueront la lutte aussi longtemps qu'il leur restera un souffle de vie! Ne se sont-ils pas montré dignes de conserver leur liberté, leur patrie? Le monde permettra-t-il qu'ils soient exterminés? Il n'y a pas longtemps que les puissances ont formellemeni consacré les principes tendant à restreindre l'effusion du sang et ces calamités dans la guerre. Jusqu'à l'heure actuelle les puissances ne sont pas intervenues dans la guerre sud-africaine. Que douloureuse que cette attitude ait été pour notre peuple, cette attitude pouvait peut .etre se comprendre ~aussi longtemps qu'il s'agissait d'une guerre régulière -mais le mot de médiation ne sera-t-il pas prononcé pas meme mainten~mt que la Grande-Bretagne par des annexions théoriques foule au pied tous les principes du droit des gens, en vue de s'ouvrir de cette façon la voie à tous les actes de violence et si possible, à l'extermination complète d'un peuple libre? Au nom de la justice, au nom de l'humanité nous nous adressons à tous les peuples dont le coeur bat pour nous, nous leur demandons de venir à ce moment extrème, au secours de notre peuple et de sauver notre patrie. Nous avons confiance en Dieu que notre appel sera écouté! ».

(l) Accreditato anche per l'Italia.

236

L'INCARICATO D'AFFARI A BRUXELLES, IMPERIALI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. P. 2705. Bruxelles, 17 settembre 1900, ore 12,28 (per. ore 17,30).

In seguito mie pratiche colonnello Thys mi ha dichiarato stamane in modo positivo, che nella prossima missione consiglio d'amministrazione Compagnia Oriente egli proporrà Manzi. Colonnello ha aggiunto che V. E. fino da oggi può considerare come certa nomina di lui ad amministratore. Segue lettera (1).

(l) Cfr. n. 247.

237

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA

T. 2805. Roma, 17 settembre 1900, ore 16,30.

La ambasciata di Russia mi ha fatto una comunicazione scritta sugli affari di Cina. In questa comunicazione dopo di aver premesso che le truppe russe si preparano a recarsi a Tientsin si aggiunge che in vista di questo fatto il Governo russo desidererebbe sapere: l) se le potenze siano disposte a trasportare le loro legazioni a Tientsin; 2) se ritengono suffi.cienti i pieni poteri del principe Cing e di Li; 3) se sono disposte a entrare senza indugio in trattative preliminari con i rappresentanti cinesi. Stavo per mandare a V. E. questa comunicazione desiderando di conoscere prima di rispondere il modo di vedere del Governo germanico, quando è venuto l'incaricato d'affari di Germania pregandomi appunto a nome del suo Governo di attendere prima di inviar la risposta, una comunicazione che quel Governo si proponeva di farci. La prego quindi di partecipare a codesto Governo che ben volentieri aderisco al suo desiderio, aggiungendo che sarò grato di ricevere quanto più presto si possa la sua comunicazione relativamente ai tre punti della domanda russa per poter dare a quel Governo la risposta

che ci viene chiesta con una certa sollecitudine. Desidererei che intanto V. E. mi comunicasse quelle informazioni ed apprezzamenti che avrà potuto raccogliere.

238

L'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 2707. Vienna, 17 settembre 1900, ore 17,20.

Ho ringraziato conte Goluchowski a nome di V. E. per la partecipazione fattale della comunicazione russa (l) la quale era contenuta in una lettera privata del conte Lamsdorff. Conte Goluchowski mi disse per parte sua era disposto a non separare la sua azione da quella delle altre potenze e specialmente dell'Italia e della Germania. Da me interrogato sul suo pensiero circa la soluzione, egli mi disse che, a suo avviso le condizioni da porre alla Cina, oltre alle indennità, àovrebbero essere: la comunicazione libera e sicura con Pechino; la sicurezza delle legazioni; la porta aperta a tutti. Conte Goluchowski crede che il Governo

germanico non consentirà a ricorrere ad una commissione arbitrale per le soddisfazioni che gli sono dovute.

239

L'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 1287/611. Vienna, 17 settembre 1900.

Mentre la stampa dei partiti moderati al primo momento non aveva accolto

sfavorevolmente lo scioglimento della Camera austriaca, solo esprimendo dei dubbi circa la sua efficacia per sanare ìe difficoltà presenti, a poco a poco questi

dubbi si sono andati accentuando e hanno fatto luogo ad un certo malumore specialmente nel partito tedesco e in quello polacco. L'impressione generale è che la nuova Camera sarà molto somigliante alla precedente colla differenza che il suffragio recentemente allargato permetterà un aumento di rappresentanti del partito socialista con danno conseguente degli elementi d'ordine.

In un ricevimento che ebbe luogo il 13 corrente a Jaslo in Galizia, dove ebbero luogo le grandi manovre, S. M. l'Imperatore, parlando col deputato polacco, gli avrebbe detto queste testuali parole: « Lo scioglimento della Camera e le nuove elezioni sono l'ultimo mezzo costituzionale che il mio Governo mette in opera».

Siccome questa frase è stata riportata anche dai giornali ufficiosi è a ritenersi che realmente il Sovrano si sia espresso in tale forma, la quale lascia intravedere la possibilità di provvedimenti eccezionali qualora il nuovo Parlamento non possa compiere regolarmente le sue funzioni costituzionali.

(l) Cfr. n. 233.

240

L'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, BOTTARO COSTA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 2713. Londra, 18 settembre 1900, ore 15,12.

Ministro di China comunica telegramma del principe Cing che si dichiara mvestito di pieni poteri per negoziare pace qua1le coplenipotenziario di Li-HungChang. Principe Cing chiede che potenze vogliano autorizzare rappresentanti in Pechino a trattare.

241

L'INCARICATO D'AFFARI A BERLINO, MELEGARI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 2711/180. Berlino, 18 settembre 1900, ore 15,20.

Barone Richtofen è venuto oggi a darmi lettura della circolare diretta da Governo germanico ai Gabinetti interessati sugli affari di China e che a V. E. era già stata preannunziata da codesto incaricato d'affari Germania (1). Sebbene sia probabile che essa sia per essere portata ancora in giornata a cognizione di

V. E., voglio però ad ogni buon fine riassumerne qui il contenuto. Governo imperiale è d'avviso che, prima di entrare in relazioni diplomatiche col Governo chinese, convenga procedere severamente contro gli autori principali dei delitti commessi a Pechino contro il diritto delle genti; poichè l'indifferenza di fronte a punizione dei colpevoli equivarrebbe a indifferenza di fronte a una ripetizione del delitto. Il compito della ricerca della responsabilità dovrebbe essere affidato

ai rappresentanti esteri a Pechino, cui spetterebbe designare quei personaggi chinesi la cui complicità nei lamentati misfatti è fuori d'ogni dubbio. Con questa circolare già preparata fino da domenica, cioè prima ancora che qui sì conoscesse comunicazione russa, ma di cui invio fu ritardato dagli indugi frapposti per ottenìmento sanzione sovrana viene, a detta di questo sottosegretario per gli affari esteri, già sufficientemente risposto ai punti 2, 3, comunicazione russa predetta riguardanti scelta plenipotenziarii chinesi ed apertura trattative. Riguardo poi al punto primo concernente ritiro legazioni a Tientsin, questo sottosegretario di stato mi confidò essere intenzione Governo imperiale dare ordini al signor Mumm di recarsi, quanto prima, in quest'ultima città, ove sarebbe più tardi raggiunto dai membri della legazione di Germania presentemente ancora residenti a Pechino. Sottosegretario di stato mi ha espresso fiducia che presente proposta germanica sarebbe favorevolmente accolta da V. E., le cui buone disposizioni gli erano già note per cui mi pregava farle pervenire suoi più sentiti ringraziamenti.

(l) Cfr. n. 237.

242

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 2718. Parigi, 18 settembre 1900, ore 17,40.

Circa pieni poteri cinesi, so che ministro di Cina Parigi ha rimesso Delcassé copia dei medesimi e che qui sono stati giudicati, dagli interpreti del ministero, come stesi nelle forme regolari. Pare anche che i pieni poteri abbiano nella sostanza, tutta l'ampiezza necessaria, ma circa autenticità loro, non sembra potersi avere ,certezza se non intervengono, in proposito, le informazioni dei rappresentanti potenze in Cina. So che Delcassé suppone che il risarcimento dei danni potrebbe ascendere circa un miliardo per tutti Governi insieme. Il signor De Witte, interrogato, stima che ascenderanno a circa doppio. Russia avrebbe in animo propor,re che la questione dei danni sia sottoposta ad una commsisione arbitrale all'Aja. Qui si seguita a essere preoccupati del pensiero occulto della Germania e si vorrebbe finire presto.

243

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI

T. 2826. Roma, 18 settembre 1900, ore 22,30.

Il Governo germanico mi trasmette una comunicazione (1), in pari tempo trasmessa agli altri gabinetti interessati, nella quale, in risposta alla nota russa di cui nel mio telegramma n. 2815 (2), quel Governo • espone l'avviso che non si possa entrare in rapporti diplomatici col Governo cinese che alla condizione

preliminare che le persone riconosciute come i veri istigatori dei delitti commessi a Pechino ·contro il diritto delle genti siano estradate e punite. Il GDverno ,germanico propone che siano incaricati i ministri a Pechino di designare i personaggi cinesi influenti la cui colpabilità come istigatori od esecutori dei delitti sia fuori di dubbio •. Ho telegrafato a Berlino (l) per chiedere alcuni schiarimenti. Le sarò grato pertanto se avendone il modo, potrà conoscere e comunicarmi la maniera di vedere di codesto Governo.

(l) -Nota n. 4140 del 18 settembre, non pubblicata. Ma cfr. n. 241. (2) -Non pubblicato. Si tratta della comunicazione a Parigi di parte del telegramma di cui al n. 237.
244

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, ALL'AMBASCIATORE A WASHINGTON, FAVA, E ALL'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, BOTTARO COSTA

r. 2827. Roma, 18 settembre 1900, ore 22,45.

In data del 16 settembre il governo russo ha fatto alle potenze una comunicazione nella quale dopo di avere premesso che le truppe russe si preparano a recarsi a Tientsin si aggiunge che in vista di questo fatto il Governo russo desidererebbe sapere dalle altre potenze: l) se siano disposte a trasportare le loro legazioni a Tientsin; 2) se ritengono sufficienti i pieni poteri del principe Cing e Li; 3) se sono disposte ad entrare senza indugio in trattative preliminari con rappresentanti cinesi. Alla sua volta il Governo germanico in data d'oggi ha comunicato alle potenze interessate che secondo il suo avviso non si può· entrare in rapporti diplomatici col Governo cinese che a condizione preliminare che le persone riconosciute come veri istigatori dei delitti commessi a Pechino contro il diritto delle genti siano estradate e punite. Il Governo germanico propone che siano incaricati i ministri a Pechino di designare i personaggi cinesi influenti la cui colpabilità come istigatori od esecutori dei delitti sia fuori di dubbio. Ho telegrafato a Berlino per chiedere alcuni schiarimenti. Le sarò grato pertanto se avendone il modo potrà conoscere e comunicarmi la maniera di vedere di codesto Governo.

245

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, ALL'INCARICATO D'AFFARI A BERLINO, MELEGARI

T. 2829. Roma, 18 settembre 1900, ore 23,55.

Ho ricevuto quasi contemporaneamente la comunicazione scritta trasmessami da codesto Governo per mezzo di questa ambasciata (2) ed il telegramma della

S. V. (3). Se io ben lo comprendo, il pensiero del Governo germanico è il seguente: I ministri a Pechino siano invitati ad indicare coloro che notoriamente furono gli istigatori o gli autori dei commessi delitti e le potenze consentendo a porsi in

comunicazione coi rappresentanti cinesi s1 Impegnano fin d'ora a porre come preliminare condizione dei negoziati la punizione dei colpevoli così designati. La seconda parte del pensiero e della proposta germanica si riferisce al modo della punizione. Benchè infatti il telegramma della S. V. non parli di ciò, la comunicazione scritta del Governo germanico ripetutamente ed esplicitamente indica che i riconosciuti colpevoli dovranno essere estradati e puniti. Ora non potendosi qui evidentemente intendere la estradizione nel significato tecnico e ordinario della parola, desidererei di avere chiarito il pensiero del Governo germanico specialmente sul punto di sapere a chi la consegna dei colpevoli dovrebbe esser fatta, dove e da chi dovrebbe compiersi la punizione. Voglia dire a codesto Governo che io desidero questi schiarimenti per formarmi un preciso concetto della proposta germanica essendo sempre la mia maggiore preoccupazione quella che non sia turbato l'accordo delle potenze.

(l) -Cfr. n. 245. (2) -Cfr. p. 141, nota l. (3) -Cfr. n. 241.
246

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, ALL'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, BOTTARO COSTA

D. 37128/207. Roma, 18 settembre 1900.

Mi pregio di trasmettere all'E. V. copia di un rapporto in data 31 agosto scorso (1), col quale il R. Console Generale a Canea accompagna l'invio della risposta data dal Governo cretese alla nota verbale direttagli dai Consoli delle quattro Potenze protettrici, il 9 aprile scorso, per notificargli la deliberazione adottata dalle Potenze stesse, circa la questione delle indennità.

Sarò grato a V. E. se vorrà sentire, e riferirmi poi, ciò che pensa codesto Governo riguardo alle dichiarazioni del Governo cretese contenute in quel documento, nonchè alle decisioni, riprodotte nel citato rapporto, che i quattro Consoli predetti intenderebbero, quando a ciò siano autorizzati dai rispettivi loro Governi, far pervenire al Governo cretese, in replica alla sua risposta.

247

UINCARICATO D'AFFARI A BRUXELLES, IMPERIALI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. P. 716. Bruxelles, 18 settembre 1900.

Ricevuto che ebbi il telegramma indirizzatomi da V. E. il 13 corr., n. 2664 (2), credetti conveniente, prima di fare qualsiasi passo diretto presso il Colonnello Thys, conferire con l'egregio nostro Console, il quale, siccome Ella non ignora, era stato, nella primavera scorsa, messo dal Commendator Cantagalli al corrente

(l} Cfr. n. 166.

della quistione relativa alla nomina di un rappresentante italiano nel Consiglio

d'Amministrazione della Compagnia d'Oriente.

In seguito al nostro colloquio, il Commendatore Philippson mi promise

avrebbe intrattenuto, in via privata, il Thys della importanza che dal R. Governo

si annette a tale nomina, e mi avrebbe, poscia, fatto conoscere le disposizioni di

lui al riguardo.

Ciò io feci al doppio scopo: l) di evitare che ad una domanda rivolta diretta

mente al Colonnello dal Rappresentante del R. Governo, questi potesse rispon

dere con un rifiuto; 2) perchè il Commendator Philippson, amministratore egli

stesso della Compagnia d'Oriente, amico intimo del Thys e con lui in molteplici

e strettissimi rapporti di affari, era in grado di contribuire, meglio che ogni

altro, a farci raggiungere lo scopo, discutendo, in via confidenziale, col Thys e

ribattendo vittoriosamente quelle obbiezioni che egli avesse, per avventura,

potuto sollevare.

Avendomi il Commendator Philippson riferito che il Colonnello si mostrava disposto ad accogliere Ia nostra domanda, non ho esitato a recarmi stamane da lui e gli ho dato notizia del contenuto del tegramma di V. E. Alla sua interrogazione: • Debbo interpretare questo telegramma come acquiescenza del Governo Italiano alla nomina del Manzi? », ho risposto : « Interpreti come vuole, ma nomini un rappresentante italiano. Il Governo non ha candidati, e non intende menomamente che Ella venga meno agli impegni presi: desidera soltanto e vivamente che nel Consiglio di Amministrazione figuri un rappresentante italiano». Il mio interlocutore mi ha detto allora che, in conformità delle dichiarazioni verbali da lui fatte a V. E., in presenza del Signor Manzi, egli avrebbe, nella prossima seduta del Consiglio d'Amministrazione, proposto la nomina di quest'ultimo, ed ha aggiunto, tale nomina doversi, fin da ora, considerare come sicura, giacchè egli non avrebbe certo ammesso obbiezioni e difficoltà, qualora esse venissero sollevate dai rappresentanti del gruppo tedesco, (Nauseman, Deutsche Bank, Diskonto Gesellschaft ecc.) patroni della candidatura del rappresentante della Banca Comemrciale.

Il Colonnello mi ha detto inoltre che egli era stato costretto ad abbandonare il pensiero di nominare un rappresentante italiano, dopochè gli si era lasciato intendere che il R. Governo desiderava che la scelta cadesse piuttosto sul rappresentante di quella Banca, desiderio, al quale eragli stato impossibile di accondiscendere, legato siccome egli era dagl'impegni previamente presi col Signor Manzi.

Da quanto precede risulta chiaramente, ed io non ho mancato di farlo rilevare, che gli amministratori appartenenti al precitato gruppo tedesco, con lo snaturare, interpretandole a modo loro, le dichiarazioni pur così chiare e così categoriche che il Commendator Cantagalli, strettamente attenendosi alle istruzioni ricevute da V. E., ebbe a fare, nella primavera scorsa, al Signor Beernaert, erano riesciti a creare una situazione equivoca, che si sarebbe risoluta a danno nostro, se, per fortuna, non si fosse giunti in tempo a chiarirla.

Nel por termine alla presente, reputo mio dovere attirare l'attenzione di

V. E. sulla collaborazione efficacissima prestatami dal Commendator Philippson,

il quale ha, una volta di più, acquistato dritto alla benemerenza del Governo del Re.

Io Le sarei, pertanto, sommamente riconoscente se Ella credesse autorizzarmi a rivolgere a lui una parola di ringraziamento da parte dell'E. V., ed ho l'onore ... (1).

(2) Cfr. n. 226.

248

L'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, BOTTARO COSTA, AL. MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 659/323. Londra, 18 settembre 1900.

Il Primo Ministro comunica che S. M. la Regina ha firmato ieri il decreto di dissoluzione del Parlamento pel 25 corrente, al qual giorno saranno indette le elezioni generali per il nuovo Parlamento che si riunirà il l" novembre p. v.

In previsione di questo annuncio in parecchi collegi da alcuni giorni è già cominciata la campagna elettorale dalla quale prevedesi il Ministero uscirà con una maggioranza che gli permetterà di metter mano all'assetto delle cose nell'Africa Meridionale e di perseverare nella politica energica finora seguita in China.

249

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA

T. 2830. Roma, 19 settembre 1900, ore 1.

Il Governo germanico mi trasmette una comunicazione (2) in pari tempo trasmessa agli altri gabinetti interessati nella quale quel Governo (riprodurre la parte del telegramma n. 2826 (3) dalle parole • espone l'avviso • a • fuori di dubbio • ). In presenza del testo della comunicazione germanica di cui Ella potrà avere conoscenza dal conte Goluchowski ho creduto di domandare a Berlino alcuni schiarimenti. Ho detto di credere di interpretare il pensiero del Governo germanico nel senso che le potenze pur consentendo di porsi in comunicazione con i rappresentanti cinesi, debbano impegnarsi fin d'ora a porre come preliminare condizione dei negoziati la punizione dei colpevoli designati dai ministri a Pechino. Ho chiesto anche schiarimenti sulla parte della comunicazione germanica che si riferisce al modo della punizione mediante estradizione. Non potendosi evidentemente intendere la parola estradizione nel senso tecnico e ordinario della parola, ho chiesto a chi dovrebbe farsi la consegna, dove e da chi dovrebbe compiersi la punizione. Ho detto di chiedere tali chiarimenti per formarmi un preciso concetto della proposta germanica, essendo sempre la mia maggiore preoccupa

14 -Documenti diplomatici -Serie III -Vol. IV

zione quella che non sia turbato l'accordo delle potenze. Prego pertanto V. E. di procurarsi una conversazione col conte Goluchowski e di conoscerne il modo di vedere. Si comprende che la Germania voglia essere assicurata sul principio della punizione ammesso del resto da tutte le potenze, ma non posso tacerle la mia preoccupazione che se la portata o la conseguenza della proposta germanica fosse quella di recare gravi difficoltà o ritardo alla apertura dei negoziati, la Russia e la Francia le quali hanno evidentemente premura di sollecitare la soluzione e che diffidano di segrete intenzioni della Germania, dichiarino che pure riconoscendo le ragioni della Germania ad una speciale riparazione per la speciale offesa ricevuta, non credono di subordinare a questa particolare situazione della Germania l'apertura delle trattative di pace anche separatamente. Una simile eventualità sarebbe molto grave per la situazione che ne deriverebbe per noi.

(l) -A questo rapporto è allegato il seguente appunto autografo di Fusinato: « Rispondere con una lettera particolare. in cui si ringrazii il Marchese Imperiali e gli si dica che egli tenendo quel linguaggio col col. Thys ha bene interpretato il pensiero del Governo. G. F .•. (2) -Cfr. p. 141, nota l. (3) -Cfr. n. 243.
250

L'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 2726. Vienna, 19 settembre 1900, ore 16 (per. ore 19).

Ho chiesto l'avviso di Goluchowski circa la comunicazione germanica. Egli mi disse che, pure dividendo la preoccupazione di V. E. circa le possibili conseguenze della proposta di Biilow sull'attitudine della Russia e della Francia, è d'avviso che se vi è una buona occasione di affermare la triplice alleanza è appunto questa. Perciò egli intende rispondere al Gabinetto di Berlino che il Governo austriaco non ha difficoltà ad associarsi alla proposta germanica, pur esprimendo il desiderio che anche le altre potenze vi consentano. Goluchowski non è entrato in questione di dettagli, che potranno essere discussi a tempo e luogo debito, limitandosi ad esprimere l'avviso che la punizione dei chinesi

colpevoli potrebbe essere decisa ed eseguita per mezzo di un consiglio di guerra internazionale.

251

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA

T. CONFIDENZIALE 2849. Roma, 19 settembre 1900, ore 23.

Non le nascondo le mie preoccupazioni intorno agli affari chinesi specialmente dopo l'ultima circolare germanica di cui Ella può procurarsi il testo. Si comprende che la Germania la quale fu la m?ggiormente offesa voglia essere assicurata intorno ad una seria punizione dei colpevoli, punizione che è ammessa in principio da tutte le potenze. Si comprende quindi come la Germania proponga di fare di questo punto una condizione preliminare dei negoziati prima di continuarli sugli altri punti e giungere al ristabilimento dei rapporti diplomatici. Poichè non si può rimettersi al Governo chinese perchè indichi esso i colpevoli

si può anche incaricare i rappresentanti a Pechino di designarli purchè si tratti dei principali colpevoli dei misfatti contro il diritto delle genti senza risalire a

o

quelle complicità generali che involgerebbero lo stesso Governo chinese contro cui la punizione sta nella guerra e starà nelle condizioni della pace. Rimane poi la difficoltà che i colpevoli designati fuggiti o nascosti possano essere prontamente presi e consegnati. Malgrado tutto vorrei sperare che colla buona volontà da tutte le parti sia possibile in base allo spirito se non interamente alla lettera della circolare germanica di trovare ancora un modus procedendi intorno a cui le potenze possano intendersi. Ma se le proposte che la Germania ha fatto o sarà per fare fossero tali da creare gravi difficoltà pratiche o lunghi ritardi che rendano incerta l'apertura delle trattative, non è da escludersi il pericolo che la Russia e la Francia le quali, secondo le mie informazioni, intendono di affrettare le trattative e diffidano di nascoste intenzioni della Germania, non intendano di sacrificare alla situazione speciale di questa i loro interessi e si risolvano a trattare anche separatamente. Non è sicuro quello che l'Inghilterra farebbe in tal caso. Ma ella vede quanto diverrebbe difficile la condizione dell'Italia. Desidero dire a lei quale è la nostra situazione. Ho sempre creduto che negli affari chinesi ci convenisse di procedere d'accordo colla Germania e per riguardo della nostra politica generale e per avere nelle trattative di pace colla China quell'appoggio che non avremmo potuto trovare altrove. Di questo mio convincimento ho dato una prova, non senza qualche difficoltà, nella questione del ritiro delle

truppe da Pechino. Ma mi sarebbe assai difficile il trovare nei miei colleghi e nel paese il consenso necessario per impegnarci in una situazione che importasse o facesse temere di poter importare in seguito responsabilità e sacrifici che non sarebbero in proporzione coi nostri reali interessi.

252

IL COMANDANTE LA DIVISIONE NAVALE OCEANICA, CANDIANI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 2724. Taku, .... (1).

Trasmetto V. E. seguente telegramma Salvago: « Confermo miei quattro telegrammi dell'll e 12 (2). Ministro Inghilterra ripete impossibile ritiro truppe per ragioni umanità, prestigio; disapprova ritiro legazioni. Ministro di Francia ignora intenzioni del Governo francese, ma egli combatterebbe progetto ritiro truppe equivalente massacri migliaia indigeni; rinunzia trattative salvare europei ancora in pericolo, fra gli altri parecchi italiani, parmi dannosa. Ritiro legazioni vantaggio sarebbe comodità ministri esteri. Ministro di Russia ricevuto istruzioni rimanere per ora, dichiara, resterebbero, ad ogni modo, quattromila soldati. Tutti gli altri ministri esteri concordi. Prego V. E. dare ordine truppe venire ad ogni modo Pechino •. Dividendo opinione Salvago, ho dato le opportune disposizioni invio Pechino uno dei battaglioni tornati dalla spedizione sul canale imperiale. Tengo altro disponibile per progettata occupazione militare forte Peltan dietro accordi segretissimi con inglesi (3).

(l) -Il telegramma è registrato fra quelli pervenuti il 19 settembre 1900. (2) -Pubblicato uno soltanto, cfr. n. 220. (3) -Un riassunto di questo tel. venne comunicato dal ministero, a Berlino, Parigi, Pietroburgo, Vienna e Londra, con tel. n. 2850, del 19 settembre 1900.
253

L'AMBASCIATORE A MADRID, AVOGA,DRO DI COLLOBIANO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 626/213. Madrid, 19 settembre 1900.

Ieri fu pubblicato il R. Decreto col quale è posto fine alla sospensione delle

garanzie costituzionali (piccolo stato d'assedio) nella provincia di Madrid.

Come fu riferito nel carteggio della R. Ambasciata nello scorso giugno fu proclamato lo stato d'assedio a Madrid in seguito all'agitazione promossa dall'« Union Nacional ».

L'insuccesso dei tentativi di detta associazione provocò scissioni nel suo

seno e quindi una rinuncia a nuove prove di agitazione.

La condizione delle cose è ora senza pericoli per l'ordine pubblico e perciò il Governo non ha voluto attendere la riunione delle Cortes per levare lo stato di assedio ed evitare così le discussioni che si sarebbero fatte in proposito.

Del resto da qualche anno sia il partito conservatore che il liberale usarono frequentemente di questo provvedimento, che legalmente costituisce lo stato di assedio, ma che in pratica si limita ad imporre la censura preventiva alla stampa e ad interdire le riunioni quando sono promosse dai partiti extralegali.

L'applicazione è fatta generalmente blandamente e se molti furono in questo tempo a Madrid i sequestri di giornali, non mi consta siano stati deferiti processi ai tribunali militari.

Questa mitezza nell'applicazione di un ,regime d'eccezione fa sì che esso non solleva troppe proteste e non dà incagli alla vita pubblica, ma colla sua frequente applicazione, il Ministero trova un modo facile di schivare difficoltà, che però ingenera criterii poco corretti di governo, i quali producono abusi e potranno avere cattive conseguenze nell'avvenire.

In Catalogna continua a rimanere in vigore la sospensione delle garanzie costituzionali in vista degli scioperi che vanno aumentando in conseguenza della crisi industriale che si manifesta in quella Provincia.

La crisi è prodotta principalmente dall'aumento della produzione dei tessuti la cui esportazione è ora grandemente diminuita in seguito alla perdita delle colonie.

254

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, ALL'INCARICATO D'AFFARI A PIETROBURGO, CALVI

T. 2851. Roma, 20 settembre 1900, ore 12,15.

Ella ha conoscenza dal mio telegramma in data 19 settembre n. 283·6 (l) della comunicazione fattaci da codesto Governo. Io la prego di recarsi dal conte Lamsdorff e di comunicargli oralmente la nostra risposta nei termini seguenti: Quanto al ritiro delle legazioni a Tientsin, nonostante che ci risulti contraria

la opinione del nostro e degli altri ministri europei a Pechino, siamo disposti a consentirvi quando le altre potenze interessate diano ai loro rappresentanti analoghe istruzioni. Quanto al secondo punto, non abbiamo opposizioni da muovere contro la scelta dei due plenipotenziari nelle persone del principe Cing e di Li Hung Chang. Ci mancano peraltro gli elementi necessari per giudicare sia della regolarità formale come della sufficienza dei loro pieni poteri. Riteniamo che per poter giudicare di ciò sia opportuno che intervengano prima le informazioni e le verifiche dei ministri a Pechino. Quanto al terzo punto osserviamo che, in una sua recente comunicazione il Gabinetto di Berlino considera alcune determinate guarentigie per assicurare la punizione dei più notori colpevoli dei misfatti avvenuti come una condizione preliminare delle trattative col Governo chinese. Il principio della punizione dei misfatti commessi contro l'umanità e il diritto delle genti è ammesso da tutte le potenze. Il Governo italiano esprime quindi il desiderio e la fiducia che un accordo si stabilisca su questo punto per poter poscia procedere senza ritardo ai negoziati.

(l) Non pubblicato. Si tratta, fra l'altro, della ritrasmissione a Pietroburgo di parte del te!. di cui al n. 244.

255

IL COMANDANTE LA DIVISIONE NAVALE OCEANICA, CANDIANI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 2740. Taku, 20 settembre 1900, ore 15,40.

Trasmetto V. E. seguente telegramma: «Truppe tedesche inglesi cominciata spedizione presso Pechino; uccisi 300 ribelli. Ministro Inghilterra mi ha chiesto se nostre truppe verranno. Salvago •. Confermo invio un battaglione R. esercito Pechino, ove trovasi già disponibile battaglione marinai. Corpo d'operazione non rimasto mai inoperoso.

256

L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL, MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. CONFIDENZIALE 2737. Berlino, 20 settembre 1900, ore 17,20.

Comprendo le preoccupazioni di V. E. per affari chinesi, di cui è cenno nel telegramma di V. E. di ieri, n. 2849 (1), ma non divido timore che recente circolare tedesca possa condurre a completa rottura accordo fra le potenze. Nè temo che, procedendo noi specialmente d'accordo colla Germania, possiamo temere essere trascinati ad un'azione che non sarebbe certo in proporzione con i nostri reali interessi. Il pericolo da un lato giustamente temuto, che Russia e Francia si trovino a trattare separatamente colla China, fin'ora, a mio avviso. non esiste; e la Germania, la quale da una parte non vuole certo impegnarsi

isolata in una guerra colla China, e dall'altra desidera andare d'accordo con la Russia, saprà in ogni modo evitare quel pericolo. Questa non è solo mia opinione,

ma anche quella del mio collega di Russia, il quale mi assicurava, ancora stamane, che dopo che Germania si è dimostrata e si dimostra molto più moderata di quello che i discorsi dell'imperatore lasciavano prevedere, anche Governo russo si sforza mantenere accordo colla Germania, e non turbare il concerto potenze. Tutto, del resto, mi induce a credere che esigenze della Germania, anche per punizione colpevoli, non saranno esagerate. Intanto se, come non pare dubbio, tutte le potenze si associano a proposta contenuta nella circolare germanica di incaricare ministri a Pechino di designare chinesi colpevoli negli ultimi fatti, e già tutte o quasi, avendo aderito, in massima, al trasloco legazioni a Tientsin, sarà poi facile così qui, in qualunque modo, intendersi sull'accettazione dei pieni poteri dei delegati chinesi, e sull'inizio delle ulteriori trattative, cioè sui punti 2 e 3 della comunicazione russa del 16 corrente (1).

(l) Cfr. n. 251.

257

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AGLI AMBASCIATORI A BERLINO, LANZA, A PARIGI, TORNIELLI, A VIENNA, NIGRA, E ALL'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, BOTTARO COSTA

T. 2858. Roma, 21 settembre 1900, ore 0,55.

(Per tutti) Le comunico per sua informazione e per eventuale norma del suo linguaggio il riassunto della mia risposta alla comunicazione russa di cui nel mio telegramma N. (per Parigi) 2815 (2) (Per Berlino) 2805 (l) (Per Londra) 2827 (3) (Per Vienna) 2804 (4).

Sul primo punto relativo al ritiro delle legazioni a Tientsin ho risposto che nonostante che ci risulti contraria la opinione del nostro e degli altri Ministri a Pechino siamo disposti a consentirvi quando le altre potenze interessate diano ai loro rappresentanti analoghe istruzioni. Quanto al secondo punto ho risposto che ci mancano gli elementi necessari per giudicare sia della regolarità formale come della sufficienza dei pieni poteri dei plenipotenziarii cinesi, e che per poter giudicare di ciò è opportuno che intervengano prima le informazioni e le verifiche dei ministri a Pechino. Quanto al terzo punto ho osservato che il Governo germanico ha dichiarato in una sua recente comunicazione di considerare alcune determinate guarentigie per assicurare la punizione dei più notorii colpevoli come una condizione preliminare delle trattative col governo cinese. Ora il principio della punizione dei misfatti commessi contro l'umanità ed il diritto delle genti essendo ammesso da tutte le potenze, ho espresso il desiderio e la fiducia che un accordo si stabilisca su questo punto per potere poscia procedere senza ritardo ai negoziati.

(Per Berlino). È superfluo che io Le faccia rilevare come questa nostra ri

sposta si accordi con la nostra adesione alla proposta germanica che le ho comu

nicato con separato telegramma (5).

(l) -Cfr. n. 237. (2) -Non pubblicato, ma cfr. p. 141, nota 2. (3) -Cfr. n. 244. (4) -Non pubblicato, ma si tratta della trasmissione a Vienna del testo del n. 237. (5) -Cfr. n. 258.
258

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA

T. 2859. Roma, 21 settembre 1900, ore 0,55.

Ho ricevuto i due telegrammi di V. E. (l) e la ringrazio. La autorizzo a dichiarare a codesto Governo che noi accettiamo in massima la proposta germanica convenendo che la punizione dei maggiori colpevoli dei misfatti commessi in Cina contro l'umanità ed il diritto delle genti debba essere preliminare condizione delle trattative di pace. Noi siamo quindi disposti a dare al nostro ministro a Pechino istruzione di accordarsi coi suoi colleghi per la designazione di comune concerto dei principali colpevoli, tosto che analoga istruzione venga data dagli altri Governi.

259

L'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, BOTTARO COSTA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 2748. Londra, 21 settembre 1900, ore 13,05.

Lord Salisbury non ha ancora risposto comunicazione russa 16 corrente (2). So che risponderà nei termini seguenti: l) Circa suggerimento di trasportare legazioni a Tientsin, che non ritiene siffatto trasferimento opportuno. 2) Circa validità pieni poteri di Li e di Cing, che è questione da esaminare, che esigerà del tempo, che spetta ai ministri a Pechino di pronunciarsi. 3) Circa opportunità di entrare in negoziati immediati, che quando fossero riconosciuti sufficienti pieni poteri dei negoziatori chinesi non vedrebbe a ciò obiezione.

260

L'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, BOTTARO COSTA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 2747. Londra, 21 settembre 1900, ore 13,25.

Salisbury è favorevole proposta germanica 18 corrente (3). Ha detto all'ambasciatore che preferiva aspettare di rispondere per suggerire eventualmente, in caso di divergenza tra i gabinetti, qualche variante conciliativa.

(2l Cfr. n. 237.
(l) -Il primo è il n. 2736, non pubblicato, per il secondo cfr. n. 256. (3) -Cfr. n. 241.
261

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, E AGLI INCARICATI D'AFFARI A LONDRA, BOTTARO COSTA, E A PIETROBURGO, CALVI

T. 2870. Roma, 21 settembre 1900, ore 19,45.

Per sua informazione Le comunico che abbiamo aderito alla proposta dE:l Governo germanico, di cui nel mio telegramma n. (per Parigi) 2826 (1), per Londra) 2827 (2), (per Pietroburgo) 2836 (3), nella fiducia che vi aderiscano anche gli altri Governi essendo il principio della punizione dei colpevoli stato ammesso da tutte le potenze.

262

L'INCARICATO D'AFFARI A PIETROBURGO, CALVI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 2759. Pietroburgo, 22 settembre 1900, ore 16,30.

Ho comunicato risposta, di cui telegramma n. 2851 (4), relativamente pieni poteri. Conte Lamsdorff mi disse averli trovati regolari: quelli di Cing permettendo aggiungere come negoziatore Li-Hung-Chang; non è contrario, in principio, proposta tedesca. Nel suo discorso, però, appaiono divergenze di idee, perchè Governo russo si appagherebbe dell'allontanamento dalla corte delle persone pericolose, lascerebbe al Governo chinese punizione colpevoli, rifiuterebbe assolutamente assenso siano consegnati potenze.

263

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. R. 2156/959. Parigi, 22 settembre 1900.

Nelle elezioni municipali di maggio, il Ministero del Signor Waldeck-Rousseau fu sconfitto in Parigi e siccome quelle elezioni erano state da tutti i partiti condotte unicamente con criteri politici, così l'insediamento all'Hotel de Ville di una maggioranza nazionalista produsse in tutta la Francia una viva emozione. Poche settimane dopo, nella occasione della inaugurazione di un monumento in una piazza di Parigi, il Consiglio municipale abbandonava la festa al comparire del Presidente del Consiglio e di altri Ministri che erano venuti a far corteggio al Presidente della Repubblica.

L.a massima tensione si era così, fin da principio stabilita fra il ConMglio municipale della Capitale ed il Governo.

Non è facile il rendersi conto dell'ordinamento della rappresentanza comunale di Parigi. Ad amministrare il colossale bilancio municipale interviene il Consiglio; ma della autorità esecutiva e rappresentativa della Città, stando ai termini della legge, dovrebbero essere investiti, ognuno per la parte di sua competenza, i due Prefetti, quello del Dipartimento della Senna, e quello di Polizia. In fatto però da una diecina d'anni, si è lasciato erigere a fianco dei due Prefetti un altro rappresentante dell'autorità municipale il quale, avendo origine elettiva, in breve tempo pervenne ad assumere quasi la parte principale della Rappresentanza. Per dirigere le discussioni del Consiglio questi legalmente elegge nel suo seno un presidente ed un uffizio di presidenza. Questa elezione si rinnova per ogni sessione del Consiglio stesso. Ma la legge tace sovra la durata in carica della Presidenza fra una .sessione e l'altra, ed a causa di questo silenzio si è introdotta la consuetudine che il Presidente e l'uffizio restano in carica fino al momento della rielezione, costituendo così, con la tolleranza, anzi talvolta con il favore degli altri poteri pubblici, una vera e propria rappresentanza comunale della Città. Ai Prefetti che rivendicavano il primo posto, fu spesso imposto di cedere ed appena si conservò la forma, per le cerimonie pubbliche, che il Prefetto della Senna ed il Presidente del Consiglio municipale fossero pareggiati negli onori.

Or avvenne che la Rappresentanza nazionalista del Consiglio municipale stimasse di poter andare ancora più oltre e di poter da sola organizzare, in occasione della Esposizione universale, certi festeggiamenti ai quali si volevano far partecipare le rappresentanze dei maggiori municipii francesi e quelli delle principali città dell'Europa.

Quando la fazione nazionalista vinse nelle elezioni di Parigi, il Governo ottenne in provincia una vittoria che largamente controbilanciava la sconfitta toccata nella capitale. Era facile rendersi conto del calcolo che il Presidente del Consiglio municipale e gli amici .suoi facevano nel convocare a Parigi le rappresentanze di tante città francesi e straniere. L'invito esteso ai Municipii delle altre Nazioni voleva essere una dimostrazione che il nazionalismo francese non avea il carattere, rispetto agli stranieri, che i suoi avversari gli attribuivano. Il concorso a Parigi dei rappresentanti delle principali Municipalità della Francia provocato dalla città di Parigi, avrebbe fornita la dimostrazione che questa, ancorché passata in mano della fazione nazionalista, continuava ad esercitare sovra tutto il paese un'influenza direttiva preponderante.

Alle grandi feste dell'Hotel de Ville è di tradizione che il Capo dello Stato ed il Ministero siano invitati. E la tradizione finora volle che gli inviti si diramassero in nome della Città di Parigi ma con le firme del Presidente del Consiglio municipale e del Prefetto della Senna. Il Signor Grebauval ed i suoi amici pensarono che il momento fosse venuto di affrancarsi da siffatte consuetudini e, senza curarsi di stabilire col Presidente della Repubblica e con i Ministri le date ed il programma delle feste, mandarono fuori gli inviti ai Municipii francesi ed esteri con la sola firma del Presidente del Consiglio municipale.

Il Governo avrebbe potuto intervenire subito. Preferì invece simulare di nulla sapere delle feste organizzate dal Consiglio municipale di Parigi e, risuscitando la memoria di una festa nazionale francese celebratasi per non molti anni

dopo il l 792, convocò tutti i sindaci di Francia a banchetto per il 22 Settembre in Parigi sotto la presidenza del Presidente della Repubblica.

I giornali delle ultime settimane sono pieni delle accettazioni date, o ritirate, dei rifiuti motivati dei Maires all'uno o all'altro dei due banchetti, l'uno offerto dallo Stato, l'altro dal Consiglio municipale di Parigi. Il Governo continuò a simulare, anche dopo che i giornali annunziarono o l'arrivo, o la imminente venuta dei Magistrati municipali delle grandi città d'Europa, di nulla sapere a ble riguardo e, soltanto il 17 di questo mese, quando il numero dei Maires che accettavano l'invito dello Stato oltrepassò i 22 mila, il Prefetto della Senna notificò al Presidente del Consiglio municipale che egli non avea titolo per invitare da solo a festeggiamenti dati in nome della Città di Parigi.

Il Consiglio municipale disdisse immediatamente i suoi inviti ed il Presidente di esso formulò in una lettera al Presidente della Repubblica una motivata prote~ta. Ne allego il testo (1).

Il banchetto dei Maires ebbe luogo oggi. Il Presidente della Repubblica pronunziò un discorso e mi si dice ch'egli sia stato festosamente accolto non soltanto nel locale della festa, ma anche al suo passaggio dalla folla nelle strade. La presenza dei 22 mila rappresentanti dei Comuni di Francia ha carattere spiccato di protesta contro il Municipio di Parigi. Sarebbe però dire troppo se si considerasse che tutti gli intervenuti al banchetto siano amici del Ministero presieduto da:t Signor Waldeck-Rousseau. Si annunzia per domani una riunione dei sindaci socialisti ed alla riunione sono invitati anche i socialisti stranieri aventi cariche municipali nel loro paese. Mi si dice che l'elemento italiano possa esservi rappresentato da parecchie persone. Il certo è che alla riunione socialista di domani parteciperanno non pochi dei convitati d'oggi del Governo.

Il corpo elettorale parigino che portò i nazionalisti nel Consiglio municipale, non può essersi trasformato in pochi mesi e gli effetti della condotta del Governo, nelle circostanze attuali, non possono limitarsi ad una umiliazione inflitta agli eletti: saranno certamente sentiti come una offesa dagli elettori. Non si può prescindere di considerare che nelle ultime elezioni i gruppi rivoluzionari riunirono p!ù di 125 mila elettori parigini. La separazione di questi gruppi dal partito governativo andò crescendo rapidamente negli ultimi mesi. Bisogna quindi chiedersi, e non senza inquietudine, quali forze restano al Governo, nella massa della popolazione della Capitale, per far fronte, nelle ore difficili che potrebbero suonare, alle difficoltà che lo aspettano. La vittoria d'oggi ha la sua importanza, .senza dubbio, ed alla ripresa dei lavori parlamentari il Ministero è ormai sicuro di trovare una buona maggioranza. Ma è conseguenza naturale dell'ordinamento politico della Francia che l'enorme centro di attività rappresentato dalla Capitale prevalga per influenza d'ogni genere sovra la provincia e sarf!bbe fenomeno completamente nuovo che le cose potessero andare altrimenti ed a lungo in questo paese.

Un governo veramente robusto e forte non avrebbe tenuto la linea di condotta seguita dal Gabinetto attuale nei suoi rapporti col Municipio di Parigi. Ai primi atti irrispettosi di esso ver.so il Capo dello Stato, il Ministero avea dalla legge in mano con che parvi radicale rimedio. Anche oggi a questo non

sembra si voglia ricorrere e pare si preferisca il tenere viva una lotta che, inasprendosi, condurrà a conflitti ne' quali il Governo potrà trovarsi costretto a cercare l'appoggio, sia pur momentaneo, dei peggiori elementi rivoluzionari della capitale per tenere a segno i nazionalisti.

L'avvenire è torbido. Le parole del Presidente Loubet al banchetto d'oggi suonano ancora una volta un appello all'opera di pacificazione nazionale che continua ad essere più nei voti che nei fatti.

(l) -Cfr. n. 243. (2) -Cfr. n. 244. (3) -Cfr. p. 148, nota. (4) -Cfr. n. 254.

(l) Non pubblicato.

264

IL MINISTRO A PECHINO, SALVAGO RAGGI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 43/8. Pechino, 22 settembre 1900 (per. il 21 novembre).

Da quanto qui avviene, credo probabile che si parlerà molto in Europa degli eccessi ai quali si abbandonarono le truppe straniere in Pechino. Farmi perciò non inutile riferire all'E. V. quanto vi ha in ciò di vero.

Come ho accennato nel mio rapporto n. 8/1 del 16 agosto u.s. (1), l'occupazione dell'intera città non avvenne senza qualche resistenza. Con questa frase io non vorrei si credesse che i cinesi ,siano stati capaci di contrastare seriamente l'avanzata delle truppe straniere da un quartiere della città all'altro; essi si limitarono a tirare qualche colpo di fuciLe dalle case che poi abbandonavano. Questa sembianza di resistenza, ,ge fece pochissimo danno agli invasori, bastò però per eccitare i soldati, e realmente, in quei due primi giorni furono uccisi molti cinesi per le vie, e difficile assai sarebbe il dire se tutti fossero,

o no dei combattenti.

Appena occupata la città, i giapponesi cominciarono a svaligiare i ministeri, la zecca e le case dei ricchi funzionari. Se essi furono i primi, come affermasi generalmente, l'esempio loro fu però immediatamente imitato da tutti gli altri, ma è notevole la diversità dei sistemi seguiti dalle differenti truppe. Gli indiani e gli inglesi, sapendo che gli oggetti portati al loro accampamento sarebbero regolarmente catalogati, venduti all'asta ed il prodotto diviso fra i soldati, procedettero con ordine, ebbero cura di non rompere nulla, e l'aspetto che presentavano i quartieri da essi occupati, non aveva, anche da quei primi giorni, nulla che fare con quello delle vie ove operavano le altre truppe.

Pericolosissimo era, in quei momenti, l'avventurarsi nella parte della città dove trovavansi i giapponesi, giacchè quei soldati, che, primi al fuoco durante tutta la campagna ed anche nella occupazione della città, avevano avuto più perdite degli altri, punivano con severità quasi feroce gli abitanti. Le palle dei fucili fischiavano nelle vie, ed io che, in quei primi giorni, dovevo percorrere la città per trovarmi un tetto ove riparare me ed i pochi marinai superstiti, dovetti spesso arrestarmi, cambiar strada, per non subire la sorte dei non pochi indigeni che giacevano per la via. Ma in due giorni la condotta dei soldati giapponesi cambiò totalmente; i popolani, i mercanti e le botteghe vennero rispettati, mentre

le case dei ricchi mandarini venivano tranquillamente svaligiate e tesori in verghe d'argento e d'oro, pellicce, sete, bronzi, ecc., si accumulavano nella legazione giapponese e nei differenti quartieri generali. Oramai il quartiere assegnato ai giapponesi va riprendendo il suo aspetto normale, le botteghe sono riaperte, gli artigiani lavorano e la popolazione è felice dei nuovi padroni, nè sembra ricordarsi dei primi due giorni di terrore.

Lo stesso non può certamente dirsi dei soldati russi. Ogni eccesso di cui sia capace una soldatesca barbara essi commisero, e ancora in questi giorni sentesi parlare di ragazze violate e poi uccise, e di bambini stritolati contro i muri. La regione assegnata alle truppe russe per esercitarvi la polizia è ancora deserta, nè sembra sia per popolarsi.

Forse più umani, ma non meno avidi di bottino si mostrarono i generali, gli ufficiali, e perfino i membri della legazione. Ognuno di essi ha accumulato collezioni che avrebbero un valore favoloso ai prezzi che pagavamo quegli oggetti prima di questi avvenimenti. Con un mondo di pretesti e di piccoli sotterfugi, riuscirono ad installarsi soli nel palazzo d'estate e nella residenza privata dell'Imperatrice presso il palazzo imperiale. Come· scusa per escludere gli altri, addussero che avevano deciso di rispettare gli appartamenti imperiali, per cui solo pochi soldati potevano alloggiare nelle dipendenze. In realtà quegli appartamenti vennero rispettati... asportando quanto v'era di prezioso.

Non minore cupidigia dimostrarono i francesi che, nel saccheggiare, incendiarono e distrussero molte case e che certo non furono troppo scrupolosi nell'uccidere chi era, ed anche chi non era boxer. Per essi pure deve addursi la scusa che l'esempio veniva dall'alto, giacchè bastava andare a visitare il generale Frey per vedere mucchi d'argento in verghe, vere montagne di zibelline ed altre preziose pellicce ammassate nel suo alloggio. I soldati sono ancora tanto occupati a saccheggiare che nulla fu tentato finora per ristabilire la tranquillità e l'ordine nel quartiere francese, il quale presenta, ancora adesso, un aspetto desolante: rovine ovunque, case abbandonate, le strade deserte e solo qualche raro passante, quasi sempre cristiano, che sta rubacchiando fra le rovine, o guida i soldati a saccheggiare una casa ancora ignorata.

Il quartiere ove notasi un vero miglioramento per l'arrivo degli europei è l'inglese. In poco più d'un mese quella parte della città è diventata pulita come non fu mai; l'immondizia secolare venne asportata, e piccoli lumi posti da ogni proprietario dinanzi alle porte di casa illuminano di notte la strada.

Tutto ciò venne imposto ai cinesi che eseguiscono puntualmente le prescrizioni di polizia, sapendo che chi non lo facesse vedrebbe la sua casa confiscata, metodicamente svaligiata ed i mobili venduti all'incanto.

Un'attenta polizia è esercitata, e tutti i giorni vengono fucilati degli antichi boxers, ma tutto ciò avviene regolarmente in seguito ad un giudizio emanato da un tribunale militare. I cinesi pacifici riprendono confidenza, ed il commercio ricomincia, il che è importantissimo per facilitare i rifornimenti di viveri alle truppe.

Le truppe tedesche, arrivate dopo alcuni giorni della liberazione di Pechino, non ebbero nemmeno occasione di partecipare al saccheggio; del resto esse vennero subito occupate alla polizia del loro quartiere e ad escursioni per scacciare dai dintorni i boxers che ancora vi si trovano.

Quanto ai pochissimi marinai italiani che rimanevano dopo l'assedio e ai pochi giunti col tenente di vascello Sirianni al seguito delle truppe che vennero a liberarci, essi tennero buonissima condotta. Bisogna riconoscere che lo scarso numero rendeva facile la sorveglianza degli ufficiali, ma ciò non toglie loro il merito di non aver mai dato luogo a lagnanze di sorta.

I quattrocento marinai comandati dal capitano di corvetta Manusardi giunsero fra il 27 ed il 31 agosto, per cui non ebbero il triste esempio di quei primi giorni di disordine. Ora essi sono occupatissimi nella polizia del quartiere, lavoro non indifferente per pochi uomini.

lo ho creduto non inutile riferire a V. E. quanto precede, perchè sarà forse bene che si sappia la verità sulla condotta delle varie truppe straniere dopo la presa di Pechino, soggetto del quale probabilmente si occuperà, con esagerazioni e con inesattezze d'ogni sorta, la stampa europea, e perchè da quanto precede può apparire la opportunità (nel caso di imprese analoghe) di dare ordini ai comandanti delle nostre truppe sul contegno da tenere a questo ri~ardo.

A mio avviso, non è praticamente possibile di impedire ai soldati il saccheggio se essi sono misti con truppe straniere alle quali è permesso; mi sembra sia quindi il caso di pensare se non convenga meglio autorizzare una confisca regolare degli oggetti di valore il cui prezzo, ricavato dalla vendita all'asta pubblica, venga equamente spartito fra tutte le truppe, anzichè tollerare il saccheggio individuale e disordinato, del quale sono necessaria conseguenza le risse e le mancanze contro la disciplina (1).

(l) Cfr. n. 90.

265

IL CONSOLE A TRIESTE, LAMBERTENGHI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. R. 3485/352. Trieste, 22 settembre 1900.

A celebrare il quarto centenario della annessione della Contea Principesca di Gorizia e Gradisca all'Impero si preparano grandi feste, onorate dall'intervento di S. M. l'Imperatore, il quale giungerà a Gorizia il 29 corrente, alle 9 antimeridiane, accompagnato dal Presidente del Consiglio dei Ministri, Dr. Korber.

Quella cittadinanza ne è esultante e le dimostrazioni di attaccamento alla Casa Imperiale ed alla persona dell'Imperatore saranno anche più accentuate per il fatto che la Città di Gorizia .raccoglie moltissime famiglie dell'aristocrazia cattolica intransigente, e una sterminata falange di ufficiali di ogni rango e di impiegati in ritiro.

A garanzia di ordine e più specialmente a tutela della vita del Sovrano sono stati presi straordinari provvedimenti di polizia.

Tutti i forestieri che giungono nel Friuli orientale da qualunque parte provengano sono sottoposti a speciale vigilanza. Ogni giorno hanno luogo numerosi arresti e molt1ssime persone vengono citate, interrogate sull'esser loro, sui motivi

di loro presenza e sui mezzi di sussistenza; gli sprovvisti di documenti sono, o sfrattati, o impediti di passare la frontiera, mentre le strade di campagna al r.onfine sono vigilate da frequenti pattuglie di gendarmi. Gli operai italiani, per ragioni di vicinanza, sono quelli naturalmente che più risentono di tali misure le quali danno luogo qualche volta a curiosi incidenti, così come accadde al Conte Guido de Puppi, che arrestato dai gendarmi mentre passeggiava in una sua proprietà, fu t,radotto quale sospetto a Udine.

A scanso di eventuali reclami sarebbe pertanto opportuno che in questi giorni le autorità italiane di frontiera vigilassero acché i passeggeri diretti nel Friuli, o per Trieste, e specialmente gli operai e terrazzieri, sieno muniti di regolari passaporti, o documenti comprovanti la loro qualità e identità.

Mi riservo di riferire le ulteriori notizie sull'arrivo a Gorizia dell'Ospite Imperiale.

(l) Una copia di questo rapporto venne inviata anche al ministero della guerra.

266

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, FUSINATO, ALL'INCARICATO D'AFFARI A BRUXELLES, IMPERIALI

D. 37664/132. Roma, 23 settembre 1900.

Segno ricevimento del rapporto 8 corrente n. 694/199 (l) e del telegramma del 17 corrente (2) col quale la S. V. mi significava che la nomina del Signor Manzi nel consiglio d'amministrazione della «Compagnie d'Orient » si può ritenere come certa.

Con questa occasione mi è grato esprimerle i miei ringraziamenti per quanto la S. V. Ill.ma ha fatto allo scopo di conseguire che tale nomina fosse assicurata.

267

L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 2767/186. Berlino, 24 settembre 1900, ore 14,51.

La risposta degli Stati Uniti alla circolare germanica relativa China è nota a V. E. (3) dalla immediata pubblicazione fattane ieri a Washington. Attitudine degli Stati Uniti è spiegata qui dalle condizioni delle Filippine, e necessità di avere presto truppe disponibili da inviare colà. Risposta francese è stata data, ed è affermativa. Reca stupore che risposta francese abbia preceduto quella russa, che tuttora manca, come manca, ufficialmente, quella inglese ( 4).

(l) -Cfr. n. 210. (2) -Cfr. n. 237. (3) -L'incaricato d'affari degli Stati Uniti a Roma, Iddings, aveva indirizzato in data 22 settembre al ministro degli Esieri, Visconti Venosta, una lettera, qui non pubblicata, con cui chiariva l'atteggiamento del suo Governo. (4) -Con successivi telegrammi Lanza informava che sia il Governo giapponese sia il Governo russo avevano accettato, nella sostanza, la circolare tedesca.
268

L'AMBASCIATORE A WASHINGTON, FAVA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 2773/81. Washington, 24 settembre 1900 (per. ore 9,15 del 25).

Questo Governo ricusa aderire alla proposta tedesca di non aprire negoziati con la Cina se non prima puniti autori istigatori disordini. Alla Russia ha risposto di non intendere, per ora, ritirare da Pechino la sua legazione, e di riconoscere plenipotenziarii Li e Cing, con cui suo ministro in Cina inizierà tosto trattative. Per posta, invio testo delle risposte. A Pechino solo saranno lasciate forze sufficienti per proteggere legazione degli Stati Uniti. Squadra in estremo oriente annunciasi sarà aumentata di quattro bastimenti.

269

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 2163/964. Parigi, 24 settembre 1900.

Ringrazio V. E. di avermi comunicato con il dispaccio del l o agosto ultimo,

il rapporto del R. Ambasciatore a Madrid, in data 26 luglio, nel quale sono riferite cose importanti, relative al Marocco, dette dal Signor Silvela a quel

R. rappresentante. Vi trovai la conferma di ciò che anch'io avea saputo relativamente alle dichiarazioni più volte fatte al mio collega di Spagna dal Signor Delcassé che l'occupazione dei territori nell'ovest del Sahara, eseguita dalla Francia, avea per fine la sicurezza delle comunicazioni fra l'Algeria ed il Senegal e non dovea alterare lo statu qua territoriale del Marocco.

Come ebbi occasione di esporre al R. Governo, in ugual senso furono costantemente le cose a me dette dal Signor Delcassé, al quale, dal canto mio, ripetutamente dissi che il pericolo delle eseguite occupazioni stava nel fatto che con esse il territorio occupato dalla Francia veniva in contatto con paesi di popolazione marocchina, relativamente densa, di carattere indomito, sovra la quale l'autorità del Sultano di Marocco si spiegava in modo incerto ed intermittente. Dalle difficoltà inerenti ai rapporti di un tale vicinato, potevano sorgere ad ogni momento complicazioni più gravi e la situazione che ne risultava avea forzatamente un carattere precario.

Infatti da qualche giorno serpeggia nella stampa la notizia di un'aggressione che un presidio francese situato nella zona recentemente occupata, avrebbe subìto da parte di armati marocchini de' quali non si dice se appartengano, o non, all'esercito del Sultano. Sembra connettersi con questi rumori un articolo comparso sul Reveil du Maroc al quale l'Agenzia Havas, nei suoi fogli del 19 settembre, fa gli onori di una testuale riproduzione. La fattura dell'articolo ne sembra rivelare l'origine ufficiosa. Lo scrittore di esso cerca di ridurre l'incidente del quale si occupa alle più esigue proporzioni e di dimostrare che esso non può avere importanza nelle relazioni della Francia con l'Impero marocchino. Ma

quell'incidente uon è il solo che sia occorso negli ultimi mesi. Di quello accaduto

a Timmimoun trasmetto la versione ufficiale emanata dal Ministero della

guerra (1).

I giornali oranesi hanno parlato recentemente di ordini spediti per fermare

una colonna armata francese che avea preso la via di Figuig. Tolgo dal giornale

La Presse dell'l! settembre la narrazione di ciò che. sarebbe avvenuto ed avrebbe

motivato quegli ordini. Se i fatti sono riferiti esattamente, il Comandante Ro

gerie, per procurarsi un convegno con il capo religioso Bu-Amena, avrebbe

di sua iniziativa fatto una incursione alla testa di una colonna armata nel terri

torio di Figuig e si sarebbe esposto all'imminente pericolo di un conflitto armato

con le forze marocchine. Nello stralcio di giornale che si riferisce a questo inci

dente, noterà V. E. che è registrato il rumore di una prossima spedizione francese

nel Figuig. Vi si parla pure della decimazione prodotta dal:le malattie e dai

combattimenti nell'effettivo delle truppe impiegate nella spedizione del Tuat.

Un battaglione di 850 uomini si troverebbe ridotto a soli 250 soldati.

270

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. R. 2166/967. Parigi, 24 settembre 1900.

Le varie missioni, o meglio colonne armate, che partite da punti diversi, impiegarono molti mesi ed anni per ritrovarsi ai punti di congiunzione loro designati nel centro dell'Africa e muovere insieme od almeno simultaneamente alla presa di possesso delle regioni che circondano il lago Tchad, sono tutte o rientrate in Francia, od in viaggio di ritorno. Di esse si sanno soltanto le cose che comparvero qua e là nelle gazzette che difficilmente basterebbero a mettere in luce l'esito conseguito.

Quando, conformemente alle dichiarazioni fattemi qui dal Signor Delcassé, apparve -che solamente la missione Foureau-Lamy non aveva per obbiettivo l'occupazione di punti situati nell'immediato hinterland del Vilayet di Tripoli, cessai d'intrattenere V. E. delle informazioni che si pubblicavano in Francia circa l'itinerario di quella missione poichè esso non poteva più avere per gli interessi nostri una sufficiente importanza. Ora dalle notizie comunicate al pubblico mi sembrano risultare alcuni dati di fatto che potrebbe essere utile di ritenere; epperciò ne prendo nota in questo rapporto.

Anzitutto l'esplorazione delle sponde del lago Tchad non avrebbe corrisposto affatto alla generale aspettativa. Le contrade che lo circondano sono in gran parte deserte, prive d'ogni ricchezza naturale, nè offrono gli elementi di uno sviluppo economico importante per l'avvenire.

Le colonne armate francesi si urtarono con Habah ed ebbero degli scontri che sembra siano stati vittoriosi. Ma quali siano le conseguenze vere di quelle

vittorie finora non si potrebbe calcolare. Neppure si ha la certezza che Rabah sia stato ucciso in battaglia.

Invece si sa quasi in ·modo sicuro che le forze di Rabah, se non riuscirono a contrastare il passaggio dei Francesi, non furono però da questi inseguite. Nè, nelle località dove gli scontri avvennero, rimasero presidii europei a testimonianza di permanente occupazione....

Un distaccamento di un centinaio d'uomini comandato dal sergente Boutel che fece parte della missione Vou1et-Chanoine, .sarebbe rimasto a Zinder. Il tristissimo paese che forma il massiccio dell'Ai:r ha potuto essere traversato; ma può considerarsi come chiuso alle spalle degli arditi e fortunati esploratori. La mancanza d'acqua e di foraggio, assoluta in quella zona, escluderebbe che essa possa essere traversata da future vie di sbocco tendenti al Mediterraneo.

Se si eccettua l'occupazione di Zinder nelle condizioni sovradette, della lunga, pericolosa impresa compiuta dalle varie missioni che ebbero per scopo l'esplorazione e la presa di possesso delle regioni che l'Inghilterra abbandonò alla Francia nei suoi accordi del 1890 e 1899, nulla rimarrà dal punto di vista della materiale occupazione territoriale la quale, se dovesse divenire permanente, dovrebbe essere eseguita con mezzi molto superiori a quelli di cui le colonne, ora rientrate od in avanzato viaggio di ritorno, disponevano. La ricognizione fatta di quei paesi la quale costituisce per se stessa un'impresa di cui gli esploratori francesi possono a giusto titolo menar vanto, permetterà il calcolo del tornaconto che vi sarebbe a prendere possesso definitivo di quella vasta contrada.

Tutto ciò che finora si è saputo, tenderebbe a far credere che tale tornaconto non esista.

(l) Non pubblicata.

271

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 2168/969. Parigi, 24 settembre 1900.

Dopo che ebbi l'onore di riferire a V. E., intorno alle cose di Cina col rapporto del 6 corrente (1), mi pervennero successivamente i telegrammi con i quali Ella mi ha informato della risposta del R. governo alla comunicazione russa relativa alla evacuazione di Pechino; della nuova comunicazione del gabinetto di Pietroburgo relativa al trasferimento a Tientsin delle legazioni, alla apertura delle trattative con la Cina ed alla sufficienza dei pieni poteri dei suoi rappresentanti; della comunicazione della Germania circa la punizione dei colpevoli, come condizione preliminare delle trattative; della relazione telegrafica mandata dai R. ministro a Pechino, relativamente agli effetti probabili dell'evacuazione di quella città; delle risposte del R. governo alla seconda comunicazione russa ed a quella del gabinetto di Berlino.

Quand'anche alcune di queste comunicazioni non mi fossero state fatte con l'avvertenza che esse doveano servire soltanto per mia informazione, la posizione presa recentemente dalla Francia rispetto alla proposta russa di evacuazione di

15 -Documenti diplomatici -Serie III -Vol. IV

Pechino, mi avrebbe sconsigliato di riprendere, a proposito di esse, la conversazione col signor Delcassé, sovra un soggetto intorno al quale evidentemente qui nulla più restava a dire. Ho stimato invece di poter utilmente intrattenere questo signor ministro degli affari esteri tanto della forma e della estensione dei poteri dei quali i negoziatori cinesi si dicono muniti, quanto della proposta germanica di mettere come condizione preliminare delle trattative la punizione dei principali autori delle atrocità commesse contro gli stranieri.

Il giorno 19 corrente ebbi, sovra questi due soggetti, un colloquio con il signor Delcassé. Egli aveva avuto da questa legazione cinese copia dei pienipoteri dati dal governo imperiale ai suoi commissari. Gli interpreti del ministero degli affari esteri li avevano trovati concepiti in termini larghissimi e scritti nelle forme consuete dei documenti ufficiali cinesi. L'autenticità dei medesimi dovea risultare dai sigilli, che potrebbero verificarsi soltanto quando le spedizioni originali saranno esibite ai negoziatori delle potenze. Certamente questi dovrebbero procedere cauti nell'esame che dovranno fare dei documenti che loro saranno presentati. Ma, osservava il signor Delcassé, nessuno meglio dei rappresentanti delle potenze in Cina potrebbe essere edotto delle sottigliezze e delle insidie della diplomazia cinese.

Al mio collega di Germania, il ministro francese degli affari esteri non avea esitato, poco prima di ricevere la mia visita, di dichiarare che egli annuiva alla proposizione tedesca. Quando verso la metà di luglio il governo cinese avea fatto richiedere qui, per mezzo della sua legazione, se la Francia avrebbe voluto assumere la parte di mediatrice per il componimento delle difficoltà nate fra la Cina e le altre potenze, la risposta francese avea messo per prima condizione di ogni trattativa che la punizione dei principali e veri colpevoli sarebbe assicurata. Non era pertanto mestieri, soggiungevami il signor Delcassé, che, per ripetere cosa già detta, dovesse essere sentito il consiglio dei ministri od interrogato il presidente della repubblica. La sua risposta nel senso anzidetto avea potuto essere immediata.

Mi parve però, nel corso della conversazione, di osservare che il signor Delcassé non dava alla domanda da farsi alla Cina per la punizione dei colpevoli tutto il carattere di una vera condizione preliminare, la quale avrebbe dovuto avere il suo adempimento prima che le trattative si aprissero. Non saprei dire se ciò abbia potuto derivare dal non avere il principe Mtinster insistito nel mettere tale carattere in piena evidenza, oppure dallo avere il signor Delcassé frainteso la comunicazione fattagli in proposito.

Ho saputo per indirette vie che della misura dei risarcimenti materiali che la Cina dovrà dare si è tenuto discorso fra Parigi e Pietroburgo. Il ministro russo signqr De Witte, contrariamente alla opinione del signor Delcassé che stimava i danni da risarcire ad un miliardo, avrebbe espresso l'avviso che questi sarebbero ascesi a due miliardi almeno. Pare si sia anche ventilata una proposta che la Russia avrebbe intenzione di fare nel senso di rimettere ad una commissione arbitrale, da riunirsi all'Aja, la questione dei danni da risarcirsi dalla Cina.

Intorno a tutte queste cose ho riferito telegraficamente il 18 ed il 19 di questo mese (l).

(l) Cfr. n. 195.

(l) Cfr. n. 242. Il t. del 19 non viene pubblicato.

272

IL MINISTRO A PECHINO, SALVAGO RAGGI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 45/9. Pechino, 24 settembre 1900 (per. il 23 dicembre).

Nei giornali e nelle riviste italiane che mi sono giunte in questi giorni, trovo giudizi talmente erronei sui fatti svoltisi qui fra il giugno, il luglio e l'agosto scorso, che credo non inutile ritornare ad accennarne più dettagliatamente di quanto non ho fatto col mio rapporto n. 8/1 del 16 agosto ultimo scorso. Da quanto lessi, sembra che in Italia credasi ad uno scoppio di fanatismo religioso, grazie al quale il principe Tuan, avvelenati od allontanati dal potere l'Imperatore Kuang-hsu e l'Imperatrice, avrebbe usurpato il trono. Ovunque parlasi di truppe ribelli e truppe fedeli, e perfino del principe Cing alla testa di un esercito di • giovani cinesi •. Tutto ciò è assolutamente lontano della verità, e da quanto è possibile in Cina. L'E. V. avrà visto, dai miei rapporti del mese di febbraio e del marzo, come una società segreta, avversa ai forestieri, detta • pugno della giusta armonia • assieme ad altra società avente gli stessi scopi, detta • lungo coltello • producesse disordini ed eccitasse il popolo contro i missionari nello Shantung. La seconda di queste società già aveva fatto parlar di sè negli anni scorsi, ed infatti è nominata nei miei rapporti del 1897-98, a proposito della occupazione di Kiao-Ciau. Queste società che, come tante altre le quali esistono in Cina, hanno un carattere sociale politico religioso, vegetavano nello Shantung da parecchio tempo, e ad esse si debbono attribuire i disordini dell'estate 1899 contro gli ingegneri tedeschi che lavoravano alla ferrovia presso Kiao Ciau, contro i missionari cattolici e protestanti, e finalmente l'assassinio del missionario inglese Brooke, del quale ho riferito con mio rapporto n. 131/53 del 10 aprile 1900 (1). Questi fatti avevano messo in evidenza la società del • pugno della giusta armonia • tanto che essa attirò l'attenzione di quell'insieme di principi e di alti funzionari i quali, come già ebbi parecchie volte a spiegare in precedenti miei rapporti, costituiva quello che potrebbe dirsi una specie di partito reazionario. Su questo partito l'Imperatrice aveva dovuto appoggiarsi, nel 1898, per riaffermare il potere, e alle tendenze di questi partiti essa inclinava già nel 1898. Allora la sorte volle che 1'imprudenza della soldatesca di Tung-fu-cian, chiamata a Pechino per iniziare fin d'allora quanto adesso solo fu fatto, producesse dei piccoli disordini (aggressione di due signore inglesi, di un americano, di una signora italiana e del vescovo francese) e che l'iniziativa dei ministri d'allora, favorita dalla presenza di S.A.R. il principe Enrico di Prussia, facesse prendere misure energiche che arrestarono a mezzo il movimento. L'Imperatrice, impressionata dal pronto agire nostro, rimandò i soldati, e la calma ritornò. Parve anzi che la parte più moderata dei suoi consiglieri venisse in favore. A questo proposito credo utile ripetere quanto già ebbi a dire sulla tendenza

di questi funzionari, in un mio rapporto dello scorso inverno. Se esiste alla corte una specie di partito avverso agli stranieri, non può dirsi ve ne sia uno favorevole

(l') Non pubblicato.

ad essi. Il principe Cinge una parte dello Tsung-li-Yamen non amano gli stranieri

più degli altri funzionari, ma (forse perchè meno ignoranti delle cose d'Europa)

capivano che la violenza contro di noi porta alla rovina l'impero, perciò sono

inclini a cedere, o almeno a serbare un contegno meno ostile.

Quest'ultimo partito che, nell'inverno 1898, pareva dovesse ritornare in

favore, venne invece scalzato dai successi che l'Imperatrice riportò nella politica

estera. Nei miei rapporti dello scorso anno, a proposito della vertenza fra l'Italia

e la Cina per San Mun, ho lungamente parlato dell'effetto deplorevole che face

vano sull'animo di questi governanti i loro trionfi.

Nello scorso autunno il partito dei principi Tuan, Cinon e Lan, dei ministri

Hsu-tun, Kan-hi ed aUri, era in pieno favore.

Un uomo for,se li disturbava, Li-hung-ciang. L'antico governatore di Tientsin

è stato troppo tempo al contatto degli europei ed ha visto abbastanza d'Europa

per capire quale errore fosse per la Cina il mettersi sulla via dell'aperta violenza.

Egli non è certo più tenero degli altri per gli europei, ma avrebbe probabilmente

fatto opposizione alla esecuzione di progetti che, se non ripugnavano alla sua

coscienza, apparivano però alla sua intelligenza, meno rozza, come atti di una

vera follia. Li-hung-ciang fu spedito a Canton, quasi per far piacere alla Francia.

Così almeno sembrò allora, ed io, come molti altri, lo credetti e m'ingannai.

Si fu allora che la società del • pugno della giusta armonia • (I-ho-tuan) o dei boxers, come fu detta dagli inglesi, fioriva nello Shantung, protetta dal vicerè Yu-shien e cominciava a dilagar,e nel Ci-li. Il partito che potrebbe dirsi reazionario volle utilizzare quella società, per dare la spinta alle agitazioni anti straniere, pensando che non sarebbe rimasto ad esso altro compito che di seguire quel movimento.

Ma il corpo diplomatico cominciò ad occuparsi dei massacri dei cristiani e delle minaccie contro i cristiani. L'Imperatrice esitava e sembrò cedere quando, sulle nostre insistenze, ritirò il governatore dello Shantung, Yu-shien, sostituendolo ,con Yuan-ci-kai.

Tosto i boxers lasciarono tranquillo lo Shantung, perchè non erano più protetti dalle autorità.

Ma il principe Tuan prese la sua rivincita, facendo nominare Yu-shien governatore generale dello Shansi. Il corpo diplomatico pensò di protestare, ma si finì per non farne nulla. Certamente fu uno sbaglio, ma abbiamo delle circostanze attenuanti da invocare.

Erano pochi giorni che la nostra proposta di una dimostrazione navale aveva naufragato per l'accoglienza fredda che i vari governi vi avevano fatto. Il gabinetto inglese aveva risposto che avrebbe fatto quanto gli altri governi avessero deciso. Il germanico sembrò deliberato ad agire energicamente solo qualora un suddito tedesco fosse minacciato... e nello Shantung tutto era tranquillo, mentre l'agitazione veniva nel Ci-li, ove non trovansi missionari tedeschi. L'ammiraglio italiano veniva richiamato proprio in quei giorni, ad onta delle mie insistenze perchè restasse fino alla fine di quell'incidente. Gli Stati Uniti dichiaravano che avrebbero agito isolatamente... Intanto il ministro di Russia dava pranzi ai ministri cinesi, e si afferma da tutti, anche da quelli fra i rappresentanti esteri che, per la loro posizione, sono più a lui legati, assicurasse ai cinesi che non correvano alcun pericolo, giacchè la Russia non avrebbe permesso di toccare la Cina.

Quale accoglienza avrebbero fatto i governi d'Europa ad una nostra proposta d'insistere per la deposizione di un governatore generale il cui barbaro nome era sconosciuto fuori di Cina e appena pronunziabile? Che importanza avrebbero dato i differenti gabinetti alla sua destituzione?

L'Imperatrice andava ogni giorno convincendosi che i consigli di Tuan e degli altri principi ostili agli europei erano i buoni, che mostrando energia e resistendo ai diavoli d'occidente questi avrebbero ceduto. Si fu allora che Tungfu-cian venne ricevuto a corte, e colmato di onori. Il barone Ketteler, attirò l'attenzione dei colleghi sulla gravità del fatto di chiamare in Pechino quel generale che avevamo fatto allentare due anni prima, ma tutto fu inutile. I sorrisi di compassione, e le affermazioni del ministro di Russia che il governo cinese prendeva misure serie, che i proclami contro i boxers erano già pronti, convinsero più che le parole dell'infelice ministro di Germania, o almeno neutralizzarono il loro effetto, e nulla si fece.

Ma i disordini si avvicinavano, e si riuscì allora a far venire i distaccamenti, che il ministro di Germania trovava insufficienti per garantire l'ordine in tutta la provincia, superflui per le legazioni. Strano misto di illusioni e di chiaroveggenza!

Ma arrivati i distaccamenti, dopo un giorno di calma, ricominciarono le agitazioni, ed il pericolo divenne immine~te. Si discusse se si doveva chiamare l'ammiraglio Seymour, e ancora quel giorno ci sentimmo dir.e dal signor De Giers e dal ministro del Giappone che non potevamo considerarci • bloccati •, perchè, se era vero che la ferrovia era interrotta, che la posta non passava più, però una delle due linee telegrafiche funzionava ancora. Si riuscì, però, ed il ministro d'Inghilterra, al quale si riaprivano gli occhi dopo tanto accecamento verso il suo collega russo, mandava il noto telegramma per chiamare l'ammiraglio Seymour.

L'Imperatrice, all'annuncio della marcia dei 2000 uomini, stava per cedere. Già il generale Hieh aveva avuto ordine di tirare sui boxers, già tre ministri dello Yamen avevano l'incarico di andare incontro all'ammiraglio Seymour per ossequiarlo, quando, il 17 giugno, avvenne la presa di Taku. Quell'atto (fosse giustificato, o no, dalla situazione, non potrei dirlo, perchè non ho informazioni precise), decise della nostra sorte, e forse contribuì a quella della colonna Seymour, che solo il 19 dovette decidersi ad abbandonare il progetto di raggiungere Pechino.

Il principe Tuan non ebbe difficoltà nel dimostrare all'Imperatrice che quel suo accenno ad adottare una maggiore arrendevolezza aveva imbaldanzito gli stranieri. La sovrana, memore dei successi lusinghieri per il suo amor proprio riportati mesi prima grazie ai consigli di Tuan e di Kang-hi, si abbandonò nelle loro mani ed il nostro massacro e la guerra a Tientsin furono decisi. Il ministro di Germania solo fu ucciso, perchè egli solo andò allo Yamen, ma l'ordine era dato di ammazzare tutti i ministri esteri: così dichiara l'assassino ora arrestato.

Al momento dell'assassinio del barone Ketteler, i ministri cinesi, che in quel momento trovavansi allo Yamen, fecero comprare una bara e vi deposero il corpo del barone von Ketteler; da ciò cominciò, pare, l'odio che contro di essi nutriva

il principe Tuan, il quale, pochi giorni dopo, otteneva la loro decapitazione. La mancanza di ardire dei cinesi ci salvò allora, perchè se le truppe, che poche ore dopo tiravano su noi, avessero marciato subito sulle legazioni, nessuno di noi si sarebbe salvato.

In quei giorni vi fu, da parte delle truppe del principe Cing, un tentativo di difenderci. Esse, infatti, nella giornata del 21 e specialmente la mattina del 22, tirarono dalla muraglia sui boxers che incendiavano le case intorno alle legazioni. Ma, appena i soldati di Tung-fu-ciang, che per essere di razza turcomanna godono fama di valorosi, si avanzarono dai quartieri del nord verso le mura della città, i soldati del principe Cing si dileguarono.

A ciò si riducono le lotte accanite che, secondo i giornali, avrebbero avuto luogo fra queste truppe -i combattimenti nei quali il principe, alla testa dei suoi soldati (egli che probabilmente non è mai montato a cavallo e certamente non ha mai impugnato una spada) sarebbe caduto ferito combattendo per noi, presso le breccie aperte nelle mura delle legazioni dai cannoni di Tung-fu-ciang.

Non parlo poi del valoroso generale Wang-wen-shao, morto egli pure alla testa dei suoi soldati, difendendo la legazione d'Inghilterra. Basti dire che Wangwen-shao, mandarino civile, che mai pensò a comandare dei soldati, è un vecchio di oltre 70 anni, completamente sordo, e che appena può camminare a piedi dal palanchino alla sua sedia.

In quei primi giorni, le truppe imperiali fecero quanto potevano per ammazzarci; la nostra fortuna volle che non sapessero riuscirvi. La gazzetta di Pechino, in quei giorni, registra unicamente decreti imperiali contenenti lodi e incoraggiamenti ai patrioti boxers, odio agli stranieri. Il prefetto della città affiggeva allora, un manifesto nel quale si promettevano premi di 50 taels per ogni europeo preso, 40 per ogni donna, 30 per ogni bambino (annesso l) (1).

Ma intanto la colonna Seymour, che i cinesi credevano condannata, raggiungeva Tientsin. In quella città arrivavano truppe sbarcate dalle navi e i • diavoli d'occidente», che l'Imperatrice sperava, sulla fede di quanto le si diceva, fuggiti per sempre dalle coste dell'impero di mezzo, minacciavano la città cinese di Tientsin. Essa dubitò allora di percorrere una falsa strada, cominciò di nuovo ad ascoltare i consigli più moderati del principe e di qualche ministro. Prima conseguenza ne fu l'ordine imperiale di cessare il fuoco, ed in meno di mezz'ora quelle truppe che in Europa si credettero, sulla fede dei cinesi, truppe ribelli, cessarono il fuoco.

La partita sembrava perduta per il principe Tuan, ma un qualche lieve

successo delle truppe cinesi presso Tientsin, abilmente raccontato, bastò per

cambiare le intenzioni dell'Imperatrice, ed il fuoco ricominciò.

Si voleva allora sbarazzarsi di noi, e una diecina di cannoni, alcuni Krupp,

altri vecchi cannoni di bronzo, lanciarono sulle legazioni, per venti giorni, gra

nate, shrappnels e palle sferiche di ghisa. Una signora, la quale teneva accurata

mente conto delle cannonate che sentiva, afferma ne siano state sparate oltre 4800,

dal 29 giugno al 16 luglio, ed il calcolo è generalmente reputato esatto.

In quell'epoca, i cinesi cominciarono a fare mine, e grazie ad esse fecero

saltare in aria gran parte della legazione di Francia. Non riuscirono alla legazione

d'Inghilterra, ove, con un'attività notevole, europei e cinesi avevano potuto scavare profonde trincee lungo i muri di cinta.

Le numerose truppe erano certamente più di sei o settemila armate con fucili modernissimi, ed i boxers, armati con vecchi Mauser modello 1871, si succedevano attorno alle nostre barricate, sparando con violenza indescrivibile.

Il segnale di questi attacchi era dato alla sera con razzi lanciati dal palazzo imperiale, ed il fatto era talmente constatato ed accertato da noi che, visti i quattro razzi si raddoppiavano le sentinelle, mentre, quando due soli apparivano in aria, la gente andava a riposare.

Fortunatamente l'effetto delle fucilate cinesi era piccolo, in paragone al numero dei colpi sparati; infatti abbiamo avuto 11 morti e 12 feriti (annesso Il), ·cifre enormi, dato il piccolo numero di combattenti da parte nostra, ma insignificanti, in paragone dei milioni di fucilate dirette contro di noi. La presa di Tientsin (13-14 luglio) giunse come un fulmine a ciel sereno, mentre l'Imperatrice credeva ai rapporti dei suoi generali, che parlavano di riprendere le posizioni già perdute.

L'impressione ricevuta a corte da quell'annuncio deve essere stata grande; infatti, il 16, i consigli più miti sono ascoltati di nuovo, e l'Imperatrice fa nuovamente cessare il fuoco, si informa se siamo ancora vivi, se le nostre famiglie hanno sofferto, e ci manda perfino a regalare undici cestini di legumi, undici sacchetti di farina e undici pezzi di ghiaccio (uno per legazione). Sono questi i rifornimenti di viveri di cui l'eco arrivava in Europa. Disgraziatamente, quella poca roba bastava appena per arricchire di un piatto il nostro assai magro pasto, giacchè eravamo circa 800 persone. Proprio in quei giorni, la razione di carne di cavallo doveva essere ridotta d'un terzo.

Dei vari pareri ventilati allora a corte, uno sembrò soddisfare tutti: quello di indurci a partire per Tientsin. Da un lato, chi non voleva la nostra perdita, perchè temeva potessero derivarne seri guai alla Cina, pensava di evitare la minacciata marcia su Pechino, rimettendoci sani e salvi in Tientsin. Dall'altra, Tuan ed i suoi amici speravano, facendoci uscire dalle nostre fortificazioni, di averci in loro balìa.

L'E. V. vedrà dalle annesse traduzioni delle lettere scambiate, in quella circostanza, fra i cinesi ed il ministro d'Inghilterra a nome nostro (annesso III), come evitassimo di togliere ai cinesi la speranza di vederci partire, e ciò per prolungare i negoziati, senza del resto impegnarci ad andarcene, il che non avremmo mai fatto senza scorta europea, giacchè equivaleva a far massacrare con noi le donne e i bambini, e, quello che sarebbe stato peggio, esporli a quei tormenti che i giornali, con crudele manìa descrittiva, raccontarono come già avvenuti.

Restando, invece, avevamo ancora la speranza che qualcuna fra le varie potenze avrebbe mandato delle truppe a salvarci e, nella peggiore delle ipotesi, eravamo certi di risparmiare alle signore ed ai bambini le torture alle quali certamente sarebbero stati esposti cadendo vivi in mano alle autorità imperiali. Credo che quella nostra attitudine ci salvò, perchè, mentre il 18 luglio eravamo in condizioni quasi disperate, alla fine dell'assedio la situazione nostra, sotto l'aspetto militare, era tanto migliorata che ci fu possibile resistere agli attacchi del 12 e 13 agosto, i più accaniti che abbiamo avuto. Infatti, durante quelle discussioni, parecchi fra i nostri feriti miglioravano tanto che non pochi ripresero le armi e le nostre barricate rafforzate, le trincee approfondite, i muri di cinta raddoppiati con terrapieni, potevano permetterei di resistere a parecchi giorni di attacco. Disgraziatamente, anche i cinesi lavoravano, e, passando sotto le fondamenta di una casa, avevano condotto una mina fin presso alla casa del ministro d'Inghilterra. Già stavano mettendoci la polvere quando le truppe giunsero.

Da parte nostra pure si facevano mine, e due ne avevamo già pronte sotto le barricate cinesi più vicine a noi.

II peggio era la mancanza di viveri: dal ,5, agosto, la mezza razione di cavallo e di mulo era ridotta ancora di metà, non bastava a levarci la fame, e ne avevamo solo per sei o sette giorni al più.

Quando le truppe liberatrici furono presso Tung Ciau, ricominciarono, e con maggiore violenza, gli attacchi contro noi. Allora soltanto io credo che, forse, i soldati non avessero un ordine imperiale di attaccarci, perchè mi sembra assai probabile che allora regnasse l'anarchia a palazzo. I razzi non davano più regolarmente il segnale d'attacco; il principe Cing voleva venire a vederci, e poi non veniva... ; e si seppe dopo che Tung-fu-cian aveva minacciato di far tirare anche su di lui se tentava di rendersi da noi. I soldati volevano probabilmente vedere se potevano massacrarci prima di fuggire, ma l'Imperatrice doveva esser troppo occupata dei casi suoi per pensare a noi.

Essa infatti, il 14 mattina, partiva precipitosamente con la corte.

Mi sono dilungato a ritornare con maggiori dettagli sul periodo dell'assedio,

non per il desiderio di ripetere il racconto di contrarietà avute e di privazioni

sofferte, ma per dimostrare come l'intera responsabilità di quanto accadde spetta

all'Imperatrice, che ordinò ogni cosa, e che era ubbidita sempre dalle truppe;

prova ne sia che le due volte in cui volle far arrestare il fuoco, i suoi ordini

vennero puntualmente eseguiti.

L'Imperatrice capiva, del resto, la responsabilità che le spettava, e la rico

nobbe fuggendo assieme ai suoi complici, i principi Tuan, Cinan, Lan, il generale

Tung-fu-dan, Kan-hi e Jung-lu verso lo Shansi, mentre il rprincipe Cing si riti

rava soltanto a pochi giorni da Pechino, ove domandava di rientrare appena la

prima confusione era cessata.

La prima intenzione della corte deve essere stata quella di opporre una

resistenza passiva alle potenze, rimanendo isolata nell'interno dell'impero. Se ciò

avesse fatto, credo avrebbe creato seri imbarazzi; ma i cinesi, come sono vili in

guerra, mancano anche di carattere, e, dinanzi ad un'azione ardita, cedono. L'Im

peratrice, infatti, ordinò al principe Cing di venire a trattare, ed a Li-hung-chang

di affrettarsi verso Pechino per coadiuvare il Principe.

Quale possa essere la soluzione di questo stato di cose è impossibile preve

dere di qui, giacchè ciò dipende interamente dagli accordi che, probabilmente,

furono presi in Europa dalle potenze, e che io ignoro. Ma è certo che, per lo

meno, una grave difficoltà finanziaria sorgerà per la Cina.

Quest'impero, come già ebbi a riferire in precedenti miei rapporti, è ricco e,

per quanto malissimo amministrato, i suoi redditi attuali basterebbero a pagare gli interessi del prestito che ora sarà probabilmente costretto a fare. Ma la deplorevole prova di barbarie e di follia data da questo governo, credo gli toglierà la fiducia dei capitalisti europei, per cui non è improbabile sorga il progetto di un'amministrazione speciale per il debito pubblico con direttori europei, ad esempio di quelle che esistono in Turchia ed in Egitto.

Una simile soluzione sarebbe, come già ebbi occasione di scrivere in precedenti miei rapporti, la migliore, specialmente per l'Italia, che potrebbe, in tal modo, acquistare qui un posto accanto alle altre potenze ed esercitare un'influenza sulle cose dell'impero.

In tal modo si sormonterebbe pure una difficoltà che ora si affaccia, ed è quella di impedire alla Cina di rimettersi agli acquisti di armi, e ad organizzare truppe inutili per la sicurezza dell'impero, giacchè sono insufficienti a difenderlo contro chiunque, dannose per noi, giacchè sono bastanti per organizzare il massacro degli stranieri.

Dopo la guerra col Giappone, la Cina spese somme, che credo non esagerare dicendole enormi, in acquisto e fabbricazione d'armi e munizioni. L'artiglieria trovata a Si-kù è più moderna di quella in uso negli eserciti europei, e un ufficiale, il quale vide il materiale da guerra trovato nei tre arsenali di Tientsin, calcola la Cina vi abbia impiegato più di cento milioni di franchi. Quanto fossero inutili quelle splendide armi in mano a questa gente, lo dimostra il fatto che l'arsenale di Si-kù, il più ben armato fra i tre di Tientsin, fu preso dalla colonna Seymour (1800 uomini fra marinai e soldati) con pochi cannoncini di piccolo calibro, mancante di viveri e già in ritirata.

Quando vi fosse un'amministrazione per la cassa del debito pubblico in mano di delegati europei, il governo cinese non potrebbe più fare considerevoli acquisti di armi, e ciò basterebbe ad allontanare il pericolo che si rinnovino attentati simili, purchè una scorta armata rimanga stabilmente presso le legazioni, ed i forti di Tientsin vengano smantellati.

A questo proposito debbo notare che, negli apprezzamenti sulla capacità militare della Cina, bisogna guardarsi dal cadere da una esagerazione all'altra. Infatti, mentre nessuno si preoccupò dei sempre crescenti acquisti d'armi, tanto che il personale di tutte le legazioni si meravigliò quando vide le truppe che ci assediavano, armate di splendidi Mauser e Mannlicher a ripetizione, si andò all'eccesso contrario pensando che fossero necessari 60.000 uomini per venire da Tientsin a Pechino. In questo errore caddero tutti i comandanti militari di Tientsin eccetto il giapponese, e a quest'errore si deve se noi fummo liberati solo il 14 agosto, mentre assai prima potevano partire da quella città per Pechino 12.000 uomini. Ma dicevasi che bisognava aspettare l'arrivo di altre truppe, giacchè

12.000 uomini non bastavano. Se questo partito avesse trionfato le truppe sarebbero forse giunte a tempo per vendicarci, non certo per salvarci. La costante fortuna nostra volle che giungesse in Tientsin il generale Gaselee, i,l quale appoggiò nelle sue insistenze il generale Foukoushima, e così fu deciso l'attacco di Peitang, dopo il quale, secondo la volontà del generale Liniewitch, dovevasi ritornare a Tientsin per organizzare il corpo di spedizione. Il generale giapponese non mancò di far osservare che, mentre si organizzava il corpo di spedizione, il

governo cinese avrebbe compiuto l'opera sua in Pechino, ma le sue parole ed i biglietti nostri che riuscivano a passare, e nei quali ripetevamo che i giorni ci erano contati, non valsero a smuovere il generale russo ed il francese, per cui la marcia in avanti non venne decisa. Essa si effettuò, poi, perchè il generale giapponese, seguito dall'inglese e dall'americano, non si arrestò a Peitang,

proseguì fino a Jangtsung ove, trovando poca resistenza, potè convincere anche gli altri a marciare su Pechino. Sette giorni dopo giungevano i 12.000 uomini, e nei giorni successivi, piccoli distaccamenti con viveri, fra i quali i 30 marinai italiani, che non ebbero a sparare un colpo di fucile fra Tientsin e Pechino.

Questa marcia quasi pacifica di 12.000 uomini, dinanzi ai quali fuggivano

40.000 cinesi, dimostra che questo popolo è rimasto ancora quello che era nel 1860, e che solo la enorme superiorità delle loro armi potè indurre 30.000 cinesi a combattere per alcuni giorni in Tientsin 12.000 stranieri.

Se l'orgoglio cinese sarà duramente castigato nelle condizioni di pace, basterà poi impedire alla Cina di armarsi come andava facendo dal 1895 in poi, per garantire le potenze da un altro attentato selvaggio contro gli stranieri qui residenti.

Già accennavo alla probabile necessità per la Cina di fare un nuovo imprestito. Infatti essa dovrà ora rimborsare le spese delle spedizioni militari, non solo, ma indennizzare le società ferroviarie per le perdite enormi subite, le missioni per le proprietà distrutte, e tutti noi per quanto ci è stato rubato e incendiato dai soldati.

A questo proposito, io mi permetto ripetere all'E. V. un'osservazione già fatta col mio rapporto n. 46/10, del 26 settembre, sulla convenienza di comprendere fra gli indennizzabili le famiglie dei marinai morti qui, durante l'assedio, e a Lanfang, durante la marcia della colonna Seymour. Io credo ciò debba farsi, non solo perchè equo e perchè dovuto alla memoria delle vittime di un selvaggio attentato, ma anche per l'effetto che farà alla Cina il fatto di dover pagare per ogni soldato che era a guardia delle legazioni o che veniva in loro soccorso. Secondo me, tutto ciò che può contribuire a darci prestigio rispetto ai cinesi, acquista qui un'importanza grandissima.

Ciò io pensavo prima di questi fatti, ed ebbi l'onore di esprimermi in questo senso nei miei rapporti. Quanto avvenne serve, secondo me, a dimostrare questa verità, giacchè il recente attentato fu ideato e tentato solo perchè il prestigio del quale prima si godeva era adesso molto diminuito. Io mi lusingo che le potenze le quali mandarono qui le loro truppe sapranno imporre alla Cina una pace a condizioni tali da servirle d'esemplare lezione; che, per l'avvenire, le rappresentanze estere avranno una scorta la quale rimanga costantemente in Pechino; e che si impedirà alla Cina di fortificare di nuovo Tientsin, altrimenti, coloro che rappresenteranno le potenze europee in questa capitale e gli stranieri qui residenti saranno probabilmente, in un non lontano avvenire, vittime di un attentato simile a quello che fu perpetrato contro di noi, ed è assai probabile che, alla prima occasione, i cinesi, facendo tesoro dell'esperienza avuta, eviteranno gli errori ai quali noi unicamente dobbiamo la nostra salvezza.

(l) Gli annessi non vengono pui pubblicati.

273

L'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, BOTTARO COSTA, AL, MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 679/331. Londra, 24 settembre 1900.

Nell'appello-programma di Lord Salisbury agli elettori, pubblicato oggi dai giornali, il Primo Ministro non accenna che incidentalmente alle questioni di politica estera osservando che per quanto concerne l'azione dell'Inghilterra in China il fatto che il Gabinetto di Londra è in negoziati con quelli delle altre Grandi Potenze, gli impedisce di dare a questo riguardo troppo ampie spiegazioni.

L'appello non accenna del resto neppure alle gravi questioni di politica interna sulle quali il nuovo Parlamento può esser chiamato a pronunziarsi. Si direbbe che nel pubblicarlo il Primo Ministro ha voluto adempire ad una mera formalità. Sull'esito delle elezioni infatti non vi può esser dubbio. Bisogna tornare indietro per un lungo tratto di tempo nella storia parlamentare dell'Inghilterra per ritrovare una situazione analoga alla presente, in cui una amministrazione, dopo parecchi anni di vita, ha probabilità di rimanere al potere per parecchi altri anni ancora, e ciò in parte per merito proprio, ma sopratutto per l'impotenza degli avversarii.

274

IL CONSOLE GENERALE AD ALGERI, MACHIAVELLI, AL, MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 2085/290. Algeri, 24 settembre 1900.

Un giornale di questa città riproduce dall'Echo de Paris la notizia che si pensi di stabilire a Biserta, con elementi tolti dalla squadra del Nord, una divisione di navi corazzate.

Trattasi, probabilmente, d'una semplice dicerìa, ma ho, ad ogni modo, creduto opportuno di farne cenno all'E. V.

275

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI

T. 2915. Roma, 25 settembre 1900, ore 19.

Conte Antonelli telegrafa avere ricevuto dal ministro degli affari esteri brasiliano avviso che nostro accordo commerciale provvisorio dovrebbe essere sostituito da accordo definitivo e chiede autorizzazione continuare negoziati. Prego V. E. informarsi se codesto Governo che ha col Brasile eguale accordo provvisorio abbia ricevuto dal proprio rappresentante in Rio Janeiro consimile avviso e in quale maniera si proponga di accoglierlo.

276

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI

T. 2918. Roma, 25 settembre 1900, ore 22,40.

Il conte Lanza con telegramma di ieri mi informa che la risposta francese alla proposta germanica relativa alla punizione dei colpevoli in Cina è stata data ed è affermativa. Ha risposto anche la Russia la quale concorderebbe in tutto nel modo di vedere della Germania. Ritiene solo che la punizione dei colpevoli designati dai ministri a Pechino sia lasciata alla Cina. Altre informazioni mi fanno sapere che il Giappone ha risposto dichiarandosi pronto a dare istruzioni al suo ministro di associarsi agli altri nella designazione dei colpevoli, ma prevedendo gravi difficoltà sul punto della consegna dei colpevoli da parte del Governo cinese e ritenendo necessario a tale proposito uno scambio di idee tra le potenze. Le sarò grato se potrà darmi quelle informazioni sui termini precisi della risposta francese.

277

IL RAPPRESENTANTE DIPLOMATICO PRESSO IL NEGUS, CICCODICOLA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 3024/38. Addis Abeba, 25 settembre 1900 (1).

Da tre giorni Menelich si è riservato esclusivamente per lui telegrafo Harrar. Continue sono relazioni con ras Maconen: trattasi di una spedizione risolutiva ventimila uomini contro Mullah. Tra giorni sarà temporaneamente sospeso transito carovane dalla costa a Gildessa; forse anche corrieri non potranno passare. Menelich recasi fra giorni a Nietta, per cominciare costruzione nuova residenza.

278

L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 1418/695. Berlino, 25 settembre 1900.

In seguito alla risposta negativa data dal governo degli Stati Uniti alla nota-circolare della Germania, il governo imperiale ha creduto opportuno di maggiormente elucidare, di fronte all'opinione pubblica germanica, quali siano i suoi concetti nella presente fase della quistione cinese, facendo inserire nella ufficiosa Gazzetta di Colonia l'articolo che, attesa la sua importanza, ritengo utile di qui comunicare, in traduzione a V. E.

« A proposito della proposta tedesca di stabilire come condizione preliminare delle trattative di pace colla Cina la consegna dei colpevoli, è stato detto che i ministri a Pechino non sembrano in grado di designare con precisione quei

colpevoli e di assumere la responsabilità che le persone da essi designate siano senz'altro giustiziate. Per ciò che riguarda il primo punto, noi crediamo di poter tranquillamente lasciare la risposta ai ministri: a quanto sappiamo, questi hanno, sulle colpabilità o meno di certi grandi mandarini, idee molto nette. Circa la punizione dei colpevoli, anche la Germania è d'avviso non vi si debba procedere senza un verdetto giudiziario; i ministri debbono, solo in questo caso, rappresentare, per dir cosl, l'accusa. Spetterà poi a un tribunale internazionale di stabilire in modo regolare la colpabilità e la pena. In qual modo questo tribunale debba essere composto, è una quistione secondaria sulla quale ulteriori accordi non possono riuscire difficili. L'essenziale si è che la condanna avvenga per parte delle potenze e non della Cina. È noto che i cinesi non si fanno alcuno scrupolo di giustiziare gente innocente per i veri colpevoli, quando, sotto la pressione europea, sono costretti a dare un esempio. Ciò è spesso avvenuto, e quando noi occupammo Kiauschau e chiedemmo la punizione degli uccisori dei missionari, furono messe a disposizione persone che non avevano nulla che fare con quei massacri. Il governo americano parte dall'idea che nessuna punizione possa essere sl efficace che quella inflitta dalla Cina stessa, e ritiene giusto che sia lasciato al governo cinese questo modo di riabilitarsi. Se una probabilità qualsiasi vi fosse che la Cina procedesse realmente alla designazione e punizione dei veri colpevoli in modo da salvare il suo onore agli occhi del mondo civilizzato, tutte le potenze sarebbero certo d'accordo per lasciare alla Cina quel compito. Ciò che esse, malgrado la miglior buona volontà, non vogliono ammettere, si è di partecipare ad una • farsa » giacchè ciò e non altro sarebbe un processo fatto dai cinesi contro i capi istigatori dei moti avvenuti. Sarebbe anche possibile che quei capi sorgessero quali giudici e cogliessero l'occasione di disfarsi di un certo numero dei loro avversari. Se tutte le potenze, come ora l'America, assistessero tranquille a una tale ironia, sarebbe certa la ripetizione di massacri ai quali furono esposti sudditi di tutte le nazioni, come lo sono tuttora, giacchè le ultime notizie annunziano che i massacri di cristiani continuano. In seguito a tutte le dichiarazioni fatte, con grande pubblicità, dai rappresentanti americani Rockhill e Conger, non si può ammetteve che il governo degli Stati Uniti sia persuaso che, separandosi, col suo attuale contegno, dalla maggioranza delle potenze, esso contribuisca al ristabilimento di condizioni soddisfacenti in Cina. Una risoluzione non esauriente delle attuali difficoltà e la conseguente incertezza avvenire sarebbe dannosa agli interessi commerciali dell'America come a quelli delle altre potenze. Se ciò non astante l'America ha scelto la via politica ora da essa seguita, vi devono essere dei motivi gravi che non si possono cercar solo nella politica interna, ma eziandio nell'imperioso bisogno di riunire forti masse di truppe nelle Filippine, dove, dopo la partenza delle truppe inviate in Cina, i moti rivoluzionari hanno ripreso nuova vita. Se però è probabile che l'America agisca sotto la pressione di necessità militari, tale non è il caso per le altre potenze, ed esse continueranno l'opera loro senza l'America, con rincrescimento, ma con fermezza. È possibile che l'America, trattando ora subito con Li-hungciang, e col principe Cing, giunga prima delle altre potenze ad un accordo colla Cina; ma quel che questo suo lavoro diplomatico guadagnerà in celerità, lo perderà certo in solidità. Le guarentigie che le potenze alleate chiederanno e otterranno dalla Cina torneranno anche utili all'America; il fatto rimarrà però

che l'America ha fallito in modo sorprendente di porsi, come potenza mondiale, accanto alle altre potenze in una quistione internazionale. È stato anche detto che sia inammissibile, secondo il diritto internazionale, di pretendere da uno Stato ch'esso consegni ad un altro suoi soggetti per essere puniti, e che si possa tutt'al più esigere dalla Cina ch'essa stessa mandi ad effetto la punizione. Noi confessiamo che l'idea emessa dalla Germania esce dall'ordinario; ma straordinarii anche sono i recenti avvenimenti in Cina, e la colpa di cui sono responsabili gli alti funzionari cinesi. Di fronte a tali fatti, trincerarsi dietro una formalità di diritto internazionale, significherebbe dare ai cinesi nuovi mezzi nelle mani e compromettere il successo dell'intiera azione delle potenze».

(l) Il documento venne trasmesso telegraficamente da Aden e pervenne alle ore 19,55 del 20 ottobre.

279

L'INCARICATO D'AFFARI A PIETROBURGO, CALVI, AL, MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 504/186. Pietroburgo, 25 settembre 1900.

Un ordine del giorno del governatore militare dell'Amur, in data del 30 luglio (12 agosto), pubblicato oggi, dichiara che tutto il territorio della Manduria che è occupato dalle truppe imperiali sarà d'ora innanzi sottoposto all'amministrazione ed alle leggi russe. L'ordine del giorno stabilisce più precisamente che la regione in questione comprende i territori dei Manciuri Transeja, la cui popolazione, pel trattato d'Arguna, dipendeva dalle autorità cinesi; esso vieta pertanto il ritorno dei cinesi nel Transeja, i cui terreni restano destinati esclusivamente all'emigrazione russa; dispone che i luoghi ove erano Aiguma e Sachalin siano temporaneamente sottoposti alle autorità imperiali, e che la città ed il villaggio non possano più essere riedificati. L'ultimo capoverso, infine, dice testualmente che l'amministrazione del Transeja sarà affidata al commissario del confine dell'Amur, finchè non possa essere rimessa nelle mani di una popolazione russa autoctona. Un proclama del generale Gribski alle popolazioni tutte della Manduria rammenta gli attacchi di Blagovetchursk, e notifica il castigo inflitto dai russi; annuncia che ben presto compariranno in tutte le città e villaggi le truppe imperiali; ordina che ad esse sia usato il massimo rispetto sotto pena della distruzione dei luoghi e della uccisione di tutti gli abitanti. Ponendo questi documenti a riscontro con la cerimonia di Sachalin, di cui feci cenno nei precedenti rapporti, con le dichiarazioni del conte Lamsdorff di nulla volere occupare in Manduria, e con gl'interessi reali del governo russo in questo periodo della questione cinese, io stimo si debba considerare come avvenuta di fatto (salvo ad essere poi sanzionata a tempo opportuno) l'annessione soltanto di una piccola zona situata sulla riva destra, la cui profondità non sarei in grado di determinare, e ciò a titolo di difesa della riva sinistra; ma che, pel rimanente della Manduria, non si tratti per ora che di una amministrazione militare con carattere provvisorio, come si usa nei territori ove si guerreggia, tale da riservare piena libertà d'azione per l'avvenire, e da permettere intanto

al governo imperiale di non incorrere nella taccia di aver riaperta l'èra delle mutilazioni della Cina.

280

L'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, BOTTARO COSTA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 2790. Londra, 26 settembre 1900, ore 12,40.

Salisbury mi disse jeri, circa proposta germanica, che, sebbene trovi giusto chiedere punizione colpevoli, teme che domanda loro consegna, come condizione preliminare ed essenziale ai negoziati, possa porre alleati in imbarazzo, specialmente se non si ottiene consegna. Quanto antecedente proposta russa disse ritenere più prudente di aspettare i rapporti del ministro e generale britannici, la cosa non avendo grande premura.

281

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA

T. 2936. Roma, 26 settembre 1900, ore 23,55.

Le comunico per sua informazione questo telegramma che ricevo dall'incaricato d'affari in Londra: (Telegramma in arrivo n. 2790) (1). Le aggiungo che in un recente colloquio Sir Sanderson con lo stesso incaricato d'affari gli avrebbe detto che lord Salisbury non si dissimulava che la presenza delle truppe a Pechino complica la situazione non essendo da supporre che la Corte cinese torni alla capitale perchè occupata da truppe straniere. L'incaricato d'affari avrebbe interpretato tali parole nel senso che il Governo inglese appena le circostanze glielo permettano ridurrebbe il proprio contingente a Pechino.

282

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, ALL'INCARICATO D'AFFARI A BRUXELLES, IMPERIALI

D. 38022/136. Roma, 26 settembre 1900.

Ho letto con interesse la lettera particolare direttami dalla S. V. Ill.ma in data del 18 corrente n. 716 (2) e mì affretto a confermarLe la mia piena approvazione per quanto ella ha fatto allo scopo di assicurare la nomina di un rappresentante italiano nel consiglio di amministrazione della Compagnia di Oriente.

La intervenzione del nostro console è stata assai opportunamente da Lei procurata ed io di buon grado la autorizzo a far giungere al Commendator Philippson l'espressione del gradimento del R. Governo per la efficacissima colla

borazione che egli Le ha prestato in questa circostanza, e per il buon esito della opera sua.

In quanto poi al tenore della conversazione dalla S. V. avuta col Colonnello Thys, che Ella mi riferisce nella stessa sua lettera, mi è grato dichiararLe che il linguaggio da Lei tenuto in questa occasione è stato perfettamente corrispondente al pensiero del R. Governo.

Non mi resta, pertanto, che rinnovarL.e i ringraziamenti che Le ho recentemente rivolto per il modo col quale Ella ha condotto in favorevole risultato queste per noi interessanti trattative, e mi valgo.....

(l) -Cfr. n. 280. (2) -Cfr. n. 247.
283

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, ALL'INCARICATO D'AFFARI DI GERMANIA A ROMA, CASTELL-RUDENHAUSEN

N. 38162/558. Roma, 27 settembre 1900.

De la note que vous avez bien voulu m'adresser le 18 de ce mois, sous le

n. 4140 (1), il résulte que, dans la pensée du gouvernement d'Allemagne, on ne peut entrer en rapports diplomatiques avec le gouvernement chinois, qu'à la condition que la punition des personnes reconnues comme les vrais istigateurs des crimes commis à Pékin contre le droit des gens, se trouve préalablement assurée.

Le gouvernement impérial propose, dès lors, que les représentants à Pékin des puissances intéressées soyent engagés, par leur gouvernement respectif, à désigner les personnages chinois influents dont la coupabilité est hors de doute.

J'ai l'honneur de vous informer que l'ambassade de S. M. à Berlin a déjà reçu l'instruction de porter à la connaissance du gouvernement impérial la réponse que celui de Sa Majesté fait à la proposition que je viens de rappeler.

284

IL COMANDANTE LA DIVISIONE NAVALE OCEANICA, CANDIANI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 2838. Taku, 28 settembre 1900, ore 16,10 (per. ore 9,15 del 30).

Giunto maresciallo Waldersee e tutti ammiragli. Arrivati oggi • Iva • e «Gottardo»; partiti « Minghetti » e « Singapore », autorizzati far nolo. Russi attaccarono Peitang improvvisamente senza attendere arrivo contingenti inglese, italiano. Chinesi fuggiti nord dopo debole resistenza.

(l) Non pubblicata ma riassunta nei telegrammi di Visconti Venosta editi ai nn. 243 e 245.

285

IL MINISTRO A PECHINO, SALVAGO RAGGI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 2841. Taku, 28 settembre 1900, ore 16,20 (per. il 30).

Ministri esteri scrissero ufficiosamente principe Cing esprimendo opinione personale ritorno Corte imperiale faciliterebbe soluzione pacifica. Principe mi ha scritto ieri sera, ringrazia perchè vede confermata precedente mia moderazione, aggiunge che ha dato consigli Imperatore ritornare Pechino. Confermo il mio telegramma circa opportunità venuta truppe italiane, aggiungo che io non ho ricevuto alcuna risposta da codesto ministero nè dall'ammiraglio. Ultimo telegramma è in data 12 settembre. Qui non si hanno notizie degli altri italiani ancora in pericolo nella provincia: temo truppe straniere non volere interessarsi ed io mancanza truppe italiane nella impossibilità tentare soccorrerE. Nessun ministro estero pensa per ora lasciare Pechino. Arrivano ogni giorno truppe estere. Li-Hung-Chang è atteso qui con proposte Governo cinese. Sa11ei grato

V. E. darmi istruzioni circa contegno da tenere. Da codesto Governo ricevetti due soli telegrammi. Uno annunziante proposta russa, l'altro domanda mia opinione circa medesima proposta. Mancanza numero corrispondenza rende impossibile sapere se si sono smarriti altri.

286

MEMORANDUM SU UN COLLOQUIO FRA IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, E L'INCARICATO D'AFFARI DI FRANCIA A ROMA, BLONDEL

Roma, 28 settembre 1900.

Il signor Delcassé riterrebbe utile che le potenze si preoccupassero sin d'ora della questione relativa alle garanzie da chiedere alla Cina quando si inizieranno i negoziati di pace, reputando necessario di presentarsi con idee concrete e conformi. Il signor Delcassé, senza pregiudizio delle altre proposte che altri governi possano fare, proporrebbe di domandare alla Cina lo smantellamento dei forti di Taku, una guardia internazionale per la sicurezza delle legazioni in quel luogo dove le potenze crederanno opportuno di stabilirne la sede, e la custodia di alcuni punti determinati della ferrovia tra Pechino e Tientsin per la sicurezza delle future comunicazioni.

A questa comunicazione S. E. il ministro rispose pur verbalmente che da parte sua non potevano esservi difficoltà su tale ordine di garanzie; aggiunse che la interdizione della importazione delle armi in Cina gli sembrava un provvedimento da dover essere preso in considerazione dalle potenze; concludendo, del resto, che il governo italiano era pronto ad accettare quelle garanzie intorno a cui si raccogliesse l'accordo delle potenze.

16 -Documenti diplomatici -Serie III -Vol. IV

287

L'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, BOTTARO COSTA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 689/336. Londra, 29 settembre 1900.

Il Gabinetto di Londra non ha ancora risposto alle due proteste del Sultano del Marocco contro l'occupazione francese del Tuat e d'Igli.

Il rappresentante della Regina si è limitato ad accusarne ricevimento e ad informare il Ministro marocchino d'aver mandato copia di queste comunicazioni a Londra.

Questo modo di procedere non va interpretato nel senso di una eccezione d'inammissibilità ma come un mezzo di trarsi per il momento d'imbarazzo, salvo vedere come convenga poi meglio rispondere.

Il Sottosegretario di Stato mi ha pregato di fargli conoscere il più presto possibile il pensiero di V. E. su quanto converrebbe rispondere, accennando alla opportunità di una risposta più o meno analoga da parte dei vari Gabinetti interpellati.

Sarei perciò grato all'E. V. se mi volesse su ciò porre in grado di compiacere il Foreign Office.

288

L'INCARICATO D'AFFARI A PIETROBURGO, CALVI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 512/190. Pietroburgo, 29 settembre 1900.

Annunciasi ufficialmente l'entrata delle truppe russe a Girin in Manciuria. Era questo il punto ove dicevasi si sarebbero incontrati i maggiori ostacoli, e correva voce che colà si fossero concentrati 40.000 cinesi. Invece il paese fu occupato senza che venisse opposta resistenza alcuna.

Questa occupazione apre da un lato la via per Ni.iv-schwang, ove si dirige un ramo della ferrovia di Manciuria, dall'altro quella per Mukden, ove fa capo la strada di importanza strategica che va da Mukden a Tientsin e Pechino per Schang-hai-kvan.

289

L'INCARICATO D'AFFARI A PIETROBURGO, CALVI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 513/191. Pietroburgo, 29 settembre 1900.

Già fin dal ritorno del Ministro Witte da Parigi erano corse a Pietroburgo voci contraddittorie circa le operazioni finanziarie che egli avrebbe conchiuse durante il suo viaggio. Notizie degne di fiducia avute oggi mi farebbero credere

che il prestito vivamente desiderato dal Governo Imperiale abbia potuto essere conchiuso.

Assuntori di questo prestito sarebbero banchieri Francesi, Inglesi ed Americani, l'emissione avrebbe luogo al 96 per le case assuntrici e 98 per il pubblico. L'ammontare del prestito sarebbe di 500 milioni di Rubli l'interesse 4 %.

290

L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 2843/191. Berlino, 30 settembre 1900, ore 16,25.

Console tedesco Shanghai riferisce correre notizia avere Governo chinese emanato editto per punizione tutti colpevoli compreso Tuan. Si esita qui prestare fede a questa notizia che semplificherebbe molto situazione. Inghilterra ritarda tuttora risposta colla scusa aspettare informazioni richieste suo ministro Pechino. Intanto mi risulta che questo Governo scambi idee con quello di Pietroburgo per accordo sul modo di procedere nelle ulteriori fasi della questione chinese nel senso di fare proposte accettabili da tutti.

291

IL CONSOLE A TRIESTE, LAMBERTENGHI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. R. 3625/362. Trieste, 30 settembre 1900.

Come era annunziato S. M. l'Imperatore giunse jeri mattina a Gorizia accolto con entusiasmo dalle popolazioni di quella Contea. A maggior informazione, ho l'onore di accludere un esemplare del giornale ufficiale L'Osservatore Triestino, il solo, di quelli qui pubblicati, che contenga un resoconto particolareggiato dei ricevimenti e delle feste celebrate nella fausta occasione.

Fra le persone accorse ad ossequiare il Sovrano figura pure il Podestà di Trieste, al quale fu concesso l'onore di sedere alla tavola Imperiale. L'atto deferente del primo Magistrato e la cortesia Sovrana hanno fatto ottima impressione nella cittadinanza. Innumerevoli sono le petizioni di grazia presentate e parecchie sono di Italiani per condono di pene.

L'ordine pubblico si è fin qui mantenuto perfetto, nè v'ha dubbio si conserverà tale.

Sua Maestà lascia stasera Gorizia per Vienna e colla sua partenza verranno anche rallentate le straordinarie e severe misure di polizia, le quali, se giustificabili nella importante circostanza presente, diventerebbero in tempi normali vessatorie per cittadini e forestieri.

292

L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 2848/193. Berlino, l ottobre 1900, ore 2,20.

Lo scambio d'idee tra Gabinetti di Pietroburgo e Berlino, di cui era cenno nel telegramma di questa ambasciata in data di ieri n. 191 (l) consisterebbe anzitutto, a quanto mi è stato confidato da questo ambasciatore di Russia, nel tentativo fatto dalla Russia di indurre la Germania ad accettare il seguente modus procedendi: riconoscere validi i pieni poteri del Principe Cing e di Li-HungChang, salvo poi a dichiarare loro che le potenze non intendono iniziare le trattative prima di aver ottenuto la assicurazione della punizione dei colpevoli per i fatti di Pechino. Prevedesi però che Biilow non darà in proposito nessuna risposta definitiva prima che Waldersee sia giunto a destinazione ed abbia avuto tempo di inviare al suo Governo rapporto e proposte sulla situazione.

293

L'INCARICATO D'AFFARI A BRUXELLES, IMPERIALI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. P. 2852. Bruxelles, l ottobre 1900, ore 6,40 (per. ore 21,50).

Castelbolognesi socio ditta bancaria Manzi è stato quest'oggi nominato amministratore Compagnia d'Oriente.

294

L'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, BOTTARO COSTA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 694/339. Londra, l ottobre 1900.

La cura dilatoria, che lord Salisbury applica volentieri ogni qual volta una questione comincia ad assumere un carattere imbarazzante, questa volta, la malattia essendo acuta e richiedendo rimedii immediati, non pare dover riuscire, come è riuscita in casi precedenti (Creta, incidente del Bundesrath, ecc.). Va però notato che, più ancora che dalla naturale propensione a temporeggiare, la inerzia di lord Salisbury, nel caso presente, è dovuta a speciali considerazioni di opportunità.

Il governo degli Stati Uniti, per ragioni di politica interna, essendosi dichiarato avverso a seguire, di fronte alla Cina, la politica suggerita dalla Germania, il gabinetto di Londra è venuto a trovarsi tra l'incudine ed il martello. Da un lato il suo ben inteso interesse, gli avvenimenti che incalzano, l'opinione pub

blica nel paese chiaramente manifestata, lo spingono a secondare l'azione delle potenze centrali, dall'altro, riguardi e ragioni di convenienza politica non gli consentono di assumere un'attitudine che possa dispiacere a Washington. Riuscirà lord Salisbury coll'espediente del non pronunciarsi nè in un senso nè nell'altro a trarsi d'impaccio? Tutto fa credere che, ad un dato momento, egli dovrà pure decidersi, ed è da supporre che si deciderà per la linea di condotta tracciata dalla Germania. Intorno a questa i giornali sono di avviso quasi unanime; ritengono che l'adozione di essa sia ormai il solo mezzo che permetta di sperare in una soddisfacente soluzione delle attuali difficoltà.

(l) Cfr. n. 290.

295

IL COMANDANTE LA DIVISIONE NAVALE OCEANICA, CANDIANI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 2865. Shanhaikwan, 2 ottobre 1900 (1).

In seguito intimazione da me proposta consiglio, cinesi abbandonarono fortificazioni con artiglieria munizioni da guerra.

Stamane bersaglieri occuparono molto rapidamente parecchi forti agli estremi gran muraglia, uccidendo, facendo prigionieri parecchi cinesi combattenti. Marine militari internazionali occuparono sei forti interni bene armati in parte cannoni Pozzuoli. Informo confidenzialmente ammiraglio russo creato sempre difficoltà in consiglio, pretendendo considerare Shanhaikwan sfera d'azione corpo d'operazione russo nella Manciuria, cercando ritardare azione onde dare tempo arrivo truppe russe per occupare posizione da solo. Truppe russe, germaniche, giapponesi giunte in giornata. Domani giungeranno francesi sbarcate oggi Peitcko.

296

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, FUSINATO, ALL'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, BOTTARO COSTA

D. 38917/217. Roma, 2 ottobre 1900.

Segno ricevuta e ringrazio la S. V. del rapporto in data 20 settembre,

n. 324 (2), relativo alla questione dei reclami presentati dagli italiani espulsi dal Transwaal per ordine delle autorità militari britanniche.

Riservandomi di impartirle più categoriche e particolareggiate istruzioni tostochè mi saranno pervenute le informazioni chieste in proposito ai RR. Consolati in Pretoria e Capetown, convengo, intanto, che questo argomento abbia, sin da ora, a formare oggetto delle pratiche officiose, presso codesto Governo, da Lei accennate, e sarò grato alla S. V. se vorrà eseguirle e ragguagliarmi, poi, della risposta che Le sarà data.

(l) -Il telegramma venne trasmesso da Taku il 3 ottobre alle ore 16,40 e pervenne alle ore 17 del 4. (2) -Non pubblicato.
297

L'INCARICATO D'AFFARI A BERLINO, MELEGARI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 2861/194. Berlino, 3 ottobre 1900, ore 17,55 (per. ore 18,55)

La risposta dell'Imperatore di Germania al telegramma dell'Imperatore della China, il di cui tenore sarà certamente già noto alla E. V., produce la migliore impressione, sperasi che il severo monito in essa contenuto relativamente alla punizione dei colpevoli e che costituisce la prima notificazione ufficiale fatta al Governo chinese dei propositi della Germania, non rimanga del tutto inascoltato e possa aprire una via di uscita dall'intricata situazione presente. Contrariamente a quanto dicono i giornali, nulla ... (l) ancora a questo ambasciatore d'Inghilterra intorno alla risposta di Salisbury alla circolare germanica.

298

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL MINISTRO A PECHINO, SALVAGO RAGGI

T. 3023. Roma, 3 ottobre 1900, ore 19,15.

Ricevuto suo telegramma Taku 28 (2). Prego indicare sempre data partenza da Pechino. Suppongo ella avrà ricevuto telegramma spedito per lei all'ammiraglio Candiani il 15 settembre (3). Suppongo altresì ormai giunto Pechino il battaglione di cui ci annunciò l'invio l'ammiraglio cui è lasciata piena libertà d'azione dal punto di vista militare. Approvo sua condotta e convengo che ritorno Corte imperiale Pechino semplificherebbe situazione diplomatica. Dopo la proposta russa la Germania fece una proposta i cui principali colpevoli anteriormente alla apertura dei negoziati di pace e nella consegna di tali colpevoli alle potenze [sic]. Pur essendo ammesso da tutti il principio della punizione si presentarono difficoltà sul modo attuazione proposta germanica. Frattanto il Governo germanico ci ha fatto una nuova comunicazione nella quale dopo avere premesso di aver avuto notizie da Sheng taotai a Shanghai d'un editto imperiale che ordina la punizione di alcuni principi e grandi dignitari per avere favorito gli insorti, propone di interrogare i ministri a Pechino sulla sufficienza e sulla serietà di tali punizioni. Voglia tenere questa notizia per sua informazione perchè la proposta germanica benchè da noi accettata è tuttora allo stato di scambio di idee tra le potenze. Trattasi in sostanza di accordarsi in massima sul modo della punizione dei colpevoli affine di poter aprire sollecitamente le trattative,coi plenipotenziari che le potenze riconosciuta la regolarità formale dei loro pieni poteri sembrano disposte ad accettare ( 4).

(l) -Gruppi indecifrati. (2) -Cfr. n. 285. (3) -Cfr. n. 234. (4) -Il telegramma fu inviato all'ammiraglio Candiani a Taku per la ritrasmissione a Salvago Raggi e per conoscenza.
299

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AGLI AMBASCIATORI A PARIGI, TORNIELLI, A VIENNA, NIGRA, E ALL'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, BOTTARO COSTA (l)

T. 3025. Roma, 3 ottobre 1900, ore 19,15.

Il Governo germanico ci ha fatto una nuova comunicazione colla quale premesso di aver avuto notizia da Sheng Tautau di Shanghai d'un editto imperiale che ordina la punizione di alcuni principi e grandi dignitari per aver favorito gli insorti dichiara di riconoscere in tale editto, se autentico, un primo passo per arrivare ad una utile base per il ristabilimento di uno stato di cose regolare in China. Il Governo germanico propone pertanto di interrogare i ministri a Pechino per sapere: l) se la lista delle persone da punire contenuta nell'editto sia sufficiente ed esatta; 2) se le punizioni proposte siano sufficienti; 3) come si potranno controllare le punizioni.

Noi siamo disposti ad aderire a tale proposta, diretta ad ottenere delle informazioni necessarie intorno ad un punto essenziale dei negoziati. Comunicando pertanto ciò a V. E. per sua notizia, pregola di informarsi avendone l'occasione, se la comunicazione del Tautau Sheng fu fatta a codesto Governo, sia direttamente, sia per mezzo della legazione a Pechino.

300

IL MINISTRO A RIO DE JANEIRO, ANTONELLJ:, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 2873. Rio de Janeiro, 4 ottobre 1900, ore 16,55 (per. ore 6 del 5).

Ieri un italiano assassinato fratello presidente della Repubblica nella sua fazenda nello stato di S. Paolo.

301

I VICERÈ DI LIANG KIANG, LIU KUNG YIH, E DI LIANG HU, CHANG CHIH TUNG, AL MINISTRO DI CINA A LONDRA, LO FENG LUH

T. 4 ottobre 1900 (per. il 7).

The Imperia! Court has left Tai Yuen for Hsi Ngan. The reasons are:

1st, That the drought and famine in the Province of Shansi have caused great powerty in Tai Yuen.

2nd, That the boxers invited by Yu Hien, the Governor of Shansi, to his province, have caused great and generai devastation. Respectable inhabitants and merchants have all deserted the piace.

Under these circumstances the Court has decided to make Hsi Ngan 1ts temporary residential piace and the Government could thence contro! the !)€ace negotiations at Hsi Ngan better than at Tai Yuen, owing to the connection of the former with generai telegraphic system of the Empire; whereas the latter has been cut off from it.

The reasons of the postponement of the return of the Imperia! Court to Peking, are :

1st, That the Capitai is now under the occupation of Foreign Forces.

2nd, That we believe that a city after military operations, is bound to have pestilence in some form or other.

These real reasons we hope the Foreign Governments will be able to understand and the probable misinterpretation of the motive of the departure of the Imperia! Court from Tai Yuen to Hsi Ngan as unfavourable to peace, will consequently be avoided.

Please convey the above message to the Foreign Office (1).

(l) Analoga comunicazione fu telegrafata all'ambasciatore a Berlino, Lanza.

302

IL CONSOLE A GERUSALEMME, SCANIGLIA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 2882. Gerusalemme, 5 ottobre 1900, ore 7,05.

Reduce da Parigi su incrociatore francese, giunse a Gerusalemme 28 settembre missione abissina composta principe Nado dei francesi Moudon consigliere Negus, Blanchart addetto ministero affari esteri francese. Accompagnata console generale francese, ufficialità, marinai incrociatore francese missione fece visita governatore cui consegnò lettera autografa regina Taitù, donativi. Missione incaricò questo consolato francese depositare all'uopo 120 mila franchi nome regina Taitù, costrurre nuovo convento sulla casa di proprietà di detta regina ed intestata sino 1897 R. consolato. Assunzionisti francesi sono stati incaricati costruzione. Consolato francese avrà amministrazione nuovo stabile nonchè altri stabilimenti abissini e conseguentemente protezione etiopi sino ad ora da noi esercitata. Nuova situazione in aperta contraddizione lettera Negus a Re Umberto del giugno 1897, costituisce grave intollerabile smacco. Sono di parere che combinazione fu ordita a Parigi da Moudon il quale può avere oltrepassato visteNegus. Prego chiedere amichevoli spiegazioni Addis Abeba. Caso spiegazioni non siano soddisfacenti prego autorizzarmi telegraficamente cessare da ogni protezione di abissini non eritrei applicando loro regime sudditi esteri.

(l) Il tel. venne trasmesso dall"ambasciata a Londra al ministero il 10 ottobre.

303

L'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 2879. Vienna, 5 ottobre 1900, ore 16,30.

In assenza di Goluchowski ho chiesto a Sze,czen se H ministero imperiale e reale degli ested avesse ricevuto la comunicazione del Scheng Taotai: egli mi disse che credeva che tale comunicazione fosse pervenuta a Vienna per mezzo dell'ambasciata chinese a Pietroburgo che è pure accreditata a Vienna. Szeczen mi disse inoltre che Goluchowski aveva aderito alla proposta germanica di interrogare le legazioni sui tre punti. Aggiunse che susseguentemente venne fatta un'altra proposta francese raccomandata dalla Russia che sarà stata pure comunicata a V. E., a questa non fu ancora data risposta ma egli pensa che Goluchowski dichiarerà di aderirvi se le altre potenze accettano.

304

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, ALL'INCARICATO D'AFFARI A BERLINO, MELEGARI

T. 3041. Roma, 5 ottobre 1900, ore 20.

Come ella saprà il Governo francese ha fatto ai Governi interessati una comunicazione (l) nella quale propone i seguenti punti come basi dei negoziati da iniziare subito dopo la verifica usuale dei pieni poteri dei plenipotenziari cinesi: l) punizione dei principali colpevoli da designarsi dai ministri a Pechino; 2) interdizione della importazione delle armi; 3) indennità per stati, società e particolari; 4) costituzione a Pechino di una guardia permanente delle legazioni; 5) distruzione delle fortificazioni di Taku; 6) occupazione militare di due o tre punti della ferrovia Pechino-Tientsin. Nell'attesa del conte Lanza la prego di informarsi delle disposizioni di codesto Governo.

305

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI

T. 3042. Roma, 5 ottobre 1900, ore 20.

Non le ho mandato comunicazione della proposta francese supponendo che ella ne abbia avuto conoscenza costà. L,e comunico per sua informazione che il Governo russo ha aderito all'ultima proposta germanica e ci ha rimesso una nota verbale (2) che appoggia vivamente la proposta francese.

(l) -In data 1° ottobre, non pubblicata. (2) -In data 5 ottobre, non pubblicata.
306

L'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, BOTTARO COSTA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 2884. Londra, 6 ottobre 1900, ore 1,30.

Rispondo a suo telegramma 3025 (1).

Salisbury riconosce opportunità nuove proposte germaniche: disse volerle comunicare senza indugio al rappresentante britannico in Pechino, da cui attenderà avviso ed eventuale suggerimento.

307

L'INCARICATO D'AFFARI A BERLINO, MELEGARI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 2889/197. Berlino, 6 ottobre 1900, ore 5,55.

Non mi è stato possibile vedere oggi il barone Richtofen per intrattenerlo circolare Delcassé. D'altra parte da fonte delle più autorizzate la Germania, paga di veder figurare in primo luogo nel programma dei negoziati, suggerito dal Governo francese, la questione della punizione dei colpevoli, sarebbe disposta a fare buon viso alle altre proposte di detta circolare: e ciò tanto più che varie di esse formarono già oggetto di uno scambio di idee fra Berlino, Parigi e Pietroburga. La circolare Delcassé viene vivamente appoggiata dalla Russia. Ad eccezione del Giappone, di cui attendesi tuttora risposta, tutte le altre potenze si sarebbero già pronunziate in favore dell'ultima circolare germanica.

308

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 2888. Parigi, 6 ottobre 1900, ore 15,10.

Delcassé, avendo conservato sua assenza direzione del ministero e l'ordinamento di questo non offrendo mezzo di avere utili comunicazioni verbali quando ministro è assente, nè io nè miei colleghi qui fummo informati della proposta francese appoggiata dalla Russia, altrimenti che dalla pubblicazione ieri sera dell'agenzia Havas. Delcassé sarà probabilmente di ritorno verso il 10 corrente. Il mio collega di Germania, infastidito di non potere avere con lui rapporti diretti, crede che l'assenza di questo ministro esteri sia stata calcolata nello scopo appunto di sottrarsi alle conversazioni nostre. Si fece correre nei dì passati

la voce che Delcassé si fosse recato segretamente in Russia altri parlarono di un viaggio dell'ambasciatore Russia in provincia per andare ad intendersi col ministro esteri francese. Ritengo che queste voci abbiano nessun fondamento, ma che esse siano nate dal fatto, trapelato nel pubblico che l'adesione alla proposta russa, relativa alla ritirata da Pechino aveva sollevato contestazioni in seno del Gabinetto francese.

(l) Cfr. n. 299.

309

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL MINISTRO A PECHINO, SALVAGO RAGGI (l)

T. 3048. Roma, 6 ottobre 1900, ore 19,15.

Il Governo germanico avuto notizia dell'editto imperiale che ordina la punizione di parecchi principi e dignitari fautori degl'insorti, ha proposto che, ammessa l'autenticità dell'editto, i ministri a Pechino siano incaricati di esprimere la loro opinione su questi quesiti: l) la lista delle persone da punire contenuta nell'editto è sufficiente ed esatta? 2) Le punizioni annunciate sono proporzionate al delitto? 3) Come potranno le potenze controllare l'esecuzione delle punizioni? Avendo noi aderito a questa proposta e aderendovi per quanto risulta gli altri stati, io la autorizzo tosto che analoghe istruzioni siano giunte ai suoi colleghi ad associarsi ad essi per eseguire il mandato. Le aggiungo che nel corso dell'attuale questione cinese il Governo italiano si è costantemente proposto sovrattutto il mantenimento dell'accordo fra le potenze che fu qualche volta in pericolo. Ella vorrà agire costì nel medesimo senso, ispirandosi a un concetto di giustizia ma anche di moderazione, e cooperando per quanto le spetta affinchè i suoi colleghi possano dare una risposta collettiva ed unanime ai quesiti posti dai loro Governi.

310

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI

T. 3051. Roma, 6 ottobre 1900, ore 19,55.

Faccio seguito mio telegramma di ieri n. 3042, (2). Ieri è venuto da me l'incaricato d'affari di Francia per chiedermi il mio modo di vedere in ordine alla proposta del suo Governo. Io gli ho risposto anzi tutto che per ciò che riguarda la punizione dei colpevoli mi auguravo che un accordo potesse intervenire fra la proposta germanica e quella francese, accordo che confido si possa ottenere. Per ciò che riguarda le garanzie reclamate per l'avvenire, ho risposto che non avevo obbiezioni di massima contro le proposte francesi salvo ciò che potesse risultare dallo scambio di idee che avrà luogo tra le potenze sulle proposte medesime e salvo l'accordo con gli altri Governi. Questa mia risposta ha avuto quindi un carattere preliminare.

(l) -Il telegramma venne inviato a Candiani perchè ne prendesse conoscenza e poi lo trasmettesse a Salvago Raggi. (2) -Cfr. n. 305.
311

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA

T. CONFIDENZIALE 3049. Roma, 6 ottobre 1900.

V. E. conosce la proposta francese ufficialmente appoggiata dalla Russia. Le proposte del signor Delcassé che precisano le guarentigie da esigere dalla Cina per l'avvenire saranno oggetto dell'esame delle potenze. Per parte nostra non abbiamo contro esse obbiezioni di massima ma desideriamo di conoscer l'opinione del Governo germanico col quale ci siamo proposto sinora e ci proponiamo di procedere d'accordo. La questione però che si presenta per la prima e che non mi sembra ancora interamente risoluta è quella del modo di procedere per poter cominciare le negoziazioni. Il punto di vista del Gabinetto di Berlino è che le assicurazioni e le garanzie da ottenere dalla Cina per una seria e sufficiente punizione dei colpevoli precedano l'apertura delle trattative. La Francia e la Russia propongono che dopo l'usuale verifica dei poteri dei negoziatori la prima questione da trattare sia quella delle punizioni, il che implica che se tale questione non fosse esaurita, le trattative sarebbero interrotte. La differenza è piuttosto di forma che di sostanza, e l'accettazione per parte della Russia dell'ultima proposta germanica sulle informazioni da chiedersi ai rappresentanti delle potenze in Cina mi sembra di natura da attenuare maggiormente questa differenza. Prego

V. E. di voler informarsi delle idee del Governo germanico nello stato attuale della questione, esprimendo il desiderio che si possa render completo l'accordo preliminare tra le potenze. Ella può far sapere a codesto Governo che ho già telegrafato al nostro ministro in Pechino le opportune istruzioni nel senso della ultima proposta germanica.

312

IL RAPPRESENTANTE DIPLOMATICO PRESSO IL NEGUS, CICCODICOLA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 3087/39. Addis Abeba, 6 ottobre 1900 (per. ore 10,40 del 28) (1).

Una spedizione Amhara è nello Ogaden. Menelik fa ritirare tutti i vecchi fucili e distribuisce fucili Gras a tutti. Sono state date nuove tende e è stato proibito agli abissini di lavorare alla ferrovia, perciò molti sono già rientrati Gildessa.

(l) Il telegramma venne trasmesso via Aden.

313

L'AMBASCIATORE A WASHINGTON, FAVA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 2891/86. Lenox, .......... . (per. ore 23,30 del 6 ottobre 1900).

Aderendo proposta germanica, provocata dall'editto chinese che ordina punizione principali colpevoli, questo Governo ha telegrafato al suo ministro a Pekino perchè riferisca: se la lista colpevoli menzionata nell'editto è completa; e se la proposta punizione è proporzionata delitti commessi ed in qual modo Stati Uniti e le potenze possano essere assicurati che una soddisfacente punizione sia inflitta. Comunico quanto precede a V. E. pel caso in cui incaricato d'affari Stati Uniti non lo abbia fatto.

314

IL MI;NISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, ALL'INCARICATO D'AFFARI DEGLI STATI UNITI A ROMA, IDDINGS

N. 39564/62. Roma, 6 ottobre 1900.

Ho l'onore di accusarle ricevuta della lettera in data 22 settembre (1), con cui la S. V. mi trasmette un telegramma ricevuto dal suo governo, nel quale sono riprodotte le risposte date da esso governo l o al telegramma del governo cinese con cui si annunziava la nomina del principe Cing e di Li-hung-ciang a plenipotenziari per i negoziati di pace con le potenze; 2° alle domande dal governo russo presentate al governo federale in data 17 settembre; 3° alla proposta germanica presentata a quel governo il 18 settembre. La S. V. conclude domandando quali furono le risposte del governo italiano sui tre punti ricordati.

Mentre ringrazio per la fattami comunicazione, mi pregio di parteciparle che le risposte del governo italiano furono le seguenti:

l o Il governo italiano non ha obiezioni di massima da opporre contro la scelta del principe Cing e di Li-hung-ciang quali plenipotenziari. Mancano peraltro sinora gli elementi necessari per poter giudicare sia della regolarità formale, come della sufficienza sostanziale dei loro pieni poteri. Il governo italiano ritiene opportuno che intervengano prima, su ciò, le verifiche e le informazioni dei ministri a Pechino.

2° Alle tre richieste del governo russo fu risposto: alla la, che il governo italiano è disposto a consentire il ritiro della sua legazione a Tientsin, quando le altre potenze interessate diano ai loro rappresentanti analoghe istruzioni; alla 2a fu risposto nel senso indicato al n. l o; alla 3•, che, essendo in corso tra i varii gabinetti delle trattative dirette a ottenere garanzie per la punizione dei maggiori colpevoli dei misfatti commessi in Cina, il governo italiano esprime la

fiducia e il desiderio che si stabilisca su questo punto un accordo per poter procedere senza ritardo ai negoziati di pace. 3o Alla proposta del governo germanico, il governo italiano ha risposto dando in massima la propria adesione, e dichiarandosi disposto a mandare al

R. ministro in Pechino l'istruzione di accordarsi in proposito con i suoi colleghi, tosto che questi ricevessero analoghe istruzioni dai propri governi.

(l) Non pubblicata.

315

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, PANSA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 636/249. Therapia, 7 ottobre 1900.

Ho ricevuto i dispacci che V. E. mi fece l'onore di dirigermi alla data dei 5, 10 e 22 Settembre u. s. (NN. 171, 174, 185) (l) per segnalare i danni delle misure di polizia applicate ai nostri nazionali, specie operai, dalle autorità ottomarre, e per invitarmi a insistere presso la S. Porta affinchè sia assicurato loro il diritto di entrare e soggiornare nell'Impero, in conformità dei Trattati e usi in vigore.

Al mio ritorno in Costantinopoli, verso la fine di agosto, ho infatti potuto constatare che i rigori della polizia verso i nostri operai, avevano assunto un carattere più grave del solito, e all'infuori anche dai casi segnalati da V. E. molti reclami mi pervennero sia dal R. Consolato, sia direttamente da sudditi italiani che si erano veduti espellere e talora arrestare quantunque muniti di carte più

o meno in regola.

Di ciò io feci viva rimostranza al Ministro degli Esteri, al quale rappresentai che le debite precauzioni di sicurezza pubblica, dovevano essere mantenute entro i limiti prescritti dai riguardi internazionali e che il R. Governo non poteva non considerare questi limiti come oltrepassati, se tali misure assumevano un carattere sistematico verso i suoi sudditi e giungevano a precludere l'accesso in Turchia a coloro che si presentavano muniti di regolari passaporti vidimati dai Consolati ottomani.

Alle diverse osservazioni da me fatte in tal senso a Tewfik Pacha, S. E. sempre rispose coll'assicurare che egli si rendeva conto della loro giustizia e che aveva fatto pervenire le debite avvertenze alle autorità, affinchè i RR. sudditi muniti di passaporti regolari e regolarmente vidimati non ricevessero molestia al loro arrivo. Egli soltanto insistette più volte nell'asserire che molti dei nostri operai, provenienti in specie dalla Rumania, avevano soltanto passaporti per l'interno, congedi militari, o semplici permessi di soggiorno rilasciati dalle autorità locali del loro ultimo domicilio: documenti ai quali i Consoli ottomani dovevano rifiutare il visto a motivo della loro insufficienza, e non per istruzioni contrarie della S. Porta, che il Ministro negava di avere impartite.

Malgrado queste assicurazioni, sta di fatto che diverse espulsioni ed arresti ebbero luogo negli ultimi tempi, anche di persone munite di recapiti regolari. Tale ad esempio il caso del Leonardi oggetto dell'ultimo dei citati dispacci di

V. E. Per questo si sono fatte presso il Ministro della Polizia insistenti pratiche, delle quali attendo tuttora il risultato.

Questi rigori della polizia, sono dovuti a istruzioni del Palazzo, allo scopo

di guarentire l'incolumità del Sultano, i cui consueti timori sono naturalmente

accresciuti dalla notizia di ogni nuovo attentato che si verifica in altri paesi.

Di recente, vi fu qui inoltre la visita dello Schah di Persia che determinò ecce

zionali precauzioni ed ora si attende quella del Principe di Bulgaria. Non è

quindi a sorprendersi se tali istruzioni interpretate da agenti subalterni, danno

luogo talvolta nella loro applicazione ad atti abusivi ed ingiustificati, come nel

caso più sopra menzionato.

Di questo stato di cose soffrono più o meno tutti i viaggiatori stranieri in Turchia. Anzi, in una recente riunione dei Primi Dragomanni delle diverse missioni, quello di Austria-Ungheria comunicò, per visione, ai suoi colleghi, una nota diretta dalla sua Ambasciata alla S. Porta, per protestare contro la pretesa delle autorità di Costantinopoli di subordinare la ammissione di operai austroungarici muniti di regolare passaporto, ad una guarentigia di moralità, prestata a loro riguardo individualmente dal Consolato I. e R. A nessun Consolato, osserva giustamente la Nota (di cui comunico il testo qui unito) (1), si può equamente richiedere una simile dichiarazione.

Se questo fatto dimostra che non siamo noi i soli a lagnarci del modo di procedere della Polizia turca, sarebbe però un'illusione il dissimularsi che ne sono più degli altri oggetto gli operai italiani, e ciò non soltanto pel loro maggiore numero, ma eziandio per la taccia che disgraziatamente si annette al loro nome.

Per quanto mi sia penoso di toccare questo argomento, mi è impossibile non osservare che i clamorosi attentati commessi negli ultimi tempi da italiani hanno anche qui richiamato l'attenzione del pubblico sullo stato generale della criminalità in Italia, il quale, se già prima esisteva, era fin qui meno notorio. I giornali turchi riproducono gli articoli di riviste straniere che segnalano il numero dei fatti di sangue in Italia come decuplo della media della rimanente Europa; e riproducono pure (V. articolo qui unito) (l) le notizie delle misure di rigore che gli Stati più civili e amici adottano per propria sicurezza contro la nostra emigrazione.

A questo riguardo mi trovo costretto a riferire un incidente avvenutomi giorni sono, che oltre al suo significato energico, ha pure importanza dal punto di vista immediato dell'oggetto del presente rapporto. Erano qui arrivati dalla Sicilia 23 operai diretti a Batum, colà chiamati per certi lavori. Possedevano passaporti italiani regolari ma non vidimati dal competente Consolato russo d'Italia (che probabilmente vi si era rifiutato), e si erano riservati di procurarsi tale vidimazione al loro passaggio per Costantinopoli. Il Conte Mazza mandò infatti a quello scopo i passaporti al suo Collega di Russia; ma questi dichiarò non poterli vidimare se lo stesso Conte Mazza non guarentisse personalmente la moralità di

ciascun portatore, cosa evidentemente impossibile. Frattanto, i 23 operai erano dovuti sbarcare dal loro vapore che proseguiva il viaggio, e la polizia turca, significando a sua volta che non poteva lasciar circolare per Costantinopoli quella comitiva di individui privi di occupazione e di mezzi, li fece senz'altro imbarcare l'indomani e prima che si potesse intervenire, a bordo di un piroscafo diretto al Pireo. Però quel piroscafo toccando per via a Smirne, gli operai poterono sbarcare in quel porto, a quanto pare, senza molestia. Due giorni dopo, mi giunse un telegramma del Cav. Acton, il quale mi supplicava in termini pressanti di ottenere dall'Ambasciatore di Russia l'autorizzazione richiesta dal Console russo di Smirne per potere vidimare i passaporti di quegli operai attesi a Batum, ove avevano del lavoro assicurato. Per quanto io presentissi la probabile risposta, mi recai tuttavia dal mio collega, e gli sottoposi il telegramma di Smirne, non omettendo alcuno degli argomenti che militavano a favore della mia domanda, sia dal punto di vista umanitario, come da quello dei diritti che i Trattati guarentiscono ai sudditi dei due paesi nei reciproci territori. Mi accorsi però immediatamente che nulla riuscirei a ottenere. In forma cortese ma deliberata, il Signor Zinovieff mi dichiarò che egli doveva assolutamente declinare di intervenire nelle decisioni dei suoi Consoli, in una materia che aveva formato oggetto di precise istruzioni ad essi impartite direttamente da Pietroburgo; tali istruzioni raccomandavano di arrecare speciale rigore nella vidimazione dei passaporti di italiani diretti in Russia; i Consoli, al personale apprezzamento dei quali era lasciato il risolvere ciascun caso che loro si presentasse, agivano sotto la propria responsabilità, e ad essi quindi spettava di premunirsi contro le conseguenze dell'eventuale ammissione di un qualche anarchico nel territorio dell'Impero.

Soggiunse l'Ambasciatore che giacchè questa occasione gliene era offerta, egli si permetteva di approfittarne per pregarci di invitare le nostre autorità a verificare con maggior cura i ruoli degli equipaggi dei bastimenti italiani che approdano ai porti russi del Mar Nero; gli erano giunte frequenti lagnanze da quegli uffici di polizia, che segnalavano come a bordo dei nostri bastimenti spesso si trovassero persone non iscritte regolarmente nei ruoli; questi individui sbarcavano di soppiatto, facendosi poi cogliere senza documenti, e quando le Autorità reclamavano presso i Capitani, questi rispondevano non aver mezzo per impedire le diserzioni di chi si recava a terra con un qualunque pretesto. Trattandosi di un reclamo cosi speciale, avrei forse dovuto farne oggetto di un rapporto separato a V. E.; ma pur pregandola di volerlo far prendere dalle competenti nostre autorità, in quella considerazione che esso può meritare, credo bene di qui menzionarlo, per la sua evidente connessione colla questione più ampia di cui si occupa il presente.

In replica al diniego oppostomi dall'Ambasciatore circa la vidimazione dei passaporti, non mancai di osservargli come le adottate misure fossero eccessive ed illegali, avendo esse per effetto pratico di inibire l'accesso all'Impero, a tutti gli operai italiani: posta, com'egli mi diceva, la responsabilità a carico personale dei Consoli russi, nessuno di questi avrebbe certamente voluto assumerla a riguardo di individui ignoti, nè d'altra parte si potevano equamente pretendere dai Consoli italiani, guarentigie particolari in aggiunta a quelle che erano già implicate dai documenti ufficiali rilasciati nel Regno nella forma prevista dalle leggi; e l'esclusione in massa che ne seguiva, riusciva poi a colpire ingiustamente mi

gllaia di operai onesti, non responsabili dei delitti che taluno per eccezione poteva avere commesso. Il Signor Zinovieff non volle però arrestarsi a queste considerazioni; dopo qualche esitazione e parlando evidentemente a malincuore, egli finì col dirmi: un regicidio, sì, può avvenire ovunque, ma che pensare delle brigate di operai italiani che in molti luoghi e per esempio (egli specificò) in Alessandria d'Egitto, si erano riuniti a banchetto per festeggiare l'orribile misfatto di Monza! La polizia russa aveva ricevuto su codesto stato di cose le informazioni le più inquietanti, che imponevano al Governo le massime precauzioni a tutela della sicurezza interna dell'Impero. Se il Governo italiano, conchiuse il Signor Zinovieff, credeva poter muovere lagnanze, egli mi autorizzava a suggerirgli di presentarle direttamente a Pietroburgo, giacchè egli si dichiarava per conto proprio nell'impossibilità di rispondermi.

Non insisterò qui sulle riflessioni di maggior momento che possono essere suggerite da questa esposizione. Bensì mi occorre notare che disposizioni del vicino Impero hanno necessariamente il loro contraccolpo in Turchia; ciò non soltanto pel loro effetto morale, ma perchè gli operai italiani respinti dalla Russia si trovano necessariamente fermati a Costantinopoli e, allo stato delle cose, è difficile pretendere che le autorità turche ricevano volentieri individui disoccupati e sui quali il rifiuto stesso del Consolato russo imprime un certo carattere sospetto. Importerebbe quindi di far sì che gl'Italiani i quali partono con passaporti per la Russia, li facciano anticipatamente vidimare -se possono -dal Console russo più prossimo, il quale mercè appunto tale prossimità, sarà in migliori condizioni per assicurarsi della moralità dei latori. Ma se quel Console vi si rifiuta, sarà vano sperare una maggiore larghezza dai suoi colleghi d'Oriente, che in presL1za delle avute istruzioni, non vorranno certamente assumere una tale responsabilità.

Pur pregando l'E V. di tener conto delle difficoltà di questo compito talora assai ingrato, io continuerò frattanto ad adoperarmi di concerto col R. Consolato, allo scopo di ottenere ogni maggiore possibile attenuazione degli inconvenienti ai quali sono esposti i nostri connazionali. Noto che in Turchia non esiste contro di loro veruna animosità nè politica nè, come in altri paesi, dovuta a rivalità di lavoranti indigeni. Qui si tratta esclusivamente di timore, sotto la impressione del quale la polizia turca più delle altre inabile e sommaria, commette più delle altre errori ed arbitrii. Essa è in rapporto cogli uffici segreti dei diversi Stati di Europa e d'America, dai quali riceve comunicazioni di lunghe liste di persone sospette, e la traduzione di nomi europei in lingua turca è già di per sè cagione di molti involontari equivoci. E il peggio è la rapacità degli agenti affamati, che spogliano chi cade loro fra mano. Per rimediare, quando si tratta d'italiani, sto cercando fra altro di procurare un più intimo contatto fra le autorità della polizia turca e le nostre del Consolato e dell'Ambasciata, in modo da condurle a un'azione di sorveglianza comune -che in qualche caso potrà del resto riuscire utile a noi pure. Osservo ancora che i rigori attuali sono specialmente ristretti alla città di Costantinopoli (per riguardo alla presenza del Sultano). mentre dalle provincie non mi sono negli ultimi tempi pervenuti reclami oltre la proporzione consueta, che è assai limitata. Si veda infatti che per esempio, i 2,3 operai più sopra menzionati, respinti dalla capitale, furono poi lasciati sbarcare a Smirne. Inoltre, la stessa trascuranza abituale delle autorità turche, se da una parte dà

17 -Documenti diplomatici -Serie III -Vol. IV

occasione a maggiori irregolarità, si presta poi per compenso, a più facili abbandoni. Se per un certo tempo gli anarchici italiani non faranno più parlare di sè, vi è quindi ragione di confidare che le difficoltà attuali cesseranno praticamente in Turchia più presto che in altri Stati.

Ho creduto non inutile esporre in modo alquanto esteso la situazione esistente, affinchè il R. Ministero voglia averla presente quando gli giungano, come non potranno mancare, altri reclami di sudditi italiani qui molestati dalla polizia. Come ho detto, io farò in ciascun caso quanto sta in me a loro tutel~, nei limiti del possibile; ma una soddisfazione completa non è sperabile per ora. Una delle più gravi difficoltà è per esempio quella di ricuperare gli oggetti o valori sequestrati o scomparsi, il cui accertamento non ~. il più spesso, suscettibile di prova. Un altro punto sul quale debbo poi fare esplicita riserva, è quello delle domande d'indennità. Anche nei casi nei quali si trovano infondati i sospetti che determinarono la espulsione o l'arresto di un individuo, è difficile dimostrare, a posteriori, che quei sospetti non erano scusati da qualche indizio. Il possesso di documenti regolari poco significa di per sè, essendo noto che i più pericolosi malfattori, ne sono troppo spesso muniti. Ora, se un errore d'apprezzamento commesso da qualche agente di polizia non dà generalmente luogo a compensi pecuniari dagli Stati più civili, vi è per la Turchia il fatto costante che essa, per quanto invitata, non li paga. Non stimerei quindi opportuno di complicare i nostri reclami con simili domande, a sostenere le quali si esigerebbe l'impiego di mezzi estremi cui ho ragione di credere che il R. Governo non vorrebbe sobbarcarsi.

(l) Cfr. nn. 191 e 218. Il dispaccio del 22 settembre non è pubblicato.

(l) Non si pubblica.

316

L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 2907. Berlino, 8 ottobre 1900, ore 15,36.

Alla proposta della Germania del primo corrente hanno ufficialmente ade

rito tutte le potenze cui era indirizzata, meno Inghilterra che ancora non vi dette risposta.

317

L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 2909/199. Berlino, 8 ottobre 1900, ore 15,36.

Come già fu comunicato a V. E. da questa ambasciata con telegramma 197 (1), Germania ha fatto buon viso alle proposte del Governo francese, contenute nell'ultima circolare del signor Delcassé, come quelle che rispondono, in massima, alle sue intenzioni. Una risposta ufficiale non è però ancora stata data e ritengo si ritarderà tanto più a darla ora che già in Washington si palesa una certa

opposizione al divieto dell'introduzione delle armi in Cina e a occupazione permanente di taluni punti della strada Tientsin-Pechino. Da quanto a me risulta,

questo Gabinetto pur approvando in massima proposte Delcassé, des1dererebbe non venissero accolte come principio immutabile da imporsi, da parte delle potenze, ai futuri negoziatori, ma a questi fosse lasciata maggior libertà d'azione nei negoziati e nelle definitive proposte da sottoporre ai loro Governi.

(l) Cfr. n. 307.

318

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, ALL'INCARICATO D'AFFARI A MADRID, FRIOZZI DI CARIATI

T. 3072. Roma, 8 ottobre 1900, ore 17,15.

Pregola d'informarsi confidenzialmente se e quale risposta il Governo spagnolo ha dato o intende di dare alle proteste del Governo del Marocco relativamente alle occupazioni francesi nelle regioni del Tuat, fatte 19 giugno e 19 agosto 1900.

319

IL COMANDANTE LA DIVISIONE NAVALE OCEANICA, CANDIANI, AL MINISTRO DELLA MARINA, MORIN

T. 2903/39. . ....... (1).

Giunte truppe superiori al bisogno. Autorità cinesi militari e civili fecero atto sommissione al consiglio superiore degli ammiragli. Per opportunità politica invierò bersaglieri a Pechino solo quando russi proseguiranno Mukden, necessario lasciare compagnia marinai. Truppe cinesi ritiransi, valutate oltre diecimila. Forti interni divisi alleati. Ovunque grande quantità munizioni da guerra. Fattesi esplodere centinaia mine elettriche. Decretata costruzione ponti da sbarco per inverno, spese comuni alleati. Scontro accidentale francesi-russi, oltre...... (2) morti e feriti.

320

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. R. 2294/1013. Parigi, 8 ottobre 1900.

Ringrazio vivamente V. E. dello avermi, con il dispaccio delli 18 Settembre (3) comunicato l'interessante rapporto, delli 2 dello stesso mese (4), del R. Ministro a Tangeri. Il Comm. Malmusi, molto opportunamente richiama in quel suo rapporto, quello che il Signor Gianatelli Gentile avea indirizzato il 3 ottobre 1891 al R. Ministero. Vi si trovano infatti raccolte preziose nozioni relative a quegli accordi di delimitazione seguiti fra la Francia e l'Impero del Marocco, le quali difficilmente si troverebbero altrove e che oggi sono divenute di grande attualità.

In sostanza, se, come non ne dubito, le notizie forniteci dal rapporto del Cav. Gentile sono scrupolosamente esatte, là dove finì nel 1845 la delimitazione

del confine franco-marocchino, si lasciò sussistere un condominio sovra territori allora considerati come inadatti ad una occupazione permanente. Furono bensì assegnate alla sudditanza dell'uno o dell'altro Stato le singole tribù e si stabilì che l'autorità della sovranità che sovra di esse si estendeva, le seguirebbe anche quando vagassero nel territorio non delimitato. Era questo uno stato di cose che rispondeva ai bisogni di quel tempo. Ora le circostanze sono mutate.

Nelle successive recenti pubblicazioni di uno dei principali giornali italiani, sospetto in Francia di osteggiare i buoni rapporti fra questo ed il nostro paese, la questione marocchina è posta in termini che non poterono sfuggire all'attenzione della stampa nazionalista francese. Se ne ebbero manifestazioni finora di scarsa importanza le quali è tuttavia debito mio segnalare a V. E. poichè potrebbero essere le prime faville di un dispiacevole risveglio di non completamente estinte diffidenze fra l'Italia e la Francia.

Gli accordi relativi alla delimitazione franco-marocchina sono di data troppo antica perchè essi abbiano potuto dare luogo a comunicazioni d'indole diplomatica sovra le quali l'Italia e la Germania potrebbero oggi fondare la loro eventuale intervenzione nella questione. Non mi risulta-e forse sarebbe utile il saperlo se, nel tempo in cui quegli accordi furono conchiusi, pratiche speciali siano seguite fra il Gabinetto di Parigi e quelli di Londra e di Madrid. In tal caso questi ultimi avrebbero un titolo che a noi manca, per aprire presentemente con il Governo francese un particolare scambio di idee intorno alla questione che le note protestative del Sultano hanno posto davanti alle Potenze.

Il R. Ministro a Tangeri, nel suo rapporto precitato, accenna ad un patto di garanzia del marzo 1887 ora invocato dal Sovrano del Marocco, del qual patto l'Italia, l'Inghilterra e la Spagna sarebbero partecipanti. Se la memoria non mi tradisce, stimerei che il Sultano a torto invoca oggi un patto che Egli stesso propose alle potenze per difendersi contro la loro pressione tendente a preservare il Tuat dalla occupazione francese, ma che non fu mai ridotto a formale stipulazione.

Dalle premesse cose, pare a me risultare che l'Inghilterra e la Spagna dovrebbero muoversi in questo affare prima di noi e che, in ogni ipotesi, l'Italia potrebbe prendere, per conto suo, un atteggiamento deciso in questa questione, soltanto quando risultassero in pericolo interessi suoi sostanziali per il fatto delle occupazioni francesi nella regione Ovest del Sahara. L'impressione che si avrebbe qui da un diverso nostro contegno sarebbe inevitabilmente quella di una condotta non amichevole e ne potrebbe derivare serio pregiudizio nelle relazioni di amicizia e di reciproca fiducia fra l'Italia e la Francia.

Ciò premesso, non vi è dubbio che quanto si svolge nei luoghi dove le recenti occupazioni francesi hanno messo le forze militari di questo paese in immediato contatto con le bellicose popolazioni marocchine, deve suscitare in Italia un sentimento di legittima inquietudine. È cosa ben difficile il seguire di qui lo svolgimento delle operazioni militari nel Sud oranese. Ciò che in proposito narrano di quando in quando le gazzette, manca di ogni carattere di autenticità, e non potrebbe servire di base alle risoluzioni da prendersi. Pare tuttavia che la previsione altre volte formulata in questo mio carteggio, si verifica e che uno stato di ostilità sia scoppiato fra il corpo francese di occupazione e le limitrofe popolazioni del Marocco. Fin qui sembra si tratti di scaramuccie senza grande importanza; pero m alcuni punti il territorio ritenuto marocchino in conformità degli atti del 1845, sarebbe stato il teatro di tali parziali combattimenti.

Il R. Governo conosce meglio di me la generale situazione e le particolari disposizioni dei singoli Gabinetti. Da parte mia posso dire soltanto che fin qui non mi risulta che l'Inghilterra, la Spagna o la Germania abbiano presentato alla Francia delle rimostranze. Alle osservazioni della Spagna risposero le dichiarazioni delle quali V. E. ebbe notizia da Madrid e che formarono il soggetto di

-precedenti miei rapporti. Sostanzialmente il linguaggio ripetute volte a me tenuto dal Signor Delcassé, si conformava a quelle dichiarazioni. Ma la situazione presente delle cose non esclude la previsione di uno sviluppo di operazioni militari prossime da parte della Francia le quali potrebbero costituire una minaccia per l'integrità territoriale dell'Impero sceriffiano. Le intenzioni del Governo francese attuale di limitare l'occupazione permanente alla zona necessaria per la sicurezza delle comunicazioni dell'Algeria con i possedimenti francesi dell'Africa occidentale, potrebbero mutare sia in conseguenza di avvenimenti interni che chiamassero alla direzione degli affari altre persone, sia per necessità di difesa delle località occupate. In ogni ipotesi s'impone ormai a noi la considerazione di uno statu quo alterato e della impossibilità di prevedere i limiti entro i quali sarà circoscritta l'alterazione.

Ragioni di equilibrio fanno sì che facilmente si congiungano la questione del Marocco e quella della Tripolitania. È un tema sul quale mi resta assai poco a dire dopo tutto ciò che ho avuto l'onore di esporre in passato al R. Governo. Vi accenno oggi soltanto perchè mi occorre notare che quella parte della stampa che sembra essersi prefissa costantemente il compito, in Francia come in Italia, di impedire la reciproca fiducia fra i due paesi, ha incominciato ad agitare contemporaneamente le due questioni in quei modi che più appassionano l'opinione pubblica e che così riescono ad intorbidare spesso l'ambiente nel quale si dovrebbero con la massima serenità possibile risolvere le difficoltà internazionali.

P. S. -Profitto della partenza per Roma del Cav. Alberti per mandare questo rapporto. Ma ebbi ieri sovra questo stesso soggetto un'importante conversazione con il Signor Delcassé di cui riferirò in altro rapporto che spero far partire per occasione particolare fra uno o due giorni (1).

(l) -n telegramma venne comunicato al ministero degli Esteri 1'8 ottobre, ore 9,30. (2) -Gruppo indecifrato. (3) -Non pubblicato. (4) -Cfr. n. 177.
321

IL MINISTRO A PECHINO, SALVAGO RAGGI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 61/16. Pechino, 8 ottobre 1900 (per. il 6 dicembre).

Stamane, il ministro d'Inghilterra mi ha fatto leggere un telegramma del Foreign Office, col quale lo si informa di un.a comunicazione fatta al gabinetto di Londra da quello di Parigi contenente delle proposte, appoggiate anche dalla

Russia, circa le condizioni che le potenze dovrebbero chiedere alla Cina come base di ogni possibile trattativa.

Secondo quel telegramma tali condizioni sarebbero le seguenti:

l o Severa punizione dei principali colpevoli, che dovrebbero essere designati dai rappresentanti esteri in Pechino.

2° Mantenere la proibizione della importazione di armi in Cina.

3° Pagamento di una equa indennità ai governi, alle società, ai privati.

4o Mantenere una guardia stabile sufficiente alle legazioni.

5o Smantellare i forti di Taku.

6° Occupazione militare, da parte delle varie potenze, di alcuni punti della ferrovia fra Taku e Tientsin, a fine di assicurare le comunicazioni delle legazioni col mare.

Il ministro d'Inghilterra doveva riferire al suo governo le proprie impressioni circa queste proposte, e si dilungò a discuterle meco, per cui credo possa essere utile riferirne, fin d'ora, all'E. V., benchè non richiesto, tanto più che forse il presente rapporto potrà giungere costì prima che la questione sia risolta:

Con un mio rapporto (n. 45/9, del 24 settembre) (1), ho accennato ad alcune misure che, a mio avviso, si dovrebbero prendere sia per garantirsi da altri attentati simili, sia per dare una efficace lezione alla Cina, che oltre a mettere la vita dei nostri successori in serio pericolo, sono contrarii alla dignità ed al prestigio delle potenze. Fra quelle proposte l'E. V. ritroverà qualcuna di queste, ora qui sopra enunciate.

Anche il ministro d'Inghilterra si mostrava, in massima, favorevole a queste misure, ma mi diceva che eravi, secondo lui, una questione preliminare: cioè il modo di presentarle alla Cina: se, cioè, le potenze dovessero avanzare delle domande, oppure enunciare delle decisioni. Sir Claude Mac Donald mi diceva che la Cina si era vista, durante due mesi, padrona del corpo diplomatico, tenendo testa a tutte le potenze civili, le quali, fatto notevole, lavoravano concordi allo stesso scopo : adesso la Cina deve chinare la testa, ma il prestigio degli stranieri è ora scosso, e se una repressione energica non viene a rialzarlo, certamente l'avvenire dimostrerà che l'opera nostra fu vana e che i sacrifizii fatti ora non giovarono a nulla.

Io non so se la giustezza di queste parole potrà essere compresa in Europa, ma è certo che ognuno di noi ne è convinto. Sul merito poi di ognuna fra queste proposte vi sarebbero, a mio avviso, alcune osservazioni da fare. La proibizione di importare armi in Cina, che esiste ora, è una misura che avrebbe assai poco effetto.

In Inghilterra, per esempio, mi diceva sir Claude Mac Donald, è stabilita una pena di cento lire sterline per i contravventori: l'E. V. sarà da ciò solo convinta della poca probabilità che un tal divieto ha di essere osservato.

Io temo che qualunque possano essere le penalità inflitte agli importatori d'armi, il contrabbando si farà sempre, e forse con la connivenza di qualche governo, come avvenne in Africa. Credo però che il divieto dovrebbe stabilirsi, e che potrà essere osservato, non grazie alle penalità stabilite, ma alla tutela finanziaria che a mio avviso dovrebbesi imporre alla Cina.

Il sistema che, come accennavo nel già citato mio rapporto, meglio risponderebbe a questo scopo sarebbe quello di una istituzione analoga alla cassa del debito pubblico egiziano.

Il ministro d'Inghilterra, col quale ne accennai, si fermò a parlare meco lungamente di questo soggetto, e parmi non lo disapprovasse. La necessità di un prestito per pagare le indennità fornirebbe occasione adatta per realizzare detto progetto, giacchè sarebbe forse il solo modo per far trovare ora dei danari alla Cina, il cui credito deve essere, in questi momenti, assai scosso in Europa.

Sulla questione di una guardia permanente alle legazioni, credo tutti saranno d'accordo, giacchè i fatti hanno dimostrato che, se la Cina avesse interrotto il telegrafo tre giorni prima, non si potevano chiamare i distaccamenti, ed in tal caso la nostra sorte era decisa.

Ma l'esperienza ci ha anche dimostrato che chi possiede il pezzo di muro della città sovrastante a questo quartiere è padrone delle legazioni, perciò dovrebbesi stabilire un posto militare sulle mura stesse.

Circa lo smantellamento dei forti di Taku, penso che tutti concorderanno nel considerarla una misura indispensabile.

Il ministro d'Inghilterra mi ha osservato, a proposito dell'ultima proposta, che probabilmente vi è stato errore nella redazione, e che invece di dire • fra Taku e Tientsin • doveva dirsi • fra Taku e Pechino •.

Infatti è il viaggio da Tientsin a Pechino che ha tanto impressionato, a ragione o a torto, le truppe straniere da far durare l'assedio ancora un mese dopo la presa di Tientsin.

L'osservazione del ministro inglese sembrami quindi assai giusta, giacchè solo in tal modo si potrà, per l'avvenire, avere la sicurezza in Pechino.

Le misure fin qui consigliate hanno per scopo di impedirè il rinnovarsi di attentati simili a quelli della scorsa estate, ma non a ciò dovrebbesi limitare l'opera delle potenze in questo momento.

Se il garantire per il futuro la vita dei rappresentanti esteri in Pechino è doveroso, non credo dovrebbesi nemmeno trascurare l'occasione che si presenta ora favorevole per modificare gli usi fin qui tollerati, e che sono dannosi alla trattazione degli affari, o contrarii alla dignità dei ministri esteri.

In Cina esistono i varii ministri dell'interno, della giustizia, ecc., manca solo quello degli affari esteri che è sostituito dallo Tsung-li-Yamen, cioè tribunale delle nazioni straniere. Gli inconvenienti di questo sistema non sono pochi, e tutti coloro che dovettero trattare con quel consesso ebbero agio di convincersene. Quel tribunale è composto di sette, o otto personaggi che, durante le udienze, parlano tutti assieme, spesso uno dice bianco e l'altro nero, nessuno ha una vera responsabilità, per ·cui, mentre un giorno si rimane intesi sopra una data questione, alla seduta seguente bisogna ricominciare daccapo, perchè il ministro col quale si era intesi non è presente.

L'istituzione quindi di un vero ministero con un ministro che abbia la responsabilità dei proprii atti, della promessa che dà, si impone.

Parmi poi che sarebbe ora il momento di ottenere che la Cina adottasse il sistema seguito dalla Turchia della corrispondenza in francese, o in inglese, o in un'altra lingua europea qualunque, pur di non aver più dei documenti ufficiali

in una lingua che, per la natura sua, si presta tanto agli equivoci da creare serii imbarazzi.

Vi è in ultimo una quistione che può, a prima vista, sembrare di poca importanza, ma che in realtà ha un valore pratico, ed è quella del cerimoniale con cui i ministri esteri sono ricevuti dall'Imperatore.

Anche questo dovrebbe essere radicalmente modificato, ottenendo per essi di entrare in portantina fino alla porta interna del palazzo, di essere ricevuti, per le udienze solenni, nella gran sala del trono, e di poter ottenere udienza quando il ministro giudica vi siano quistioni gravi da sottomettere all'Imperatore direttamente.

Queste riforme alla costituzione dello Tsung-li-Yamen ed al cerimoniale credo troverebbero concordi tutti i vari rappresentanti esteri in Pechino, per riconoscerne l'utilità pratica.

lo credo che le potenze europee dovrebbero cogliere quest'occasione per regolare in modo decoroso i nuovi rapporti fra i loro rappresentanti e la Cina, e son convinto che il modo come saranno definite ora queste faccende avrà una reale importanza, giacchè occasione più favorevole forse non si presenterà più.

(l) Cfr. n. 329.

(l) Cfr. n. 272.

322

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL RAPPRESENTANTE DIPLOMATICO PRESSO IL NEGUS, CICCODICOLA

T. 3087. Roma, 9 ottobre 1900, ore 22,10 (1).

R. console Gerusalemme telegrafa: « Missione abissina con principe Nado ecc. (V. telegr. da Gerusalemme n. 2882) • (2). Non voglio creder azione missione abissina conforme ad ordini Negus e prego S. V. chiedere e telegrafarmi al più presto spiegazioni, non potendo vedere con indifferenza spogliato il R. consolato in Gerusalemme incarico affidatogli a richiesta di Menelik stesso.

323

L'INCARICATO D'AFFARI A PIETROBURGO, CALVI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 534/202. Pietroburgo, 9 ottobre 1900.

Il generale Grodekow, comandante dell'Amur, ha diretto al generale Maziewski il seguente telegramma: Il ministro della guerra mi informa che Sua Maestà l'Imperatore collo scopo di agevolare il pronto ristabilimento delle buone relazioni colla Cina, si è compiaciuto di decidere che nessuna parte della Cina sarà annessa all'impero russo, e che perciò egli si debba limitare a quei provvedimenti che avranno per scopo di assicurare il libero traffico sulle ferrovie che la Russia costruisce in Manciuria e la libera navigazione delle navi russe sull'Amur.

Con questo telegramma ha termine l'incidente relativo alla supposta occupazione della Manciuria (3). Da quanto ho saputo, l'idea della occupazione defi

nitiva era 'stata caldeggiata realmente dal generale Kuropatkine, :il quale, per questo scopo, aveva pubblicato, coll'approvazione dell'Imperatore, i due telegrammi che avevo a suo tempo segnalato. Il conte Lamsdorff, allora reggente provvisorio, non avrebbe osato opporvisi in modo assoluto. Ma, nominato poco dopo reggente definitivo, avrebbe senz'altro dichiarato all'Imperatore che l'occupazione non doveva aver luogo, ed avrebbe ottenuto di far sconfessare l'operato del ministro della guerra.

(l) -Il telegramma venne trasmesso via Aden. (2) -Cfr. n. 302. (3) -Ai primi di ottobre le truppe russe erano entrate in Mukden.
324

IL CONSOLE GENERALE A BASTIA, COLUCCI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 765/71. Bastia, 9 ottobre 1900.

Ritengo che l'E. V. è già stata informata da S. E. il Conte Tornielli del viaggio a scopo tutt'affatto militare che il Generale André, Ministro della Guerra, ed il Signor de Lanessan, Ministro della Marina, hanno stabilito di fare in Corsica ed in Tunisia. Ora, da informazioni che ho potuto attingere a buona fonte, ho saputo che i Ministri arriveranno in Ajaccio la mattina del 12 corrente e ripartiranno 24 ore dopo per Bonifacio. Visiteranno quindi il giorno seguente i vicini golfi di Santa Maura e di Portovecchio e l'indomani, o la mattina appresso, ripartiranno per Biserta, ripassando per le bocche di Bonifacio. Il Signor de Lanessan, che deve visitare più particolarmente la parte meridionale della Corsica, sarà accompagnato dal Vice Ammiraglio Bienaimé, Capo dello Stato Maggiore Generale della Marina.

I Ministri s'imbarcheranno a Tolone dopo dimani sera a bordo della nuova corazzata «Saint Louis » sulla quale prenderà pure imbarco il Vice Ammiraglio de Maigret, Comandante in Capo la squadra del Mediterraneo. La corazzata '< Saint Louis » sarà scortata da una divisione composta dalle corazzate « Gaulois » e • Bouvet », dagli incrociatori • Chanzy » e • Galilée • e dalla contro torpediniera « Hallebarde ».

P. S. -Prego di voler, se crede, informare di quanto precede gli onorevoli di Lei Colleghi della Guerra e della Marina cui mi manca il tempo materiale di scrivere il postale partendo a momenti.

325

L'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, BOTTARO COSTA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 2926. Londra, 10 ottobre 1900, ore 16,55.

Questo ministro di Cina mi comunica, con preghiera di trasmissione all'E. V., un telegramma dei vicerè di Liang-Kiang e di Liangh-Hu, annunziante che la corte imperiale ha lasciato Taiyuen per Hsingan a causa della carestia in Shansi e della devastazione portata in quella provincia dai boxers. Comunicazione soggiunge che i negoziati per la pace si potranno condurre meglio dalla nuova re3idenza per essere questa connessa col sistema telegrafico dell'Impero. Come ragioni per l'indugio nel ritorno della corte a Pekino sono addotte: l) che la capitale è occupata da forze straniere; 2) che si teme il contagio di malattie che sogliano seguire l'occupazione militare di una città. La comunicazione conclude con l'esprimere la speranza che i Governi stranieri non vorranno vedere nel trasferimento della corte a Hsinghan un sintomo sfavorevole alla pace.

326

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 2927. Parigi, 10 ottobre 1900, ore 18,10.

Ho fatto a Delcassé verbalmente la comunicazione di cui nel telegramma di

V. E. n. 3·088 (1). Questo ministro degli affari esteri mi ha espressamente incaricato di porgere a lei i suoi vivi ringraziamenti. Tutte le potenze hanno fatto presentire disposizioni favorevoli per l'accettazione delle proposte francesi, ma noi dopo la Russia siamo i primi ad averle formalmente accettate, con la riserva che Delcassé trova egli stesso ben naturale. Sembra che gli Stati Uniti abbiano intenzione di muovere qualche obiezione sopra alcuni punti delle proposte stesse, ma non si sono ancora espressi in modo formale in proposito.

327

L'INCARICATO D'AFFARI A MADRID, FRIOZZI DI CARIATI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 687/226. Madrid, 10 ottobre 1900.

Mi giunse ieri mattina il telegramma in data dell'8 corrente (2) con cui l'E. V. mi prescriveva d'assumere informazioni confidenziali circa l'atteggiamento del Governo Spagnuolo di fronte alla protesta che il Governo Marocchino ha diretto alle Potenze, nel Giugno e nell'Agosto passati, contro l'occupazione della regione del Tuat per parte delle forze militari francesi.

L'occasione di procurarmi le desiderate notizie mi si è offerta ieri stesso, avendomi questo Sotto Segretario del Ministero di Stato manifestato il desiderio di conferire meco circa due vertenze attualmente in corso. Portato da me il colloquio sull'argomento delle recenti mosse francesi nell'Africa Settentrionale e sui tentativi del Governo Sceriffiano di ottenere l'appoggio attivo delle Potenze maggiormente interessate alla conservazione dello statu quo al Marocco, il Signor Perez Caballero mi disse che il Gabinetto di Madrid dopo di essersi informato della intenzione degli altri Gabinetti, decise di limitarsi a segnar ricevuta delle due note marocchine e di astenersi da qualunque ulteriore passo nella quistione. Questo atteggiamento, soggiunse il Sotto Segretario di Stato, è -conforme a quello

adottato dall'Inghilterra, la quale dopo la Spagna, è la Potenza che ha i più grossi interessi al Marocco. Il Gabinetto di Pietroburgo è l'unico che abbia risposto alla protesta del Governo Sceriffiano e lo ha fatto, come poteva prevedersi, in senso recisamente favorevole alle imprese francesi.

In quanto al Gabinetto di Madrid, esso non considera che l'avanzarsi della Francia nella regione del Tuat minacci gli interessi essenziali della Spagna che sono limitati al littorale marocchino da Tangeri al Capo Bojador. Al momento dei suoi negoziati -col Marocco per la delimitazione dei possedimenti spagnuoli della costa del Sahara, questo Gabinetto ha ricevuto dal Governo francese le formali assicurazioni che, non solo nulla aveva da osservare al confine tracciato dalla convenzione ispano-marocchina, ma che considerava come all'infuori della sua sfera d'azione tutta la regione occidentale del Marocco, che è quella, precisamente, alla quale si limitano gli interessi della Spagna.

Il Governo Spagnuolo non ha motivi di dubitare della perfetta buona fede delle dichiarazioni così categoriche del Gabinetto di Parigi, al quale riconosce da parte sua il diritto di esercitare ed affermare il predominio della F-rancia sui territori che si estendono tra il Sud Oranese ed i possedimenti francesi del Senegal.

Delle precedenti dichiarazioni del Sotto Segretario di Stato mi sono recato a premura di far parte all'E. V. col telegramma ·che ieri stesso ho avuto l'onore di spedirle (1).

(l) -Dello stesso gtorno, ore 10,15, non pubblicato: istruzioni di confermare a Delcassé l'accettazione delle proposte francesi relative alla Cina. (2) -Cfr. n. 318.
328

IL REGGENTE IL CONSOLATO GENERALE A CALCUTTA, GHILARDI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 163/440. Calcutta, 10 ottobre 1900.

In continuazione del mio Rapporto n. 162/439 in data odierna (1), mi pregio informare V: E. che non è tutto color di rosa alle frontiere e presso le bellicose tribù afghane. Se le truppe che vanno a dare il cambio alla guarnigione del Chitral trovano la quiete nella loro strada; in un'altra zona suona ben diversa la fama, ed il Generale Hill col 2° Battaglione Sikhs, il 5° e 27° Fanteria del Punjab, una Compagnia di Pionieri, e due Batterie da Montagna, è già in cammino da Datta Khel per andare a punire le tribù dei Madda Khels.

329

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

(AVV)

L. P. Parigi, 10 ottobre 1900.

La di Lei lettera del 29 settembre relativa ai protettorati in Cina (2), mi ha messo in qualche imbarazzo. Si tratta di questione a me fin qui poco familiare. L'ho studiata un po' rapidamente valendomi anche di conversazioni che ho potuto

avere in questi giorni col Conte Gallina che fu Segretario nostro di Legazione a Pechino.

Il colloquio avuto da me ieri col Signor Delcassé mi presentò l'occasione di aprire con lui uno scambio di idee che, a parer mio, è necessario abbia luogo prima che i plenipotenziari si riuniscano a Pechino od altrove. Ella mi ha lasciato la facoltà di indagare le disposizioni di questo Ministro degli affari esteri e ne ho approfittato.

Presentarci nella Conferenza dei plenipotenziari senza aver fatto precedere alcuno scambio di idee con la Francia e sollevare nella conferenza stessa delle contestazioni sulla questione del protettorato delle Missioni, sarebbe stato un contegno poco amichevole.

Sostanzialmente noi potremmo accontentarci che la questione non venga pregiudicata, in seno della conferenza, da nuove affermazioni di diritti da parte della Francia e da parte nostra potremmo, mi pare, senza pregiudizio per noi, lasciare che gli atti del 1888 restino in fuori delle prossime discussioni.

Quegli atti nella parte che concerne l'obbligazione della Cina di rifiutare ai Missionari italiani ogni altra protezione in fuori della nostra non potrebbero servirei di base per nuove consimili affermazioni. Nel 1888 la Santa Sede, per sortire d'impaccio, avea pensato a mandare una Nunziatura in Cina. Chi oggi penserebbe a questo mezzo termine? Bisognerebbe stabilire chi proteggerà il Nunzio.

Dappoichè dovea rendere conto del colloquio d'ieri con il Signor Delcassé in un rapporto ufficiale, ho pensato che mi poteva arrogare di esporre nel rapporto stesso il mio modo di v~dere che Ella mi ha invitato ad esprimerle.

Ebbi ieri una conversazione importante con questo Ministro che spontaneamente mi parlò del Marocco. Mi manca il tempo materiale per iscriverne prima della partenza del Cavalier de Alberti che intanto Le reca questa mia lettera. Del Marocco Le scriverò stasera e spero aver occasione di spedire domani

o dopo (1).

(l) -Non pubblicato. (2) -Non pubblicata.
330

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL CONSOLE GENERALE A LIMA, PIRRONE

T. 3101. Roma, 11 ottobre 1900, ore 11.

Autorizzala firmare convenzione commerciale Equatore conforme quella franco-equatoriana.

331

L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 2936/200. Berlino, 11 ottobre 1900, ore 23,20.

Anche Inghilterra avendo aderito proposta contenuta circolare tedesca l o

ottobre, questo Governo ha dato istruzioni ai suoi rappresentanti, come già V. E. saprà, informare Governi presso cui sono accreditati che tutte potenze hanno

aderito, affinchè vogliano dare ordini in conseguenza ai loro ministri a Pechino. Da parte nostra ciò è già stato fatto, come ne informai prima di ora questo Governo. Circa proposta Delcassé, questo Governo non vi ha risposto finora ufficialmente, nè credo che vi risponderà. Questo sottosegretario di stato agli esteri mi ha detto che anche Inghilterra sembra propensa non entrare nei particolari contemplati da Delcassé sui quali non sarà possibile pieno accordo fra le potenze fino a che non sia risoluta questione della punizione dei colpevoli ora appena avviata ad una soluzione con consentimento di tutte le potenze.

(l) Cfr. n. 332.

332

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. R. 2330/1029. Parigi, 11 ottobre 1900.

Durante la visita che feci ieri al Signor Delcassé questi, abbandonando d'un tratto il soggetto sul quale era impegnata la nostra conversazione, prese a parlarmi della campagna di stampa intrapresa in Italili. relativamente alle intenzioni aggressive attribuite alla Francia contro il Marocco. Egli non voleva parlare con me di questo risveglio di sospetti contro la politica del Gabinetto di Parigi in Africa, altrimenti che a titolo privato; ma egli mi chiedeva se io potessi indicargli il movente della campagna della stampa italiana alla quale cominciavano a prendere parte anche alcuni diari inglesi. Eravi un fatto qualsiasi che avesse smentito le dichiarazioni da lui fatte a noi ed agli altri Governi circa la ferma intenzione del Governo francese di non lasciarsi trascinare ad imprese guerresche contro l'impero marocchino? Non era piuttosto vero che, sebbene il trattato del 1845 riconoscesse esplicitamente alla Francia il diritto d'inseguimento delle tribù aggressive, il Ministero attuale avea messo tutto il suo impegno ad impedire che di tale diritto si valessero le sue colonne militari togliendo così l'occasione di temporanee incursioni nella zona marocchina dove quelle tribù si rifugiavano? Ben presto si vedrebbero portate alla tribuna della Camera francese le querimonie di coloro che tacciano di debolezza e peggio la condotta che egli ha prescritto appunto nella fiducia che le operazioni nel Sud-oranese non dovessero risvegliare infondati sospetti. Queste prescrizioni erano dispiaciute perfino a coloro che erano chiamati ad osservarle. Ma egli vegliava e veglierebbe anche in avvenire perchè nessuno se ne dipartisse.

Lasciai, come è mio costume in colloqui di questo genere, che il mio interlocutore esaurisse il soggetto sul quale egli avea portato inopinatamente il discorso e poi gli dissi che anch'io aveva notato alcuni articoli comparsi in giornali ai quali non avea mai conosciuto fin qui tendenza marcata a favorire le relazioni di reciproca fiducia fra l'Italia e la Francia. Non si trattava infatti, fino a questo momento, di una campagna di stampa veramente rivelatrice di una generale emozione della pubblica opinione italiana. Qualche cosa si era veduto nei giornali italiani ed esteri delle proteste dal Sultano del Marocco presentate per la occupazione francese del Touat. Recentemente alcune gazzette di non molto conto

aveano narrato che un distaccamento francese, penetrato sul territorio di Figuig,

era stato attaccato ed avea dovuto combattere sul territorio stesso che avea

poscia evacuato. Queste notizie, qua e là raccolte, aveano destato l'attenzione

di qualche scrittore di giornali. Nè si potea far colpa a chi, non vedendo chiaro

negli intendimenti della Francia, leggeva soltanto e quasi giornalmente nei pe

riodici parigini che si stanno preparando e si spediscono rinforzi di qualche

importanza alle truppe che operano nelle lontane regioni del Sahara.

Se io non m'ingannava, così prosseguii il discorso, il trattato del 1845 conteneva talune indicazioni territoriali le quali potevano servire al tracciamento della frontiera fino presso a poco alla latitudine di Figuig. Nella zona più al sud, non si erano più designati i territori, ma si erano indicate le tribù, probabilmente non tutte le tribù, assegnando le une alla Sovranità francese, le altre alla marocchina e questa Sovranità dovea seguire le tribù stesse nelle loro peregrinazioni nella non delimitata regione del Sahara. Era cosa ben naturale che questa condizione di fatto non potesse sussistere ora che nei progetti della Francia, già in via di avanzata esecuzione, stava la costruzione della linea ferroviaria diretta dall'Algeria verso la regione di Tombouctu. Ma, sebbene si fosse udito in passato qualche cosa relativamente a trattative impegnate fra la Francia ed il Marocco per tracciare una stabile frontiera attraverso il territorio sul quale il trattato del 1845 avea stabilito una specie di condominio, ora invece nulla si sentiva a dire della ripresa di quelle trattative. Non si poteva intanto ignorare essere legge sacra dei Musulmani che il territorio non possa essere ceduto pacificamente ad uno Stato cristiano; sicchè si concepivano le apprensioni di coloro che temevano che le competizioni territoriali fra il Marocco e la Francia potessero far mettere mano alle armi alle due parti e quando le operazioni guerresche fossero incominciate, dove si sarebbero esse fermate? Io mi ricordava perfettamente ciò che il mio interlocutore mi avea detto, or sono alcuni mesi, circa l'estensione che la occupazione francese dovea prendere per assicurare le comunicazioni dell'Algeria al Sud di Orano con i territori situati al di là del Sahara. Ma non risultavami finora che una linea fosse stata adottata per segnare l'estensione neppure approssimativa di questo fabbisogno.

Il Signor Delcassé, a questo punto del colloquio, spiegò sul tavolo la carta geografica della regione di cui io discorreva, ed, indicando la regione montuosa che si protende ad Ovest del deserto, disse che fin q~i si era sempre considerato e che egli considerava che il paese situato fra quelle montagne ed il mare costituisse propriamente l'Impero marocchino alla integrità territoriale del quale la Francia non intendeva affatto di recare pregiudizio. Era per lui cosa inconcepibile che si potesse 'seriamente attribuire al governo francese l'intenzione di invadere il Marocco partendo dal Sahara. Se la Francia avesse un disegno siffatto, non le mancherebbe la scelta di ben più facili basi di operazione.

Poi, riprendendo a parlare del linguaggio dei giornali italiani, il Signor Delcassé sembrava voler trovare una spiegazione di esso nel desiderio di spingere l'opinione pubblica del nostro paese verso la realizzazione di una occupazione nostra della Tripolitania. «Vi dissi e vi ripeto -così parlò il Signor Delcassé ~ che se tale fosse il vostro progetto, non mi troverete mai sul vostro cammino per impedirvi il passo». Ed, animandosi nel discorso, il Ministro francese dimostravasi dolorosamente sorpreso che ancora non si conoscesse abbastanza il carattere suo rifuggente dalle scappatoje e dai sottintesi. Così egli si era espresso altre volte, così egli si esprimerebbe finchè la politica estera della Francia rimarrebbe a lui affidata.

Non istimai opportuno intralciare altri negoziati preliminari, aventi diversa sede, collo spingere questa conversazione più innanzi. Assicurai il Signor Delcassé che di quanto egli mi avea detto in passato, io non avea omesso mai di tenere informato il mio Governo. La stessa cosa mi proponeva di fare ora e, dopo di avere brevemente disimpegnata l'influenza del Governo nostro nella condotta delle gazzette che s'erano recentemente occupate della questione del Marocco, feci passare la conversazione sovra altro soggetto.

Nel corso di questo colloquio nulla, in verità, il Signor Delcassé ha detto che io da lui non avessi udito prima. Ma l'importanza del medesimo più che dalla conferma delle cose stesse risulta dalla spontaneità della ripresa da parte sua di tale soggetto di conversazione. Egli ha premesso qualche riserva circa il carattere non ufficiale del linguaggio che mi avrebbe tenuto. Ciò vuol dire che le dichiarazioni fattemi non impegnano un eventuale successore. Esse conservano però il loro valore pieno finchè qui non cambia il Ministero.

Una osservazione mi preme di fare: ed è questa. Allorchè io ho insistito sovra la circostanza che neppure approssimativamente si conosceva la linea entro la quale l'occupazione francese della regione al Sud di Orano ed all'Est del Marocco sarebbe limitata, il Signor Delcassé frappose alla sua risposta una breve pausa e poscia sfuggì alla mia questione di risolvere le difficoltà mediante una delimitazione complementare di quella del 1845 col Marocco, additando sulla carta ciò che egli stimava appartenere al territorio dell'Impero sceriffiano.

Nel mio rapporto delli 8 corrente (l) ho scritto, prima di aver avuto col Signor Delcassé il colloquio di cui oggi rendo conto, che la situazione presente delle cose non esclude la previsione di uno ,sviluppo di operazioni militari prossime da parte della Francia le quali potrebbero costituire una minaccia per l'integrità territoriale del Marocco. Questa mia osservazione deve oggi intendersi nel senso che, finchè il Signor Delcassé conserva il portafoglio degli affari esteri, egli si opporrà con energia ad operazioni aggressive contro il territorio riconosciuto come marocchino. Dalle sue parole non mi fu difficile l'intendere che egli ha dovuto e deve spiegare la massima attenzione e la maggiore sua energia per impedire che i comandi militari non gli vincano la mano nello inseguimento delle tribù ostili che si riparano entro quel territorio. La previsione pertanto che le esplicite e soddisfacenti dichiarazioni odierne del Governo francese potrebbero essere invalidate sia in caso di mutamenti ministeriali, sia per effetto di necessità di difesa de' luoghi oc,cupati, mi sembra imporsi a noi anche dopo la conferma delle precedenti dichiarazioni di questo Ministro degli affari esteri. Ne deduco la conseguenza che se, per dare sempre maggiore stabilità ai ripristinati buoni rapporti dell'Italia con la Francia, si stimasse di dovere fare scomparire lo screzio sempre latente, mantenuto dal non essere mai stati definiti e composti gli interessi rispettivi dei due paesi nella Tripolitania e nel Marocco, l'ora presente sembrerebbe favorevole.

(l) Cfr. n. 320.

333

L'INCARICATO D'AFFARI A PIETROBURGO, CALVI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 539/207. Pietroburgo, 11 ottobre 1900.

Nel suo telegramma al conte Lanza, n. 1251, l'E. V. si preoccupava della

possibilità di una divergenza di vedute fra la Germania e la Russia, intorno alla

loro ulteriore azione in Cina. La questione che Ella contemplava, cioè il ritiro

delle truppe da Pechino, fu composta nel senso che non ha alterato il concerto

delle potenze; ma il timore di V. E. era giustificato, e merita di essere sempre

lenuto presente, perchè una divergenza di vedute esiste realmente fra gli Stati

occidentali, la Germania in modo particolare, e la Russia; ed è sostanziale. Se

essa non avrà per conseguenza di distruggere l'accordo delle potenze, ciò sarà

dovuto al grande spirito di conciliazione che regna fra i gabinetti, alle forme

premurose della Russia, alla moderazione della Germania.

Non trattasi di cose nuove: la Germania e gli Stati europei, come osserva il conte Lanza, desiderano serie guarentigie per l'avvenire, un ordine di cose durevole, sicurezza per i loro missionari ed i loro commercianti nelle varie parti della Cina. Tutto ciò è, (per dir poco) assolutamente indifferente alla Russia, che non ha commerci e non fa propaganda. In termini più generali, gli Stati di alta coltura aspirano a penetrare nell'impero celeste colle missioni, i capitali, le capacità tecniche ed industriali ed i traffici, a modificare le condizioni del paese, creando nuovi bisogni, aprendovi nuovi mercati. La Russia invece mira a mantenere intatta l'essenza dello Stato cinese, a corroderne lentamente la periferia con ,colonie di popolazione, respingendo, anzichè amalgamando gli elementi etnici, ed assicurandosi ovunque una specie di amichevole protettorato.

La Russia ha un programma ben definito e lo espone chiaramente; vuole tutelare la dinastia Manciù e l'integrità della Cina, vuole mantenere ad ogni costo buone relazioni col suo vicino d'Asia, cui aderisce per 2000 chilometri di confine. Tutti i suoi atti sono coerenti a questi scopi, come si scorge dal consiglio dato di non far entrare le truppe a Pechino, dal susseguente ritiro di parte di esse e della legazione, dalla proposta di affidare al governo cinese la punizione dei colpevoli. Le potenze invece nulla hanno ancora formulato che rappresenti una reale garanzia per le missioni ed i commercianti nell'interno, che sia atto a procurare uno stato di cose migliore di quanto non si avesse al momento in cui era scoppiata la rivolta dei boxers. E se è vero che a tutto premisero la questione del castigo, è lecito tuttavia essere persuasi che, anche in seguito, nulla sapranno formulare di efficace, poste come sono di fronte alla doppia difficoltà di escogitare questi provvedimenti, e di non alienarsi la Russia. Questa incapacità sarà forse la maggiore garanzia del mantenimento del concerto delle potenze. Non v'ha dubbio che la Russia a sua volta (preoccupata delle spese della guerra che possono mandare in sfacelo l'edificio penosamente eretto della sistemazione della valuta) farà, per eliminare le difficoltà, anche essa una parte della strada. L'accordo per la punizione dei colpevoli ,~ ormai conseguito, quello per le indennità pure si

potrà ottenere, avendo la Russia da presentare un vistoso conto per le spese che ora le costa e per quelle che le costerà la difesa della linea di Manciuria; infine per il terzo ed ultimo punto, per le garanzie del futuro, è prevedibile che le potenze si contenteranno di una insufficiente rappezzatura.

Se così non andassero le cose, se le potenze occidentali volessero sottomettere la Cina ad un regime di efficace tutela, mutarne la dinastia in altra più ligia alle loro convenienze, fare una campagna nell'interno, la Russia si stac,cherebbe da esse, pesando sugli avvenimenti con tutta l'autorità della sua diserzione. «Noi non vogliamo nè sottomettere, nè educare, nè amministrare la Cina », dicevami il conte Lamsdorff, « se qualche potenza vuoi prendersi questo incarico o far operazioni militari nell'interno, noi non la seguiremo, essa non sa a quali difficoltà va incontro, potrà trovare un 1812. Pei castighi non si deve aver timore, maestri nell'arte di torturare, i cinesi sapranno far molto meglio di noi per poco vi trovino il loro tornaconto». Il govemo imperiale stima anche necessaria la prudenza pel fatto che ancora non si sa cosa sia divenuto quel movimento antidinastico che serpeggiava prima della rivolta dei boxers e fu poi da questa assorbito.

Esaminerò ora brevemente la questione delle occupazioni od eventuali mutilazioni della Cina, questione che potrebbe sorgere nel corso delle trattative per quanto riguarda le indennità, od in seguito a rottura del concerto europeo.

È noto che già fin dalla oc,cupazione di Port-Arthur il ministro Witte era fieramente avverso agli acquisti, e vivamente rimproverava alla Germania di avere, colla presa di Kiao-Ciao, costretto la Russia a seguirla in quella via. Le spese che ne sono risultate, immense, minacciano tuttora l'equilibrio finanziario dell'impero. Il conte Lamsdorff ha opinioni identiche a quelle del ministro delle finanze, ed ora il ministro Kuropatckine, che sosteneva le occupazioni, ha pure mutato consiglio. Infine queste idee sono divise dal Sipiaguine, dal conte Che11emetiew e dalla nobiltà russa; ed hanno nel Uchtomsky (noto direttore del Petersburski Viedomosti, giornale di corte, che accompagnò lo Czar nel suo viaggio in estremo Oriente) un propugnatore convinto ed ascoltato. In altri rapporti ho spiegato il noto incidente che aveva fatto supporre che la Russia avesse incominciato ad annettersi la Manciuria, il che non è.

Ma all'infuori dei circoli che ho indicato, le opinioni sono alquanto diverse. L'esercito e tutta la massa del popolo è sempre portata ad avanzare. Vi è inoltre ormai tutta una bibliografia che propugna questa idea. Cito un libro « Rossia i Kitai » di quel tale dottor Badmaiev di cui già ebbi oc,casione di parlare in altro rapporto sul Tibet, uno scritto del conte Tolstoi, professore della università di Mosca, che benchè emanato da un uomo di scienza, senza importanza politica, ebbe una eco singolare, e trasse a sè molta parte della stampa; poi articoli delle Novosti, dello Sviet, della Gazzetta di Mosca e di altri. Costoro credono che le esigenze delle potenze, l'incapacità dei dnesi di dare garanzie, e, datele, di esservi fedeli, le possibili rivoluzioni, condurranno presto o tardi allo smembramento; se la Cina non può rimanere intatta, consigliano prendere subito e prendere molto; nel nord fino al 40° grado di latitudine, poi la Mongolia e la Manciuria.

Alla presente fase della questione si connettono alcune difficoltà minori. Le occupazioni militari ora avvenute dispiacciono profondamente alla Russia, ma essa è costretta ad accettarle di buon grado, ed a prendervi parte per i suoi ob

!8 -Documenti diplomatici -Serie III -Vol. IV

blighi di potenza europea. Vi si riserva il compito più agevole, che è di operare verso Pechino per Mukden e Shanhaikwan.

Le altre questioni relative al regime dei porti e delle ferrovie difficilmente potranno essere causa di attriti. Ricordo, ad ogni modo, che, quando gli Stati Uniti sollevarono la questione dei porti aperti, essi avevano posto nella loro nota alla Russia un punto in cui si chiedeva una certa eguaglianza di trasporti nelle ferrovie di Manciuria. La Russia, se sono ben informato, avrebbe risposto in modo evasivo.

334

L'AMBASCIATORE A WASHINGTON, FAVA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 2935/89. Washington, ... ottobre 1900 (per. ore 7,15 del 12).

Con nota verbale questo Governo ha risposto ai sei punti del memorandum presentato da questo incaricato d'affari francese come riassumo: l o rappresentanti potenze Pekino potrebbero aprire negoziati, indicare aggiunte alle liste dei responsabili che Governo cinese ha già dichiarato di voler punire; 2° non crede divieto importazione armi dovere essere permanente, ma durata e modalità tale misura, potrebbero essere oggetto discussione nei negoziati; 3° conviene circa attribuzioni indennità e se sorgessero esitazioni, divergenze, si unisce proposta russa di sottometterle corte arbitrale Aja; 4o non può impegnarsi per una guardia permanente a Pekino, senza autorizzazione camera, ma la mantiene nello stato presente delle cose; 5o presidente riservasi esprimere sua opinione sullo smantellamento dei forti di Taku, aspettando ulteriori informazioni dalla China; 6° non può impegnarsi, pei motivi esposti nel 4° punto, ma ritiene desiderabile che potenze ottengano dalla Cina diritto di tutelare le legazioni ed i mezzi di accedere ad esse senza restrizione in ogni occorrenza. Presidente spera che queste riserve non saranno ostacolo al pronto inizio trattative sulle basi della proposta francese.

335

IL MINISTRO A PECHINO, SALVAGO RAGGI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 2950. Tientsin, 12 ottobre 1900, ore 15,40 (per. ore 11,45 del13).

Li-Hung-Chang arriva oggi. Ministri di Inghilterra e di Francia autorizzati iniziare trattative preliminari. Non mi è pervenuto... (l) telegramma di V. E. invece del 2 comunicato dall'ammiraglio il 13 settembre.

(l) Gruppi indecifrati.

336

IL REGGENTE IL CONSOLATO GENERALE A CALCUTTA, GHILARDI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 450/168. Calcutta, 12 ottobre 1900.

In continuazione del mio Rapporto N. 163/440 in data 10 corrente (l) mi pregio riferire a V. E. il motivo della spedizione. Questa vien fatta per punire la ribelle e ricalcitrante tribù dei Madda Khels.

Al tradimento di Majzar (10 Giugno 1897) dove la scorta di Mr. Gee fu assassinata, seguì una spedizione punitiva alla quale fece triste coda la rivolta completa di tutte le tribù delle frontiere, provocando la famosa spedizione del Tirah.

I Madda Khels di Majzar furono puniti dal Generale Hill che fece saltare in aria le loro torri, distrusse i loro raccolti, e li privò del loro bestiame.

Fu imposta anche una multa di 10 mila Rupie che fino ad oggi fu esatta wlo per metà. Più 9.000 Rupie quale rimborso di una parte dell'equipaggiamento rubato alla scorta di Mr. Gee, che non fu mai ricuperata. Più 2000 Rupie in compenso di quattro fucili rubati. In tutto i Madda Khels devono pagare 16.000 Rupie e devono ancora consegnare undici capi principali rivoltosi dei 17 che si impegnarono di consegnare entro un certo tempo, da lungo scaduto.

La spedizione presente ha lo scopo di ottenere le 16.000 Rupie e gli undici principali rivoltosi. Il Governo avrebbe forse chiuso un occhio, se la tribù fosse rimasta tranquilla, ma le recenti sue scappatelle attrassero sulla medesima il presente castigo, che certo non ,si limiterà ad ottenere il solo mantenimento dei patti stipulati.

Speriamo che tutto il chiasso si circoscriva alla zona dei Madda Khels.

337

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA

T. 3118. Roma, 13 ottobre 1900, ore 12.

Ringrazio per suo telegramma di ieri (2). Avverto però che la previsione di codesto sotto segretario di stato circa intenzioni dell'Inghilterra verso le proposte Delcassé non si è avverata, avendomi questa ambasciata ufficialmente comunicato che lord Salisbury ha aderito a quelle proposte salvo l'ultimo punto in quanto questo porterebbe che forti debbono essere costruiti sulla Vlia da Taku a Tientsin

e una forza internazionale dovrebbe presidiarli. Lord Salisbury pensa, a tale riguardo, che ciascuna potenza, volendolo, possa tenere per suo conto un forte che dovrebbe, per quanto possibile, essere accessibile dal mare. Dal canto nostro senza fare una proposta formale e specificata abbiamo fatto sapere al signor Delcassé che noi siamo in massima disposti ad accettare le sue proposte salvo l'accordo fra le potenze sulla questione della punizione dei colpevoli e quelle modificazioni che potranno risultare opportune dallo svolgimento dei negoziati.

(l) -Cfr. n. 328. (2) -Cfr. n. 331.
338

L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 2951/203. Berlino, 13 ottobre 1900, ore 12,30.

In... (l) pure avuto ieri con Biilow, l'ho trovato alquanto preoccupato dalle insistenze russe per regolare presto e in qualunque modo questione cinese. Russia a tale scopo tende largheggiare indulgenza verso Cina, mentre Germania insiste ritenere indispensabile un relativo rigore per giungere ad un'altra soluzione che dia garanzia per l'avvenire. Se la Cina, così pensa Biilow, non vede le potenze, unite e risolute, esigere almeno efficace punizione dei veri colpevoli, fra qualche anno saremo da capo. E scopo della Germania, colle proposte primo ottobre, è appunto assicurare compimento questo punto ormai ammesso da tutte le potenze. Dopo ciò, ministri stessi, che sono sul luogo, potranno formulare altre condizioni che si debbano e si possano esigere dalla Cina sulla base, se si vuole, d~lle proposte Delcassé, che Germania, in massima, non disapprova. Una discussione su queste proposte fra i Gabinetti fin da ora pare, però, a Biilow intempestiva e tale da turbare l'accordo fra le potenze.

339

IL MINISTRO A MONACO DI BAVIERA, DE FORESTA, AL, MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 122. Monaco, 13 ottobre 1900.

II divieto opposto dal Reggente di Baviera al viaggio a Roma delle L.L.

A.A. R.R. i Principi Ludovico Ferdinando ed Alfonso con le loro consorti le Principesse Maria de la Paz e Luisa d'Orléans in occasione della beatificazione della suora Crescenzia di Kaufhenren ha destato molto scalpore in questi circoli politici e suscitata una polemica astiosa verso i membri della famiglia reale dei Wittelsbach, della quale non possono che rallegrarsi i nemici dell'autonomia bavarese.

Mentre da una parte le gazzette del Centro hanno insinuato che il provvedimento era dovuto alla soverchia influenza sul Reggente ed alla animosità del Barone di Crailsheim liberale e protestante e del partito di cui è a capo, dall'altra i giornali della parte avversa si sono valsi della circostanza per dare sfogo alle loro malevolenze verso l'Infanta di Spagna, la quale desiderosa di prendere parte al pellegrinaggio dell'ordine terziario di S. Francesco, cui Ella appartiene, aveva indotto la sua famiglia ad accompagnarla.

Dapprima il divieto fu negato dai giornali ufficiosi (Altgemeine Zeitung) e si allegò che ragioni di prudenza solo avevano fatto smettere il pensiero del viaggio per non andare incontro a qualche attentato anarchico contro la vita dei Principi di Baviera.

Ma avveratasi la proibizione e smentite le allegazioni addotte fu dall'organo ufficioso del Governo l'Aubsbourger Abendzeitung data la seguente versione all'incidente:

«S.A.R. il Principe Reggente aveva aderito al progetto della Principessa Ludovico Ferdinando, la quale voleva andare a Roma per fare benedire lo stendardo da lei regalato.

Ma siccome la Principessa non voleva viaggiare sola ed aveva indotto il suo Consorte non che il Principe Alfonso e la sua Consorte al viaggio di Roma, fu fatto osservare al Reggente che il Principe Ludovico Ferdinando era per l'appunto ritornato da Roma e dalla Corte italiana (in occasione dei funerali del Re Umberto) ed inoltre che S.S. il Papa aveva già fatto sapere ripetutamente ed in modo non dubbio che gli Ospiti della Corte italiana non potevano essere suoi ospiti. Queste considerazioni fecero sì che il Reggente ritirasse senz'altro la data autorizzazione. Nei più alti circoli si ritiene che è affatto indifferente rimontare alla sorgente di queste osservazioni sottoposte alla disamina del Reggente. Si crede anzi di più che colui il quale ne è l'autore ha fatto bene; e quando appunto si considerano i pensieri ed i sentimenti sinceramente cattolici prevalenti a Corte allora solamente si possono approvare questi riguardi verso il Vaticano».

A riguardi verso il Quirinale e l'Italia attribuiva per contro, per informazioni attinte a fonte autentica, lo stesso giorno il foglio liberale Miinchner N eueste Nachrichten il divieto suggerito al Reggente.

Notando le esitanze e le contraddizioni delle notizie ufficiose (dovute alla lontananza di chi ha provocato il provvedimento, il Primo Ministro, il quale in vacanza sta ora viaggiando in Italia) la stampa del Centro ha rilevato che la missione di S.A.R. il Principe Ludovico Ferdinando terminò con il suo ritorno in Monaco e che Egli come semplice cattolico poteva supporre di avere ora il diritto di accompagnare in via privata la propria famiglia a compiere un atto di fede senza che dovesse opporsi la ragione di Stato.

Così stanno le cose al momento d'oggi ed è da prevedersi che di questo incidente si varrà col tempo la maggioranza clericale del Landtag per battere in breccia l'inviso Ministero Crailsheim.

(l) Gruppi indecifrati.

340

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL MINISTRO A PECHINO, SALVAGO RAGGI

T. 3133. Roma, 14 ottobre 1900, ore 22,20.

Essendo ora aperte comunicazioni telegrafiche con Pechino desidero avere direttamente da lei i telegrammi che ella potrà, occorrendo, comunicare all'ammiraglio. Prego intestarli in chiaro con data e luogo di partenza. Prego intanto

telegrafarmi circa riunione, nella quale codesti rappresentanti hanno deliberato risposte ai punti della circolare germanica relativa alla punizione dei colpevoli.

341

IL MINISTRO A PECHINO, SALVAGO RAGGI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 2959. Tientsin, ...... 1900, ore 21,40 (per. ore 21,20 del 14 ottobre).

Principe Cing comunica decreto imperiale che toglie dignità e pensione a tre p1·incipi, accenna a punirne uno insieme ad alcuni ministri senza indicarli. A mio giudizio e maggior parte dei miei colleghi trattasi di tentativo eludere necessità di serie punizioni ai colpevoli. Parmi ciò non ci autorizzi credere Imperatrice decisa abbandonare suoi tristi consiglieri, giacchè, in tal modo, tenta probabilmente, salvarli. Li-Hung-Chang rimanda di giorno in giorno sua partenza, e generalmente credesi fermato Tientsin dai russi. Principe Cing desidera negoziati abbiano luogo Pechino non Tientsin. Tutti i ministri esteri, eccetto che russo, trovansi Pechino.

342

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. R. 2350/1037. Parigi, 15 ottobre 1900 (per. il 20).

I Ministri della Guerra e della Marina hanno intrapreso un viaggio che dovrebbe avere per iscopo una ispezione dei luoghi dove, o già sono incominciati lavori di difesa costiera, o si tratta di erigerne. Si è voluto dare a questo viaggio una singolare solennità. I due Ministri viaggiano con la scorta di una poderosa squadra navale e con tutte le forme ufficiali che sogliano essere d'imbarazzo quando si vogliono ràggiungere intenti di perlustrazione e visite serie ed efficaci. Giova perciò credere che più che ad altro il viaggio mira a dimostrare alle Camere che stanno per riunirsi ed al paese tutta la sollecitudine del Gabinetto per gli interessi della difesa nazionale. Trasmetto qui unito l'itinerario del viaggio dei due Ministri e le prime

nctizie, d'indole tecnico-militare, che si trovano, circa il viaggio stesso, nei giornali parigini, desunte dai bollettini dell'Agenzia Havas (1).

(l) Non si pubblicano.

343

IL REGGENTE IL CONSOLATO GENERALE A CALCUTTA, GHILARDI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 453/170. Calcutta, 15 ottobre 1900.

Mi pregio informare V. E. che il gran chiasso che si fa intorno la riorganizzazione dell'Esercito in India, produsse in questi ultimi tempi polemiche e diatribe più o meno focose ma tutte convergenti ad un solo grave soggetto «L'India in pericolo! ».

Nientemeno che viene provato come due e due fanno quattro che ben 40 mila uomini dell'esercito indiano (indigeni) sono reclutati da caste non belligere quindi considerati pessimi soldati, ed in caso di guerra combatterebbero sotto mille svantaggiose condizioni. Il loro arredo, fucili e cannoni, lascia molto a desiderare. In coro ognuno domanda: « Chi è responsabile di questa mal difesa posizione dell'India? ». La critica più acerba vien fatta sopra gli alti uomini che dirigono la barca dell'Impero a Londra. In caso di disastro si stampa «meriterebbero di esse?·e impiccati al primo lampione che s'incontra per via».

Lord Curzon apertamente dice che date le presenti condizioni finanziarie dell'India, non si può muovere foglia per cominciare a migliorare questo lamentevole stato di cose. Si ritiene però da tutti che egli deve avere bene informato il Governo a Londra.

Se accorressero 50 od anche 100 milioni di sterline per dare un vero e salutare assetto all'esercito, e riarmare le fortezze indiane, questo danaro deve trovarsi. Se il Governo dell'India è incapace di trovarlo, deve muovere il Governo Imperiale alla bisogna, ed in caso di rifiuto, il Vicerè dovrebbe dimettersi e pubblicare le cause che lo indussero a tal partito. Se al contrario, egli preferisse di essere complice del Governo at home, allora • si preparerebbe da se stesso un lampione anche per lui». Tutto ciò si dice e si stampa senza il lenocinio del • Velame delli detti strani • e dimostra che il caso è dei più serii.

Non ci dovrebbero essere difficoltà per trovare 50 o 100 milioni di sterline quando l'Inghilterra garantisse il prestito.

Vale o non vale la pena di tener l'India? Se vale bisogna :fare qualunque sacrificio ed avere un esercito modello per :far sicuro il tenimento di questo immane territorio. E bisogna far presto perchè ogni indugio accresce il pericolo.

Si nota anche che il numero di ufficiali inglesi nei reggimenti nativi è insufficiente. Un reggimento inglese in piede di guerra dispone di 27 ufficiali, mentre un reggimento nativo ne ha soli 7. Esso dovrebbe avere almeno un ufficiale europeo per compagnia o 15 ufficiali in tutto il Reggimento.

Brutto caso se si pensa al numero enorme di ufficiali morti in Transyal, che

pare sia anche molto duro e difficile. È un fatto innegabile che la guerra nel

South Affrica ed in China, ha talmente disorganizzato l'esercito dell'India che

senza esagerare, lo si può considerare in tocchi.

E con tutto ciò si pensa anche di togliere da qui il più intelligente vicerè

che si abbia avuto negli ultimi 25 anni, per dargli a Londra il portafoglio degli

Esteri. Alla povera ed affamata India, oltre il malanno, si butterebbe così anche

l'uscio addosso; e si è stampato che forse «sarebbe un guadagno per l'impero ma una perdita per l'India ».

Lord Curzon è molto ambizioso e non sarà difficile che accetti un posto nel Ministero Inglese. Ci vorrà però una lanterna più forte di quella di Diogene, per trovare nel Regno Unito un uomo che voglia assidersi sulla poltrona stemmata del Viceregal Lodge di Simla; eritaggio di difficoltà e responsabilità colossali che Lord Curzon, suppongo, sarà più che lieto !asciarlo al primo che capita senza domandargli la fede di battesimo, e senza dirgli • lo non so chi tu sii nè per che modo venuto sei quaggiù •.

344

IL MINISTRO A PECHINO, SALVAGO RAGGI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 2982. Pechino, 16 ottobre 1900, ore 11,50 (per. ore 21,10 del 17).

Ricevuto dall'ammiraglio due telegrammi di V. E. senza data concernenti proposte germaniche. Parmi sarebbe utile mettere nei telegrammi numero speciale fra R. legazione ed il ministero affari esteri. Le diverse proposte germaniche e la francese vennero già comunicate da colleghi al corpo diplomatico, che concorda sulle seguenti risposte: l o lista dei puniti nel primo decreto è incompleta, manca Tung Fu Cian; 2° punizione insufficiente principali colpevoli, dovendo essere giustiziati; 3o unico mezzo controllare esecuzione sarebbe fare assistere delegati legazioni.

Dubito che non esista editto del quale anche noi abbiamo avuto notizia giorni scorsi. Ad ogni modo punizioni sono considerate insufficienti.

Rappresentanti esteri in Pechino già concordarono riferire respettivi Governi oltre la esecuzione principali colpevoli, dovrebbero punirsi funzionari che hanno preso parte massacri sudditi ed ai cannoneggiamenti. Misure punitive suggerite dal ministro d'Inghilterra indennità e riformare Tzung-li-Yamen ed il cerimoniale, smantellare forti di Taku, tenere guardie stabilmente legazioni.

Li-Hung-Chang ed il principe Cing chiedono iniziare trattative sabato 20 corrente. Pare certo saremo unanimi chiedere data prima... (1).

Ministro Russia, ministro Germania tuttora Tientsin.

Periodo riguardante battaglioni e l'ultimo circa chinesi sono indecifrabili.

(l) Gruppi indecifrati.

345

L'INCARICATO D'AFFARI A PIETROBURGO, CALVI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 2972. Pietroburgo, 16 ottobre 1900, ore 16.

Ministro di China trovasi Livadia; si dà come spiegazione che, accorrendogli risposta note urgenti, abbia chiesto recarsi colà. Conte Lamsdorff avrebbe scritto non scorgere necessità viaggio, ma non opporsi. Spiegazione è da accogliersi con riserva.

346

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI

T. CONFIDENZIALE 3164. Roma, 16 ottobre 1900, ore 22,15.

Il Gabinetto di Berlino mi fa conoscere che non potrebbe mai accettare l'idea di sottoporre all'istituto arbitrale dell'Aia il regolamento delle indennità da chiedersi alla China. [Lo comunico a] V. E., acciocchè, senza citare beninteso la fonte, e parlandone come di sua notizia particolare, ne avverta il signor Delcassé per sua norma essendo desiderabile che l'accordo delle potenze non sia turbato da difficoltà che possono evitarsi.

347

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AGLI AMBASCIATORI A BERLINO, LANZA, A PARIGI, TORNIELLI, A VIENNA, NIGRA, E AGLI INCARICATI D'AFFARI A LONDRA, BOTTARO COSTA, E A PIETROBURGO, CALVI

T. CONFIDENZIALE 3165. Roma, 16 ottobre 1900, ore 22,30.

(Per tutti) L'incaricato d'affari di Francia mi comunica essere opinione del signor Delcassé che i ministri esteri a Pekino debbano presentare al plenipotenziario cinese una nota collettiva in cui sarebbe consegnata la proposta accettata come base del negoziato. Questo passo collettivo, secondo il signor Delcassé, non impedirebbe l'esame dei punti della proposta francese su cui portano le riserve di alcune potenze. Il signor Delcassé desidera conoscere il mio avviso in proposito.

(Per Parigi, Vienna, Pietroburgo) Mi limito per ora a darle notizia di questa comunicazione per sua informazione. (Per Londra, Berlino) Desidero conoscere al più presto il pensiero di codesto Governo circa questa comunicazione del signor Delcassé.

348

IL REGGENTE IL CONSOLATO GENERALE A TUNISI, CARLETTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 3895/432. Tunisi, 16 ottobre 1900 (per. il 20).

Per scrupolo di diligente informazione, mi reco a dovere di far conoscere a V. E. che i Ministri della Guerra e della Marina francesi, sono giunti, jeri mattina, a Biserta, scortati da una squadra composta dei seguenti navigli: Saint Louis, Gaulois, Bouvet, Chanzy, Galilée, Hallebarde.

Nella giornata di jeri e di oggi hanno minutamente e lungamente visitato i forti, l'arsenale di Sidi Ab-dallà, i lavori che si stanno facendo nel lago di Biserta.

Ciò che dà un significato spiccato a questa escursione dei Ministri in Tunisia, è il fatto che il Signor Millet non ha interrotto il suo già lungo congedo per accompagnarli, e il Signor Grimault, delegato alla Residenza, si è limitato a dare, due giorni fa, una scorsa fino a Biserta per assicurarsi che tutto fosse pronto per il ricevimento, e se ne è subito tornato a Tunisi, senza aspettare l'arrivo dei lV.hnistri.

Invece sono andati loro incontro e li hanno accompagnati a visitare i lavori, il generale de la Bégassière, comandante il Corpo d'occupazione in Tunisia e il contrammiraglio Servan, comandante la marina in Algeria.

Sembra che i Ministri siano, in genere, rimasti soddisfatti dei lavori in corso; hanno avuto secrete conferenze con gl'ingegneri militari, con i predetti ufficiali superiori, e con il generale Marmier, governatore di Biserta, e con il comandante di marina a Biserta, Signor Merleau-Ponty.

Se in seguito a questa conferenza il piano dei lavori e delle fortificazioni a Biserta debba o no subire qualche modifica, per ora non so, ma appena mi verrà fatto di sapere qualche cosa, non mancherò di tenerne prontamente informato l'E. V.

Domani 17 i Ministri giungeranno in questa città.

349

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 2983. Parigi, 17 ottobre 1900, ore 18,50.

Il signor Delcassé mi ha detto che facendo egli comunicare ai singoli Governi la notizia dell'accettazione della sua proposta relativa alle basi della trattativa colla Cina, da parte di tutte le potenze riusciva cosa logica l'aggiungere ora a quella prima proposta l'altra, che doè le basi anzidette abbiano ad essere presentate alla Cina collettivamente da tutti i ministri colà residenti. Lord Salisbury ha aderito a questa seconda proposta indicando, però, che doveva rimanere inteso che la proposta relativa alla guardia armata delle legazioni doveva intendersi nel senso che ciascun Governo organizzerebbe la guardia della propria legazione. Il signor Btilow ha risposto che prenderebbe gli ordini dell'Imperatore, ma che non vedeva difficoltà ad accettare la proposta della comunicazione collettiva. Da Vienna sarebbe pure già stata data l'adesione. Circa il progetto di deferire alla corte di arbitraggio dell'Aja talune questioni d'indennizzazione, Delcassé mi ha detto che prima ancora che egli formulasse la proposta relativa alle basi, si parlò vagamente di un simile progetto, ma che nè egLi nè altri lo ridusse a forma di proposta concreta. Gli manifestai la mia opinione personale che tale astensione era stata prudente poichè sarebbe riuscito inutile lo esporre l'unanimità del concerto al pericolo di dissensi, introducendo proposta non necessaria e che facilmente avrebbe incontrato opposizioni.

350

L'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, BOTTARO COSTA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 2985. Londra, 17 ottobre 1900, ore 19,57.

Questo ambasciatore di Francia ha fatto ieri a lord Salisbury comunicazione analoga a quella fatta da codesto incaricato d'affari francese all'E. V. Lord Salisbury ha risposto che aderiva all'idea del signor Delcassé della presentazione di note identiche (osservo note identiche non nota collettiva), e che avrebbe dato istruzioni al rappresentante britannico in Pechino di concertarsi coi suoi colleghi circa tenore di tali note, tenendo ·Conto delle riserve fatte da alcune delle potenze.

351

L'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, BOTTARO COSTA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

Londra, 17 ottobre 1900, ore 19,57.

Il prossimo corriere di Gabinetto recherà a V. E. un messaggio dell'Imperatore di Cina a S. M. il Re (1). Il documento che mi è stato (2) rimesso da questo ministro di Cina esprime la speranza che cessi la inimicizia ed il disaccordo prodotti dai recenti avvenimenti e che approdino i negoziati per la pace. Analogo messaggio deve essere stato indirizzato agli altri sovrani (3). Me ne informerò domani e chiederò se e che cosa si ha qui intenzione di rispondere.

• in data 14 ottobre ».

(l) Nella minuta conservata nell'archivio dell'ambasciata di Londra, qui sono le parole

(2) -Nella minuta dell'ambasciata di Londra • or ora personalmente •· (3) -Nella minuta dell'ambasciata di Londra «europei>.
352

L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 2980/208. Berlino, 17 ottobre 1900, ore 20,04.

Andata a Homborg principe Hohenlohe sembra certo collegarsi con offerte sue dimissioni. Ne corre voce insistente confortata dalla chiamata Biilow pure a Homborg. Circa successore, se non sarà Biilow stesso, nessuno può prevedere intenzioni imperatore.

353

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL, MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 2383/1185. Parigi, 17 ottobre 1900.

Nel consiglio dei ministri qui tenuto ieri, fu deliberata la convocazione della sessione straordinaria del parlamento per il giorno 6 novembre. Chiesi oggi al signor Delcassé se egli s'attendesse ad essere chiamato, fin dalle prime tornate, alla tribuna per dar conto delle cose di Cina. Questo ministro degli affari esteri mi rispose che non gli risultava fin qui che delle interpellanze fossero state preannunziate alla presidenza delle due camere sovra questo soggetto, il quale verrebbe però certamente in discussione prossimamente, giacchè un voto parlamentare era necessario per convalidare i crediti supplementari che il ministero avea dovuto domandare alla approvazione interinale del consiglio di Stato durante le vacanze parlamentari. Il conto si era fatto grosso. Si tratta di regolarizzare crediti che, per giungere soltanto fino alla fine dell'anno, ascendono a circa una settantina di milioni di franchi. Poi bisognerà provvedere alla spesa che in avvenire cagionerà il corpo di spedizione attualmente presente in Cina. Da dopo la partenza·delle prime truppe colà inviate, si erano dovuti spedire più di mille uomini di ricambio per mantenere costante la forza del contingente decimato da malattie, ferite e morti. Non vi era dubbio che, quando tutto ciò sarebbe messo in evidenza, l'opinione pubblica approverebbe la politica adottata dal governo, la quale ebbe continuamente per intento di contenere nelle minori possibili proporzioni un'impresa dalla quale nulla di buono la Francia, e probabilmente tutti gli altri Stati, potevano ripromettersi. Conviene a tutti finire presto: così conchiuse il signor Delcassé il suo dire.

Un libro giallo sulla Cina sarà presentato qui al parlamento, nei primi giorni della sua convocazione.

354

L'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, BOTTARO COSTA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 726/350. Londra, 17 ottobre 1900.

Come era facile di prevedere le elezioni generali si sono terminate con un trionfo completo del Ministero. Numericamente la proporzione tra i partiti è la medesima che nell'antico Parlamento, ma in fatto il Governo è uscito rafforzato da queste elezioni poichè tra i liberali eletti vi sono ora più imperialisti che nella passata Legislatura. Un fenomeno degno di nota è che nelle grandi città e nei centri industriali il partito conservatore ha raccolto un numero assai maggiore di suffragi che per il passato.

Il nuovo Parlamento si radunerà il l • Novembre per prorogarsi però immediatamente al Febbrajo dell'anno venturo.

355

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AGLI AMBASCIATORI A BERLINO, LANZA, A PARIGI, TORNIELLI, A VIENNA, NIGRA, A WASHINGTON, FAVA, E AGLI INCARICATI D'AFFARI A LONDRA, BOTTARO COSTA, E A PIETROBURGO, CALVI

T. 3178. Roma, 18 ottobre 1900, ore 0,30.

Mi riferisco al mio telegramma di ieri (1). L'incaricato d'affari di Francia avendomi chiesto il mio pensiero circa la comunicazione del suo Governo riprodotta in quel mio telegramma gli ho fatto una risposta puramente preliminare osservando che l'Italia avendo accettato in massima e senza speciali riserve le proposte francesi, non avremmo, per parte nostra, obiezione a che quelle proposte formino l'oggetto di un passo collettivo dei rappresentanti esteri presso il plenipotenziario cinese, quando però fossero consenzienti tutte le altre potenze, e segnatamente quelle che hanno formulate riserve circa alcuni punti delle proposte francesi.

356

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AGLI AMBASCIATORI A BERLINO, LANZA, A PARIGI, TORNIELLI, A VIENNA, NIGRA, A WASHINGTON, FAVA, E AGLI INCARICATI D'AFFARI A LONDRA, BOTTARO COSTA, E A PIETROBURGO, CALVI

T. 3179. Roma, 18 ottobre 1900, ore 0,50.

Il ministro del Giappone mi ha fatto la seguente comunicazione: «Il Governo imperiale riaffermando la sua adesione al concerto delle potenze di fronte alla crisi cinese suggerirebbe che tutte le proposte destinate a servire di base a negoziato colla Cina siano sottoposte all'esame ed all'elaborazione collettiva dei

rappresentanti a Pechino prima dell'apertura del negoziato. Il Governo imperiale è convinto che in questo modo il negoziato sarebbe semplificato poi tutte le domande avrebbero l'appoggio concorde di tutte le potenze ». Ho ringraziato il ministro assicurandolo che la proposta del suo Governo sarebbe, da parte nostra, oggetto di attento esame. Desidererei intanto conoscere quel che ne pensa codesto Gabinetto. Prego informarsi e telegrafarmi.

(l) Cfr. n. 347.

357

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AGLI AMBASCIATORI A BERLINO, LANZA, A PARIGI, TORNIELLI, A VIENNA, NIGRA, A WASHINGTON, FAVA, E AGLI INCARICATI D'AFFARI A LONDRA, BOTTARO COSTA, E A PIETROBURGO, CALVI

T. 3180. Roma, 18 ottobre 1900, ore l.

L'ambasciatore di Germania mi ha fatto conoscer la risposta del suo Governo alla recente circolare Delcassé. Il Governo germanico si compiace che la punizione dei colpevoli figuri la prima tra le proposte della Francia. Circa le altre proposte esso non ha obiezioni di principio salve quelle modificazioni che fossero per risultare dallo svolgimento dei negoziati ed alle quali porterà il suo concorso sia mediante trattazione diretta tra i Gabinetti come si fece sinora, sia mediante l'opera collettiva dei rappresentanti a Pechino.

358

L'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 2991. Vienna, 18 ottobre 1900, ore 1,40.

In assenza del conte Goluchowski, il conte Szeczen fece verbalmente, alla comunicazione di Delcassé, risposta assolutamente identica a quella data da V. E. Quanto al suggerimento del Governo giapponese, conte Szeczen si limitò a dire

che l'avrebbe trasmesso a Goluchowski, pure esprimendo la sua opinione personale circa il carattere razionale e pratico del metodo suggerito dal Giappone.

359

L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 2992/210. Berlino, 18 ottobre 1900, ore 4,40.

Stante assenza Bi.ilow e sua nomina a cancelliere dell'Impero mi è impossibile rispondere telegrammi di V. E. 3165 e 3179 (1). Circa quest'ultimo, idea espressa da Governo giapponese, concordando in sostanza con le idee Governo imperiale,

credo che non vi sarà opposizione par parte di questo. Circa il primo, cwe proposta Delcas,sé di nota collettiva da redigersi da ministri a Pechino, io ritengo che Governo imperiale ritarderà risposta fino a che non si veda un poco più chiaro nella questione della punizione dei colpevoli.

(l) Cfr. nn. 347 e 356.

360

L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 2989/209. Berlino, 18 ottobre 1900, ore 9,30 (per. ore 10,15).

Biilow nominato cancelliere dell'Impero.

361

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AGLI AMBASCIATORI A BERLINO, LANZA, A PARIGI, TORNIELLI, A VIENNA, NIGRA, A WASHINGTON, FAVA, E ALL'INCARICATO D'AFFARI A PIETROBURGO, CALVI

T. 3185. Roma, 18 ottobre 1900, ore 13,15.

H R. incaricato d'affari a Londra mi telegrafa (l) essergli stato rimesso dal ministro di Cina, che è pure qui accreditato, un messaggio dell'Imperatore a

S. M. il Re, nel quale l'Imperatore esprime la speranza che cessi l'inimicizia e il disaccordo prodotto dai recenti avvenimenti, e che approdino i negoziati per la pace. Ritenendo che analogo messaggio sarà per giungere anche costì, fin d'ora la prego informarsi del seguito che costì si crederà di dargli.

362

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL MINISTRO A PECHINO, SALVAGO RAGGI

T. 3191/1. Roma, 18 ottobre 1900, ore 17.

Il Governo francese ha proposto che codesti rappresentanti presentino al plenipotenziario cinese una nota collettiva riproducente le proposte francesi ormai accettate come base del negoziato. Ho risposto che, avendo noi accettato queste proposte in principio e senza speciale riserva, non avremmo per parte nostra obiezione a che esse formino l'oggetto del proposto passo collettivo quando siano consenzienti, come ormai sembra probabile, tutte le potenze, segnatamente quelle che hanno formulato riserve circa alcuni punti delle proposte stesse. In

questi termini ella ha quindi fin d'ora l'occorrente autorizzazione. Vedo dal suo telegramma 16 ottobre (l) che codesto corpo diplomatico dopo avere deliberato sui quesiti proposti dalla Germania circa punizione dei colpevoli ha anche deliberato modificazioni ed aggiunte alle proposte francesi circa i punti del negoziato. Prego telegrafarmi testo completo e preciso delle proposte a tal riguardo formulate da codesto corpo diplomatico.

(l) Cfr. n. 351.

363

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, ALL'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, BOTTARO COSTA

T. 3190. Roma, 18 ottobre 1900, ore 17,35.

Prego telegrafarmi se le risulti nel 1899 e 1900 presentato parlamento inglese <blue book » circa questioni pendenti tra Eritrea e Sudan.

364

IL MINISTRO A PECHINO, SALVAGO RAGGI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 2996. Tientsin, 18 ottobre 1900, ore 18,15.

Li-Hung-Chang fece visita tutti i ministri esteri; dichiarò avere ordini iniziare subito trattative di pace. Ministri di Inghilterra, degli Stati Uniti, di Francia, di Russia hanno istruzioni di trattare, ma ministro di Russia è ancora a Tiensin. Finora non mi è ancora pervenuto alcun telegramma di V. E.

365

IL MINISTRO A PECHINO, SALVAGO RAGGI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 3016. Pechino, 18 ottobre 1900, ore 18,20 (per. ore 11,55 del 20).

Li-Hung-Chang mi assicura Imperatore partirà fra pochi giorni per ·ritornare Pechino, ove egli calcola giungerà fra un mese. Egli mi chiese se consegneremo palazzo d'estate. Sono di avviso che arrivando Imperatore bisognerebbe restituire palazzo. Ministro di Inghilterra, cui ne parlai, sembra dello stesso avviso. Ministro di Russia è atteso domani. Ignorasi quando arrivi ministro di Germania.

(l) Cfr. n. 344.

366

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, ALL'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, BOTTARO COSTA

T. 3194. Roma, 18 ottobre 1900, ore 18,30.

R. console New York riferisce che Luigi Granotti contro cui si procede qui per complicità assassinio re Umberto e del quale è stata domandata estradizione Stati Uniti sarebbesi diretto Montreal. Quel R. console fu già avvertito ma stimo utile che V. S. ne informi codesto Governo interessandolo adoperarsi presso dominio canadese per sorveglianza ed anche in vista di una eventuale domanda estradizione.

367

L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. CONFIDENZIALE 1589/781. Berlino, 18 ottobre 1900.

Da lungo tempo il Principe Hohenlohe, Cancelliere dell'Impero, per la tarda età poco o punto si occupava degli affari di Stato e limitava la sua azione a porre or qui or là una parola conciliante quando gravi divergenze si verificavano fra i consiglieri della Corona o fra questi e il Parlamento. La sua profonda devozione al paese e all'Imperatore, il suo passato, l'alta sua posizione sociale trattennero per qualche tempo la stampa da attacchi diretti contro di lui ed egli, sapendo di far cosa sommamente grata al Sovrano, che vorrebbe essere il proprio cancelliere, si rassegnava a tenerne il posto senza in realtà però esercitarne le funzioni. Senonchè questo stato di cose non poteva continuare senza che la dignità del Principe Hohenlohe venisse a soffrirne. La stampa liberale cominciò una vera campagna contro uno stato di cose che essa ritiene contrario alla Costituzione dell'Impero, la quale vuole a capo del Governo un Cancelliere responsabile. La stampa del partito agrario a sua volta iniziò attacchi contro il ·cancelliere accusato di non difenderne abbastanza gl'interessi. Ma il malcontento si fece più ancora palese nei Governi degli Stati confederati, i quali, mancando v essendo nulla l'azione del Cancelliere, mancavano dell'organo principale che li rappresenta nel Governo dell'Impero. Arrogi che nel Parlamento, che sta per aprirsi (l'apertura è stata fissata per il 14 novembre) gravi quistioni di politica interna ed esterna e specialmente di politica commerciale dovranno trattarsi, quistioni che certo il Principe Hohenlohe non sarebbe stato in grado di difendere alla tribuna, cosicchè sempre più sarebbe stato diminuito il suo prestigio. Per tutti questi motivi il Principe Hohenlohe, aderendo ai consigli della sua famiglia, de' suoi figli che vorrebbero non vedere amareggiati gli ultimi anni della vita del loro tanto stimato congiunto, non vederne messa in ridicolo la persona, come già qua e là avviene, in scritti e caricature che ogni giorno aumentano, rassegnò ieri le sue dimissioni in Homburgo U /M a S. M. l'Imperatore, il quale le accettò .separandosi senza alcun attrito da un devoto se non efficace suo collaboratore.

In un paese in cui il Sovrano vorrebbe essere il proprio cancelliere è ben difficile trovar la persona che ne occupi il posto senza urtarsi a gravi difficoltà.

19 -Documenti diplomatici -Serie III -V o l. IV

E la scelta del Sovrano, perchè un cancelliere ci deve essere, non era facile. Essa cadde, come io prevedeva, sul Conte Bi.ilow, persona in sommo grado gradita all'Imperatore e abbastanza abile, da sapere, non ne dubito, per qualche tempo almeno, conciliare le esigenze del Sovrano con quelle del paese. Fino al momento in cui scrivo ignoro chi sia designato per successore al Conte di Bi.ilow a capo del Dipartimento degli Affari Esteri: certo è però che la vera direzione della politica estera rimarrà nelle mani del nuovo cancelliere.

Per noi non è perciò da lamentare la nomina del Conte Bi.ilow: anzi starei per dire che dobbiamo rallegrarcene. La prossima scadenza dei trattati di commercio, colle correnti di idee che dominano qui nel potente partito agrario ci creerà non lievi difficoltà colla Germania, difficoltà che con Bi.ilow a capo di ogni ramo del Governo Imperiale potranno risolversi con minor disagio, senza soverchi attriti.

368

IL MINISTRO A PECHINO, SALVAGO RAGGI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 71/18. Pechino, 18 ottobre 1900 (per. il18 dicembre).

Corrie ho avuto l'onore di riferire all'E. V. col mio rapporto n. 16, dell'8 corr. (1), il ministro d'Inghilterra mi aveva comunicato alcuni telegrammi ricevuti dal Foreign Office, nei quali gli si riferivano le proposte fatte dai gabinetti di Parigi e di Berlino circa le basi per iniziare delle trattative di pace con la Cina. Parecchie fra queste proposte l'E. V. mi faceva l'onore di comunicarmi col suo telegramma pervenutomi il 16 corrente. Col mio citato rapporto, ho già avuto l'onore di riferire quale era il modo di vedere del rappresentante inglese. Questi, prima di rispondere al suo governo, riunì i vari colleghi che qui si trovavano, onde sentire da essi se erano d'accordo con lui. Notai allora che egli aveva aggiunto alla sua risposta quelle osservazioni che io gli avevo fatte. e che ebbi l'onore di sottomettere all'E. V. col già citato mio rapporto. Il ministro d'Inghilterra aveva pure manifestato l'opinione che la punizione dovesse estendersi anche ai mandarini che risulterà avranno preso parte a massacri di stranieri, non solo, ma che anche tutti i funzionari dei distretti ove tali massacri ebbero luogo dovevano essere puniti, e perciò egli proponeva che in quei distretti non dovessero aver luogo esami di promozione dei funzionari, per un periodo di cinque anni. Il telegramma del ministro d'Inghilterra concludeva chiedendo si esigesse dalla corte la pubblicazione di un decreto, nel quale venissero formalmente soppresse le due società del • Pugno della giusta armonia • e del « Lungo coltello • , dichiarando che sarebbe punito colla morte chiunque facesse parte di dette associazioni. Tutti i rappresentanti esteri, senza eccezione, si dimostrarono concordi nell'approvare quelle osservazioni, e dichiararono che, qualora fossero consultati

in proposito dai rispettivi governi, si sarebbero pronunciati nello stesso senso. Poco dopo arrivava a Pechino Li~hung-ctang.

Il vecchio governatore generale di Canton, giunto a Tientsin il ... (l) corrente, si era tranquillamente installato in quella città, tanto che cominciavasi a credere che egli vi sarebbe rimasto tutto l'inverno, o per volontà sua, o trattenuto dai russi, i quali lo tenevano quasi segregato. Improvvisamente però egli partiva e l'indomani del suo arrivo venne a far visita ai rappresentanti esteri.

_ Lo trovai in buonissime condizioni di salute e di umore, tanto che, con grande disinvoltura, cominciò a chiedermi della mia salute, alla quale del resto mi diceva essersi interessato molto il cav. Volpicelli, R. console in Hong-kong. Mi domandò poi se anche io, come gli altri ministri, avevo mangiato carne di cavallo, e sembrò esilararsene piacevolmente.

Non mancai allora di parlargli assai severamente degli avvenimenti, e specialmente della parte assai equivoca che egli stesso vi aveva presa. Ciò bastò a renderlo gentile come raramente l'ho visto, fece appello alla nostra ormai vecchia amicizia, ed espresse la speranza che presto si sarebbe conclusa la pace con soddisfazione di tutti.

Il domattina un segretario dello Yamen mi rimetteva la lettera che qui accludo in traduzione (2), e il decano ce ne comunicava un'altra, nella quale i due plenipotenziari cinesi ci pregavano di riunirei e discutere assieme ad essi il progetto d'accordo annesso alla lettera rimessa ad ognuno di noi.

Tanta furia da parte di chi aveva sì lungamente indugiato a venire per iniziare le trattative poteva sembrare a tutta prima assai curiosa, ma la spiegazione era evidente: nello scorso mese ed ancora nei primi giorni di questo, le truppe se ne stavano oziose in Pechino e la proposta russa di ritirarsi dalla capitale colle truppe stesse faceva aprire il cuore dei cinesi alla speranza, mentre ora essi vedevano i preparativi di installarci per tutto l'inverno e le truppe erano in marcia verso Pao-ting-fu.

Convenimmo essere impossibile iniziare le trattative coi cinesi per la data da essi fissata; ed io fui lietissimo di tale decisione, perchè, non avendo avuto dall'E. V. che due telegrammi, nei quali, del resto, non si accennava menomamente ai negoziati, io non solo mancavo di qualunque autorizzazione di iniziarli, ma non aveva nemmeno alcun indizio delle intenzioni del R. governo, per cui non sapevo come regolarmi.

Ieri restituii la visita a Li-hung-ciang, che trovai assai ansioso di sapere se, per il 20, si sarebbero cominciati i negoziati. Gli accennai alla improbabilità che il suo desiderio venisse soddisfatto (il che gli fu confermato poco dopo dal decano del corpo diplomatico) e credetti utile spiegargli come fosse necessario un certo tempo perchè i vari rappresentanti esteri, benchè fra questi regnasse il più perfetto accordo, si intendessero su tutti i punti; mentre le trattative con la Cina avrebbero dovuto essere assai semplici, giacchè il miglior partito per quest'ultima era quello di mostrarsi volenterosa nel fare quanto le potenze desiderassero, e nell'accettare quanto le imponessero. Questo era il miglior partito, giacchè in tal modo la Cina avrebbe mostrato di essere degna del perdono che le potenze forse erano disposte ad accordarle, questo era il solo mezzo che le restasse per evitare guai maggiori. Questo ragionamento persuase Li-hung-ciang,

che, divenuto cordialissimo meco, mi trattenne ancora a lungo e mi annunciò avere avuto avviso dell'imminente partenza dell'Imperatore da Si-ngan-fou (Shensi) per venire a Pechino, dove poteva giungere fra circa un mese. Li-hungciang continuò pregandomi di voler pensare fin d'ora a tale eventualità, ed espresse la speranza che gli si restituirebbero i palazzi ora occupati.

Tre sono le residenze imperiali di Pechino: il vero palazzo imperiale (o città proibita, o città merlata), il pa!azzo deLl'Imperatrice (accanto al precedente) ed il palazzo d'estate (12 chilometri da Pechino).

Il primo è in perfetto stato, e si può dire non ne sia stato tolto alcun oggetto, giacchè dopo la sfilata delle truppe, che lo attraversarono pacificamente il giorno ... (l) corrente, le quattro porte furono chiuse, e consegnate ai giapponesi ed agli americani, i quali vi fecero qualche piccola escursione, nella quale solo pochi oggetti furono presi, per soddisfare la passione di qualche .collezionista, più che vero saccheggio.

Ben diversa fu la sorte del palazzo dell'Imperatrice e di quello d'estate, che, rimasti circa un mese nelle mani dei russi, vennero letteralmente vuotati di quanto poteva avere un valore qualunque. Come già ebbi l'onore di riferire all'E. V., mentre i tedeschi occuparono il primo fra quei palazzi (vi abita ora il generale Waldersee) una compagnia italiana ed una inglese guardano il secondo.

Dovendo dare una risposta a Li-Hung-Chang, mi limitai a dirgli che noi non potevamo andarcene senza intenderei con gli inglesi, i quali assieme a noi occupavano quel palazzo. Già ho avuto l'onore di esprimere all'E. V. il mio avviso, che è perfettamente concorde con quello del ministro inglese. Aggiungo però che non mi sembra in alcun caso noi si debba restituire il palazzo d'estate, se i tedeschi non restituiscono quello dell'Imperatrice.

Dall'annesso progetto di trattato preliminare, l'E. V. vedrà che la Cina tenta

di sciogliere l'azione concorde delle potenze proponendo d'iniziare trattative

speciali con ogni nazione dopo che siano stabilite alcune condizioni comuni a

tutti: la principale fra queste sarebbe il pagamento delle indennità.

Certo in questo tranello, che, con furbizia male dissimulata, la Cina tende

all'Europa, sarà difficile cadano potenze come il Giappone e l'Inghilterra, ma io

mi domando se questa proposta non incontrerà le simpatie della Russia.

Quanto a noi, credo sarebbe il caso di esaminare quali progetti sia conve

niente avere in Cina, prima di decidere se appoggiare, o no, una simile proposta.

Credo non vi sia dubbio che le potenze si faranno rimborsare fino all'ultimo

centesimo le spese incontrate, e da questo rimborso mi auguro che l'Italia non

si escluderà. Ma al semplice rimborso delle spese fatte deve limitarsi l'utile che

il nostro paese trarrà da questo stato di cose? Io spero di no, perchè parmi che

una occasione migliore della presente, per assicurarci qui una posizione che

garantisca l'avvenire nostro in Cina, e procuri ai regi sudditi il modo di crearsi

qui degli interessi, non si presenterà più per lungo tempo almeno.

Per ottenere questo scopo, io credo sarebbe necessario definire tutte le

piccole concessioni chieste e non avute nello scorso anno, ad esse aggiungere

quella desiderata dal sindacato itala-belga rappresentato dal signor Rizzardi, e

finalmente io penso bisognerebbe definire, in modo onorevole, la questione

relativa al porto chiesto nel Cekiang lo scorso anno.

lo, fino da allora, ebbi l'onore di sottomettere all'E. V. la mia opinione circa il modo di conciliare gli interessi nostri col decoro, e con la ferma volontà, espressami ripetutamente in quella occasione dall'E. V., di non voler assolutamente procedere ad alcuna occupazione militare.

Non è il caso che io ripeta come, a mio avviso, quello scopo potesse raggiungersi quando si avesse dalla Cina la certezza che a nessun'altra potenza essa cederebbe territori nel Cekiang, e quando un porto di quella provincia fosse dato all'Italia come punto di sbarco di merci in piena franchigia. Questo punto, venendo collegato alla ferrovia chiesta ora dal Rizzardi, diverrebbe forse un centro commerciale di qualche importanza ed in ogni modo non sarebbe occasione di spese per il governo italiano, giacchè non dovrebbe avere nessuna organizzazione di colonia, ma basterebbe !asciarvi una delle navi che (oramai sembrami non possa più esservi dubbio) l'Italia dovrà avere costantemente in Cina.

Io credo che trattative di questo genere potrebbero, senza troppa difficoltà, procedere parallele a quelle per la pace che avessero luogo isolatamente da ogni potenza, o da tutte riunite. Ma, ad ogni modo, bisognerebbe non impegnarci a limitare i nostri accordi con la Cina a quelli che saranno stipulati nelle trattative collettivamente fatte dalle varie potenze.

Io spero che riceverò dall'E. V. istruzioni a questo riguardo, ringraziandola anticipatamente.

(l) Cfr. n. 321.

(l) -Manca la data. (2) -Gli annessi non sono stati rinvenuti.

(l) Manca la data.

369

IL MINISTRO A PECHINO, SALVAGO RAGGI, ALL'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, PANSA

(Archivio Pansa)

L. P. Pechino, 18 ottobre 1900.

Ritornato nel numero dei viventi già da due mesi, le do solo oggi mie notizie perchè sono tanto seccato da due mesi a questa parte che non ho mai tempo o umore di scrivere.

L'avrebbe mai creduto Lei che i cinesi arrivavano al punto di pazzia e di imbecillità da volerei massacrare e da non riuscirvi?

Io confesso candidamente che fino all'ultimo ho creduto che mai le truppe regolari sarebbero state lanciate contro le Legazioni; ma quando ho visto le loro bandiere, quando ho sentito le loro trombe e ancor più quando ho visto arrivarE' i proiettili di piccolo calibro dei nuovi fucili e scoppiare le granate dei krupp ho creduto che sarebbero stati capaci in cinque o seimila ch'erano, di ammazzarci noi, che eravamo ottocento, fra cui trecento fra donne e bambini. Ma dovevo ~bagliarmi su tutto quanto consolandomi solo per il fatto che tutti, primo Sir Robert, si erano sbagliati.

Il buon Sir Robert rimase chiuso dentro, con noi: non abbandonò mai la sua cravattina blu e la sua calma sorridente. Seguitò ,senza mai scoraggiarsi a far previsioni che non si avveravano e tentava mandare bigliettini a Tientsin che non arrivavano quasi mai. Uno solo giunse e non ci fece alcun bene. Ma, povero uomo, i nostri biglietti nemmeno servivano a qualcosa! Se si scriveva • fate presto perchè non possiamo più resistere » a Tientsin pensavano • eh ormai sono

caduti quindi non c'è premura: è meglio aspettare i 60.000 uomini senza i quali non si può arrivare a Pechino». Se scrivevamo che si resisteva, a Tientsin pensavano « tanto meglio, non c'è premura quindi è meglio aspettare i 60.000 uomini

senza, etc...._». È vero che poi 12.000 sono arrivati a Pechino, percorrendo il tratto fra Yangtsun e Pechino senza veder la coda d'un cinese.

Come vede tutti si sono sbagliati, ma lo sbaglio più grosso io credo sia stato la presa dei forti di Taku, fatta quando la colonna Seymour poteva ancora venire -e quando gli ammiragli non avevano truppe da sbarcare. Senza quella malaugurata presa credo che il povero Ketteler sarebbe ancora vivo e noi invece di aver sulle braccia dei soldati regolari si avrebbero avuto solo i così detti boxers.

Le assicuro però che quei due mesi avrebbero avuto un lato assai interessante... se non avessimo avuto qui le famiglie. Vedere le donne e i bambini rosicchiare un poco di carne di cavallo -e quell'idea continua del come evitar loro, in caso di disgrazia, di cader vive in mano ai cinesi, era una vera tortura.

Ora tutto ciò è passato-la mia famiglia l'ho messa in salvo in Giappone dove l'ho mandata assieme a Caetani, il quale stava poco bene dopo due mesi di fatiche. Egli si è condotto alla perfezione e ha destato l'ammirazione di tutti.

Finito J'a,ssedio è cominciata una vita impossibile. Non ho più casa. Qui in giro tutto è bruciato; per cui mi sono rifugiato in una tomba imperiale che è accanto al giardino di Sir Robert un poco a nord. Forse Lei si ricorda il grande recinto colle tegole gialle che fa angolo fra la Bob Street e la via a nord parallela a quella delle Legazioni. Ho un grande Tinger -dove gelo, ma a forza di carta e di stufe spero passarci da vivo quest'inverno.

Al principio non avevo da mangiare altro che la carne degli agnelli che i marinai mi razziavano. Poi cominciammo a comprare ed i cinesi ora ci portano d1 tutto. L'aria a forza di putridume -(uomini cavalli e cani restarono per molto tempo insepolti) -è diventata pessima e abbiamo tutti febbre e tifo. Io per ora ho solo la prima. Naturalmente quelli che eravamo qui durante l'assedio sono i più éprouvés. Ma ormai quasi tutti sono andati provvisoriamente o definiti<ramente via... io eccettuato.

Il Ministero doveva essere tanto seccato di me che ebbe una dura disillusione sapendomi vivo. Non dico questo con rancore sia perchè è naturale fossero seccati di me, sia perch'è non mi importa nulla di quello che essi pensano di me.

La nostra spedizione è piccola ma ciò non sarebbe nulla. In fondo non vi era ragione di farla più grande; bisognava però farla bene, e invece stringe il cuore a vedere come si possono sprecare gli uomini e i quattrini per imprevidenza per indolenza e ignoranza -il peggio è che si fanno delle brutte figure.

Si è cominciato da quel monumento d'ignoranza che è stato il discorso del Ministro della Guerra; il quale disse che tra Tientsin e Pechino bisognava camminare sugli arginelli fra risaia e risaia... mentre non vi sono risaie. Perciò non mandò cannoni ma mitragliatrici... che non furono nemmeno sbarcate.

Poi non hanno detto a nessuno di preparar nulla per cui quando le truppe sono arrivate non v'erano rimorchiatori, non muli, non carri. Metà delle provviste andò in mare e solo parte ne fu tirata fuori avariata, poi non v'era mezzo dì condurla su dal fiume, nè da Tungchow a qui!

Arrivati finalmente vedo questi sventurati nostri soldati, con un solo vestito di panno, già lurido naturalmente e siamo ad ottobre! Non il cappello ma un

pseudo elmetto di sughero rotto, sporco, orribile. E poi sa quante paia di calze hanno quei disgraziati? Uno -ma sul ,serio sa! Uno! Impossibile avvicinare un soldato a meno di tre metri! Una maglia di lana -una fascia addominale etc!!!

Ma quest'è nulla! Vi sono qui ufficiali superiori che trovano ciò naturalissimo-e per tutta risposta mi dicono «Stia pur sicuro che se ci fosse da battersi si batterebbero bene quanto gli inglesi che sono così ben vestiti»!

Ah che povera gente siamo noi italiani! Rettorica, poltroneria e non incaricarsene!

Chi credo si sia dato una gran pena è l'ammiraglio, che non conosco personalmente; ma pare che non disarTabbi mai, giacchè un'arrabbiatura si attacca con l'altra. Ma, pover'uomo, credo che a lui si deve se le figure fatte non furono più brutte.

Chi credo una persona seria è Salsa, che però ho appena visto per due o tre giorni. N o n conosco Garioni.

Cosa vorrà ora l'Italia non 'so. Dovrebbe almeno farsi pagare le spese della campagna. La Cina ha largo margine nelle sue finanze se si mettesse una Cassa come costì. Sir Robert è là, ancora capace a organizzarla.

Ritornerà in ballo San Mun o un altro santo qualunque? Chissà? Finora il Ministero non mi aveva dato segno di vita, ieri l'altro mi arrivarono però due telegrammi. Vedremo cosa vorranno... se vorranno qualcosa. Io non so cosa .desiderare perchè purtroppo credo che qualunque cosa si faccia si farà male.

La notizia dell'assassinio del Re l'ho avuta dai cinesi. Chi avrebbe mai creduto .alcuni anni or sono che una cosa simile era possibile in Italia?

370

IL MINISTRO A PECHINO, SALVAGO RAGGI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 3026. Pechino, 19 ottob1e 1900, ore 2,15 (per. ore 6).

Parte battaglione marinai e battaglione bersaglieri con compagnia marinai compiono spedizione Paoting-fu, salvare RR. sudditi colà rifugiati. Rimangono qui Tien-sin e Shanhaikwan poche truppe rinforzate da marinai. Credo a proposito sarebbe opportuno lasciare a terra marinai ora sbarcati, attenuando così inconveniente scarsità nostre truppe. Insieme agli inglesi occupiamo palazzo d'estate che i russi abbandonarono, dopo averlo saccheggiato.

371

L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. R. 3005/212. Berlino, 19 ottobre 1900, ore 2,50.

In questi giorni deve essere stata firmata a Londra una convenzione (l) con cui Inghilterra e Germania dichiarano essere base loro politica in Cina commercio aperto a tutte le nazioni, e si impegnano non profittare torbidi attuali per

cambiamento stato territoriale in Cina. In caso altre potenze contravvenissero questi principii, Inghilterra e Germania concorderanno loro ulteriore azione. Tale convenzione sarà comunicata alle altre potenze invitandole aderirvi. Iniziativa di quell'accordo scritto è partita da Germania: suo scopo è togliere i dubbi che esistono Londra che la Germania possa secondare i fini della Russia, di cui tanto diffida Inghilterra. L,e informazioni che precedono non mi sono ancora state comunicate da questo Governo; per cui prego V. E. non farne uso fino a che non giungano in altro modo.

(l) Con successivo telegramma del 20 ottobre l'ambasciatore Lanza annunciava l'avvenuta pubblicazione della convenzione.

372

L'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, BOTTARO COSTA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 3008. Londra, 19 ottobre 1900, ore 7,50.

Messaggio Imperatore China è stato trasmesso a S. M. la Regina. Sotto segretario di stato per gli affari esteri mi ha detto che forse non vi si risponderà affatto.

373

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AGLI AMBASCIATORI A BERLINO, LANZA, A PARIGI, TORNIELLI, A VIENNA, NIGRA, A WASHINGTON, FAVA, E AGLI INCARICATI D'AFFARI A LONDRA, BOTTARO COSTA, E A PIETROBURGO, CALVI

T. 3195. Roma, 19 ottobre 1900, ore 12.

Il R. ministro a Pechino conferma che quel corpo diplomatico ha risposto ai tre quesiti della circolare germanica circa la punizione dei colpevoli nei termini seguenti: l) che altri colpevoli oltre gli indicati si debbono punire; 2) che le pene annunziate non sono sufficienti; 3) che sola guarentigia di esecu

zione è l'assistenza dei delegati delle legazioni. Prego dirmi il pensiero e le intenzioni di codesto Governo di fronte a queste risposte.

374

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 3007. Parigi, 19 ottobre 1900, ore 19,12.

Risposta al n. 3195 (1). Delcassé mi ha letto un telegramma del ministro di Francia a Pechino nel quale si apprezzano le punizioni annunziate come già inflitte ad alcuni capi responsabili degli ultimi avvenimenti dicendole insufficienti, e si esprime l'opinione che fra i capi responsabili debbano comprendersi alcuni altri dei quali la

punizione non fu fin qui annunziata. La questione sarebbe dunque già entrata nella fase di applicazione pratica fra i rappresentanti delle potenze a Pechino.

(l) Cfr. n. precedente.

375

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 3013. Parigi, 19 ottobre 1900, ore 19,15.

Risposta al n. 3179 (1).

Giappone fino a quest'ora non ha fatto qui nessun:::. comunicazione analoga a quella che V. E. ha ricevuto. Delcassé osserva che in parte almeno, la proposta giapponese ebbe ·soddisfazione dal fatto rappresentanti a Pechino riunitisi spontaneamente hanno preso cognizione delle basi proposta e le hanno approvate formulando poche altre domande alla China. Delcassé osserva che i termini nei quali egli ha formulato le proposte stesse deferiscono appunto al collegio dei ministri a Pechino la determinazione di taluni punti. Questo ministro degli esteri non inclina a lasciare ai ministri in Cina una troppo larga libertà di giudizi e di azione. A titolo confidenziale egli esprime l'opinione che i medesimi possano in conseguenza degli avvenimenti recenti mancare di sangue freddo e continuare ad esagerare la facilità di avere ragione della Cina colle sufficienti forze militari.

376

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA

T. 3200. Roma, 19 ottobre 1900, ore 19,30.

Il nostro ministro a Pechino telegrafa che il suo collega germanico era tuttora

a Tientsin. Prego informarsi e telegrafare se questi deve ora recarsi a Pechino e quali sono le sue istruzioni in vista del negoziato.

377

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AGLI AMBASCIATORI A BERLINO, LANZA, A PARIGI, TORNIELLI, A VIENNA, NIGRA, A WASHINGTON, FAVA, E AGLI INCARICATI D'AFFARI A LONDRA, BOTTARO COSTA, E A PIETROBURGO, CALVI

T. 3202. Roma, 19 ottobre 1900, ore 22,30.

L'incaricato d'affari di Francia mi comunica il testo seguente di una nota identica che ciascuno dei ministri esteri a Pechino dovrebbe rimettere al plenipotenziario cinese: « l) Punizione dei principali colpevoli che sarebbero designati dai ministri a Pechino; 2) Mantenimento alle condizioni da regolarsi tra le

potenze, del divieto di importazione delle armi; 3) Eque indennità per gli stati, le società e i privati; 4) Istituzione da parte di ogni potenza di una guardia perma

nente delle rispettive legazioni a Pechino: 5) Smantellamento dei forti di Taku; 6) Occupazione militare di certi punti da determinarsi mercè un accordo delle potenze, per mantenere sempre libera la via alle legazioni per portarsi al mare, ed alle forze che dal mare avessero per obiettivo la capitale ».

(l) Cfr. n. 356.

378

L'AMBASCIATORE A WASHINGTON, FAVA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 2999/92. Washington, 19 ottobre 1900.

Segretario di stato mi consegna in questo momento testo risposta presidente all'Imperatore della China. In questa risposta presidente divide desideri imperatore per un componimento fra la China e le potenze i di cui interessi ed i cittadini sono stati così gravemente danneggiati e spera nella cessazione di ogni sentimento ostile fra loro. Dice inoltre che il desiderio per un sollecito componimento fu partecipato a tutte le potenze; confida che i negoziati cominceranno tosto che gli Stati Uniti e gli altri Governi saranno completamente soddisfatti del modo e capacità Imperatore nel trattare con giusto rigore principali colpevoli i quali lo sono doppiamente, non solo contro gli ,stranieri, ma contro lo stesso

Imperatore sotto il cui reggimento propositi della China di rimanere in concordia

col mondo hanno avuto eco nell'accoglienza benevola e nella protezione assicurata "agli stranieri. Quanto precede è testuale.

379

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 2390/1191. Parigi, 19 ottobre 1900.

Nelle ultime ventiquattro ore ho ricevuto cinque comunicazioni telegrafiche di V. E., le quali, precisando la situazione delle preliminari trattative per il negoziato delle potenze con la Cina, richiedevano che, da parte mia, le facessi conoscere il pensiero del governo francese sovra vari punti delle trattative stesse. Perciò chiesi oggi al ,signor Delcassé un convegno, e, recatomi da lui, l'intrattenni anzi tutto della proposta giapponese relativa al deferimento dell'esame e della .elaborazione delle basi del negoziato ai rappresentanti delle potenze a Pechino prima dell'apertura delle trattative con i plenipotenziari cinesi. Lo scopo di tale proposta era di rendere il negoziato più semplice e più efficace, poichè si sarebbe .assicurato l'appoggio concorde di tutte le potenze alle singole proposte prima di presentarle alla Cina. V. E. avea assicurato l'inviato del Giappone che il suggerimento del ,suo governo sarebbe stato preso da noi in attento esame. Il signor Delcassé non avea ricevuto questa comunicazione del gabinetto di Tokio. Appena costituito il nuovo ministero, il principe Ito si era affrettato a dare corso alla

accettazione delle basi proposte dalla Francia, preparata già dal suo predecessore. Una sola osservazione accompagnava l'adesione giapponese. Essa si riferiva al nurr,ero 2 della proposta francese, e riguardava la convenienza di consentire alla ·Cina d'importare le armi necessarie per le forze militari indispensabili al mantenimento della sicurezza interna di un così vasto e popolato impero. Ma del progetto di affidare al collegio dei rappresentanti diplomatici a Pechino l'esame e la elaborazione delle basi da presentare alla Cina, nè la legazione francese a Tokio, nè il ministro del Giappone a Parigi aveano fin qui tenuto parola. Forse, osservavami il signor Delcassé, il governo giapponese, ,gi sarà già reso conto che il suo suggerimento è stato, in parte almeno, seguito ancora prima ch'egli lo esprimesse. Ri,gultava da un telegramma del signor Pichon che, senza aspettare di riceverne l'incarico, i rappresentanti delle potenze a Pechino si erano riuniti per e,gaminare i sei punti della proposta francese, e li aveano approvati, formulando il voto che vi si facessero alcune aggiunte fra le quali quella della abolizione dello Tsung-li-Yamen. A Tokio, soggiungeva questo signor ministro degli affari esteri, si era anche saputo che la Francia, nella più recente sua comunicazione ai gabinetti, proponeva che fosse deferito ai ministri delle potenze a Pechino di regolare sul luogo la maggior parte delle questioni di applicazione sovra le quali alcuni gabinetti aveano chiamata l'attenzione nel rispondere alle proposizioni francesi. Dopo di avere raccolte le osservazioni dei vari governi, egli avea potuto accertarsi che tutti i punti della sua proposta erano sostanzialmente accettati, e che bastava modificarne la formula per dare soddisfazione alle osservazioni che sovra alcuni di essi erano state fatte. Queste variazioni di forma, destinate a precisare il senso ed a determinare l'applicazione delle prime proposte, erano state da lui introdotte nel primo progetto comunicato alle potenze, ed il nuovo testo delle basi del negoziato era stato mandato ai rappresentanti francesi presso i singoli governi la sera delli 14 corrente. Lord Salisbury vi avea trovato,

nel numero 4, chiaramente espresso che la guardia permanente delle legazioni a Pechino costituiva un diritto dei singoli governi verso la Cina, diritto che questi conservavano la facoltà di esercitare o non, a loro piacimento poichè ciascun paese avrebbe organizzata con forze proprie la custodia della sua legazione. Il nuovo testo delle basi proposto dalla Francia avea così incontrato il gradimento del gabinetto di Londra, il quale era d'avviso che le basi stesse dovessero essere presentate alla Cina nella forma di note identiche dai rappresentanti dei si~goli .Stati.

La variazione introdotta nel numero 4 anzidetto dava pure soddisfazione al gabinetto di Washington che, per motivi costituzionali, non avrebbe potuto sottoscrivere ad una clausola che sembrava impegnare reciprocamente i governi ad occupazioni permanenti in Cina. Deferendo ai rappresentanti delle potenze a Pechino di designare sul luogo dove l'occupazione militare dovrà essere mantenuta per tenere aperte in modo sicuro le comunicazioni fra quella capitale ed il mare, incaricando i rappresentanti stessi di provvedere alla applicazione efficace delle punizioni dei capi responsabili secondo il concetto espresso nelle comunicazioni della Germania, si poteva ormai credere di aver dato alle basi del negoziato da presentarsi alla Cina tutta la precisione desiderabile, ed il signor Delcassé mi lasciava intendere che non conveniva sottoporre ad altro esame e discussione a Pechino ciò che, mediante il recente scambio di comunicazioni fra i gabinetti, riusciva ormai di comune soddisfazione dei medesimi. A titolo confidenziale egli manifestavami il timore che gli apprezzamenti del collegio dei rappresentanti stranieri a Pechino potessero mancare della calma difficile a conciliare con i giustificati risentimenti. Vi era da tenere in considerazione che quegli stessi rappresentanti aveano, fino alla vigilia dei gravi avvenimenti occorsi, mal giudicato della proporzione dei mezzi necessari per tenere in rispetto i cinesi. Si renderebbero quei rappresentanti sufficientemente conto dello stato della opinione dominante in quasi tutta l'Europa e del desiderio comune di evitare i pericoli e spese di maggiori imprese? Vi erano questioni di applicazione che non potevano risolversi e decidersi altrove meglio che a Pechino; ma le idee generali entro le quali giovava contenere le domande da farsi alla Cina, conveniva fossero pr2stabilite nell'accordo oramai formato fra i gabinetti. Naturalmente le considerazioni esposte in questa parte della conversazione da me avuta con il signor Delcassé, ebbero un carattere intimo e confidenziale. Qui le riferisco ciononostante, anche perchi':. esse dimostrano la non favorevole disposizione di questo ministro degli affari esteri ad assecondare proposte le quali tenderebbero a trasformare il collegio dei rappresentanti diplomatici a Pechino in una vera e propria conferenza, à leur laisser, secondo l'espressione adoperata dal mio interlo~utore, la bride sur le cou.

Anche qui era stato comunicato il messaggio imperiale cinese esprimente la speranza che, cessata l'inimicizia ed il disaccordo prodotto dai recenti avvenimenti, approdino ora i negoziati per la pace. Il governo francese non avea ancora risposto a questo messaggio. Alla mia domanda relativa al seguito che qui si stimerà opportuno di dare a questo passo fatto dalla corte cinese, il signor Delcassé rispose che, a parer suo, la sola replica al messaggio imperiale consisterebbe nella affermazione che non si nutrì mai inimicizia verso la nazione cinese, ma che gli ultimi avvenimenti richiedendo risarcimenti per i danni sofferti e guarentigie perchè questi non s'abbiano a ripetere, le potenze concordemente presenteranno, a tal fine, le basi necessarie del negoziato che si augura sia prontamente conchiuso.

Anche a Parigi si avea avuto cognizione dell'esito dell'esame, fatto dai rappresentanti delle potenze a Pechino, dei quesiti proposti dal governo germanico nella sua circolare relativa alla punizione dei colpevoli. Il signor Delcassé, adopel'ando, per il primo punto delle sue proposte, una formula che affidava il compito di regolare l'applicazione delle pene ai rappresentanti suddetti, avea appunto voluto tener conto del desiderio manifestato già in precedenza nella circolare del gabinetto di Berlino. Dipoi questa parte della questione avea progredito, ed i rappresentanti delle potenze sembravano averla diggià spinta nella fase della pratica applicazione. A questo proposito il ministro degli affari esteri mi ha dato lettura di un telegramma recente del signor Pichon, nel quale si designano nominativamente vari alti funzionari cinesi per i quali le pene della prigionia perpetua e dell'esilio diggià annunziate non sarebbero sufficienti, e si indicano altri fra i principali colpevoli, della punizione de' quali non si è ancora parlato.

Come risulta dalle cose anzidette le trattative preliminari sembrano essersi svolte, in questi ultimi giorni, con singolare attività, ed il signor Delcassé mi parve oggi più che mai fiduc;o8o nell'accordo di tutti i governi per la pronta pre::entazione ai delegati della Cina in Pechino della nota identica contenente le basi da proporre alla accettazione di quel governo imperiale.

Non mi occorreva naturalmente di cercare, durante il lungo colloquio, l'occasione di mettere in sodo il carattere preliminare della risposta data da V. E. alla comunicazione di codesto incaricato d'affari francese, e notificata a me con il di Lei telegramma delli 18 corrente (1). Ormai il R. governo dovea esser in possesso del testo emendato della prima proposta di questo ministro degli affari esteri, nonchè delle spiegazioni che davano ragione degli introdottivi emendamenti. La comunicazione che i rappresentanti della Francia all'estero doveano fare, a tal fine, ai singoli gabinetti, comprendeva inoltre, se ho ben inteso talune incidentali indicazioni del signor Delcassé, anche l'enunciato dei criteri generali che guidavano la politica del governo della repubblica, fra i quali emergeva il concetto di rispettare l'integrità territoriale dell'impero cinese.

La conversazione, di cui riferisco i punti sostanziali che rispondono all~ interrogazioni telegrafiche di V. E., toccò incidentalmente anche taluni altri soggetti. Correva oggi nei giornali la voce che dai delegati cinesi a Pechino fossero stati pr_esentati certi capitoli di pace, e che il signor Pichon avesse, a tal riguardo, dato a Li-Hung-Chang una fiera risposta. Il signor Delcassé non ne avea alcuna notizia; eppure gli era pervenuto un telegramma dello stesso signor Pichon, che avea due soli giorni di data; ma non si parlava in esso di siffatto incidente. Si compiaceva questo ministro degli affari ,esteri del ritorno a Pechino del ministro di Russia signor De Giers. Egli si dimostrava, a questo proposito, una volta di più persuaso della sincerità delle intenzioni della politica imperiale nell'affrettare i componimenti pacifici nell'estremo oriente. Anche della nomina di S. E. Biilow alla carica di cancelliere germanico il signor Delcassé disse poche cose le quali ribadivano in me l'impressione che qui regna molta inquietudine per l'ignoranza in cui si continua ad essere dei veri propositi della politica dell'imperatore Guglielmo II. Per connessione di materia, il mio interlocutore indicava il fatto che, neppure nei telegrammi militari pervenuti al governo francese, si era fatto fin qui parola del maresciallo di Waldersee. Qual era dunque il compito vero assegnatogli dal suo Sovrano?

Le cose, sovra le quali ,si aggirò il colloquio, nel loro complesso, debbono rendere conto a V. E. del desiderio ognor più vivo del governo francese di giungere prontamente al componimento delle difficoltà con la Cina. La manifestazione di questo pensiero è continua in tutto ciò che il signor Delcassé mi ha detto, ed in questa sua preoccupazione costante bisogna ricercare i motivi della azione diplomatica del gabinetto di Parigi.

380

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL MINISTRO A PECHINO, SALVAGO RAGGI

T. 3204/2. Roma, 20 ottobre 1900, ore 13.

Desidero che colì speciale rappor'.:o sollecitamente ella mi indichi: l) quali

capi di indennità sono da presentarsi per danni materiali recati al R. Governo, a società italiane ed a privati italiani; 2) i !l.omi ed il domicilio di origine degli

italiani uccisi o feriti durante gli ultimi avvenimenti, comprendendo nell'elencoanche i missionari italiani; 3) l'ammontare delle singole indennità che, a suo avviso, si potrebbero chiedere per danni materiali uccisioni o ferite; 4) quali domande di indennità già furono presentate da privati o società nazionali a codesta legazione od ai consolati dipendenti.

(1) Cfr. n. 366.

381

L'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, BOTTARO COSTA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 3018. Londra, 20 ottobre 1900, ore 13,27.

Rispondo suo telegramma n. 3179 (1).

Sottosegretario di stato per gli affari esteri mi dice che comunicazione del

Governo giapponese non è stata fatta; però era stata telegrafata dall'incaricato·

d'affari britannico a Tokio. È opinione personale di Sanderson che adozione del

suggerimento sarebbe superflua, non mancando ai rappresentanti esteri a Pechino·

ampia opportunità di fare le loro osservazioni.

382

L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 3020/213. Berlino, 20 ottobre 1900, ore 15 (per. ore 16,45).

Biilow è tornato jersera. Oggi si deciderà nomina suo successore, che ormai, sembra certo, sarà barone Richthofen, attuale sotto-segretario di stato per gli affari esteri. Ritenendo Biilow per sè direzione politica estera, egli non potrebbe certamente trovare esecutore più sicuro delle sue idee che il barone Richthofen. Questi, dotato di non comune intelligenza, tatto e forza di lavoro, 'seppe farsi apprezzare e da tutti stimare nella carica che ora occupava.

383

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL MINISTRO A PECHINO, SALVAGO RAGGI

T. 3211/3. Roma, 20 ottobre 1900, ore 23,15.

Il Governo francese propone che ciascuno di codesti ministri rimetta ai plenipotenziari cinesi una nota identica che nella sua parte sostanziale conterrebbe testualmente i punti seguenti: l) Punizione ecc. ecc. (V. questo testo nel telegramma n. 3202 alle ambasciate) (2). L'autorizzo a rimettere la proposta nota identica tostochè i suoi colleghi avranno ricevuto analoga autorizzazione.

(l) -Cfr. n. 366. (2) -Cfr. n. 377.
384

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL MINISTRO A PECHINO, SALVAGO RAGGI

T. 3212/4. Roma, 20 ottobre 1900, ore 23,15..

Ricevo telegramma 18 ottobre (1). Mi associo al suo avviso circa restituzione palazzo d'estate, potendo agevolare ritorno dell'imperatore.

385

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AGLI AMBASCIATORI A BERLINO, LANZA, A PARIGI, TORNIELLI, A VIENNA, NIGRA, A WASHINGTON, FAVA, E AGLI INCARICATI D'AFFARI A LONDRA, BOTTARO COSTA, E A PIETROBURGO, CALVI

T. 3213. Roma, 20 ottobre 1900, ore 23,15.

Mi riferisco al mio telegramma di iersera n. 3202 (2). Avendo noi accettato le prime proposte del signor Delcassé e le potenze essendo sostanzialmente concordi, ho autorizzato il R. ministro in Pechino a rimettere la proposta nota identica tostochè i suoi colleghi abbiano ricevuto analoga autorizzazione.

386

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AGLI AMBASCIATORI A BERLINO, LANZA, A PARIGI, TORNIELLI, A VIENNA, NIGRA, A WASHINGTON, FAVA, E AGLI INCARICATI D'AFFARI A LONDRA, BOTTARO COSTA, E A PIETROBURGO, CALVI

T. 3214. Roma, 20 ottobre 1900, ore 23,15.

Il R. ministro in Pechino t·elegrafa in data 18 quanto segue: • Li-HungChang assicura, ecc. e·cc. (V. telegr. n. 3016 da Pechino fino alle pa'I"ole "dello stesso avviso" •) (1). Il ritorno dell'Imperatore a Pechino mi sembra desiderabile perchè semplificherebbe la situazione e darebbe una garanzia ai negoziati. Mi parrebbe quindi consigliabile la restituzione del palazzo di estate dal momento che ciò potrebbe facilitare il ritorno dell'Imperatore.

239·'

(l) -Cfr. n. 365. (2) -Cfr. n. 377.
387

IL MINISTRO DEGLI ESTEIU, VISCONTI VENOSTA, ALL'INCARICATO D'AFFARI DI FRANCIA A ROMA, LEGRAND

N. 43365. Roma, 20 ottobre 1900.

Con la pregiata sua nota (l) in data di ieri, la S. V. mi ha comunicato il

testo dl quanto dovrebbe formare la parte sostanziale di una nota identica che

cinscuno dei ministri esteri in Pechino avrebbe da rimettere ai plenipotenziari

cinesi.

Il testo da Lei comunicatomi corrisponde alle proposte che, già precedente

mente enunciate dal signor Delcassé, avevano ottenuto, in massima, l'adesione

del R. governo, essendosene, inoltre, resi più generici i termini, allo scopo

di agevolare l'unanime consenso delle potenze. Non ho quindi esitato a telegra

fare al R. ministro in Pechino, autorizzandolo a consegnare la proposta nota

identica, tostochè i suoi colleghi ne abbiano ricevuto analoga autorizzazione.

Sarò grato alla S. V. se si compiacerà di far conoscere quanto precede al suo

_governo.

388

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, ALL'INCARICATO D'AFFARI A BRUXELLES, IMPERIALI

D. P. 43262/150. Roma, 20 ottobre 1900.

Ho ricevuto la pr-egiata Sua lettera particolare del 4 di questo mese (l) e

Le ne porgo i miei migliori ringraziamenti, compiacendomi che nel Consiglio di

Amministrazione della Società dell'Estremo Oriente abbia potuto, mercé gli

uffici di Lei, essere incluso un Consigliere di nazionalità italiana.

Mi preme, infatti, di mettere in sodo che, come risulta dal carteggio confidenziale tenuto con codesta Legazione, la preoccupazione nostra fin da principio è stata questa sola: che l'elemento italiano avesse una rappresentanza nel nuovo Istituto internazionale destinato a favorire e promuovere imprese industriali e commerciali nell'estremo oriente e poichè apparve in modo non dubbio che, per impegni precedenti presi dal Colonnello Thys, non avrebbe potuto essere accolta altra candidatura italiana all'infuori della candidatura Manzi, di guisa che, questa mancando, sarebbe mancata ogni partecipazione dell'Italia al Consigìio di Amministrazione, la S. V. operò saviamente a rimuovere gli ostacoli che a quella candidatura unica possibile, avrebbero potuto opporsi.

Del desiderio a Lei manifestato dal Colonnello Thys di vedere riportate sulla persona dei Signori Le Boeuf e Périer le benevole disposizioni del governo per una onorificenza in loro favore, ho preso nota e desidero soddisfarlo. La

S. V. potrà, quindi, farne oggetto di proposta ufficiale, con opportuna motivazione.

(l) Non pubblicata.

389

L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 16051735. Berlino, 20 ottobre 1900.

I commenti fatti dai diarii germanici intorno alla nomina del Conte di BUlow a Cancelliere dell'Impero per quanto in generale non sfavorevoli alla persona del nuovo eletto diversificano però fra di loro a seconda delle tendenze politiche che rispettivamente rappresentano. I giornali di parte liberale e con essi pure, in certa misura, gli organi del centro cattolico, nel mentre sono unanimi nel riconfermargli anche per l'avvenire la loro fiducia per la direzione della politica estera, dichiarano invece che per ciò che riguarda la politica interna, essi non potrebbero per il momento andare oltre ad una benevola aspettativa; meno favorevoli si dimostrano gli organi del partito agrario-conservatore. Pur ammettendo anche essi con alcune reticenze, le benemerenze del Conte di Biilow per ìa sua saggia direzione della politica estera, non nascondono d'altra parte le loro apprensioni riguardo all'orientazione che egli intende dare alla politica economica dell'Impero. Diplomatico di carriera -scrive in proposito l'organo magno degli Agrari la Deutsche Tages Zeitung -il conte di Biilow non si è mai occupato che di politica estera: egli deve quindi essere disposto a subordinare le quistioni d'ordine interno a quelle di politica internazionale, come lo dimostrerebbe la sua presunta attitudine in alcune recenti controversie, p. e. a proposito della nota legge sull'ispezione delle carni e della nuova tariffa dogar.ale. Non sarebbe quindi escluso il pericolo che per riguardi internazionali egli fos:oe propenso a fare all'estero rilevanti concessioni sul terreno commerciale. Con più melliflue espressioni giunge pure la Kreuszeitung alle ste>sse conclusioni, accompagnandole con l'augurio che il Conte di Biilow per quanto concerne almeno la direzione della politica interna si lasci guidare dai consigli di più vecchi ed esperimentati colleghi, colle quali parole essa vuole evidentemente alludere ai Signori Conte Posadowsky e von Miquel, i quali a torto od a ragione hanno grido di essere il primo nell'amministrazione dell'Impero, il secondo nel Gabinetto Prussiano, i più efficaci sostenitori delle rivendicazioni degli agrari. Che la scelta del conte di Biilow non vada a genio degli agrari è cosa che non deve recar meraviglia. Essi speravano che al posto del Principe di Hohenlohe che non trovavano abbastanza arrendevole alle loro esigenze, e di cui già da tempo agognavano il ritiro, venisse chiamato prima ancora che fosse posta sul tétppcto la questione dei trattati di commercio un docile strumento delle loro voglie protezioniste. La nomina del nuovo Cancelliere li ha quindi amaramente disillusi poichè essi prevedono che il Conte di Biilow non è uomo da permettere che per soddisfare alle loro esorbitanti pretese possano venire seriamente compromesse le buone relazioni esistenti con l'estero. Se sommamente onorifica è la distinzione cui fu fatto segno il poco più che cinquantenne diplomatico, assai oneroso invece e pieno di pericoli è il compito che lo aspetta. Pochi uomini di Stato accedono al potere in una più intricata

situazione politica ed in mezzo a più gravi responsabilità. Assai meno gravosa e più facile sarebbe l'opera sua, qualora il Conte di Biilow accontentandosi di

20 -Documenti diplomatici -Serie III -Vol. IV

dirigere efficacemente, come per il passato, la politica estera dell'Impero, lasciasse ad esempio del suo predecessore-la di cui tarda età e cagionevole salute giustificavano fino ad un tal punto tale passività di attitudine -ai suoi Segretari di Stato od ai suoi Colleghi del Gabinetto Prussiano la cura di disbrigarsi nelle quistioni di politica interna, ma, oltre che una simile soluzione non si confarrebbe al carattere del nuovo eletto, essa verrebbe indubbiamente accolta con disfavore dall'opinione pubblica germanica, la quale, già a' tempi del Principe Hohenlohe mal poteva comprendere come il Cancelliere, che secondo la Costituzione Imperiale è solo responsabile degli atti del Governo, ne potesse lasciare ad altri l'assoluta direzione. Ma è nel campo della politica parlamentare che gli si pareranno innanzi le maggiori difficoltà. Il Conte di Biilow -per quanto egli si sia rivelato nelle discussioni del Reichstag un facile e valente oratore, dopo una carriera trascorsa quasi interamente all'·estero ed il suo non lungo passaggio all'Auswii.rtiges Amt ove si dedicò esclusivamente alla politica estera, può difficilmente possedere l'esperienza e pratica necessaria per poter muoversi liberamente e sicuramente in mezzo alla presente situazione parlamentare, qui più intricata, più infida che altrove, ove abbondano i gruppi e gruppetti indipendenti gli uni dagli altri, ed ove il Governo deve di continuo abilmente manovrare onde procacciarsi, sopra ogni determinata questione, una maggioranza che non sarà poi più la maggioranza del domani. E per non parlare qui che delle quistioni di maggiore importanza ed attualità dovrà il Conte di Biilow, appena insediato nell'alto ufficio affrontare l'ardua quistione della spedizione Chinese dinanzi ad un Reichstag in gran parte già male impressionato dagli indugi frapposti dal Governo in sì gravi circostanze alla sua convocazione: subito dopo gli toccherà nella Dieta Prussiana adoperarsi di raccogliere una maggioranza a favore del progettato Canale -J:ra l'Elba ed il Reno già noto a V. E. dai precedenti miei rapporti, progetto già respinto dalla maggioranza conservatrice ma che il Governo persiste a ripresentare sotto una forma modificata, e finalmente, nel corso della prossima primavera, portare a termine nel Parlamento dell'Impero le discussioni della nuova tariffa doganale, discussioni che le esorbitanti pretese degli agrari minacciano di rendere assai tempestose e difficili.

Il Conte di Btilow accede alle sue nuove funzioni confortato e sorretto dalla fiducia e dall'appoggio del suo Sovrano in una misura che i suoi predecessori non conobbero uguale, ed in ciò consiste indubbiamente la principale sua forza. È soltanto da augurarsi anche nell'interesse dell'Italia, di cui il nuovo Cancelliere fu sempre sincero amico, che questa fiducia e quest'appoggio non gli vengano ma1 meno e che egli possa per un lungo periodo di tempo ricoprire l'alto ufficio al quale è stato ora chiamato.

390

L'INCARICATO D'AFFARI A MADRID, FRIOZZI DI CARIATI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 721/237. Madrid, 20 ottobre 1900.

Nel suo numero del 18 corrente lo Standard ha pubblicato un telegramma

del suo corrispondente da Odessa riproducendo un articolo testè comparso nel giornale russo Rassia circa l'attuale situazione della Spagna di fronte ai due

gruppi di alleanze nei quali sono divise le grandi Potenze continentali d'Europa. L'articolo non è altro che una ripetizione dei vecchi argomenti già tante vo:te messi innanzi nella stampa specialmente francese per dimostrare la necessità che la Spagna esca dal suo isolamento e gli innumerevoli vantaggi che ritrarrebbe da un accordo colla Francia e la Russia. La Spagna dice il giornale russo ha bisogno dell'aiuto dei capitali francesi per mettere le sue finanze in buon assetto, per migliorare il suo armamento terrestre e per rifare la sua distrutta marina. L'alleanza franco-russa gli guarentirebbe poi l'integrità dei suoi possessi insulari contro ogni minaccia dell'Inghilterra e finalmente, nella eventualità di certe gravi complicazioni, potrebbe persino restituirgli Gibilterra. A questo punto il giornale russo soggiunge però che, in compenso di tanti benefici, dovrebbe la Spagna cedere alla Francia il possesso di Ceuta, che, come stanno attualmente le cose, è priva di grande importanza militare, ma che nelle mani della Francia alleata della Russia, toglierebbe ogni valore a Gibilterra la quale cesserebbe di essere come ora la chiave del Mediterraneo per cui l'Inghilterra stessa più facilmente

consentirebbe ad abbandonarne il possesso.

Queste divagazioni non meriterebbero nemmeno di essere menzionate se non fosse l'eco che hanno avuto nella stampa spagnola e l'unanimità colla quale i giornali più importanti di tutti i partiti ne hanno tolto occasione per protestare contro qualunque velleità di impegnare la Spagna in questo o quell'altro gruppo di alleanze.

Il Signor Silvela, intervistato ieri da alcuni giornalisti, ha risposto alle loro interrogazioni dichiarando in termini categorici che chiunque osasse fare al Governo Spagnuolo l'insultante proposta (sic) di cedere una parte del territorio nazionale, qualunque essa fosse, incontrerebbe un'accoglienza tale da togliergli ogni desiderio d'insistere. La Spagna, soggiunse il Presidente del Consiglio, non aspira ad altro che a stare in buoni termini con tutte le altre nazioni, dedicandosi tranquillamente alla grande impresa della sua rigenerazione economica che solo in una pace prolungata può sperare di condurre a buon termine. Queste dichiarazioni corrispondono indubbiamente alle vere aspirazioni del paese, nel quale

vi possono essere simpatie piuttosto per questo che non per quell'altro Stato,

ma simpatie puramente platoniche pronte a svanire al primo sospetto che potes

sero condurre a pratiche conseguenze.

Ma se questo è il sentimento da cui è dominata attualmente l'opinione pub

blica in !spagna non perciò debbonsi chiudere gli occhi ai perseveranti tentativi

che da un paio di anni a questa parte vanno moltiplicandosi per sormontare le

ripugnanze spagnuole a certi eventuali accordi internazionali. L'attuale ambascia

tore di Russia presso la Corte di Spagna è ciò che suol chiamarsi un agente

attivo; un agente cioè che, pur di far qualche cosa, ·si muove anche nel vuoto,

agisce e varia di sua sola propria iniziativa, desiderando di avere se non altro

l'apparenza di essere influente e ascoltato, cercando ogni occasione di mettersi

in evidenza di essere «en vedette». Con quel sistema si finisce col suggestionare

se stessi e gli altri, credendo e facendo credere a risultati o che non esistono o

che non corrispondono a tanto agitarsi. La marcata antipatia che da un paio di

anni in qua si manifesta in questo paese contro l'Inghilterra alla quale gli Spa

gnuoli attribuiscono le loro recenti disgrazie è sembrata al rappresentante del

l'Imperatore Niccolò II una condizione favorevole alle sue mire. Egli non perde

un'occasione di rilevare ciò che egli chiama l'ostilità dell'Inghilterra verso la Spagna, ostilità che ora ravvede nelle discussioni tra l'Ambasciata Britannica ed il Governo Spagnuolo a proposito di Gibilterra, ora nelle supposte mire inglesi sulle Canarie e così via dicendo. A tale immaginaria ostilità l'Ambasciatore Russo affetta di contrapporre le particolari simpatie del suo Sovrano per la Corte di Spagna, manifestate l'anno scorso nella nota visita del Conte Muravieff a San Sebastiano e quest'anno nell'invio di una nave da guerra a rendere omaggio alle Loro Maestà Cattoliche in occasione del loro viaggio ai porti settentrionali, dimostrazioni di cui l'ambasciatore può incontestabilmente attribuir,si l'iniziativa. Alle sue personali relazioni con la Corte e col Governo Spagnuolo egli tiene a dare un carattere di marcata cordialità. In questo riesce facilmente sia perchè la sua conversazione spiritosa diverte la Regina Reggente che spesso e volentieri s'intrattiene più a lungo coll'ambasciatore di Russia che con gli altri suoi colleghi, sia perchè il Signor Silvela fu ospite frequentissimo dell'Ambasciatore durante tutta l'estate del 1899 nella quale quest'ultimo rimase solo in Madrid mentre tutti i suoi colleghi ne fuggivano il caldo tropicale. Da quel tempo in poi l'intimità fra l'Ambasciatore di Russia ed il Presidente del Consiglio si è andata facendo sempre più grande, a tale segno che può dirsi il primo identificato colla politica del secondo alla cui permanenza al potere egli sembra annettere straordinaria importanza cosa alquanto insolita in un diplomatico estero qui accreditato.

Egli è certo che se il rappresentante francese presso la Corte di Spagna fosse persona inclinata ad agitarsi e ad intrigare,l'azione concordante degli ambasciatori della duplice alleanza sul Governo Spagnuolo potrebbe forse spingerlo in una via pericolosa. Ma l'attuale ambasciatore di Francia è, per fortuna, uomo di buon senso, alieno dalle avventure come dalle inutili e teatrali manifestazioni. Il suo collega di Russia gli rimprovera anzi ciò che egli chiama la sua apatia ,e la sua poca inclinazione a seguire il suo alleato nei procedimenti da questi adottati per influire sulla politica estera della Spagna attirandola nell'orbita dei Gabinetti di Parigi e di Pietroburgo.

391

IL REGGENTE IL CONSOLATO GENERALE A TUNISI, CARLETTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 3981/441. Tunisi, 20 ottobre 1900.

Facendo seguito al rapporto di questo R. Ufficio in data 16 ottobre 1900

N. 3895/432 (l) mi reco a dovere di informare V. E. che il Ministro della Guerra Generale André, e il Ministro della Marina Signor de Lanessan, sono giunti qui, com'era stato annunciato, la mattina del 17. Si sono trattenuti in Tunisi il 17 e il 18, nulla vi è ,stato di notevole durante il loro soggiorno in questa città. Accolti senza grandi entusiasmi, hanno ricevuto le Autorità: recatisi, il giorno

stesso del loro arrivo, alla Marsa a far visita a S. A. il Bey, sono stati insigniti dell'ordine dell'Ahed in brillanti. La colonia non ha potuto avvicinarli che al ricevimento aperto dato, la sera del 17, alla Residenza Generale di Francia, donde malumori e proteste della Camera di Commercio e di quella d'Agricoltura.

Il Generale André ha dato un banchetto all'Hotel de France, e il Signor De Lanessan, prendendo occasione da qualche parola di elogio pronunciata dal ministro della Guerra all'indirizzo della Marina francese, ha dichiarato che <ce voyage, où l'on a vu cote à cote le Ministre de la Guerre et le Ministre de la Marine aura d'heureuses conséquences, non pas seulement pour la défense de la Corse et de la Tunisie, mais encore pour la défense nationale toute entière •.

Il Signor De Lanessan la sera del 18 ha fatto ritorno a Biserta, di dove è p:utito colla squadra a destinazione d'Ajaccio e Tolone. La mattina seguente è :mche partito il Generale André, per ferrovia, alla volta di Costantina. Tornando su la t,spezione fatta dai Ministri ai lavori di Biserta, credo opportuno notare che la mattina del 16 vi è stato un simulacro di combattimento tra i forti e la squadra.

Due cose sembra abbiano specialmente attirato l'attenzione dei Ministri, l'una è la debolezza della guarnigione di Biserta, l'altra la mancanza di valide difese dal lato di terra. Quanto al primo punto, si è notato alla visita che ebbe luogo a Biserta il 16 mattina, che il battaglione di zuavi, colà di guarnigione, non aveva che 60 uomini per compagnia, cioè in tutto appena l'effettivo totale d'una sola compagnia sul piede di guerra. Non meglio rappresentate erano le armi speciali, l'artiglieria da fortezza e il genio giungevano appena a 300 uomini per una piazza che ha dei forti e delle batterie lontane l'una dall'altra di chilometri, e con delle vie di comunicazione che, in caso di cattivo tempo, data la natura friabile e pianeggiante del terreno, saranno difficilmente praticabili.

Quanto al secondo punto, si è notato che la località non è difesa dalla parte di terra e si assicura che un corpo di truppe potrebbe da Tunisi o anche da Porto .1<-.arina, avvicinarsi a Biserta senza essere grandemente incommodato dai forti. Non ci si è preoccupati nel costruire i forti e le batterie che di un attacco dalla oarte del mare e contro questo, dicono i competenti, Biserta è già, benchè molti lavori restino a fare, un formidabile arnese di guerra.

Si è anche notato che il canale non soltanto è stretto (per questo si è già da tempo deciso di allargarlo di 100 m.) ma è anche poco profondo, e secondo lo stato del mare può essere malagevole alle navi da guerra percorrerlo. Infatti il giorno della partenza da Biserta del Signor de Lanessan il «Charlesrriagne ~ ha per un istante corso rischio di arenarsi a mezzo il canale.

Continuano i commenti sul fatto che il Signor Millet non ha accompagnato i Ministri nella loro escursione in Tunisia. I suoi oppositori ne sono tutti rinfrancati, e dicono essere ciò segno evidente che egli sarà prossimamente trasferito altrove; gli amici assicurano che il Signor Millet non è venuto perchè l'escursione dei Ministri doveva avere carattere puramente militare e tecnico. Veramente questa spiegazione non pare molto plausibile poichè non si vede in che modo la presenza a Biserta del rappresentante francese in Tunisia avrebbe potuto impedi.re alle persone tecniche di fare loro indagini e ,studi. È quasi certo invece che il signor Millet si è astenuto dal venire, di sua iniziativa o per istruzioni superiori impartitegli, perchè si è avuto timore che i suoi oppositori pigliassero

pretesto dalla venuta dei Ministri, per rinnovare le dimostrazioni di ostilità al rappresentante francese in Tunisia, cui si abbandonarono già in occasione della venuta del Ministro signor Krantz, di che nel mio rapporto del 26 Aprile 1399

N. 1531/250.

Il non essere venuto il Signor Millet insieme ai Ministri non prova dunque che sia per essere prossimamente soddisfatto il voto che i francesi fanno di vederlo trasferito ad altra residenza; ma certo è indizio d'uno stato di cose anormale il fcttto, che un rappresentante francese non possa accompagnare i capi del Governo in Tunisia senza correre il rischio di provocare disordini ed e3porre ::e stesso e quelli che accompagna a dimostrazioni ostili.

(l) Cfr. n. 348.

392

IL REGGENTE IL, CONSOLATO GENERALE A TUNISI, CARLETTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. R. 3982/442 (1). Tunisi, 20 ottobre 1900.

Da più parti mi viene riferito che da circa tre mesi i vapori della Touache provenienti da Marsiglia non fanno che sbarcare, ogni settimana, provviste e materiale da guerra a Gabes. So anzi che l'Intendenza Militare ha fatto domandare alla Navigazione Generale italiana di conoscere i suoi noli, poichè sembra che i vapori della Touache non bastino all'uopo, e che per trasportare del materiale di guerra, da Biserta e Tunisi a Gabes, ci si voglia servire anche dei nostri vapori che fanno il servizio della costa.

Può destare qualche sospetto il fatto che la quantità delle provvigioni e del

materiale che si sbal'ca a Gabes non è in proporzione coi bisogni dei piccoli con

tingenti di truppe che da Gabes si diramano fino a Medenin, Foum-el-Tatahoin,

Dgeneyen, nell'estremo sud tunisino.

Vero è che aumento del corpo di occupazione in Tunisia non c'è stato in

questi tempi, anzi c'è stata ,sensibile diminuzione. Un contingente di circa 1000

zuavi ,è partito già, sui primi del settembre u. s. per la Cina. Ora si è disposta

la partenza da Susa di un battaglione di tirailleurs a destinazione dell'estremo

oriente. E proprio di questi giorni circa 800 uomini sono rientrati in Francia

per avere finito il servizio. Sicchè non mai così scarso, come ora, è stato il corpo

d'occupazione della Tunisia. Ma a così poca distanza dalla Francia, quando suffi

cienti provviste e materiale da guerra fossero raccolti a Gabes, si fa presto a

sbarcare in quella località un numeroso corpo di truppe.

Questi apprestamenti potrebbero essere fatti per semplice misura di precau

zione contro le pretese mire italiane sulla Tripolitania, se non per opporsi a

q!leste, almeno per essere pronti a marciare in ogni evenienza su Ghadames. JVLa

non è neppure da escludere la possibilità che si facciano allo scopo di rafforzare,

al bisogno, i posti francesi di recente stabiliti nella regione del Tuat. Nè è questa

una molto arrischiata ipotesi poichè in realtà Gabes è più vicina alle oasi del

Tuat che non i porti dell'Algeria.

n) Trasme5EO in data 28 ottobre al ministero della Guerra, e, succes.siva1nente, a quello <J.aJJa M:arina.

Da uno studio pubblicato nell'aprile 1898 sulla Dépèche Tunisienne tolgo 1 seguenti dati:

Distanza dal Tuat ad Arzew (Orania) Km. 1340 » » » » Algeri » 1320 » » » a Philippeville » 1470 » » » » Gabes » 1300

Malgrado il prolungamento delle ferrovie algerine fino a Biskra, in provincia di Costantina, e fino a Dgenien bu Rezg, in provincia di Orano, la vi& da Gabes al Tuat è sempre la più :lìacile e spedita. Muovendo dall'Algeria occorre superare i numerosi contrafforti dell'Atlante e traversare le sabbie mobili dell'Erg. Da Gabes, invece, a Iu Salah non c'è accidentalità montagnose da superare e la regione delle sabbie presenta il suo minimo di larghezza, e la si può anche evitare contornandola a Sud. È via ben provvista di acqua, ed è quella che gli abitanti del Tuat hanno, in ogni tempo, preferito per recavsi alla costa..

Aggiungerò che, secondo una pubblicazione del signor Goyeryer (Occupation de l'arrière terre du Maghreb -1896) da Tatanin porto militare, tenuto dai francesi nel sud tunisino, a Iu Salah, passando per Gadames, non ci sarebbe che una distanza di 1142 Km. da percorrersi in 32 tappe e cioè: l o Da Tatanin a Takuh presso Ghadames Km. 337, tappe 11; 2° da Takuh a El Bayod Km. 433, tappe 10; 3o da El Bayod a Iu Salah Km. 472 tappe 11.

È probabile quindi che gli apprestamenti a Gabes sian fatti piuttosto in vista d'un'azione a sud-ovest che ad oriente; tuttavia credo opportuno aggiungere che, a quanto mi si assicura da persone in grado di saperlo, in questi tempi molti ufficiali vanno e vengono fra Tripoli e Tunisi. So anche che, tra giorni, partirà per Tripoli l'ingegnere signor Jannin, che appartiene alla Direzione dei lavori pubblici in Tunisia.

Ho intanto, per iscrupolo di coscienza, informato di questa gita del signor .Jannin il R. Console Generale a Tripoli, e chiesto notizie al R. Agente Consolare a Gabes circa gli arrivi di provviste e materiale da guerra in quel porto.

393

IL MINISTRO A PECHINO, SALVAGO RAGGI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 3038. Pechino, 21 ottobre 1900, ore 16,45.

Princ:pe Cing e Li-Hung-Ciang mi hanno scritto che l'Imperatore ha dato istruzione ministro di Cina Londra rimettere a S. M. il Re seguente telegramma:

«S. -M. Imperatore di China domanda notizie della salute di S. M. il Re d'Italia. Questa volta Cina, per un inconsulto movimento, si è resa colpevole verso le potenze amiche, ma io ho fiducia V. M. voglia prendere in considerazione che da qualche tempo il commercio era sempre più florido e le relazioni sempre più cordiali e che non eccederà nel castigo. La nostra gratitudine e la nostra stima non avranno limite. Deleghiamo ministro di China Lo Feng Luh presentare alla M. -V. questo telegramma di stato e offrire anticipati sentimenti nostra profonda gratitudine. Prego pure V. M. volere salvaguardare i grandi interessi e, nella costante cura delle buone relazioni, voglia concertarsi colle altre potenze eliminare difficoltà e concludere presto trattato di pace. Mia riconoscenza sarà illimitata ed i vantaggi incalcolabili. Non posso nutrire maggiore speranza nè presen

tare più fervida preghiera».

394

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, A VITTORIO EMANUELE III

T. 3221. Roma, 21 ottobre 1900, ore 18,45.

L'ambasciatore di Germania, anche in nome dell'ambasciatore di Inghilterra mi ha oggi comunicato l'accordo intervenuto tra i due Governi circa la China. Ne mando questa sera il testo a V. M. A me sembra che l'aderire a quell'accordo, come ce ne è fatto invito, corrisponde agli intere,ssi della politica che il Governo di V. M. si prefigge in China. Pregherei quindi V. M. di volermi autorizzare a notificare la nostra adesione.

395

L'INCARICATO D'AFFARI A PIETROBURGO, CALVI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 3031. Pietroburgo, 21 ottobre 1900, ore 21,10.

Nell'impossibilità di conoscere intenzioni del Governo, circa punti indicati dall'E. V., rispondo secondo mia opinione personale. Al messaggio, di cui tratta il n. 3185 (1), il Governo imperiale avrà fatto dignitosa accoglienza non escludere inizio trattative particolari punti. Alla proposta giapponese, per azione collettiva,

n. 3179 (2), non dovrebbe essere favorevole a motivo tendenza presente a tirarsi in disparte. Circa risposta del corpo diplomatico a Pechino alla nota tedesca, stimo che la Russia ratificherà i tre [sic] e seguirà, in questo, il pensiero della Francia.

396

L'AMBASCIATORE A WASHINGTON, FAVA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 3034/97. New York, ..... 1900 (per. ore 23,15 del 21 ottobre).

Con nota verbale, rispondendo ad un memorandum presentatogli da questo incaricato di Francia, segretario di stato lo ha informato di avere autorizzato ministro Stati Uniti Pechino a concorrere, con gli altri rappresentanti, nella

presentazione, ai plenipotenziarii cinesi, dei punti principali, sui quali le potenze sono d'accordo come inizio dei negoziati. Governo Stati Uniti ha soggiunto desiderio che in questa dichiarazione sia inclusa una manifestazione collettiva della determinazione delle potenze di mantenere integrità territoriale ed amministrativa China e la libertà ed uguaglianza del suo commercio col mondo intero.

(l) -Cfr. n. 361. (2) -Cfr. n. 356.
397

L'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, BOTTARO COSTA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 743/356. Londra, 21 ottobre 1900 (per. il 27).

Il comunicato del FoTeign Ofjìce col testo dell'accordo anglo-germanico per gli affari di Cina, uscito alla luce solo ieri nel pomeriggio, non ha ancora dato luogo ai commenti della stampa. Non vi può però essere dubbio sull'accoglienza che sarà fatta a questa notizia. La stampa, fino dal principio della presente crisi, ha sempre insistito per una politica energica in Cina, e lord Salisbury, si direbbe quasi riluttante, si è lasciato, quando non ne poteva fare a meno, trascinare da questa corrente. Ora l'accordo colla Germania, dal quale deriverà maggiore autorità nell'esplicazione dell'azione delle due potenze in Cina, permetterà al primo ministro di tenere maggiormente conto dei desideri dell'opinione pubblica, che, ritengo, senza distinzione di partito, applaudirà alla riuscita del negoziato.

L'Italia ha doppiamente motivo di felicitar·si della conclusione dell'accordo. Primo, come di cosa che attira la Gran Bretagna nell'orbita del gruppo delle potenze centrali; secondo, come di cosa che taglia corto a certe malsane cupidigie territoriali, che, in sfere irresponsabili, dove non si sa se sia maggiore la presunzione o l'ignoranza, trovano sempre avvocati poco coscienziosi, sostenitori di cause, che con tutto s'accordano, fuorchè col bene inteso interesse del paese.

398

IL REGGENTE L'AGENZIA E CONSOLATO GENERALE AL CAIRO, D'ASPREMONT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 670/237. n Cairo, 21 ottobre 1900 (per. il 31).

Quando il Sudan fu riconquistato dagli anglo-egiziani ogni propaganda religiosa venne severamente proibita in quelle regioni fino al parallelo di Fachoda.

Tale savia misura presa per evitare ogni risveglio di fanatismo religioso maomettano venne imparzialmente applicata tanto alle missioni cattoliche, quanto a quelle protestanti, per quanto da questo lato le cose non andarono così facilmente.

Lol'd Cromer interpellato però sul senso da darsi alla questione del parallelo di Fachoda, pare abbia dichiarato che con ciò si intendeva non il parallelo geo

grafico, ma piuttosto un parallelo etnografico, vale a dire, che ogni propaganda religiosa era proibita fino al limite ove predominava una popolazione di religione musulmana; passato quel punto, le missioni erano libere di spiegare l'opera loro. Su.a Signoria avrebbe fatto tale dichiarazione a monsignore Roveggio vicario apostolico dell'Africa centrale che me la ripetè.

Infatti, alla fine dell'entrante mese partirà da Kartum una spedizione alla cui testa si trova il prefato monsignore, spedizione che egli stesso qualificò col nome d'esplorazione.

Come è noto all'E. V., questa missione dell'Africa centrale composta prima di sacerdoti secolari era assai decaduta. Ora è stata assunta da una congregazione regolare di sacerdoti detti Figli del Sacro Cuore, che ha per capo il prelodato monsignore Roveggio. Uomo nel fiore dell'età, pieno d'energia e di intelligenza, pare che voglia rialzare il prestigio della missione dell'Africa centrale, e a tutta possa vi si adopera.

Per allestire nel modo più perfetto la sua spedizione, egli si recò in Inghilterra ove fece costruire un battello a vapore atto a risalire fiumi e laghi. Sotto la direzione di un ingegnere che appositamente da Londra si recò a Kartum, il vapore che vi era stato spedito a pezzi fu per desiderio ed invito del governo del Sudan montato e terminato nell'arsenale governativo da operai governativi. I depositi governativi di legname che si troveranno sulla strada che percorrerà monsignore Roveggio sono messi alla sua disposizione. Inoltre sono le autorità inglesi che gli forniranno armi e munizioni. « Benchè, dissemi il prelato, mi ripugna l'idea di partire armato in missione che ha un carattere religioso, ho dovuto sottostare al volere degli inglesi». Questo punto parmi meriti attenzione. Monsignore Roveggio ha fatto acquisto per ingenti somme di ogni specie di materiale da soambio per gl'indigeni.

La base d'operazione della spedizione sarà Fachoda; quali saranno le regioni da esplorarsi?

Non ho potuto ancora accertarmene, perchè alla fonte meglio informata non se ne sa nulla. Monsignore Roveggio non vuole scoprire per ora il suo segreto. Però, avendo potuto conferire con lui, egli mi disse che aveva in mente di spingere la sua spedizione per una delle tre vie seguenti secondo che le circostanze glielo permetterebbero o gli sembrerebbero più opportune.

Sarebbe sua intenzione d'esplorare o il corso superiore del Sobat, o il corso del Bahr-el-Gebel oppure, il Bahr-el-Ghazal ed i numerosi suoi confluenti ammeno che devii fin da principio verso Yal. Più probabilmente seguirà la via tenuta dal Marchand.

Scopo dichiarato della spedizione sarebbe di trovare vasti, salubri e ben situati terreni per potervi impiantare una grande missione. Devo però confessare che l'obiettivo annunziato non mi pare in proporzione coll'importanza dell'allestimento della spedizione. Monsignor Roveggio non ha nessuna idea nè quando potrà aver termine il viaggio, nè per qual via tornerà.

Egli conduce con sè un padre piemontese, il padre Orwalder, due fratelli laici tedeschi, un suddito austriaco, alcuni neri della missione e si sforzerà di aver seco qualche indigeno delle regioni che dovrà percorrere.

Come la E. V. sa, la missione dell'Africa centrale è nel vice reame d'Egitto sotto la protezione dell'Austria, però nel Sudan non vigendo il regime delle capitolazioni, tale protezione non seguirà la missione nel suo viaggio e l'Austria non avrebbe nel caso diritto d'intervenire.

Forse, è per tali ragioni che il vicario apostolico ha voluto scegliere i membri della sua spedizione fra differenti nazionalità per interessare all'opera sua, in ogni evenienza, varie potenze.

1\i[i risulta che un ufficiale russo ed uno inglese avevano chiesto di prendere parte al viaggio, ma monsignore Roveggio ha fino ad ora rifiutato di accettarli quali suoi compagni volendo aver con ·Sè «solo persone a cui può comandare», però molto amabilmente mi invitò di accompagnarlo se ciò mi era gradevole e possibile.

Ho creduto che poteva interessare codesto R. ministero di avere alcune informazioni intorno ad una missione a cui partecipano italiani che vanno alla scoperta di paesi affatto o parzialmente sconosciuti, e, trattandosi specialmente di una spedizione che ha un carattere ben più finanziario e politico che religioso. È forse l'applicazione del principio che una missione religiosa costa assai meno che una spedizione militare e che in fine i risultati possano essere gli stessi.

399

VITTORIO EMANUELE III AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 3036. Napoli, 22 ottobre 1900, ore 6,30.

La ringrazio della sua comunicazione e condivido il suo parere sull'adesione all'accordo fra i Governi germanico ed inglese.

400

L'INCARICATO D'AFFARI A PIETROBURGO, CALVI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 3042. Pietroburgo, 22 ottobre 1900, ore 20,40.

Governo imperiale, a quanto mi consta, non fu presentito circa accordo anglo-tedesco di cui fu data oggi comunicazione. Accordo appare contrario interessi russi, 1o perchè generalizza regime « porte aperte » che qui non si vorrebbe applicato parte settentrionale fino al Pei-ho; 2" perchè eliminata mercè quel regime opposizione varie potenze si agevola sviluppo riconfermate sfere influenza, distruzione di quella struttura chinese primitiva cui mantenimento è uno degli obbiettivi della Russia che nel peggior caso vorrà questo mantenimento per la parte a lei sottoposta e per quelle non comprese in zona influenza, al che sostanzialmente non opporrebbesi accordo. Ministro del Giappone non ebbe fino ad ora risposta dal Governo imperiale proposta azione collettiva.

401

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA

T. 3229. Roma, 22 ottobre 1900, ore 22,40.

L'ambasciatore di Germania mi ha comunicato nei seguenti termini la risposta che il suo Governo si propone di fare alle ultime proposte francesi : «Il ministro di Germania in China è stato informato della proposta francese; esso dovrà istruirsi del modo di vedere dei suoi colleghi, soprattutto in quanto concerne i punti in cui l'accordo si è stabilito, e farsi una giusta idea dell'estensione e del va~ore dei pieni poteri cinesi». Confidenzialmente l'ambasciatore aggiungeva essere opinione del Governo imperiale che sarebbe meglio trattare coi cinesi in primo luogo le questioni su cui le potenze si sono messe d'accordo perchè altrimenti si rischierebbe di vedere l'una o l'altra potenza passare dal lato dei cinesi, creando così una situazione spiacevole se non pericolosa. Prima, però, di po•rre formalmente sul tappeto questa proposta il Governo imperiale attende un primo rapporto del suo ambasciatore. Ho ringraziato l'ambasciatore per la sua duplice comunicazione. Anche a me sembra fondata la preoccupazione che non si presentino ai plenipotenziari cinesi proposte circa le quali non sia previamente intervenuta una prima intesa fra le potenze. Parrebbe, però, che questa giusta preoccupazione non impedisca che intanto si possano presentare ai plenipotenziari cinesl i punti formulati dal signor Delcassé, i quali, essendo stati in ultimo ridotti a termini generici, e tali da lasciare impregiudicate le riserve di qualche potenza, possono opportunamente costituire per i negoziati un programma inizialeconcordemente accettato da tutte le potenze.

402

IL SOTTOSEGRETARIO ALLA GUERRA, ZANELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

N. RR. 6670. Roma, 22 ottobre 1900.

Da informazioni riservate avute da Parigi, ed alle quali può attribuir·si una sufficiente attendibilità per la fonte cui sono state attinte, risulterebbe che il Ministro della guerra francese si sia recato in Tunisia ed in Algeria collo scopo, diretto e segreto di prendere personalmente conoscenza dei preparativi occorrenti per una spedizione militare contro il Marocco, spedizione ritenuta per un avvenimento certo.

n Ministero pregiasi partecipare questa notizia all'E. V. per opportuna conoscenza.

403

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, ALL'AMBASCIATORE DI GRAN BRETAGNA A ROMA, CURRIE

N. 43925. Roma, 22 ottobre 1900.

Con nota in data di ieri V. E. mi ha enunciato, per istruzione avutane dal suo governo, l'accordo stipulato il 16 di questo mese tra lord Salisbury ed il conte Hatzfeldt relativamente alla Cina.

I due governi contraenti essendosi impegnati a dar notizia del loro accordo alle altre potenze europee, segnatamente alla Francia, all'Italia, al Giappone, all'Austria-Ungheria, alla Russia ed agli Stati Uniti, con invito di accedere ai principii in esso enunciati, V. E. mi chiedeva se quei principii sono accettati dal R. governo.

Avendo preso gli ordini di Sua Maestà sono, oggi, in grado di significare a

V. E. che il governo del Re, ravvisando nell'accordo anglo-tedesco gli stessi principii che dirigono la sua politica in Cina, non esita a prestare la sua adesione.

Prego V. E. di voler recare quanto precede a conoscenza del governo della Regina ... (1).

404

IL MINISTRO A PECHINO, SALVAGO RAGGI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 3060/1. Pechino, 23 ottobre 1900, ore 3,15 (per. ore 18,45 del 24).

Ricevuto telegrammi fino al n. 5.

Ministro d'Inghilterra comunicò corpo diplomatico seguenti osservazioni e aggiunte a proposta francese. Rappresentanti esteri qui dichiararono riferirebbero nello stesso senso se interrogati: • Alla prima proposta aggiunse: Saranno puniti quei magistrati provinciali che cooperarono a massacri di stranieri. I rappresentanti esteri faranno indagini e indicheranno i nomi. Per punire i distretti ove avvennero massacri non vi si terranno esami di promozione funzionari durante cinque anni.

Approva proposta seconda.

Alla terza: Quando i Governi avranno fissato somma totale che China deve pagare per indennità, istituire una specie di cassa debito pubblico cui affidare solo una parte dei redditi dell'Impero. Anche i chinesi che soffrirono danni per aiutare stranieri saranno compresi nell'indennità.

Alla quarta e quinta: Il quartiere delle legazioni in permanente stato di difesa. Occupazione militare della ferrovia Taku-Pechino non soltanto TakuTiensin.

Aggiunge seguenti proposte: Per due anni resti affisso proclama infliggente pena di morte notevoli affiliati alla setta dei boxers.

Abolizione Tzung-li-yamen e nomina d'un ministro degli affari esteri.

Stabilire nuovo cerimoniale conveniente per relazioni tra rappresentanti esteri e Corte.

Finalmente, dopo avere spiegato verbalmente quanto precede ai ministri cinesi, tutte queste proposte dovrebbero essere presentate come ult'irnatum, sul quale le potenze non ammettono discussione».

Ministro d'Inghilterra telegrafò al Foreign Office quanto precede il 12 ottobre.

(l) Nota analoga fu contemporaneamente inviata all'ambasciatore di Germania a Roma, von Wedel.

405

L'INCARICATO D'AFFARI A PIETROBURGO, CALVI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 3049. Pietroburgo, 23 ottobre 1900, ore 12.

In tutta la stampa, la prima impressione prodotta dall'accordo anglo-tedesco è sfavorevole.

406

L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 3056/221. Berlino, 23 ottobre 1900, ore 22,17 (per. ore 23).

Barone von Richthofen e stato nomil:ato segretario di stato <Jl dipartimento· ester: ed ha .subito assunto ufficio.

407

L'AMBASCIATORE A WASHINGTON, FAVA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 3057/101. New York, ... 1900 (per. ore 23,25 del 23 ottobre).

Plenipotenziari chinesi proposero cominciare negoziati con una convenzione preliminare di cinque articoli applicabili a tutte le potenze, concludendo poi separate convenzioni con cia•scuna. Con il primo articolo Cina presenta scuse per l'assedio legazioni; col secondo riconosce la sua responsabilità per tutti i danni; col terzo chiede urgenza concludere nuovi trattati colle potenze; col quarto suggerisce che dopo conclusione convenzione preliminare Yamen riprenda le sue funzioni, e che dopo fissate indennità potenze ritirino truppe; col quinto domanda che quando saranno principiati negoziati, potenze proclamino armistizio. Per incarico del segretario di stato, ministro Stati Uniti Pechino dichiarerà plenipotenziarii chinesi che le loro proposte sono incomplete, ed insisterà che vi si aggiunga principalmente punizione colpevoli.

408

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, ALL'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, PANSA

(Archivio Pansa)

D. 43654/211. Roma, 23 ottobre 1900.

Ho ricevuto l'interessante rapporto in data l" corrente (l), nel quale V. E. mi dà particolareggiate informazioni circa la situazione creata ai nostri operai dalle arbitxarle misure di codesta polizia e dagli eccessivi rigori che spiegano le autorità consolari russe costì residenti nella vidimazione dei passaporti di coloro che intendono di recarsi in Russia.

Quanto al contegno delle autorità turche di polizia nella parte speciale che concerne le frequenti espulsioni non dubito che l'E. V. avrà fatto rilevare, in via pregiudiziale, a codesto governo come esse costituiscano un'aperta violazione del regime delle capitolazioni, secondo le quali nessun italiano può essere espulso dal territorio ottomano se non per decreto delle RR. autorità consolari.

Quanto alle difficoltà che frappongono le autorità consolari di Russia per vidimare i passaporti dei nostri operaj diretti nel territorio dell'Impero, ho smitto in questa stess? data alla R. Ambasciata a Pietroburgo mandandole copia del suo rapporto e interessandola ad adoperarsi efficacemente presso il governo imperiale affinchè siano impartite agli agenti consolari russi istruzioni meglio conformi alle disposizioni dei trattati in vigore. Ho poi com.unicato al mio On. Collega Ministro dell'Interno il suggerimento che Ella ha dato di consigliare ai nostri operai che intendono recarsi in Russia di far vidimare i loro passaporti dagli agenti consolari russi residenti in Italia i quali possono più facilmente procurarsi informazioni sugli individui che loro richiedano la vidimazione e mancherebbero perciò per rifiutarla del motivo che all'uopo affacciano gli agenti russi in Turchia.

Io mi rendo conto perfettamente delle difficoltà che Le si presentano per toglier di mezzo gli inconvenienti che lamentiamo; non posso tuttavia non pregarla vivamente, nell'interesse della nostra emigrazione in Turchia e in Russia, di continuare colla provata sua diligenza ad invigilare e insistere, nel modo che stimi migliore, per far valere le nostre giuste ragioni.

409

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL MINISTRO A TANGERI, MALMUSI

D. 43664/44. Roma, 23 ottobre 1900.

Ho tardato a rispondere ai suoi rapporti del 19 giugno e 26 agosto 1900

n. 38 e 59 (2), perchè prima di pronunciarmi in merito alle due proposte formulate dal governo del Marocco contro l'occupazione francese del Tuat e d'Igli ho voluto studiar molto attentamente la quistione.

A noi non converrebbe, con la nostra risposta, incoraggiare il Governo sceriffiano ad una resistenza che potrebbe esser cagione di maggio!i complicazioni, come neppure ci converrebbe tenere a codesto Governo un linguaggio il quale, di fronte ai fatti che si stanno svolgendo e alle ragioni che accampa la Francia, potesse significare, ai suoi occhi un riconoscimento che non abbiamo motivo alcuno nè di prestare, nè di rifiutare.

Ritengo pertanto che alle menzionate proteste del Sultano del Marocco sia miglior com:iglio che V. S. si limiti, per ora, a rispondere, assicurando il Makzen di aver messo le sue comunicazioni sotto gli occhi del Governo del Re, acciocchè questo possa farne oggetto di attento studio.

(l) -Non pubblicato. (2) -Cfr. n. 144. Il rapporto del 19 giugno non è pubblicato nel volume precedente.
410

L'INCARICATO D'AFFARI A MADRID, FRIOZZI DI CARIATI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 735/245. Madrid, 23 ottobre 1900.

Col mio telegramma cifrato di ieri mattina ho avuto l'onore d'informare l'E. V. che, in seguito ai dissensi provocati nel Consiglio dei Ministri dalla nomina del Generale Weyler alla carica di Capitano Generale della Nuova Castiglia il Signor Silvela aveva presentato ieri l'altro a S. M. la Regina-Reggente le dimissioni dell'intero Gabinetto e che il generale Azcarraga era stato dalla Maestà Sua incaricato di formare un nuovo Ministero.

Non credo che vi siano negli annali parlamentari di questo e di altri paesi molti esempi di una crisi ministeriale così inattesa, così inopportuna e che così facilmente avrebbe potuto evitarsi.

Giovedì scorso, 18 corrente, al momento in cui si annunziava la nomina de: generale Azcar<aga alla Presidenza del Senato, lasciata vacante dalla morte del generale Martinez Campos e quella del generale Linares a successore dell'Azcarraga nel Ministero della Guerra, la situazione del Gabinetto sembrava assai migliore di quanto da un pezzo non apparisse. Risoluta favorevolmente la grossa quistione della Presidenza del Congresso col ritiro del Signor Alessandro Pidal e la candidatura ministeriale del Signor Villaverde accettata da tutte le frazioni della Maggioranza, il Ministero poteva presentarsi fiducioso alle Cortes nella certezza di non incontrarvi seria opposizione al suo programma finanziario che doveva formare l'argomento essenziale dei dibattimenti nella prossima sessione parlamentare. Ogni timore di scissura nella maggioranza era, per il momento, scartato; d'altra parte l'oppos;zione liberale continua divisa in due gruppi l"uno all'altro osdle; tutto insomma faceva prevedere che il Ministero condurrebbe i bilanci in porto e che per molti mesi ancora ne fosse assicurato l'avvenire.

Venerdì mattina 19, il Generale Linares, arrivato il giorno prima da Saragozza dove esercitava il comando del V corpo d'armata, prestava giuramento come Ministro della Guerra e la sera del giorno stesso si propalava la notizia che il nuovo Ministro avendo ottenuto dal Presidente del Consiglio piena libertà di azione nel suo dicastero ne aveva tosto fatto uso chiamando alla Capitaneria

Generale di Madrid, solo comando che abbia un significato oltrecchè militare

anche marcatamente politico, il Generale Weyler.

L'annunzio di una nomina alla quale per la personalità del nuovo Capitano Generale, nessuno, al primo momento, volle credere fece prevedere le più gravi complicazioni. E queste infatti non tardarono a manifestarsi. Il nuovo Ministro della Guerra si era limitato a partecipare le sue intenzioni al Presidente del Consiglio e questi non aveva creduto necessario farne cenno agli altri ministri i quali conobbero la nomina del Generale Weyler quando la videro pubblicata nella Gaceta di sabato mattina. Alle 5 pomeridiane del sabato si riuniva il Consiglio dei Ministri nel quale il Signor Silvela presentava il Generale Linares ai suoi colleghi ed all'uscita del Consiglio si propalava la notizia che il Signor Dato, ministro della Gobernacion (Interno) e quello dei Lavori Pubblici ed Agricoltura, Signor Gasset, avevano presentato le loro dimissioni. Il motivo di queste non era difficile ad indovinare. Tutti ricordano infatti i discorsi che il Signor Dato pronunciò dal banco ministeriale in Senato durante le lunghe discussioni circa la responsabilità dei disastri militari della Spagna nelle Antille. Il Ministro dell'Interno aveva allora stigmatizzato in termini severissimi la condotta del Generale Weyler durante il 1suo Governo in quelle Colonie. Non poteva quindi ammettere il Signor Dato che un Generale che egli aveva pubblicamente denunziato per le sue scandalose concussioni fosse, lui consenziente, investito del primo comando militare del Regno. In quanto al Signor Gasset, nessuno ha dimenticato la campagna violentissima da lui fatta contro il Weyler nel Imparcial di cui il giovane Ministro è proprietario e redattore in capo. Lo stesso giornale, nel suo numero di domenica mattina, commentava acerbamente l'azione del nuovo Mini,stro della Guerra e l'atteggiamento del Presidente del Consiglio in un articolo di fondo cui accennai nel mio rapporto N. 724/240 del 21 corrente (1).

Per un momento corse la voce che tutto si limiterebbe alla uscita dal Ministero dei Signori Dato e Gasset, ma dopo mezzogiorno di domenica si seppe che il Signor Silvela aveva recato a Palazzo le dimissioni dell'intero gabinetto dichiarando a diverse persone che lo interrogavano la sua irremovibile decisione di abbandonare il potere anche nel caso in cui la Regina Reggente gli offrisse l'incarico di formare il nuovo Ministero. Ed infatti malgrado le insistenze di Sua Maestà, egli persistette nella sua risoluzione, designando per suo successore il Generale Azcarraga, che pochi giorni prima era uscito dal Ministero per andare ad occupare la Presidenza del Senato. Il Generale fu richiamato per telegrafo da Toledo dove erasi recato per qualche giorno e ieri sera ha potuto presentare alla Regina la lista dei nuovi ministri che sono:

Generale Azcarraga -Presidenza ed interim della Marina Marchese de Aguilar de Campos -Stato (Affari Esteri) Marchese del Vadillo -Grazia e Giustizia Signor Allende Salazar -Finanze Signor Ugarte -Gobernacion (Interno) Signor Garda Alix -Istruzione Pubblica Generale Linares -Guerra Signor Sanchez Toca -Agricoltura e Lavori Pubblici

21 -Documenti diplomatici -Serie III -Vol. IV

Rimangono nel nuovo Gabinetto i precedenti Ministri di Stato, dì Grazia e Giustizia, delle Finanze, dell'Istruzione Pubblica e rimase anche il recentissimo Ministro della Guerra, Generale Linares, l'autore della crisi.

Dei nuovi Ministri il Signor Ugarte che ha assunto il portafoglio dell'Interno disimpegnava nella precedente amministrazione la carica di Sotto Segretario della Presidenza del Consiglio. In quanto al Signor Sanchez Toca al quale il Generale Azcarraga ha affidato il portafoglio dell'Agricoltura e dei Lavori Pubblici, fu Sotto Segretario dell'Interno in un precedente ministero conservatore e, più tardi, Sindaco di Madrid. Uomo ancora giovane ed attivo il Signor Sanchez Toca era designato quale eventuale Ministro della Marina, essendo autore d'importanti pubblicazioni su quel ramo dell'amministrazione dello Stato sul quale si riteneva che egli avrebbe introdotto grandi e benefiche riforme, reprimendo i molti esistenti abusi. Sembra però che abbiano in questo caso trionfato le influenze dello Stato Maggiore della Marina, ostilissimo all'ingerenza di una personalità borghese negli affari di quel dicastero in cui ha predominato sempre, con grave detrimento dei veri interessi del paese, una camarilla chiusa di ufficiali generali dell'armata.

L'impressione prodotta nella stampa e nel pubblico dagli inattesi avvenimenti che ho avuto l'onore di riferire ,Q quella di un profondo stupore cui si aggiunge l'apprensione di un possibile pericolo al quale, pochi giorni fa, nessuno avrebbe nemmeno sognato.

La condotta inesplicabile del Signor Silvela è vivamente commentata. L'interpretazione più indulgente che se ne faccia è che egli abbia commesso un errore enorme e che sia ora il primo a riconoscerlo. L'unica spiegazione del suo consenso alla nomina del Generale Weyler è che il Silvela temesse un riavvicinamento del Weyler al Romero Robledo il quale ha impreso una attivissima campagna oratoria in cui i suoi vivi attacchi a tutto l'esistente regime fanno prevedere il passaggio dell'ex-collega di Canovas al partito repubblicano.

Ma se il Weyler -conosciuto per uomo senza scrupolo alcuno -consideravasi pericoloso mentre era privo di qualsiasi impiego, quanto non potrà esserlo oramai disponendo delle forze militari della capitale e trovandosi in una posizione dalla quale può facilmente agire sulla numerosa ufficialità in situazione sia attiva sia di riserva che risiede in Madrid? È il Generale Weyler l'unico in fondo che abbia approfittato della recente crisi. La sua personalità ne viene fuori immensamente ingrandita e l'attenzione di tutto il paese che aveva da lungo tempo cessato di occuparsi di lui viene ora a fissarsi sul nuovo Capitano Generale di Castiglia il cui nome solo basta a far precipitare un ministero sostenuto da una forte maggioranza e che si credeva sicuro di un lungo periodo di vita e di proficua attività.

In quanto al nuovo Gabinetto tutti gli predicono una esistenza difficile e non lunga. Amici ed avversari lo considerano come un ministero di transizione -transizione ad un forte Ministero conservatore presieduto dal Signor Villaverde, secondo gli uni; secondo gli altri, invece, ad un ritorno dei liberali al potere capitanati dal Sagasta.

Il Sagasta intanto dichiara a chi vuol ascoltarlo che non vorrebbe a nessun costo tornare ora al Governo. Le divisioni che continuano a travagliare il partito liberale sono causa di grave debolezza e ne paralizzano in gran parte l'azione

parlamentare. Ma il vero motivo dell'avversione che manifesta il Signor Sagasta all'idea di riprendere il potere deve cercarsi nell'interesse che ha di vedere prima liquidate dal partito conservatore due quistioni di indole ben diversa ma forse altrettanto spinosa l'una come l'altra; cioè il riordinamento delle finanze e il matrimonio della Principessa delle Asturie. È noto che la stampa liberale non ha risparmiato le sue critiche al progetto di unione della erede del trono col Principe Carlo di Borbone figlio secondogenito del Conte di Caserta. Lo stesso Sagasta vi si è sempre mostrato contrario. Ora tutto fa prevedere che quel matrimonio si farà malgrado tutte le obiezioni di indole politica e personale che esso ha sollevate fin dal primo momento che si ventilò. Si afferma che le Cortes dovranno nella prossima loro sessione discuterne le condizioni ed è evidente che il Governo, qualunque esso sia, che sarà chiamato a difendere in Parlamento le progettate nozze avrà una parte assai delicata e difficile che il Signor Sagasta preferisce tocchi ad altri piuttosto che a lui.

(l) Non pubblicato.

411

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AGLI AMBASCIATORI A BERLINO, LANZA, A PARIGI, TORNIELLI, A VIENNA, NIGRA, A WASHINGTON, FAVA, AGLI INCARICATI D'AFFARI A LONDRA, BOTTARO COSTA, E A PIETROBURGO, CALVI, E AL MINISTRO A TOKIO, ORFINI

T. 3241. Roma, 24 ottobre 1900, ore 12,45.

Gli ambasciatori di Germania e di Inghilterra avendomi comunicato l'accordo intervenuto circa la Cina, tra i due Governi, con invito di aderire ai principi in esso contenuti, ho risposto, presi gli ordini di S. M., che ravvisando in quell'accordo gli stessi principi che regolano la nostra politica in Cina, non esitavamo a prestarvi la nostra adesione.

412

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 3063. Parigi, 24 ottobre 1900, ore 18,55.

Accordo anglo-germanico fu qui comunicato lunedì. Delcassé non conferì con l'ambasciatore di Germania infermo, ma con l'ambasciatore di Inghilterra. Questo ministro degli affari esteri mi disse essersi con questi così espresso: « Porta aperta e l'integrità territoriale della China non possono incontrare obiezioni da parte del Governo francese che l'una cosa e l'altra ha dichiarato conformi ai suoi interessi e desideri, ma il Governo francese, prima di aderire all'art. terzo, desidera ne sia precisato senso. Questo può, infatti, interpretarsi in due modi diversi e voler dire tanto che nell'eventualità in questo prevista aderenti ed i proponenti saranno in identica posizione per trattare ed intendersi circa provvedimenti da prendere, quanto che nell'eventualità stessa gli aderenti s'impegnano fin d'ora a quanto proponenti avranno separatamente concertato. Ambasciatore d'Inghilterra non si è trovato in grado di fornire spiegazioni qui domandate. La risposta della Francia rimane aggiornata.

413

IL COMANDANTE LA DIVISIONE NAVALE OCEANICA, CANDIANI, AL MINISTRO DELLA MARINA, MORIN

T. 3073. Pechino, 24 ottobre 1900 (1).

Ispezionato caserma ospedale tappa: tutto bene. Salute generale migliorata dopo decessi tre soldati tifo febbre malarica. Spedizione Paotingfu tornerà fine mese, dicesi, con gli ingegneri italiani. Giorno 20 presso Macao 12 marinai respinto attacco convoglio giovenchi, occupando villaggio: boxers fuggiti, abbandonato armi, parecchi morti feriti.

414

IL REGGENTE IL CONSOLATO A LIONE, SCELSI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 3070. Lione, 25 ottobre 1900, ore 17,20.

A questa prefettura fu trasmessa dal ministero dell'interno francese una lettera in data 3 corrente spedita da Lione all'indirizzo presidente della repubblica, colla quale lo si avverte che un gruppo anarchico residente Napoli, cui anonimo dichiara appartenere, ha stabilito assassinarlo in occasione della sua venuta Lione. Inchiesta fatta da questa polizia, per scoprire autore lettera, diede risultato negativo. Informo V. E. quanto sopra, affinchè possa essere impedito improvviso passaggio frontiera anarchico designato commettere attentato.

415

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, ALL'AMBASCIATORE DI GERMANIA A ROMA, WEDEL

N. 43985/611. Roma, 25 ottobre 1900.

J'ai eu l'honneur de recevoir la note du 19 de ce mois (2) par laquelle V. E. a bien voulu m'informer que S. M. l'Empereur a daigné relever S. A. le Prince de Hohenlohe Schillingsfiirst de ses fonctions de Chancelier de l'empire et nommer à sa piace S. E. M. le Comte de Biilow.

Je m'empresse de remercier V. E. de son obligeante communication ...

(l) -Il telegramma venne comunicato dal ministero della Marina a quello degli Esteri il 26 ottobre, ore 8,50. (2) -Non pubblicata.
416

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, ALL'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, BOTTARO COSTA

D. CONFIDENZIALE 43965/230. Roma, 25 ottobre 1900.

La S. V. ebbe, a suo tempo, a carteggiare con questo Ministero circa le riserve fatte dai delegati francesi alla Conferenza tenutasi in Londra nel maggio

u. s., che il Governo della Repubblica non avrebbe ratificata la Convenzione se non quando fosse accertata l'adesione dell'Etiopia e della Liberia.

Il Governo del Re non mancò di raccomandare al R. Commissario civile dell'Eritrea che emanasse nella Colonia speciali disposizioni, in base ed in conformità della Convenzione predetta, e l'onorevole Martini, ri,spondendo, dichiarò che, col massimo buon volere, avrebbe posto in opera tutti i mezzi a sua disposizione, per conseguire i fini desiderati dalle potenze firmatarie. Senonchè, dopo aver accennato ad alcune difficoltà d'indole locale, l'onorevole Martini notava che queste erano accresciute dalla vicinanza di un vasto territorio, dove l'atto di Londra non ha vigore, e dove gli animali protetti trovansi in ben altre quantità che non nell'Eritrea. «È naturale, scriveva l'onorevole Martini, che alle autorità italiane, le quali scoprendo pelli o altre spoglie di animali uccisi, contrariamente alle disposizioni della Convenzione, intendessero di elevare una contravvenzione, si opporrà la dichiarazione che trattasi di animali uccisi in Abissinia, o di spoglie acquistate da negozianti di oltre confine; dichiarazione che non mancherebbe di porre nell'imbarazzo, parendomi, per lo meno, dubbio che l'atto di Londra ci dia diritto di punire, sia pure quando se ne scoprano fra di essi le prove, infrazioni all'atto stesso, commesse in paese che alla Convenzione non ha aderito. Più delicata ancora la cosa presentasi, poi, per l'avorio. Il comma II dell'art. 2 dispone che i denti di elefante, aventi un peso di meno di 5 Kg, siano confiscati. Ora, nella Colonia nostra, l'elefante è raro, nè, in ogni caso i suoi denti possono formare oggetto di un vero commercio. Esso, invece, è meno raro in regioni sottoposte all'autorità del Negus, e, d'oltre confine, giungono a noi carovane d'avorio... Sarebbe interesse nostro cercare d'agevolare, di far aumentare questo commercio. Ma, con troppe minuziose verifiche, con confische, tale intento non si conseguirebbe, certo; senza accennare alle recriminazioni che le autorità d'oltre frontiera certamente solleverebbero , senza dire di eventuali contestazioni circa la legalità del nostro operato, è evidente che i commercianti abissini si affretterebbero a prendere altre vie, a cercare altri sbocchi, e non mancherebbero di trovare altrove gente meno di noi scrupolosa».

Riconobbi fondate le ragioni messe innanzi dall'onorevole Martini, e scrissi al Capitano Ciccodicola d'indagare, possibilmente, in via indiretta quali fossero gli intendimenti del Negus di fronte alle disposizioni della Convenzione di Londra. Il R. Rappresentante in Addis Abeba mi ha ora risposto avergli Menelik detto che già da qualche tempo ha proibito la caccia dei giovani elefanti, che approva la convenzione, aLla quale darà la propria adesione, appena egli ne sia ufficialmente richiesto. Ora, il fare tale richiesta spetta, a norma dell'art. 6 della Convenzione, al Governo Britannico, che ha già domandata ed ottenuta l'adesione del Sultano di Zanzibar, giusta quanto ebbe a notificarmi Lord Currie, con nota

del 17 settembre p. p. Sarò, pertanto grato alla S. V., se vorrà indagare e farmi conoscere quali siano gli intendimenti, a questo riguardo, del Governo della Regina. Per sua informazione, aggiungo che già parecchie disposizioni, in conformità della Convenzione di Londra, sono ,state emanate in Eritrea, le quali saranno notificate al Gabinetto inglese, appena la convenzione stessa sia stata ratificata da

S. M. il Re.

Al contrario, nessuna notizia ci è giunta ancora dal Governatore del Benadir, che fu pure officiato di adottare opportuni provvedimenti.

417

IL MINISTRO A PECHINO, SALVAGO RAGGI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 3083/2. Pechino, 26 ottobre 1900, ore 19,20 (per. ore 14,30 del 27).

Ministro di Russia, ritornato da pochi giorni, domandò riunione corpo diplomatico per discorrere nuovamente della proposta francese e osservazioni precedente riunione. Stamane rimanemmo d'accordo proporre Governo presentare sotto forma di ultimatum domanda pena capitale per persone indicate noto decreto imperiale, più Tungh-fu-Hsiangh, più Yu Hsien, più le altre persone che i rappresentanti esteri indicheranno perchè autori di massacri in provincia. Dopodomani continueranno discussioni altri punti già concordati prima ritorno ministro di Russia.

418

IL RAPPRESENTANTE DIPLOMATICO PRESSO IL NEGUS, CICCODICOLA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 3143/42. Addis Abeba, 26 ottobre 1900 (1).

Menelik mi ha autorizzato assicurare a V. E. che Nado non ebbe alcuna missione politica. Doveva vedere esposizione, acquistare novità; riconosce intrigo nella questione Gerusalemme. Non vuole per ora mutare statu quo nostra protezione clero abissino. Colà arrivando Nado sentirà, e provvederà per l'avvenire. Desidera che V. E. abbia compiacenza confermare nostro console sua preghiera. Non può spiegarsi come Nado abbia potuto agire in suo nome, mentre era sprovvisto di ogni documento in appoggio.

Riservatissimo. Imperatrice Taitu mi ha detto Nado aveva ricevuto semplice incarico consegnare monaci dieci mila talleri per fare costruire convento; ed avendo questi scritto occorrerne quaranta mila, Taitu rispose non posso fornirne più di venti mila. Segue rapporto.

(l) Il documento venne trasmesso telegraficamente da Aden il 5 novembre. ore 12.10.

419

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, ALL'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, BOTTARO COSTA

D. 44156/231. Roma, 26 ottobre 1900.

Riferendomi al Suo rapporto N. 336 del 29 settembre scorso (1), mi pregio di comunicarle copia del dispaccio che ho diretto il 23 di questo mese al R. Ministro a Tangeri (2), per fargli conoscere il modo di vedere del Governo del Re in ordine alla occupazione del Tuat e di !gli, e indicargli in qual senso avrà per ora da rispondere alle due proteste del Mackzen.

420

IL, SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, MALVANO, ALL'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, BOTTARO COSTA

D. 44157/232. Roma, 26 ottobre 1900.

Per opportuna notizia di V. S., mi pregio di comunicarLe copia di un rapporto, col quale il Reggente la R. Agenzia al Cairo mi informa sulla situazione creata nel Sudan dal predominio inglese e sugli scopi del viaggio che il Kedive imprenderà in quelle regioni.

ALLEGATO

D'ASPREMONT A VISCONTI VENOSTA

R. 566/233.

La ribellione scoppiata mesi fa nell'esercito egiziano al Sudan, benchè limitata e prontamente sedata; fu un sintomo dei sentimenti che animano le truppe e parte delle popolazioni sudanesi, indirettamente incoraggiate dalle aspirazioni del partito patriottico egiziano.

Si trova che il Sudan riconquistato a prezzo di tante vite musulmane è ridotto ad un puro e semplice possedimento inglese, e se l'alterigia degli ufficiali britannici offende ed umilia crudelmente i loro commilitoni dell'esercito egiziano, i grandi vantaggi che assorbono unicamente per sè gli inglesi, e l'amministrazione quasi esclusivamente europea impiantatavi, male dispongono gli animi di quelle e di queste popolazioni indigene. Si desidererebbe in una parola che le conquiste così dette anglo egiziane corrispondessero più esattamente al loro nome.

Malgrado le severe punizioni inflitte ai sobillatori, malgrado il discorso imposto da Lord Cromer e recitato in quella occasione dal Vice Re, nessuna illusione può sussistere sull'esattezza della vera situazione, nè dell'una, nè dell'altra parte, gli egiziani sanno che il Kedive ha dovuto soggiacere alla forza, e gli inglesi non possono fare a meno di essere, chè chè dire vogliano, preoccupati di un tale stato di cose. Ciò non sfugge a nessun imparziale osservatore.

Dicono che uno dei perni della politica del nuovo Sirdar è di essere in buone relazioni cogli elementi indigeni, eliminando per quanto possibile l'asprezza e la ingiustificata severità del suo precedecessore, e nella speranza appunto di giungere più facilmente a ciò richiamò a coadiuvarlo S'latin Pascià. Dall'altra parte il Kedive essendosi mostrato accondiscendente assai si è venuto alla conclusione che sarebbe forse bene mostrare alle popolazioni il loro Sovrano fittizio, e che un viaggio del Vice Re nel Sudan potrebbe portare ottimi frutti.

S.A. andrà dunque al Sudan; però non è ancora fissata nè l'epoca in cui avverrà tale viaggio nè quali punti egli percorrerà delle vaste regioni conquistate col san.,gue egiziano agli interessi ed all'influenza britannica.

(l) -Cfr. n. 287. (2) -Cfr. n. 409.
421

L'INCARICATO D'AFFARI A PIETROBURGO, CALVI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 3086. Pietroburgo, 27 ottobre 1900, ore 23,35 (per. ore 6 del 28).

L'opinione dei ... (1). Una nota della Politische Correspondenz e un abboccamento col principe Uctomski a Shanghai pubblicato dal Daily Telegraph fanno credere che la Russia dichiarerà essere l'accordo conforme ai principii sempre sostenuti, e forse vi aderirà. Stampa cessò attacchi.

Rispondo suo telegramma 3179 (2). Oggi ministro del Giappone fu informato che «Governo imperiale non è contrario proposta, però, trattandosi della procedura dei negoziati, rimette decisione definitiva al suo rappresentante Pechino».

422

L'AMBASCIATORE A WASHINGTON, FAVA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 3081/102. New York, ........ 1900 (per. ore 9 del 27 ottobre).

Quest'ambasciatore inglese ha partecipato soltanto ieri a questo Governo accordo anglo-tedesco. Quantunque Governo federale riconosca in tale accordo gli stessi principii generali direttivi della sua politica in Cina, pure, nel timore che la clausola dell'art. 3 potrebbe trascinarlo eventualmente in una azione concernente esclusivamente i due contraenti, ne fa chiedere spiegazioni ai loro Governi.

(l) -Gruppo indecifrato. (2) -Cfr. n. 356.
423

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, PANSA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 695/269. Therapia, 27 ottobre 1900.

Ho ricevuto il dispaccio di V. E. del 12 corrente (N. 197) nel quale è riprodotto un rapporto del R. Console in Pireo che segnala nuove espulsioni di operai italiani colà rimandati dalla polizia di Costantinopoli (1).

Quello ed altri fatti consimili dei quali ho ogni giorno ad occuparmi, confermano il protrarsi della situazione esposta nel mio precedente rapporto

(N. 636/249) (2), situazione che, come dissi, non si può sperare di veder cessare immediatamente. Ciò che posso fare e faccio, è di intervenire in ciascun caso, ad assistenza del R. Consolato, per reclamare a favore degli individui arrestati od espulsi ed esigere la loro liberazione, ma non sempre lo scopo viene raggiunto con la desiderabile prontezza.

Cito ad esempio il caso di certo Signor Ernesto Mazzasogni, commesso viaggiatore di una casa di Monza, il quale, giunto qui con passaporto italiano regolare ma non vidimato, fu tenuto in arresto per tre giorni, come sospetto, malgrado le proteste del Consolato: ciò perchè la Polizia aveva ricevuto avviso dal Consolato turco credo di Trieste, dell'imbarco di due italiani anarchici diretti a Costantinopoli, uno di essi avente qualche connotato vagamente corrispondente a quelli del Signor Mazzasogni e chiamato pure Ernesto. (È noto l'impiego esclusivo che fanno i turchi del nome personale, non avendo essi i nostri nomi di famiglia, spesso intraducibili nella loro lingua). Bastarono codeste circostanze per radicare nel Prefetto di Polizia il sospetto che si trattasse di un anarchico, e nemmeno sarei sorpreso se nella sua mente si fosse introdotta una qualche vaga associazione d'idee colla località di Monza cui e,ra connesso il Mazzasogni. Il fatto sta che, informato della non riuscita delle pratiche fatte dal Consolato durante tre giorni per la costui liberazione, dovetti, per attenerla, telegrafare al Ministero degli Affari Esteri assumendo io personalmente la guarentigia della innocuità di quel nostro connazionale. Ciò potei fare con una certa sicurezza morale, perchè mi risultava esser egli conosciuto da alcuni negozianti di Pera, ma la risposta al mio telegramma a V. E. per procurarmi informazioni sulla sua persona mi giunse soltanto sei giorni dopo, e com'Ella comprenderà, non sarebbe sempre prudente per il R. Ambasciatore l'assumere in proprio simili responsabilità.

Altro esempio che citerò, è quello di certo Boffa, anch'esso munito di passaporto senza vidimazione, il quale, non so per quale sospetto, fu fatto rimbarcare per il Pireo mentre la 'sua famiglia scesa dal vapore, rimaneva qui a carico del Consolato. Anche per costui, vista la circostanza, e nulla risultando a suo carico, mi decisi dietro le istanze della R. Legazione in Atene, a esigere la sua ammissione, significando alla Sublime Porta che lo avevo io stesso invitato a tornare

col prossimo vapore italiano e che manderei la mouche dell'Ambasciata con due Cavass a prenderlo dal bordo, come feci. Ora vi è un altro individuo certo Ricci, pure espulso in Grecia, che il R. Console mi domanda di fare tornare colle medesime condizioni; e vedo che dov!"ò decidermi a farlo.

In questi interventi dell'Ambasciatore, è evidente la sproporzione fra i mezzi adoperati e il loro oggetto. Ciononostante, non tutte le persone così liberate si rendono abbastanza conto della situazione e degli sforzi che le RR. Autorità dovettero fare per la loro protezione. Taluni seguitano a protestare vivamente per i ritardi e le molestie subite e insistono su domande di indennità pecuniarie; ma queste sono impossibili a attenersi.

In questa settimana, mi furono denunciati altri tre casi di arbitrio, che, per essere privi di ogni giustificazione, mi servirono di base per rinnovare in forma più risentita le mie proteste alla S. Porta. Due impresari italiani certi G. Mampreso e G. Corso da Milano, e un ingegnere Labella, tutti arrivati dalla Bulgaria con passaporti regolari e vidimati, furono ciononostante trattenuti dalla polizia, i primi per una intera giornata, il ;;;econdo per circa tre ore. Al signor Labella furono poi fatte delle scuse dal capo servizio, quando questi si avvide trattarsi di persona, qui venuta dietro invito del Palazzo (per assumere un importante impiego ferroviario) e anzi gli fu data l'assicurazione che gli agenti responsabili dell'arresto sarebbero puniti.

Ho colto occasione da quest'ultimo incidente per fare pervenire una comunicazione particolare al Sultano chiamando la sua attenzione sull'abusiva applicazione che fa il Ministro di Polizia delle istruzioni impartitegli: e perchè queste provengono appunto dal Palazzo, mi riuscirà, spero, di promuovere un qualche ordine tendente a moderare i suoi eccessi di zelo. Mio scopo sarebbe di mettere il R. Consolato in grado di stabilire colle autorità locali qualche regola certa, da applicarsi all'arrivo dei nostri viaggiatori, per modo da d1spensarli da inutili molestie, pur assicurando, col concorso del Consolato stesso, ragionevoli guarentigie contro l'ammissione di individui pericolosi.

Mentre mi riservo d'informare l'E. V. del risultato delle mie ultime pratiche, avverto che questo servizio speciale (trattandosi di tenere in permanenza uno o più delegati al luogo d'arrivo dei treni e dei vapori), esigerà da parte del Consolato una qualche spesa eccezionale. !VIa non dubito che, vista l'importanza del caso, il R. Ministero non avrà difficoltà ad autorizzarla, dietro la proposta che il

R. Console sarà per sottoporgli.

P. S. -Mi perviene ora dal R. Console l'unito ricorso (l) dei sovracitati Mampreso e Corso, con l'accenno che il Mampreso autore dello scritto, insistette vivamente affinchè esso fosse comunicato al R. Ministero. Non trovo difficoltà a dargli questa soddisfazione.

(l) -Non pubblicato. (2) -Cfr. n. 315.

(l) Non pubblicato.

424

IL MINISTRO AD ATENE, AVARNA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 895/380. Atene, 27 ottobre 1900.

La squadra inglese, forte di 20 navi, di cui 7 corazzate, al comando del ViceAmmiraglio Fisher, giunse il 23 corrente, proveniente da Malta, in vista del Pireo ed ancorò nel porto di Keratsini presso Salamina.

Essa salpò jeri alla volta di Nauplia da dove farà ritorno a Malta, dopo avere eseguite alcune evoluzioni navali nel golfo Argolico.

Durante la sua dimora in queste acque il Vice-Ammiraglio Fisher dette a bordo della corazzata « Royal Sovereign », in onore delle LL,. AA. RR. il Principe Ereditario e la Principessa Sofia, un banchetto a cui intervennero tutti i Ministri. Alcun brindisi non fu portato in questa circostanza.

425

EDITH DE RENZIS AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 3088. Parigi, 28 ottobre 1900, ore 10,30.

Partecipo a V. E. decesso mio marito avvenuto stamani (1).

426

IL MINISTRO A PECHINO, SALVAGO RAGGI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 3099/3. Pechino, 28 ottobre 1900 (2).

Corpo diplomatico, continuando esaminare proposte francesi, concordemente approva prima, seconda e terza proposta con tutte le modificazioni suggerite dal ministro d'Inghilterra, e già da me riferite col mio telegramma n. l (3). Lentamente continua esame. Ministro di Russia propose sospensione ostilità. Rimandammo mercoledì discussione questa proposta. Credo che ministro di Germania sarà contrario.

(l) -Il barone Francesco De Renzis di Montanaro, Senatore del Regno, inviato straordinario e ministro plenipotenziario di la classe, era stato accreditato a Londra quale ambascia· tore straordinario nell'estate del 1898. Morì a Parigi (Auteuil) la mattina del 28 ottobre 1900. Aveva sposato la signora Edith dei baroni Sonnino. Era stato ambasciatore a Madrid. (Cfr. ASMAE, Archivio Personale, fase. VII, D, 11). (2) -Il telegramma è datato 28 ottobre ma fu spedito alle ore 22,20 del 29 ottobre e giunse il 31. (3) -Cfr. n. 404.
427

L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 1652/747. Berlino, 28 ottobre 1900.

Prendendo le mosse dal viaggio recentemente intrapreso dai Ministri Francesi della Guerra e della Marina a Biserta ed in Corsica per ispezionarvi i nuovi lavori di porto e di fortificazioni che si stanno colà intraprendendo, la Kolnische Zeitung pubblica oggi un interessante articolo intitolato « La Francia e l'Inghilterra nel Mediterraneo» in cui viene opportunamente rilevato come i detti lavori siano anzitutto intesi a provvedere alla difesa nazionale in caso di un conflitto armato coll'Inghilterra che il giornale di Colonia prevede probabile quando la Francia proseguisse a voler realizzare le sue ambiziose mire di supremazia nel Mediterraneo.

Di questo importante articolo, che in particolar modo segnalo all'attenzione di V. E., mi pregio ad ogni buon fine di qui accluso farle pervenire il testo (1).

428

IL MINISTRO A BELGRADO, MAYOR DES PLANCHES, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 119/225. Belgrado, 28 ottobre 1900.

Da un mio rapporto dello scorso settembre, in cui comunicai un brano di lettera di Re Milan, V. E. è stata informata dei sentimenti che l'ex-sovrano professa, ora, per l'Augusto Suo Figlio. Questi, a sua volta, non tralascia occasione di sparlare del padre, apertamente dichiarando di «detestarlo», accusandolo di aver voluto riavere una parte politica che a Re abdicatario non si conveniva, ed attribuendogli i più truci disegni. Ad un mio collega che domandavagli perchè al Padre non avesse affidato il Suo progetto di matrimonio, cercando di attenerne l'assenso, ha risposto essersi convinto, per un semplice cenno fattone in addietro, dell'irremovibile opposizione che avrebbe incontrata; e, poichè conosce Re Milan, ritenere che questi, ove Egli avesse insistito, si troverebbe oggidì al di lui posto, ed Egli rinchiuso in un manicomio, e la Regina Draga al camposanto. Con me stesso, ed in presenza della Regina, ha parlato nello stesso senso, e con termini di poco meno violenti.

Con ciò non viene escluso che, allorquando a Re Milan, come padre, ed a Re Alessandro, come sovrano, convenisse di perdonare, una riconciliazione non possa fra Loro avvenire. Si sono visti e si vedono tuttodì, in Serbia, fatti non meno strani.

Allo stato attuale delle cose, Re Milan, contro il quale, nei giorni che precedettero e seguirono il matrimonio, erano dati gli ordini più rigorosi, è, per Re Alessandro, causa di incessanti preoccupazioni. Si seguono attentamente le sue mosse, da Vienna a Budapest, da Budapest nell'Alta Ungheria, ecc., nelle quali ha compagni il colonnello Constantinovitch ed il figlio, Suoi parenti, che si dice debbano prendere servizio nell'esercito austro-ungarico. Il silenzio, in cui si è chiuso, sembra minaccioso, e certamente desta dispetto il saperlo festeggiato ed aduLato, tanto in Austria quanto in Ungheria; poichè, nelle due parti della Monarchia, Egli ha non pochi e devoti amici. Essendosi recato, per alcuni giorni, a Bucarest, venne fatto, colà, oggetto di specialissima sorveglianza, da parte di agenti serbi; e l'immaginazione dei suoi nemici a Belgrado andò tant'oltre da voler far credere che colà avesse da ritirare documenti per Lui compromettenti. Insomma, questo aggirarsi di Re Milan poco discosto dalla Serbia lasciando, di continuo, •sospettare in Lui chi sa quali disegni, sarebbe desiderio di Re Alessandro che il Padre andasse a vivere più lontano dalla frontiera serba, a Parigi, per esempio, od in !svizzera. Ma a Parigi, ove ha tuttavia alcune relazioni, nell'alta Colonia polacca principalmente, non lasciò tali ricordi, e non gode di tali simpatie, che lo invitino a tornarvi; senza dire di ragioni di ordine intimo che lo consigliano a tenersene distante. Ciò sapendosi, si vorrebbe indurlo a stabilirsi in !svizzera. Si dice, anzi, che gli si sia fatto travedere un pos:sibile aumento di appannaggio se colà va a stare a dimora, e che il Governo russo, il quale, durante la permanenza di Re Milan a Belgrado, venne integralmente rimborsato dell'imprestito fatto, a di Lui favore, quando se ne allontanò la prima volta, fornirebbe nuovamente i fondi coi quali assicurarsi (se, in ciò, si può ancora parlar di sicurezza) la di lui lontananza dalla Serbia. Ma difficilmente Re Milan, che professa non potere abitare se non le grandi città o la campagna selvaggia, s'indurrà a scegliere una tale residenza. Rimane la possibilità che si giunga ad imporgli o quella, od altra simile dimora (la Baviera, il Tirolo austriaco), con la minaccia di fargli sopprimere, dalla docile Scuptcina, l'appannaggio di cui gode. Intanto si annuncia che abbia, di già, fatto, a Vienna, l'acquisto di una casa, in sito centrale, ove intende fissarsi, e nella quale prenderà posto tutto il mobilio, di sua pel'sonale spettanza, che trovavasi ne' due palazzi di Belgrado, e ne fu, per Suo ordine, e col consenso del Re, asportato, sin dai primi giorni che seguirono le Sue dimissioni ab irato.

Domando venia a V. E. d'intrattenerla di simili particolari, i quali occupano troppa parte della vita politica e diplomatica di .Belgrado ...

(l) Non si pubblica.

429

L'INCARICATO D'AFFARI A PIETROBURGO, CALVI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 3098. Pietroburgo, 30 ottobre 1900, ore 7,05 (per. ore 22).

Il signor Basili mi ha comunicato confidenzialmente risposta data agli incaricati d'affari germanico e inglese. Senza parlare di adesione, la risposta dice che l'accordo non modifica il modo di vedere del Governo imperiale; soggiunge che l'art. l non offende la situazione stabilita dai trattati; il secondo è pienamente conforme alle idee che la Russia per prima ha sostenuto; circa articolo terzo dichiara che il caso contemplato obbligherebbe la Russia a modificare sua linea di condotta.

430

L'AMBASCIATORE A WASHINGTON, FAVA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 3092/103. New York, ... 1900 (per. ore 5,50 del 30 ottobre).

Le ripetute dichiarazioni di questo commissario ed i costanti miei rapporti con lui mi mettono in grado di confermare che, contrariamente alla notizia indirettamente giunta a V. E., le ratifiche del trattato francese sono assai dubbie, e che per questo solo motivo presidente preferisce subordinare a tali ratifiche la conclusione di trattati analoghi con altre potenze. Conformemente al mio telegramma 11 ottobre n. 88 (1), commissario federale, però, verbalmente e per iscritto mi ha assicurato che, non appena senato mo·strasse disposizione favorevole al trattato francese, la di cui sorte ripeto, è assai dubbia, questo Governo firmerà coll'Italia la convenzione che stiamo presentemente negoziando sulle basi delle stesse concessioni fatte alla Francia.

431

L'INCARICATO D'AFFARI A PIETROBURGO, CALVI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 578/275. Pietroburgo, 30 ottobre 1900 (per. il 5 novembre).

L'E. V. avrà ricevuto da Berlino o da Londra il testo esatto della risposta russa alla comunicazione della convenzione anglo-tedesca, testo di cui ho avuto lettura ma non copia. La risposta è in sostanza del seguente tenore:

• L'accordo anglo-tedesco non modifica sensibilmente lo stato delle cose in Cina.

Nel punto primo è detto che è di un comune interesse che i fiumi e porti della Cina ed altre lecite attività siano aperti a tutte le nazioni, e che i due governi sono d'accordo di osservare questi principi in tutti quei territori della Cina ove esercitano la loro influenza. La Russia non vede alcuna obiezione a questi principi, in quanto non toccano i trattati formanti lo statu qua della Cina.

La Russia non può che vedere favorevolmente le stipulazioni dell'articolo secondo, in quanto che essa era stata fra i primi a porre il concetto della integrità del celeste impero come base della sua politica in Cina.

Relativamente al punto terzo la Russia, riferendosi alla circolare del 25 agosto, rinnova la dichiarazione che, nel caso in cui qualcuno si scostasse da quel principio fondamentale, essa sarebbe costretta a modificare la propria posizione a seconda delle circostanze ».

Come già dissi nel mio telegramma, gli incaricati d'affari di Germania ed Inghilterra hanno rilevato che la riproduzione (virgolata nella risposta) del testo del primo articolo non è esatta, la risposta russa dicendo • où ils exercent leur influence " mentre la nota diceva • où ils peuvent exercer leur influence ". Su questo punto essi hanno chiesto schiarimenti. Pensandovi meglio, sembrami si tratti di una imperfezione di dicitura. Nel primo capoverso si nota ancora la parola • sensibilmente ". La parte che riflette l'articolo secondo è una conferma dl piena uniformità di vedute, od una adesione; quella che riflette il terzo ha tutte le apparenze d'un rifiuto.

La frase • l'articolo quarto non esige alcun commento " è giudicata diversamente. L'incaricato d'affari di Francia propende per credere che essa indichi accettazione, dal che ne verrebbe che la Russia avrebbe aderito al l", 2" e 4" articolo e fatto riserve per il terzo. Agli incaricati d'affari di Germania, di Inghilterra e a me sembra invece sia destinata ad evitare l'adesione, e a non impegnare la Russia ad accordarsi colle potenze, qualora venisse a verificarsi il caso previsto dall'articolo terzo.

La citazione fatta dei trattati esistenti là dove si parla delle porte aperte è considerata come una dichiarazione che la Russia non intende impegnarsi più oltre di quanto ha fatto finora cogli Stati Uniti nella sua risposta alla nota circolare su quell'argomento.

Mi riservo di chiarire i punti dubbi.

(l) Non pubblicato.

432

L'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, BOTTARO COSTA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 3110. Londra, 31 ottobre 1900, ore 4,41.

S. M. la Regina ha udito con profondo rammarico la nuova della morte dell'ambasciatore De Renzis, e lord Salisbury mi prega di trasmettere all'E. V. l'espressione della simpatia dell'Augusta Signora con S. M. il Re per la perdita di un così distinto funzionario.

433

IL MINISTRO A PECHINO, SALVAGO RAGGI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 3118/5. Pechino, 31 ottobre 1900, ore 4,50 (per. ore 17,35 dell' 1 novembre).

Corpo diplomatico riunito finì di esaminare nuovamente tutte le proposte francesi colle modificazioni di cui nel mio telegramma n. l del 23 ottobre (1), ed è concorde proporle come ultimatum. Circa proposta modificazione cerimoniale e costituzione di un ministero degli affari esteri invece di Tzung-Ii-Yamen, ministro

di Russia si è dichiarato favorevole, però preferisce non sia presentata come ultimatum ma in seguito. Ministro Giappone aderì sua proposta. Ministro del Belgio, ministro di Spagna dichiarano si uniranno a maggioranza. Tutti gli altri proporranno rispettivi Governi di comprenderla nell'ultimatum. Ministro Stati Uniti suggerì aggiungere a proposta n. l: « un decreto imperiale che in tutto l'Impero le autorità sono responsabili dell'ordine; e quando disordini avvengano, funzionari responsabili saranno destituiti e non potranno più avere nè uffici nè onori». Tutti approvarono proposta eccetto ministro di Spagna che non è favorevole alla proposta; ma noi crediamo doverla comprendere nell'ultimatum.

(l) Cfr. n. 404.

434

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL, MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 3113. Parigi, 31 ottobre 1900, ore 19.

La risposta all'Imperatore cinese fu data dal presidente della repubblica il 28 corrente, nella forma di una comunicazione del signor Delcassé al ministro di Cina in Parigi. La risposta prende atto dei punti principali che formano l'esordio del messaggio imperiale; mette in sodo che la Francia non si diparte da quanto fece in luglio il soggetto della sua risposta al primo messaggio dell'Imperatore, annunzia la prossima presentazione delle proposte di tutte le potenze per riparare il passato e per sicurezza per l'avvenire; dice che le proposte saranno rimesse ai plenipotenziari dopo che i loro pieni poteri saranno stati verificati; accenna al mantenimento della integrità del territorio ed alla indipendenza del Governo imperiale impegnando l'Imperatore alla pronta accettazione delle proposte stesse. Questa risposta doveva essermi comunicata fino da 28 corrente ma per un equivoco del Gabinetto del ministro ne ebbi conoscenza solo oggi.

435

L'AMBASCIATORE A WASHINGTON, FAVA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 3102/105. New York, ... ottobre 1900 (per. ore 7 del 31).

Alla comunicazione di queste ambasciate germanica e inglese della loro convenzione circa Cina, questo Governo ha risposto che, mentre divide pienamente principii riaffermati nei due primi articoli, cioè libertà di commercio ed integrità della Cina, dai quali è regolata la sua propria politica, non si considera chiamato a dare sua opinione sulla clausola articolo terzo che costituisce un accordo esclusivamente fra le parti contraenti.

436

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, ALL'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, PANSA

D. 44860/218. Roma, 31 ottobre 1900.

Facendo seguito al mio dispaccio del 23 ottobre n. 211 (1), Le trasmetto in copia il qui accluso rapporto del R. Consolato al Pireo in data del 22 di questo stesso mese, n. 261 (2), nel quale si narra che il R. suddito Ricci Michele giunto a Costantinopoli, benchè munito di regolare passaporto e di un teskerè delle competenti autorità dell'Egitto donde proveniva, fu arbitrariamente arrestato dagli agenti della polizia ottomana, trattenuto in prigione a Stambul fino al 17 e imbarcato quindi su un piroscafo ellenico in direzione del Pireo.

Siffatto procedere eccessivamente rigoroso ed illegale delle autorità turche riguardo ai nostri connazionali non potrebbe essere da noi ulteriormente tollerato, e io non posso pertanto astenermi dal rinnovare all'E. V. la preghiera di tenere a codesto governo il più energico linguaggio, per indurlo a maggiormente rispettare il regime delle capitolazioni e continuare ai nostri connazionali il godimento dei privilegi da quegli antichi patti loro garantiti.

437

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, PANSA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 705/275. Therapia, 31 ottobre 1900.

A titolo d'informazione mi pregio comunicare qui unita in copia a V. E. una nota testè diretta dalla Sublime Porta agli Ambasciatori incaricati dell'arbitraggio nella questione della Convenzione consolare colla Grecia. In essa, il Governo Imperiale, segnando ricevuta della nostra nota del 12 Settembre che alludeva ad un'eventuale replica dei delegati ellenici agli argomenti da esso presentati sui diversi punti in litigio, esprime iì voto di ottenerne comunicazione non appena ci sia pervenuta.

La replica ci fu ora rimessa dai delegati del Governo greco e mi affretto ad inviarne, qui pure unito, un esemplare all'E. V. (2).

Tale documento verrà comunicato, per cura delle Ambasciate, alla Sublime Porta, colla fissazione di un certo termine per la controreplica che credesse di farvi; dopo di che si chiuderà il periodo dei dibattiti fra le due parti e sarà proceduto senz'altro all'elaborazione dell'arbitrato. Questo modus procedendi è il risultato di un'intesa stabilita fra le Ambasciate che, stimando equo di concedere ad entrambi i contendenti un uguale trattamento per l'esposizione degli argomenti rispettivi, ritennero altresì opportuno che la questione si presentasse all'arbitraggio corredata dal maggior numero possibile di studì e di osservazioni.

22 -Documenti diplomatici -Serie III -Vol. IV

ALLEGATO

TEWFIK FASCIA AGLI AMBASCIATORI A COSTANTINOPOLI

Therapia, 9 ottobre 1900 (per. l'll).

Le soussigné Ministre des Affaires Etrangères de S.M.I. le Sultan, a pris connaissance de la note coHective, datée du 12 Septembre 1900, par laquelle LL. EE. les Représentants des six Grandes Puissances lui ont fait l'honneur de l'informer de ce qu'elles ont communiqué aux Délégués du Gouvernement Royal Hellénique les mémoires et documents divers de la S. Porte relatifs aux divergences survenues entre la Turquie et la Grèce au cours des négociations, de la Convention Consulaire prévue par les Traités de Paix.

LL. EE. ont ajouté que elles ont prié les Délégués précités de leur faire connaitre leur réponse, si toutefois ils en ont une à présenter, avant la fin d'Octobre, nouveau style.

Le soussigné croit utile de faire remarquer que la Sublime Porte devra également etre saisie des Memoirs responsifs que le Gouvernement Royal Hellénique estimerait nécessaire de présenter éventuellement; car le Gouvernement Impérial tient à ne pas laisser sans réfutation les arguments nouveaux qui viendraient à étre invoqués.

(l) -Cfr. n. 408. (2) -Non si pubblica.
438

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, PANSA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 707/277. Therapia, 31 ottobre 1900.

Il mio ricorso al Sultano circa il trattamento dei nostri nazionali al loro arrivo in Turchia, cui alludevo nel mio rapporto del 27 corrente (n. 269) (1), ha sortito un più pronto effetto, di quanto io stesso lo avessi calcolato. In risposta alla mia comunicazione, concepita in termini piuttosto sentiti, Sua Maestà mi fece sapere che egli aveva appreso con rincrescimento le cose da me riferitegli, che le sue istruzioni avevano dovuto essere male interpretate dal Ministro di Polizia, e che questo funzionario aveva ricevuto l'ordine di recarsi immediatamente da me, per fornirmi le necessarie spiegazioni e rimediare in modo soddisfacente ai lamentati abusi.

Il Ministro mi si presentò infatti l'indomani, e subito mi avvidi dal suo contegno, ch'egli era venuto a più miti consigli. Ne approfittai per discutere con lui i termini di un accordo destinato a regolare le misure di Polizia da applicarsi ai nostri viaggiatori secondo i diversi casi che possono presentarsi. La nostra intesa fu soltanto verbale, come lo comportava la materia, ma ne presi la qui unita nota per iscritto, in presenza del mio interlocutore, il quale promise di impartire conformi istruzioni ai propri dipendenti.

Ho dal canto mio comunicato la Nota stessa al R. Console Generale, al quale spetterà ora di vegliare affinchè le intese disposizioni ricevano, per quanto sarà possibile, la loro esecuzione. Faccio questa riserva, perchè, dati gli elementi di cui si compone la polizia turca, è inevitabile che qualche inconveniente si produca

di quando in quando; ma confido che intanto sarà assicurato un sensibile miglioramento della situazione.

Riferendomi all'unito documento (2°), mi permetto bensì di rinnovare le già fatte raccomandazi~ni affinchè si cerchi dalle nostre autorità di ottenere che i viaggiatori italiani soprattutto operai, che si dirigono in Turchia, sieno provvisti di passaporti regolarmente vidimati da qualche Console ottomano.

P. S. -In referenza al caso dei ventiquattro operai diretti a Batum (di cui nel mio rapporto del l o corrente) (l) da qui respinti pel rifiuto di questo Console russo di vidimare i loro passaporti e quindi sbarcati a Smirne, venni poi avvertito dal Cavalier Acton che quel suo collega di Russia si era infine risolto ad accordare la vidimazione, e ciò in seguito al mio telegramma col quale gli avevo riferito la risposta qui datami dal Signor Zinovieff, nel senso che la decisione di simili casi era lasciata all'apprezzamento personale di ciascun Console.

ALLEGATO

ACCORDO VERBALE STABILITO COL MINISTRO DI POLIZIA

29 ottobre 1900.

l o. -Ogni persona munita di passaporto regolare vidimato o di teskere in regola, sarà ammessa immediatamente senza distinzione, al suo arrivo in Costantinopoli.

2°. -Le persone munite di passaporto regolare ma non vidimato:

a) se di condizione che offra di per sè sufficiente guarentigia, saranno ugualmente lasciate passare senz'altro, con riserva di avvertirne il Consolato, il quale si incaricherà di esigere da esse la multa prevista dal vigente Regolamento sui Passaporti;

b) gli altri saranno accompagnati (da un impiegato in abito borghese) alla Prefettura di Polizia in Pera per l'esazione della multa e per le debite annotazioni da farsi al R. Consolato, al quale essi verranno subito dopo rimessi. Se in questa categoria si rilevasse qualche individuo leggermente sospetto, ne sarà dato avviso nel momento della sua consegna al Consolato, richiedendone una certa garanzia morale.

3°. -Quanto agl'individui oggetto di qualche più serio sospetto (di anarchismo) fondato su indizi positivi, essi saranno trattenuti alla Prefettura di Pera, fino a tanto che il Consolato, tosto prevenuto, abbia mandato un suo funzionario a verificare la natura di tali indizì. Durante Ia relativa inchiesta, l'individuo sospetto rimarrà in consegna del Consolato che dovrà trattenerlo in carcere e risponderne fino a constatazione della sua innocenza o reità. In questo ultimo caso, l'individuo sarà espulso

o scortato in Italia secondo le decisioni del Console.

4°. -Trattandosi di un individuo che abbia commesso, o del quale vi fosse la prova che esso venne a Costantinopoli collo scopo di commettere un qualche attentato contro l'ordine pubblico, esso rimarrà alla Polizia, fino al compimento dell'inchiesta da eseguirsi sul suo conto, col debito concorso del Consolato. Se colpevole, esso verrà quindi, secondo i casi, processato od espulso.

5°. -Le disposizioni di cui ai nn. 3° e 4° varranno pure per gl'individui ivi contemplati, qualora le prove a loro carico si producessero dopo la loro ammissione in Costantinopoli.

(l) Cfr. n. 423.

(l) Non pubblicato.

439

L'INCARICATO D'AFFARI A PIETROBURGO, CALVI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 3109. Pietroburgo, l novembre 1900, ore 1,42.

Redazione più chiara telegramma 31.

Giornale ufficioso risposta russa è considerata come adesione con riserva principio ma non come formale adesione convenzione. Russia, a quanto mi viene riferito, fece capire non avere risentimento con Germania. Si appaga forma imperfetta di risposta. Osservasi che nella risposta ove parla porte aperte frase nota anglo tedesca • ove possono esercitare la loro influenza » è sostituita da quella • ove esercitano »; inoltre dalla precisa menzione dei trattati al punto primo deducesi conferma che Russia intende regime porte aperte come lo indicò nella risposta Stati Uniti. All'ambiguità della risposta al punto quarto non si dà più importanza. Spedito rapporto e testo risposta.

440

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI

T. 3298. Roma, l novembre 1900, ore 16,45.

Rispondo al rapporto 10 ottobre n. 1027 (1).

Io concordo con le considerazioni svolte da V. E. e ne partecipo il punto di vista. Non conoscendo peraltro le disposizioni di codesto Governo, reputo prematuro di darle precise istruzioni. Le confermo pertanto che è nostro vivo desiderio di evitare un conflitto con la Francia, ma senza pregiudicare la questione di principio e senza rinunciare a diritti e a doveri che non possono essere abbandonati. Forse un termine di conciliazione potrebbe consistere in ciò, che quando una missione come collettività si rivolga essa medesima alla Francia, noi, senza riconoscere il diritto potremmo ignorare il fatto e non sollevare di fronte alla Cina le opposizioni di cui i patti del 1888 ci potrebbero fornire gli elementi. Ma quando si trattasse di reclami individuali, noi non potremmo accettare la condizione che ci sarebbe fatta qualora si pretendesse di escluderci dalla protezione dei nostri cittadini per il solo fatto del carattere religioso che rivestono. Queste sono le nostre generiche disposizioni, ma sarebbe utilissimo di conoscere prima le disposizioni del signor Delcassé, potendo forse trarre da esse opportune indicazioni sull'attitudine che ci convenga di tenere.

(l) Non pubblicato, ma cfr. la l. p. pari data sullo stesso argomento pubblicata al n. 329.

441

IL REGGENTE IL CONSOLATO GENERALE A CALCUTTA, GHILARDI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 180. Calcutta, l novembre 1900 (per. il 16).

Per quanto la presenza della Missione Thibetiana in Russia, ed i complimenti da essa ricevuti da S. M. lo Czar a Livadia, siano cerimonie di puro scambio, in ricordo della buona accoglienza fatta dal Gran Lama del Thibet alla Missione Russa condotta in Lassa dal Madmayeff, pure in India come a Londra desta sospetti.

L'influenza russa in Thibet potrebbe creare molto facilmente una nuova Abissinia proprio alle porte del Bengala, ed il Governo dell'India farà tutto il possibile perchè ciò non avvenga.

C'è dell'irrequietezza nei Balcani, in Persia, ed alla frontiera Afghana, appunto per l'influenza quasi dominante della Hussia.

Ad impedire che tale influenza invada anche il Thibet, il Governo dell'India quando lo crederà opportuno, appoggerà il vicino Nepal per muover guerra al Thibet e fargli occupare Lassa.

È troppo noto ormai che l'unico pruno nell'occhio alla politica egiziana sono gli intrighi russi in Abissinia. Se questi non fossero esistiti, il Sudan avrebbe già avuto uno sviluppo migliore. È per questo che non sarà mai permessa una influenza russa a Lassa per ripetervi i giuochetti di Gondal ed Addis Abeba. La presenza di un ministro russo accreditato presso il Gran Lama non sarà mai subita, ma si imporrà invece un residente inglese.

Ad informazione di V. E. mi permetto di fare qui un po' di storia riguardo alla reciproca posizione del Nepal col Thibet.

Nel 1785 il Nepal invase il Thibet per una differenza sorta sul conio della loro moneta. Un esercito di 18000 Goorkhas marciarono da Khatmandu a Teshu Lumbo occupandolo e saccheggiandolo.

I Thibetiani chiesero aiuto a Pekino, ed un esercito di 70000 Chinesi comandati dal Generale Sun Fo, disfece i Goorkha in due battaglie inseguendoli fino a venti miglia sotto la loro capitale. I Nepalesi pagarono una forte indennità al Thibet e si riconobbero vassalli della China.

Cento anni dopo, nel 1885, i Thibetiani intervennero in Nepal per sedare la guerra civile sorta tra due governatori Bhutans, e da quel momento si unirono in amicizia e divennero tutti anti-inglesi. I Thibetiani si spinsero fino a chiudere tutti i passi delle loro montagne fino all'ultimo presso Darjeeling nel Sikhim. Questo provocò la spedizione inglese del 1888. Il Rajah di Sikhim sconfitto, malgrado l'aiuto di 11000 Thibetiani, pagò il suo ardire col divenire vassallo del Governo dell'India; e tutti gli anni viene a Darjeeling con gran pompa di seguito a fare il Salaam al governatore del Bengala. Feci la di lui conoscenza il giugno scorso al Durbar di Sir John Woodburn.

In Lassa negli ultimi 60 anni nessun Europeo vi pose piede. Solo il Badmakeff conducente la missione russa che portava regali al Gran Lama; e gli inglesi Huc, Gabet e Manning ebbero il permesso di entrarvi. Da oggi, visto e considerato il cammino che in tali casi, sogliano fare gli eventi, non passerà molto tempo che una missione inglese visiterà Lassa senza regali, od il Nepal muoverà guerra al Thibet. Come popoli, tutti e due sono robaccia. Tra il superstizioso Indù del Nepal ed il depravato Buddista del Thibet, non c'è troppo da scegliere; ma l'influenza Russa sui medesimi non sarà mai tollerata.

Il Governo dell'India non è in grado di fare nuove pazzie, che costino sangue e danaro. Si limiterà quindi a muovere i fili delle marionette Nepalesi, chiamandosi pago del sollazzo che gli recherà la rottura delle teste.

442

IL MINISTRO A BELGRADO, MAYOR DES PLANCHES, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 1120/226. Belgrado, l novembre 1900.

Il Governo imperiale russo ha certamente motivo di essere soddisfatto del nuovo andamento delle cose in Serbia: l'allontanamento di Re Milan, la liberazione dei condannati dello scorso anno, tutti ormai amnistiati e quasi tutti reintegrati nelle precedenti loro posizioni od altrimenti avvantaggiati, il favore di cui godono i radicali e che fa pronosticare prossimo il loro ritorno al potere, sono tutti fatti di cui la politica russa ha ragione di compiacersi. Risulta però in modo non dubbio che l'animo dell'Imperatore non è così favorevolmente disposto verso il Re Alessandro e verso la Regina Draga come l'esser stato padrino di quello, lo avere inviato felicitazioni e doni, potrebbero far supporre. S. M. Imperiale fu tenuta nell'ignoranza di qualche circostanza che, a dire il vero, nemmeno qui sapevasi od appariva chiara come sembra essere oggimai; e, venutone a conoscenza, ne è rimasto offeso nei suoi sentimenti religiosi e morali. Poichè, senza far menzione di altri particolari che ad una corrispondenza ufficiale non si addicono, è ormai la versione da tutti accettata che il Re si sia deciso a sposare la Signora Draga Lugnewitza quando lo stato di gravidanza in cui essa ,si trovava non si poteva più nè disconoscere nè celare. L'incaricato d'affari di Russia, Signor 'Mansuroff, che non seppe quelle cir,costanze, o le tacque, o le travisò, è caduto in disgrazia del suo Sovrano. Non che avere una promozione, od un cambiamento vantaggioso di posto, come si pronosticava, anzi annunciava di già, rimane a Belgrado nella posizione che prima aveva, e si mostra in grave pensiero di ciò che l'avvenire gli riserva, quando un parto di troppo prematuro, avuto riguardo alla data del matrimonio, mettesse in soverchia evidenza la situazione morale, non appieno corretta, in cui, per di lui colpa, l'Imperatore si troverebbe.

443

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL MINISTRO A PECHINO, SALVAGO RAGGI

T. 3314/6. Roma, 2 novembre 1900, ore 22,30.

Rispondo al n. 4 (1). Il Governo si propone di appoggiare le domande Rizzardi, come pure ci parrebbe opportuno di insistere per la concessione delle miniere presso Pechino

o quanto meno per una indennità. Nulla di meglio se si potrà perciò approfittare degli attuali negoziati di pace. Solo dubito che essi si svolgano in modo da paterne offrire l'occasione. Desidero in proposito la sua opinione. Ella può intanto assicurare verbalmente Rizzardi delle nostre buone disposizioni.

444

L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 1675/758. Berlino, 2 novembre 1900.

Alcuni giornali avendo di recente sparsa la voce, riprodotta pure da molti diari tedeschi e forestieri, che nel noto accordo anglo-germanico andassero contenute alcune clausole segrete, il Governo Imperiale ha fatto inserire, a smentita di tale voce, il seguente comunicato nella ufficiosissima Nord Deutsche Allgemeine Zeitung:

• Contrariamente alle notizie date da diversi giornali, secondo cui, nello scambio di note avvenuto il 16 ottobre scorso fra i Gabinetti di Londra e di Berlino, fossero state comprese alcune clausole aggiuntive non pubblicate fin'ora, siamo autorizzati a dichiarare ·che, all'infuori della Nota il di cui testo integrale è stato pubblicato il 20 ottobre contemporaneamente a Berlino e Londra, nessun altro accordo ha avuto luogo. I giornali quindi che hanno inserito contrarie asserzioni sono stati dai loro " informatori " tratti in inganno •.

445

L'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, BOTTARO COSTA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 782/369. Londra, 2 novembre 1900.

È avvenuta la parziale ricostituzione del Gabinetto che ho avuto l'onore di preannunciare alla E. V. col mio rapporto n. 363 del 24 dello scorso mese (2). Lord Salisbury che conserva la Presidenza, cede il portafoglio degli Affari Esteri al Marchese di Lansdowne, finora Ministro della Guerra. A sosti

tuire quest'ultimo è chiamato il Signor J. Brodrick, sotto-Segretario di Stato agli Affari Esteri. Al Ministero della Marina succede al Signor Goschen Lord Selborne ed al Ministero dell'Interno a Sir M. Ridley il Signor Ritchie, finora Ministro del Commercio.

La nomina del Marchese di Lansdowne che nei molteplici incarichi cui la fiducia Sovrana lo ha chiamato in questo ultimo ventennio ha dato sempre prova di moderazione e di grande tatto, incontra in genere il favore tanto della opinione pubblica inglese quanto delle Cancellerie estere.

(l) -T. 3108/4 del 30 ottobre, che non si pubblica. (2) -Non pubblicato.
446

L'AMBASCIATORE D'AUSTRIA-UNGHERIA A COSTANTINOPOLI, CALICE, ALL'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, PANSA

(Archivio Pansa)

L. P. Yenikoy, 2 novembre 1900.

Les délégués hellènes m'ont présenté, ainsi qu'aux collègues, leur réponse aux mémoires de la Porte en vue de l'arbitrage. A notre dernière réunion nous sommes tombés d'accord que la réplique des susdits délégués serait communiquée à la Porte, en lui donnant un délai d'un mais pour les contreobservations qu'elle aurait à présenter. Une nouvelle réunion à ce sujet ne me semble dane pas nécessaire et je crois, au surplus, qu'en ce moment des rentrées en ville, il serait difficile d'en convoquer une.

Je vous envoie dane les projets des communications (l) à fatire aux deux parties, en vous priant de les amender de la manière que vous ou d'autres collègues croiraient opportun et d'en mettre une copie en circulation pour les signatures.

447

L'INCARICATO D'AFFARI A PIETROBURGO, CALVI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 586/281. Pietroburgo, 3 novembre 1900.

La risposta data dalla Francia alla nota Anglo-Tedesca è stata accolta in Russia con soddisfazione.

La « Gazzetta della Borsa • scrive che in Europa speravasi fosse concepita diversamente; invece essa ha provato che la politica d'equilibrio formatasi in Europa colla alleanza Franco-Russa esiste tuttora e che la condotta della Francia nell'estremo Oriente è determinata da quelle medesime relazioni che già hanno recato buoni frutti in altre questioni di storica importanza.

(l) Cfr. n. 455.

448

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL RAPPRESENTANTE DIPLOMATICO PRESSO IL NEGUS, CICCODICOLA

T. 3327. Roma, 3 novembre 1900, ore 21,50.

Credo opportuno avvertire la S. V. che sulla prima rata di un milione per confine, ,cinquantamila talleri già furono consegnati a ras Oliè secondo il desiderio di Menelich, comunicatomi con suo telegramma 21 giugno u. s., n. 27 (1).

Governo etiopico è inoltre debitore dell'erario eritreo delle seguenti due partite che reputo doversi pure conteggiare sulla prima rata: l) Diecimila talIeri mandati a ras Maconen dopo conflitto con ras Mangascià. 2) Prezzo di mille quintali di dura mandati allo stesso Maconen, costati all'erario coloniale lire quarantacinquemila cioè circa diciannovemila talleri. Conteggio prezzo dura in talleri sarebbe esattamente fatto a suo tempo. Attenderemo indicazioni ditte europee alle quali dovranno essere fatti pagamenti contro regolari delegazioni (2).

449

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL RAPPRESENTANTE DIPLOMATICO PRESSO IL NEGUS, CICCODICOLA

T. 3326. Roma, 3 novembre 1900, ore 22,30.

Ricevuto rapporto 28 luglio u. s. n. 2 (l) con tre convenzioni in duplice copia. Approvo pienamente suo operato. Mi riservo inviarle ulteriori comunicazioni circa modalità esecuzione convenzione finanziaria. A lei invio ancora una volta calda parola di encomio pel modo con cui ha condotto a termine difficile negoziato, e sono lieto di annunciarle, fin d'ora, che si pensa al modo migliore di darle un segno di gradimento del Governo del re per l'opera sua (3).

450

L'INCARICATO D'AFFARI A MADRID, FRIOZZI DI CARIATI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 774/263. Madrid, 3 novembre 1900.

Ho l'onore di confermare il mio telegramma di ieri mattina (l) col quale partecipava all'E. V. il Real Decreto pubblicato nella Gazeta del giorno stesso sospendente in tutto il territorio del Regno le guarentigie costituzionali. Il provvedimento è motivato dalla necessità di procedere immediatamente e con la massima energia alla repressione delle trame ordite dal partito carlista pro

curando di distruggere per sempre tutte le sue ramificazioni, l'organizzazione permanente dei comitati carlisti sia nella capitale, sia nelle provincie.

Il Ministro di Stato, col quale ho avuto ieri un lungo colloquio, mi ha detto che i documenti sequestrati nei domicili delle persone ultimamente arrestate a Barcellona ed in diverse località minori di Catalogna permettevano di rintracciare i veri promotori dei recenti tentativi insurrezionali e che i poteri eccezionali che il decreto di ieri conferisce alle autorità politiche ed amministrative non hanno altro scopo che di facilitare la ricerca e la punizione di quei caporioni.

I giornali di stamane annunziano infatti l'arresto di un numero considerevole dei più noti partigiani del pretendente tra i quali il Marchese di Villadarias, appena reduce da un viaggio a Parigi, il Barone di Sangarrén, ricco capitalista ed industriale di Navarra, il Marchese di Camarit, il parroco della chiesa di San Lorenzo in Madrid, ed i redattori del Correo Espanol e del Fusil i due giornali carlisti della capitale. Gli arresti eseguiti in provincia oltrepassano il centinaio essendovi compresi vari sindaci e deputati provinciali di Navarra, diversi proprietari ed alcuni giornalisti. Gli arrestati appartengono quasi tutti alle alte sfere del carlismo, hanno esercitato importanti comandi durante l'ultima guerra civile e sono in segrete personali relazioni con Don Carlos. Uno dei detenuti il Marchese di Villadarias è Grande di Spagna ed è notissimo nell'alta società madrilena frequentando anche diversi saloni diplomatici di questa capitale.

L'azione del Governo è generalmente bene accolta dalla pubblica opinione la quale è irritatissima contro il partito carlista la cui ultima alzata di scudi ha prodotto, com'era da aspettarsi, pessimo effetto nel mondo della finanza recando gravissimo danno al credito della Spagna che, grazie alla tranquillità di questi ultimi due anni ed alle riforme economiche del Signor Villaverde era andato rapidamente sollevandosi dalla prostrazione cagionatagli dalla guerra americana.

Tutte le notizie giunte nelle ultime 48 ore sono concordi affermando che ogni pericolo è scomparso in Catalogna. Le bande poco numerose che si sono mostrate in vari punti delle quattro provincie catalane sono attualmente disperse e molti dei loro componenti hanno chiesto l'indulto. Il movimento è completamente fallito, questo è ormai certo. La speranza dei capi carlisti di Barcellona che gli operai senza lavoro si sarebbero uniti a loro è rimasta delusa. Il proletariato catalano non intende farsi l'istrumento dell'assolutismo di diritto divino e se dovesse mai insorgere non sarebbe certo per mettere Don Carlos sul trono di Spagna. In quanto alla Navarra ed alla Biscaglia, quelle due regioni che furono per così lungo tempo il centro del carlismo militante, tutto è rimasto tranquillo. I grandi progressi industriali degli ultimi tempi hanno dato lavoro e benessere alle popolazioni rurali nelle quali si reclutavano anticamente le truppe carliste, e quella gente che, quando non aveva nulla da perdere, era sempre pronta a prendere un fucile e darsi alla montagna, rimane ora sorda alle esortazioni dei suoi condottieri d'una volta.

(l) -Non pubblicato. (2) -Il telegramma, minutato il 2 novembre, venne inviato tramite il consolato generale di Aden. (3) -Il telegramma, minutato l'l novembre, venne inviato tramite il consolato generale di Aden.
451

L'AMBASCIATORE A WASHINGTON, FAVA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 3138/106. New York, ....... (per. ore 7 del 4 novembre 1900).

Commissario federale mi consegna schema trattato di commercio che qui riassumo: • Ci accorda riduzione uguale a quella concessa alla Francia per tutte le voci comprese nella prima colonna della tabella acclusa dispaccio di V. E. in data 21 luglio, tranne la riduzione sui vegetali allo stato naturale, sul sale e sugli agrumi concessa esclusivamente alle Indie inglesi per ragioni di ..... (1). Concede rispettivamente vincoli esenzione e vincoli dazii attuali per le voci della seconda e terza colonna della tabella stessa, ma esclude quelle menzionate nella quarta colonna, eccetto le castagne, per le quali accorda riduzione 20 %. In compenso chiede esenzione del dazio pel granturco, farina di granturco, carbone cok; vincola dazi attuali per strumenti e macchine agricole, rame di prima manifattura e solfato rame, cotone grezzo, ferro, acciaio e zinco frantumato o sotto forma di prima manifattura, rotaie, legno, paraffina, cera di paraffina, olii minerali, carne salata, affumicata o altrimenti e strutto. Nella nota con cui accompagna tale schema, commissario federale mi scrive che la questione di concludere la nostra convenzione, indipendentemente dalla francese ed anche se quest'ultima venisse respinta, rimane intanto riservata fino a quando potrà essere accertato se l'opposizione che il trattato francese incontra proviene dalle sue clausole ovvero da ostilità contro i trattati di reciprocità in generale ". Comunico questo schema pel caso in cui esso non sia incompatibile in massima colle vedute del Governo; rispondo intanto al commissario federale che non posso sottomettere all'esame dell'E. V. un progetto di convenzione così limitato che alla condizione che esso sia non appena concluso presentato al senato indipendentemente dal trattato francese, le cui relazioni commerciali cogli Stati Uniti sono diverse da quelle dell'Italia che accorda ai prodotti americani trattamento di favore.

452

IL MINISTRO A PECHINO, SALVAGO RAGGI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 3164/6. Pechino, 6 novembre 1900, ore 12,50 (per. ore 10,30 del 9).

Corpo diplomatico unanime decise proporre rispettivi Governi includere nelle note domanda riparazione per assassinio ministro di Germania che consisterà in erezione monumento, invio di un principe imperiale come ambasciatore straordinario. Ministro d'Inghilterra propone includere clausola con cui Cina si obbliga a negoziare modificazioni trattati di commercio nel senso

che le potenze indicheranno. Proposi aggiungere seguente frase ad articolo circa indennità: • Cina prende misure di finanze nel senso che le potenze indicheranno per garantire il pagamento delle indennità ed il servizio dei prestiti "· Tutti consentirono di proporre queste due aggiunte ai loro Governi eccetto ministro di Russia e incaricato d'affari francese; questi, essendo malato il ministro, non credette poter pronunciarsi. Ministro di Germania chiese opinione personale rappresentanti esteri sul progetto d'indurre la corte a ritornare, chiedendo ai governa.tori di non mandarle più viveri, denari, armi. La proposta non incontrò favore: credo che lo stesso ministro di Germania non la approvi, sia avuto riguardo difficile essere assistito terreno pella coercizione in caso di rifiuto, sia perchè tra poco tempo il viaggio sarà estremamente difficile a motivo del gelo. Il vicerè del Pecili diresse parecchi rappresentanti esteri nota, lagnandosi perchè truppe andate a Paoting-fu, benchè ricevessero doni di viveri, hanno saccheggiato bestiame e viveri. Le accusava di avere oltraggiato donne. Ministro di Germania, ministro d'Inghilterra, ministro di Francia ed io fummo concordi respingere nota, giacchè non sembrava qmmissibile entrare in discussione colla Cina sul contegno delle nostre truppe, nè si poteva restare senza rispondere giacchè sarebbe sembrato ammettere opportunità delle accuse. Ministro degli Stati Uniti, ministro d'Austria-Ungheria preferirono tenere la nota senza rispondere. Deve ... (1).

(l) -Gruppo indecifrato. (2) -L'B febbraio 1900 era stato stipulato un accordo commerciale fra l'Italia e gli Stati Uniti: si veda l'illuminante dibattito intervenuto alla Camera il 6 luglio con l'intervento di Luzzatti (relatore), Carcano (ministro dell'agricoltura e commercio), Visconti Venosta e altri in Atti Parlamentari, Camera dei Deputati, Sessione 1900-01, I, p. 203 e sgg.
453

IL CONSOLE GENERALE A MALTA, GRANDE, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 3149. Malta, 6 novembre 1900, ore 9,05 (per. ore 10,30).

Ieri arrivò da Gibilterra con la corazzata « Cesare " il ministro delle colonie inglesi col figlio ..... (l) di bordo. Si recò in carrozza col governatore al palazzo, percorrendo la via principale: fu ossequiato silenziosamente.

454

IL COMANDANTE LA DIVISIONE NAVALE OCEANICA, CANDIANI, AL MINISTRO DELLA MARINA, MORIN

T. 3171. Pechino, 7 novembre 1900, ore 0,55 (2).

Truppe ritorno spedizione sfilarono avanti maresciallo Waldersee. Materiale da guerra catturato distrutto per difficoltà trasporto. Compagnie e sezione artiglieria, marinai percorsero quattrocento chilometri. Encomiata loro resistenza. Salute generale ottima. Provvistosi... (2) senza pellicie stufe.

(l) -Gruppi indecifrati. (2) -Il telegramma venne comunicato dal ministero della Marina a quello degli Esteri il 9 novembre.
455

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, PANSA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 729/284. Costantinopoli, 7 novembre 1900.

Riferendomi al mio rapporto del 31 ottobre u. s. n. 275 (1), ho l'onore di trasmettere qui unito in copia all'E. V. il testo delle comunicazioni fatte dalle Ambasciate in Costantinopoli alla Sublime Porta ed ai delegati ellenici, relativamente alla Memoria presentata da questi ultimi in vista dell'arbitraggio sulla Convenzione consolare turco-greca.

ALLEGATO.

CALICE, PANSA, MARSHALL, BAPST, BUNSEN E SERBACEV A TEWFIK PASCIA

Costantinopoli, 6 novembre 1900.

Les soussignés Ambassadeurs d'Allemagne, d'Autriche-Hongrie et d'Italie et Chargés d'Affaires de France, de Grande Bretagne et de Russie ont l'honneur de transmettre ci-joint a S. E. M. le Ministre des Affaires Etrangères le mémoire qu'ils ont récemment reçu de la part de LL.EE. les Délégués du Gouvernement Hellénique, en réponse aux mémoires présentés par le Gouvernement Impérial au sujet de l'arbitrage des Représentants des 6 Grandes Puissances en vue d'arriver à la conclusion de la Convention Consulaire prévue par l'art. 5 du Traité de Paix du 22 Novembre -4 Décembre suivant.

Les soussignés prient S. E. M. le Ministre de leur faire parvenir sa réponse, si toutefois il en a une à présenter, avant la fin du mois de Décembre prochain.

456

L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 16891763. Berlino, 7 novembre 1900 (per. il 10).

Ieri il nuovo segretario al dipartimento degli esteri, barone Richthofen, iniziò i consueti ricevimenti settimanali del corpo diplomatico. Per renderli più regolari, stante il numero rilevante di capi di missione qui residenti, quei ricevimenti saranno d'ora innanzi divisi in due serie, riservando il martedì ai soli ambasciatori o incaricati d'affari delle ambasciate. Gli altri capi missione saranno ricevuti il venerdì. I ricevimenti comincieranno ad ora tarda, verso le 5 pomeridiane, dopo le sedute della Camera, per guisa che il barone Richthofen possa, presumibilmente, sempre essere, nei giorni stabiliti, a disposizione del corpo diplomatico.

Nel ricevimento di ieri, io non avevo alcuna comunicazione da fare al capo del dipartimento imperiale degli esteri, e mi limitai a rinnovargli le mie

{l) Cfr. n. 437.

felicitazioni per la sua nomina a quel posto sì importante. Il barone Richthofen, da parte sua, non mi comunicò, specie sugli affari di Cina, cose che, essendo oramai regolarmente avviate le riunioni dei ministri esteri a Pechino e le loro relazioni coi rispettivi governi, V. E. già non sappia.

In quelle riunioni, secondo le informazioni qui giunte, prevale, in massima, comunanza d'idee fra tutti i ministri, ad eccezione di quello russo, il quale, interprete delle istruzioni del suo governo, propende ognora più per misure di mitezza verso la Cina. Questo contegno della Russia, nonchè il ritardo che essa frappone ai lavori di riattamento delle ferrovie, che il maresciallo Waldersee affidò alla sorveglianza delle truppe russe, eccita qui qualche malumore. Questo malumore è ancor accresciuto dal fatto che, sia pure in via provvisoria, come misura puramente militare, il maresciallo Waldersee affidò, per deferenza alla Russia, la sorveglianza della ferrovia Pechino-Taku alle sue truppe, provocando il malcontento e le proteste del governo inglese.

Le risposte delle varie potenze alla comunicazione dell'accordo anglogermanico del 16 ottobre sono pure oramai note a V. E., essendo tutte state rese pubbliche, non esclusa quella della Russia, ieri pubblicata dall'Invalido Russo. Circa quest'ultima, il barone Richthofen mi osservava che avendola poco prima ricevuta non poteva ancora esprimere su di essa un definitivo giudizio; che gli sembrava, però, avere la Russia interpretato o voluto interpretare erroneamente l'articolo l o della convenzione, riferendo il principio della • Porta aperta • ai soli punti ove Germania e Inghilterra esercitano la loro influenza, mentre la convenzione lo stabilisce come principio generale, che Inghilterra e Germania si obbligano di far valere ovunque esse possano esercitare qualche influenza. Del resto, mi soggiungeva il barone Richthofen, per la Germania, l'essenziale si è di aver concluso la convenzione coll'Inghilterra e assicurato ai tedeschi il libero commercio nella valle del Yangtse, e non insisterà sulle riserve o altre osservazioni che abbiano fatto o siano per fare altre potenze, cui la convenzione per cortesia, sebbene con speranza di adesione incondizionata, fu comunicata.

457

IL MINISTRO A PECHINO, SALVAGO RAGGI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 3173/8. Pechino, 8 novembre 1900, ore 1,45 (per. ore 11,10 del 10).

Circa missionari Scen-Si nulla si sa di preciso. Ancora tre giorni or sono feci istanze presso il principe Cing perchè dia ordini proteggerli, avvertendolo grave responsabilità Governo chinese aumenterebbe se continuasse ancor ora persecuzione. Influito arrivo forze ... (1).

(l) Gruppo indecifrato.

458

IL MINISTRO A PECHINO, SALVAGO RAGGI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 3175/7. Pechino, 8 novembre 1900, ore 2,40 (per. ore 12,30 del 10).

Ministro degli Stati Uniti, ministro di Germania, ministro d'Austria-Ungheria, ministro d'Inghilterra, ministro del Belgio, ministro del Giappone telegrafano quanto segue rispettivi Governi, pregando insistere sulle due proposte di cui nel mio telegramma n. 6 (l) che non ottennero le approvazioni del ministro di Russia e ministro di Francia. Le stesse raccomandazioni fanno per proposta ministro degli Stati Uniti, di cui nel mio telegramma n. 5 (2) che non ebbe approvazione ministro di Russia. Mi associo ad essi per pregare V. E. vedere se fosse possibile siano accettate, giacchè le considero di reale importanza.

459

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, MALVANO, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI INTERNI, SARACCO, E AL MINISTRO DELLE FINANZE, CHIMIRRI

T. 3356. Roma, 8 novembre 1900, ore 19,05.

Ad ogni buon fine e per conveniente disposizione, avverto che questa sera parte da Malta diretto a Napoli a bordo della corazzata • Caesar • il ministro inglese Chamberlain, con suo figlio (3).

460

L'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, BOTTARO COSTA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 794/378. Londra, 8 novembre 1900.

Col rapporto del 2 corrente n. 782/369 (4), ho avuto l'onore d'informare V. E. della parziale ricostituzione del Gabinetto e del Ministero presieduti da Lord Salisbury. Mi pregio ora completare quelle informazioni portando a conoscenza dell'E. V. altre nuove nomine che si connettono con quella ricostituzione. Il Signor G. Balfour succede al Ministero dell'Agricoltura al Signor Ed. Long, questi passa al « Local Government Board », in sostituzione del Signor Chaplin.

I due Sottosegretariati di Stato degli Affari Esteri e del Tesoro sono assegnati rispettivamente a Lord Cranborne, figlio primogenito di Lord Salisbury ed al Signor A. Chamberlain, figlio del ministro delle Colonie. Quando si pensi che il Signor A. G. Balfour è cognato di Lord Salisbury, il nuovo ministro della Marina è genero di lui, e che il nuovo Sottosegretario di Stato per gli Affari Esteri è figlio di lui, non si può non trovare giustificata l'accusa di nepotismo colla quale parte dell'opinione pubblica ha accolto la notizia delle nuove nomine.

(l) -Cfr. n. 452. (2) -Cfr. n. 433. (3) -Fa seguito al t. 3159 inviato dal console generale a Malta, Grande. (4) -Cfr. n. 445.
461

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 2537/1263. Parigi, 9 novembre 1900.

Una delle armi che si forbivano dagli oppositori dell'attuale Ministero all'approssimarsi della ripresa dei lavori del Parlamento, riguardava l'accusa di aver fatto periclitare, o per lo meno di aver considerevolmente indebolito il vincolo di alleanza fra la Francia e la Russia. La stampa di opposizione, impadronitasi da parecchio tempo di questo tema, ha fatto sovra di esso infinite variazioni le quali, io stimo, abbiano finito per produrre l'effetto opposto a quello che gli autori di esse si proponevano. Il grosso pubblico rimane certamente ancora convinto che l'alleanza con la Russia è per la Francia un elemento importante di sicurezza; ed a questo bene non vorrebbe rinunciare. Ma il giudizio dell'opinione generale di questo paese si è rinsavito tanto da non procedere più per cieco entusiasmo ma per ,calcolo, nel quale i vantaggi ed il prezzo di essi sono sempre messi in bilancio.

A produrre siffatto movimento di opinione contribuisce per certo il fatto della cooperazione armata in Cina con le forze di tutte le potenze europee. Questa circostanza fa passare necessariamente in seconda linea le situazioni in vista delle quali le separate alleanze fra alcuni Stati di Europa sono conchiuse. L'accordo anglo-germanico ha potuto essere rumorosamente annunziato nel pubblico senza che l'effetto naturale prodottosi in Francia in conseguenza della complicazione cinese, venisse c9mpromesso. L'opposizione parlamentare traeva tuttavia argomento dalla sorpresa prodotta dall'annunzio dell'accordo fra l'Inghilterra e la Germania per segnalare l'imprevidenza del Gabinetto che avea lasciato raffreddare l'alleanza russa e ricadere la Francia nell'isolamento. Benchè questi lagni non trovassero gli animi pronti a commuoversene, tuttavia di essi si sarebbe ancora potuto trarre partito contro il ministro Delcassé se il recente scambio di telegrammi fra lo Tzar ed il Presidente della Repubblica in occasione della inaugurazione a Lione del monumento a Carnot, non fosse venuto in buon punto per indicare che le cose stanno tutt'ora come prima e che soltanto esse sussistono in un mutato ambiente.

462

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. R. 2538/1264. Parigi, 9 novembre 1900.

Dopo l'agitazione prodotta dal primo momento di sorpresa, agitazione che durò pochi giorni, nessuno sembra qui annettere importanza all'accordo anglotedesco relativo alle cose di Cina. I giornali hanno registrato con indifferenza la risposta francese e poscia la russa, e quand'io, nelle più recenti visite al Signor Delcassé, chiesi se vi fossero novità relative all'imbroglio cinese, la sua risposta non accennò, neppure lontanamente, all'accordo dell'Inghilterra con la Germania ed all'accessione degli altri stati al medesimo.

Di questa indifferenza stimo che una delle ragioni possa stare nelle informazioni. che qui debbono essere pervenute da Londra. Mi fu infatti da ottima fonte riferito che, fin dal primo giorno in cui l'accordo anglo-germanico fu palesato al pubblico, gli stessi Ministri inglesi affettarono nei loro colloqui con l'Ambasciatore di Russia a Londra di negare al medesimo qualsiasi importanza. Non si era voluto resistere alle pressanti insistenze del Conte di Hatzfeldt e .si era consentito allo scambio di quelle carte insignificanti poichè i principii proclamati erano già da tutti professati, ed il famoso articolo terzo non avea alcuna pratica applicazione.

Queste voci, venute da Londra, in una forma più o meno autorevole, hanno certamente contribuito a calmare qualunque apprensione che nel primo momento, qui si fosse concepita.

Sono indotto a ritenere per vere le informazioni sovra esposte poichè il linguaggio privato del mio Collega d'Inghilterra non vi contradice menomamente.

Non è mia usanza di tener conto, nella corrispondenza ufficiale, delle indicazioni che mi pervengono per vie indirette. Ma in questo ,caso, attesa la somma importanza che può avere per il nostro paese il conoscere il vero valore della recente intesa fra l'Inghilterra e la Germania, stimo convenga ch'io faccia una eccezione riferendo a V. E. ciò che mi risulta in modo sicuro da privati colloqui circa il motivo della nessuna inquietudine ,che qui si palesa per le conseguenze dell'intesa stessa.

463

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 2539/1265. Parigi, 9 novembre 1900.

L'inaugurazione del monumento al presidente Carnot in Lione ed il viaggio del presidente attuale della Repubblica a quella volta erano motivo per noi di due inquietudini ora dissipate.

23 -Documenti diplomatici -Serie III -Vol. IV

Non vi furono nè nei discorsi, n è nelle manifestazioni popolari, accennì

dispiacevoli alla nazionalità di origine dell'assassino di Carnot. Non risulta

rono fondate le apprensioni che il nostro Consolato di Lione avea concepite

circa il pericolo di un tentativo anarchico da parte dei rivoluzionari italiani,

numerosi in quella città.

In sostanza, se si pone mente alla differenza dell'ambiente verificatasi

anche in quella primaria città di Francia, che rese possibile, a sei anni di di

stanza, senza verun dispiacevole incidente per gli Italiani colà dimoranti, la

commemorazione di un fatto che produsse una violenta commozione popolare

con uno strascico di odii e di violenze contro i nostri connazionali, giova rico

noscere il miglioramento notevole verificatosi nel sentimento pubblico della

Francia verso l'Italia.

464

L'AMBASCIATORE DI FRANCIA A ROMA, BARRÈRE, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

(AVV)

L. P. Roma, 10 novembre 1900.-

Voici, mon cher marquis, le projet dont nous avons parlé, complété par l'adjonction que je vous ai signalée verbalement (1).

465

L'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, BOTTARO COSTA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 799/381. Londra, 10 novembre 1900.

Il Primo Ministro ha fatto ieri al banchetto annuale del Lord Mayor il consueto discorso nel quale suole passare in rassegna le principali questioni di politica estera.

Quest'anno il discorso è stato anche più • incolore » del solito. L'unico passaggio un poco più caldo è quello che si riferisce alla elezione presidenziale. Il Primo Ministro, in termini di viva simpatia per gli Stati Uniti d'America, si è felicitato della rielezione del Signor Mc Kinley nella quale disse vedere

• un trionfo della causa della civiltà e dell'onore commerciale •.

trova in D.D.F., lère Série (1871-1900), Tome XVI.

(l) Il progetto non risulta allegato alla lettera. Su questa trattativa, condotta in grande segreto personalmente dal Visconti Venosta, la documentazione italiana è quanto mai scarsa. Per una sua ricostruzione si veda: E. SERRA, CamiLle Barrère e l/intesa italo-francese Milano Giuffrè, 1950, PP-90-100. La documentazione francese, compreso il testo integrale del!~ Lettre; à Delcassé dell'ambasciatore Barrère (in parte pubblicata nella Revue de Paris, aprile 1937) si'

466

L'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, BOTTARO COSTA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 800/382. Londra, 10 novembre 1900.

giornali qui si rendono perfettamente. conto dell'impressione spiacevole che ha prodotto in Italia la sostituzione dell'Inglese all'Italiano nei tribunali di Malta, ed il discorso del Signor Chamberlain, nel quale questi toglie ai Maltesi qualsiasi speranza di vedere esauditi i loro desiderii per una maggiore autonomia. Non trovano perciò troppo da ridire su qualche parola acerba caduta in proposito in taluni dei nostri periodici, e cercano anzi di spiegare l'opera del Ministro delle Colonie facendo comprendere come essa sia dovuta a considerazioni di un ordine superiore, ad interessi vitali per l'Impero.

È una riserva che prova quanto ormai è penetrato qui in tutti il desiderio di non farci cosa sgradita, e, quando avvenga cosa alcuna che possa dispiacerci, di attenuarne per quanto possibile l'importanza.

467

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL RAPPRESENTANTE DIPLOMATICO PRESSO IL NEGUS, CICCODICOLA (l)

T. 3375. Roma, 11 novembre 1900, ore 13,05.

Non le fu spedito alcun telegramma per ringraziare delle condoglianze inviate dai sovrani di Etiopia per la morte di re Umberto, poichè S. M. il re e

S. M. la regina madre, volendo far pervenire i loro vivi ringraziamenti per iscritto, hanno diretto a Menelik e all'imperatrice due lettere che partono oggi stesso. S. M. il re nella sua lettera accredita lei nuovamente presso Menelik come suo rappresentante. La prego di informarne fin d'ora Menelik dissipando qualsiasi meno favorevole intepretazione, e riaffermando il nostro fermo proposito di consolidare e svolgere sempre più, oggi che ogni questione è stata regolata, le relazioni di amicizia tra l'Italia e l'Etiopia.

Al suo telegramma annunciante firma trattato confine, giunto il giorno stesso del misfatto di Monza, non fu risposto, poichè si attendeva testo tre convenzioni. Appena queste giunsero, le furono inviati i due telegrammi dell'uno e due corrente (2). Confido che ella non abbia mai dubitato dei sentimenti di piena soddisfazione e fiducia del Governo a suo riguardo.

(l) -Il telegramma, minutato il 10 novembre, fu trasmesso tramite il consolato generale ad Aden. (2) -Cfr. nn. 448 e 449 che furono però spediti il 3 novembre.
468

IL MINISTRO A RIO DE JANEIRO, ANTONELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 3181. Rio de Janeiro, ..... (per. ore 9 dell'11 novembre 1900).

Non esistono altri contratti che gli antichi pei quali si deve ancora introdurre circa 18 mila emigrati. Nuova legge introduzione ... (l) non fu ancora applicata, solo Governo mi ha dichiarato, secondo spirito della legge stessa, che accetterà pagare passaggi a quella compagnia di navigazione ed agli armatori che li trasportassero fino al numero di 40 mila, senza distinzione di nazionalità, esclusi calabresi e siciliani.

469

L'INCARICATO D'AFFARI A PIETROBURGO, CALVI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 3188. Pietroburgo, 12 novembre 1900, ore 16,30.

Sono comparsi nuovamente sintomi di divergenze fra ministro della guerra e conte Lamsdorff. Mi consta che questa ambasciata inglese diresse già tre note relativamente tratto ferrovia Shanhaikwan-Newchwang appartenente società inglese occupata dai russi. Nell'ultima chiederebbe perentoriamente compenso pel materiale e direzione tecnica affidata ad inglesi sotto autorità generale Waldersee. A questo ministero affari esteri ciò produce impressione: temesi possa nascere conflitto coi comandanti russi. Fino ad ora non abbiamo conferma notizia che la bandiera russa sia stata alzata a Chivantao e che una specie di settlement russo sia stato formato sulla riva sinistra del Pei-ho, di fronte alla concessione tedesca e inglese.

470

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, ALL'AMBASCIATORE A WASHINGTON, FAVA

T. 3386. Roma, 12 novembre 1900, ore 16,45.

S. M. il re ha risoluto contribuire 10 mila lire oro, per danneggiati Galveston. Prego notificare largizione sovrana e versarla traendo sopra questo ministero una cambiale per la predetta somma. Mi riservo comunicarle contributo R. Governo.

(l) Gruppi indecifrati.

471

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA

T. 3392. Roma, 12 novembre 1900, ore 20.

Dai telegrammi del nostro ministro in Cina rìsulta che nell'elaborare una redazione definitiva delle proposte da presentarsi come ultimatum ai plenipotenziari cinesi i ministri esteri si sono trovati d'accordo per le modificazioni ed aggiunte ai punti della circolare Delcassé, ad eccezione delle aggiunte seguenti: È accettata da tutti meno il ministro di Russia la seguente aggiunta del ministro degli Stati Uniti: • Un decreto imperiale stabilirà che in tutto l'impero le autorità sono responsabili dell'ordine, e quando disordini avvengano, i funzionarii responsabili saranno destituiti e non potranno più avere nè ufficii nè onori •. 2) È accettata da tutti meno i ministri di Russia e di Francia la seguente aggiunta del nostro ministro: • La Cina prenderà misure di finanze nel senso che le potenze indicheranno per guarentire il pagamento delle indennità ed il servizio dei prestiti •. 3) È accettata da tutti meno i ministri di Russia e di Francia la seguente aggiunta del ministro d'Inghilterra: • La Cina si obbliga a negoziare modificazioni ai trattati di commercio nel senso che le potenze indicheranno •. 4) Sono accettate da tutti, ma dai ministri di Russia e del Giappone non si vorrebbero includere nell'ultimatum, facendone invece oggetto di separata trattazione, le seguenti aggiunte del ministro d'Inghilterra: • Abolizione dello Tzung-li-yamen e nomina di un ministro degli affari esteri; stabilire un nuovo cerimoniale conveniente per le relazioni tra i rappresentanti esteri e la corte •. I ministri assenzienti telegrafano proponendo si facciano uffici presso Russia e Francia. Pienamente dividendo col Gabinetto di Berlino il convincimento che non debba presentarsi alla Cina veruna proposta che non abbia l'unanime consenso delle potenze, desidererei conoscere se codesto· Governo sia disposto a fare ufficii a Pietroburgo ed a Parigi acciocchè le suaccennate quattro aggiunte possano di pieno accordo fra tutte le potenze essere incluse nelle comunicazioni da farsi ai plenipotenziari cinesi. A noi parrebbero particolarmente opportune la seconda e la terza aggiunta, nonchè l'aggiunta inglese relativa alla abolizione dello Tzung-li-Yamen ed alla nomina di un ministro degli affari esteri; solo circa la terza aggiunta ci parrebbe pre,feribile una formula più generica,

come sarebbe l'obbligo per la Cina di procedere con le potenze ad una revisione dei trattati di commercio.

472

L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 17191775. Berlino, 12 novembre 1900.

I giornalisti di ogni paese in mancanza di notizie politiche si dilettano di intrattenere i lettori dei loro fogli con informazioni e racconti atti a soddisfare

la curiosità altrui sopratutto in momenti in cui chi legge non ha di meglio da fare.

In questo periodo di aspettazione politica in Italia i corrispondenti dei giornali Tedeschi fanno quello che succede in ogni paese e, siccome ad interessare il terzo si riesce meglio dicendo il male che rappresentando il bene, così essi inviano ai giornali di qui narrazioni più o meno esatte di casi come quello del Musolino, del Palizzolo, del Casale, del Rubinacci, del Museo di Napoli etc. sulla base dei quali essi svolgono certe considerazioni le quali non valgono certo a tener alto il prestigio del nostro paese qui pur conosciuto come il paese classico della Storia e dell'Arte. Ho detto « valgono • ed avrei dovuto dir meglio • varrebbero » : varrebbero, cioè se qui non si fosse abbastanza intelligenti ed avveduti per sapere che ogni paese ha i suoi guai e che quelli che marciano alla testa della civiltà li hanno anche più gravi degli altri.

V. E. ha letto di certo nei giornali del caso Posadowsky-Bueck. Si è gridato al • Panama-Germanico • perchè il Segretario di Stato per l'Interno aveva invitato la Presidenza della Società degli industriali Tedeschi a concorrere alla propaganda in favore della Zuchthausverlage, mediante mezzi finanziari. Ingenuamente questo invito fu fatto per iscritto; ingenuamente la presidenza della Società, pure per iscritto promise e fornì la somma di 12000 marchi; ed anche più ingenuamente, rivelato il fatto da giornali socialisti, il dipartimento dell'Interno fece pubblicare -con la usata solennità di una rettifica di ufficio che quella somma aveva servito per illuminare i giornali della provincia sulla portata di quel disegno di legge sul quale, a suo tempo, Ella fu da me regolarmente informata.

In altro paese sarebbe impossibile al Segretario di Stato per l'Interno di ripresentarsi in tali congiunture, avanti il parlamento, ove sarà di certo attaccato ed ove molto difficilmente riuscirà a dimostrare la legittimità di un atto che non è certo stato inspirato da un eccesso di delicatezza, direi anche di moralità, politica.

Per buona fortuna del Segretario di Stato per l'Interno il fatto non si è però mantenuto entro i suoi naturali limiti. E poichè il Conte Posadowsky è conosciuto, o presunto, come uomo che nella aspra campagna pro e contro i trattati di commercio camminerà a fianco dei conservatori agrari, così si è visto questi ultimi, di fronte agli attacchi vivi dei liberali, prendere accanitamente la difesa di un atto che in altre condizioni avrebbe avuto la disapprovazione generale e di un uomo politico che con quell'atto non si è per certo mostrato all'altezza delle rigide tradizioni del severo ed imparziale sistema di governo in Germania in generale ed in Prussia in particolare.

Il Conte von Biilow, l'indomani della sua nomina a Cancelliere, e cui del

resto sinceramente dispiaceva alla vigilia di difficili battaglie parlamentari di

separarsi da un personaggio noto per le sue facoltà oratorie e per la sua

speciale competenza negli affari affidati alla sua direzione, ha preferito non

dare fin da ora su tale questione partita vinta ai liberali per non incorrere

nelle naturali ire dei conservatori.

In fatto di processi, se c'è da noi chi piange non vi è qui chi ride. Il processo per corruzione di minorenni co-ntro il ricco banchiere Sternberg (processo in cui il vero accusato passa ora in seconda linea) ha messo in luce tante poco belle cose sul conto della polizia criminale che già qualche alto funzionario,

in attesa del giudizio disciplinare a processo finito, è stato sospeso dalle funzioni e di quell'importante ramo della polizia si chiede da ogni parte la riforma, come già si domandò, e certo Ella lo ricorda, la riforma della polizia politica dopo il famoso processo von Tausch.

A Konitz (Prussia Orientale) in un processo a causa di un assassinio fatto passare per « assassinio rituale • tutte le molle dell'antisemitismo sono state fatte scattare. A quel processo, cui non è escluso che altri facciano seguito, ne succedette già un altro per falso giuramento, ed in tutto questo affare che ha tenuto e tiene in agitazione tanti animi, funzionari, maestri etc. non hanno certo servito a dovere la causa della verità e della giustizia.

Di tutto ciò ho visto far menzione nei giornali nostri, ma con quella parsimonia dalla quale non si lasciano guidare varii dei corrispondenti delle gazzette tedesche dall'Italia, i quali non dovrebbero dimenticare, anche quando sono a corto di notizie polit~che che:

• Iliacos intra muros peccatur et extra •.

473

L'INCARICATO D'AFFARI A BRUXELLES, IMPERIALI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 884/261. Bruxelles, 12 novembre 1900.

Ieri ebbe finalmente luogo la solenne manifestazione che i socialisti avevano deciso di fare per reclamare il suffragio universale puro e semplice e l'amnistia in favore del noto anarchico Jules Moineau, ex-ufficiale dell'esercito, condannato ai lavori forzati per un attentato alla dinamite commesso a Liegi nel 1892.

Questa manifestazione, come già ho avuto l'onore di riferire nel mio Rapporto del 12 ottobre u. s., n. 801/230 (1), il quale spero sia pervenuto all'E. V., doveva aver luogo in occasione dell'ingresso a Bruxelles del Principe Alberto e della sua giovane sposa, e fu rimandata, in seguito all'intervento abile ed energico del Borgomastro di Bruxelles.

Malgrado il giorno festivo ed il tempo propizio, i cittadini convenuti .all'appello dei capi del partito non furono straordinariamente numerosi, un quattromila all'incirca, comprese le donne ed i fanciulli.

Il corteo preceduto, come di ragione, da un gran numero di bandiere rosse e scortato da agenti di polizia, percorse, al suono di marce militari

• stuonate • da fanfare appartenenti a varii sodalizi, alcune strade della città e si recò all'Hotel de Ville dove una deputazione consegnò nelle mani del Borgomastro la petizione indirizzata al Parlamento. Il Signor de Mot, Borgomastro, si limitò a risp9ndere che, nella sua qualità di Capo di tutta la cittadinanza di Bruxelles, senza distinzioni di parti, egli si sarebbe incaricato

della trasmissione del documento alle competenti Autorità. Il corteo si sciolse alla • Maison du Peuple • dove pronunziarono discorsi di circostanza il deputato Vanderwelde ed il cittadino avvocato Royer, il quale naturalmente, recitò il panegirico dell'anarchico Moineau. L'ordine pubblico non venne menomamente turbato. L'atteggiamento della popolazione ebbe carattere d'indifferenza.

A volere essere sinceri, conviene riconoscere che i socialisti non debbono avere ragione di dichiararsi soddisfatti, checchè ne dicano i loro giornali, dei risultati della manifestazione di ieri, la quale non è certo di natura a sollevare nel paese quella agitazione da loro tanto desiderata, nell'interesse del trionfo dei principii propugnati. Di agitazione il paese ne ha ormai abbastanza, ed intende vivere tranquillamente e sperimentare con calma i risultati del nuovo sistema della rappresentanza proporzionale di recente introdotta nella legislazione elettorale Belga.

Benchè ai socialisti non siano venuti meno, in questa circostanza, gli applausi e gl'incoraggiamenti più o meno spontanei da parte dei pochi Senatori e Deputati che rappresentano nel Parlamento il partito radicale, non vi è ragione alcuna di temere, per il momento almeno, la introduzione del suffragio universale puro e semplice, al quale, oltre alla maggioranza, è anche recisamente avverso, in oggi, il gruppo dei Deputati di parte liberale moderata.

(l) Non pubblicato.

474

IL REGGENTE IL CONSOLATO A MONASTIR, PINETTA, ALL'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, PANSA

R. 60/14. Monastir, 12 novembre 1900.

J'ai l'honneur d'informer V. E. que dans les premiers jours de I'octobre dernier le fameux chef de bande Islam-Burbachi, après un confiit qu'il a eu avec un détachement de soldats, entra dans le village de Pousta-Breznitza et tua avec une hache 13 villageois sous le prétexte d'avoir dénoncé aux troupes son repaire.

Le l er du mois courant, 150 dibriotes sont entrés dans le village Douchégoubitza situé à 3 h. de distance de la ville de Kirtchovo. Ils ne se sont retirés. qu'après avoir incendié une vingtaine de maisons et blessé 4 individus dont l'un mortellement.

Avant de se retirer ils ont laissé un billet rédigé en bulgare où il était dit que c'est le commencement d'une série d'incendies qu'ils projetèrent d'opérer encore à des occasions propices dans douze autre villages de la région.

Le motif de ce nouvel exploit c'est la disparition survenue au mois de juin dernier d'un certain Abdurrahman Bey de Dibra avec deux de ses hommes dont on aurait en outre, enlevé 16000 francs. Les dibriotes seraient convaincus que des habitants de ces villages fussent auteurs ou complices du crime.

En effet, ainsi que j'ai eu l'honneur de rapporter à V. E. en différentes reprises, on sait que les bulgares ont adopté le malencontreux système de faire disparaitre de ce monde par guet-apens tout musulman ou chrétien, soit pour vengeance, soit pour argent, au moyen de quelques bandits soit-disant insurgés, réunis en grand ou en petit nombre selon les circonstances et le besoin du moment, et dispersés une fois le coup fait.

Est opinion générale ici que la partie intelligente bulgare s'est mise dans la tète l'idée qu'en provoquant et en maintenant un pareil état de choses l'élément bulgare peut ètre sur de la sympathie et de la pitié du monde civilisé et voir un jour la Macédoine annexée à la Principauté. En attendant elle ne fait qu'aggraver davantage la misère du paysan.

D'ailleurs cette anarchie c'est l'état norma! avec la seule différence qu'il se produit par intervalle et par endroit, une certaine diminution ou une recrudescence plus ou moins périodique.

Les musulmans et notamment les albanais prétendent le droit de vie et de mort sur les chrétiens se trouvant à leur portée qu'ils considèrent comme des troupeaux à leur discrétion. La population chrétienne est habituée à ce genre de vie. On dirait qu'elle ne peut pas subsister sans ètre exploitée et vexée.

Les agents bulgares s'appliquent à tirer le paysan de cette torpeur, s'ils ne réussissent pas à le mettre en état de pouvoir opposer la force à la force, ils parviennent parfois à lui donner du courage pour s'en plaindre jusqu'au Vali, jusqu'aux consuls étrangers.

C'est ainsi qu'on voit de temps à autre des villageois se présenter au consul de Russie qui daigne quelquefois les envoyer aussi aux autres consulats et au Vali pour dire leurs doléances ordinairement exagérées et arrondies.

L'agent bulgare en cette ville qui vient de me voir disait que s'il y avait dans une telle circonstance un consul anglais ou russe comme il faut se seraient rendus sur les lieux afin de constater de visu la misère. • Toutefois, ajouta-t-il, il serait désirable que chaque consul rapportat les faits à son gouvernement dans le sens qu'il convient, parce que ça dépend de la façon dont on va présenter les choses •.

En d'autres termes, l'agent bulgare désirerait que les villageois fussent représentés comme victimes de la barbarie turque! Les 8 paysans du village incendié venus ici se plaindre se sont présentés d'abord, comme d'habitude, au consulat de Russie, puis au Vali.

Pendant une conversation de certaines personnes réunies quelque part on a remarqué que les villageois ne sont pas allés aux autres consulats. • Mais oui, répondit un notable bulgare, il n'y a que la Russie qui désire et est en état de faire quelque ·Chose en faveur de la chrétienté •.

S'il est vrai que les albanais musulmans en cas de changement du régime ottoman préféreraient la domination autrichienne ou italienne, il n'en est moins constaté que la population chrétienne du pays, malgré les aspirations nationales de chaque race à part attend son salut de la Russie orthodoxe.

Une copie du présent rapport a été transmise à S. E. le Ministre des Affaires. Etrangères (l).

(l) In pari data, con r. 61/3::.

475

IL MINISTRO A PECHINO, SALVAGO RAGGI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 99/25. Pechino, 12 novembre 1900 (per. il 2 gennaio 1901 ).

Con i miei telegrammi, n. 2 e seguenti, ho avuto l'onore di tener informata l'E. V. delle conclusioni alle quali si giunse nelle adunanze tenutesi nei giorni scorsi dai rappresentanti esteri. Credo non inutile riferirne ora più dettagliatamente.

Il ministro di Russia, appena ritornato da Tientsin, si mostrò assai irritato col decano del ·Corpo diplomatico, perchè avevano avuto luogo riunioni, durante la sua assenza, e nello stesso senso si pronunziò col ministro di Francia. Questi non mancò di fargli osservare che l'assenza dalla capitale di un rappresentante estero non poteva essere ragione sufficiente per impedire agli altri di riunirsi. Infatti, parecchie adunanze ebbero luogo, presente il signor de Giers, ~entre il ministro d'Olanda e quello d'Austria erano assenti: del resto alla adunanza nella quale il ministro d'Inghilterra ci aveva comunicato le osservazioni da lui fatte alle proposte francesi (quella appunto per la quale il signor de Giers si era risentito), mancavano anche i rappresentanti d'Austria e d'Olanda.

Il ministro di Russia chiese allora di riunire di nuovo il corpo diplomatico, e alla prima adunanza tentò distruggere quanto già eravamo rimasti intesi di .suggerire ai rispettivi governi, come condizioni irrevocabili per poter entrare

in negoziati con la Cina.

Per prima cosa, egli volle mettere in dubbio la questione delle punizioni, .sulla quale ognuno era già d'accordo. Io ho creduto dover intervenire nella discussione, giacchè seppi dai ministri di Francia e d'Inghilterra che le osservazioni fatte alle proposte francesi dal ministro d'Inghilterra erano state comunicate al gabinetto di Parigi, che si era mostrato, nell'insieme, favorevole. Sapevo pure che il governo germanico aveva in principio ammesse quelle modificazioni, e mi sembrò quindi che, sostenendole, si lavorasse a mantenere quell'accordo fra le potenze che stava sommamente a cuore del R. governo, secondo l'E. V. mi avvertiva nel suo telegramma giuntomi il 14 ottobre.

Già dal mio telegramma del 26 ottobre, n. 2 (1), l'E. V. avrà visto come il tentativo del ministro di Russia fallisse per quanto riguardava la punizione dei colpevoli, e come egli stesso finisse ad unirsi agli altri suoi colleghi nel confermare, ampliandola, la proposta francese e le aggiunte da noi suggerite.

Nella seconda riunione del 28 ottobre, il ministro di Russia si mostrò molto più conciliante. Di questa sua nuova attitudine eravamo tutti assai meravigliati ma ne ebbimo la spiegazione quando, giunta l'ora di separarci, al momento in cui alcuni di noi già eravamo alzati per andarcene, egli propose e cercò di far passare come provvedimento di secondaria importanza la sospensione di ogni ostilità. Il tentativo era tanto più strano, perchè, al principio della seduta, il signor de Giers appoggiava una mia proposta di discutere nelle nostre riunioni solo ciò che era stato precedentemente messo all'ordine del giorno ed

aveva dichiarato trovarla utilissima, perchè impediva le sorprese • che egli non amava e che trovava poco leali ». L'accoglienza che ebbe la sua proposta fu delle più fredde, e non se ne parlò più nelle sedute successive.

Nella seduta del 5 ottobre, il ministro di Russia assunse di nuovo un'attitudine di sistematica opposizione: infatti negò il suo consenso alla proposta mia della modificazione dello Tsung-li-Yamen, e a quella del ministro d'America sulle responsabilità dei governatori di provincia, proposte alle quali aderì, poi, nella seduta del 9 corrente.

Questo secondo cambiamento di attitudine del signor de Giers sarebbe dovuto, a quanto mi si affermò, a lagnanze mosse contro di lui dai ministri d'Inghilterra e di Germania, i quali non nascosero ai loro governi (che ne avrebbero mosso lagnanza a Pietroburgo) il modo poco cortese assunto dal ministro di Russia verso i suoi colleghi.

Ormai il corpo diplomatico è concorde su tutti i punti, eccetto che sulla proposta del ministro americano circa la responsabilità dei funzionari provinciali in caso di disordini, su quella del ministro inglese circa i trattati di commercio, e sulla mia circa i provvedimenti finanziari.

L'E. V. avrà visto, dal mio rapporto n. 71/18 del 18 ottobre (1), le ragioni per le quali io credo che la istituzione di un controllo europeo al quale un rappresentante italiano partecipasse, sarebbe conveniente per noi. Ma io non avrei presentato quella proposta, senza ricevere ordini dall'E. V., se non avessi pensato esser utile, per mantenere l'accordo, di tentare di includere nelle proposte quanto già aveva incontrato l'approvazione di quasi tutti i rappresentanti esteri e di alcuni governi, la cui decisione è assai probabile incontri buona accoglienza dal R. governo.

Il giorno 7 corrente, venne da me il ministro degli Stati Uniti e mi chiese se avrei avuto difficoltà a telegrafare all'E. V. insistendo perchè vengano adottate le tre proposte ancora in dubbio perchè non approvate da tutti i rappre.sentanti esteri. Risposi che io ero, in massima, ,favorevole a quelle proposte, una delle quali anzi avevo io stesso sottomessa all'esame dei miei colleghi per essere suggerita ai vari governi, e che non sarei stato alieno dal raccomandarla, in modo speciale, all'E. V., qualora sapessi che lo stesso facevano altri miei colleghi, ma che, in caso contrario, me ne sarei astenuto, non volendo contribuire anche menomamente a creare delle disparità di opinioni fra le potenze, il che sembravami dovessimo cercare di evitare. Poco dopo veniva da me il ministro d'Inghilterra, facendomi la stessa proposta, mi assicurava di essere già sicuro che il ministro di Germania e quello d'Austria erano disposti a seguire il suo ,esempio. Ciò essendomi stato confermato da essi, ai quali si aggiunse poi il belga ed il giapponese, io spedii all'E. V. il telegramma n. 7 (2).

Ieri, poi, il ministro di Germania venne a chiedermi il mio avviso sulla eventuale proposta di suggerire ai governi rispettivi di mantenere le tre condizioni come irrevocabili nella nota che si consigliava ai nostri governi di indirizzare alla Cina, anche se una minorità fosse dissenziente; io risposi che

se avessi saputo in modo preciso che alcuni fra i miei colleghi lo facessero, io mi sarei limitato ad informarne il R. governo. Il signor Mumm mi disse allora, confidenzialmente, che un telegramma in tal senso avevano già mandato il ministro degli Stati Uniti, quello d'Inghilterra e quello d'Austria. Appena ciò mi risultò esatto, diressi all'E. V. il telegramma n. 9, in data d'oggi (1).

Nella questione delle punizioni ho cercato d'inspirarmi a quanto mi sembrava giusto, pur mantenendomi nei limiti della più conciliante moderazione, come mi pareva dover fare in seguito al telegramma che l'E. V. mi ha fatto l'onore di dirigermi, pervenutomi il 14 ottobre. Sugli altri punti non avendo alcuna istruzione, ho cercato di tener per guida le istruzioni ricevute dai rappresentanti delle potenze alle quali più probabilmente l'Italia si associerà. Nè ciò era difficile, giacchè può dirsi che qui regnasse un quasi completo accordo, il solo rappresentante russo avendo cercato di opporsi alle proposte degli altri.

Notevole, a questo riguardo, è il fatto che il rappresentante francese si è mantenuto quasi costantemente d'accordo con la maggioranza, ed anche quando si unì apparentemente al suo collega di Russia, lo fece così fiaccamente e temperando la sua attitudine ufficiale da tali dichiarazioni nelle conversazioni private, da togliere ogni valore al tenue appoggio accordato al ministro di Russia.

Dai verbali delle adunanze, che invierò in copia all'E. V. appena ciò mi sarà possibile, Ella potrà vedere che, nei punti che sollevano discussioni, ho cercato intervenire per trovare una formula la quale raccogliesse l'approvazione anche del ministro di Russia, tanto per eliminare, se era possibile, le divergenze d'opinioni, e se una proposta io feci che non ottenne l'approvazione del signor de Giers, la presentai attenuandone tanto la primitiva formache speravo rendere più facile un accordo.

Mi lusingo di aver interpretato così le intenzioni del governo del Re.

(l) Cfr. n. 417.

(l) -Non pubblicato. (2) -Cfr. n. 458.
476

L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 3199/227. Berlino, 13 novembre 1900, ore 18,36.

Questo Governo ha fatto oggi pubblicare dall'agenzia Wolff • in extensum • i punti sui quali ministri a Pechino si sono messi d'accordo. Fra questi havvi

n. l e 4 indicati nel telegramma di V. E. n. 3392 (2), e sui quali pare sia avvenuta una intesa posteriormente alle notizie ricevute dall'E. V. Sugli altri punti 2 e 3 del telegramma di V. E. predetto, questo Governo non ha ancora definitivamente deciso se sia il caso di fare passi a Parigi ed a Pietroburgo, ma barone Richtofen mi ha detto che probabilmente Germania non insisterà per non andare incontro a pericolo di turbare unanime decisione.

La pubblicazione fatta da agenzia Wolff fu decisa in seguito a notizie avute da Londra che il Times fa oggi una pubblicazione simile.

(l) -In data 11 novembre, non pubblicato. (2) -Cfr. n. 471.
477

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL MINISTRO A PECHINO, SALVAGO RAGGI

T. 3410/9. Roma, 14 novembre 1900, ore 20,30.

In seguito al suo telegramma otto novembre (l), mi ero messo in comunicazione con altri Gabinetti per eventuali ufficii presso Russia e Francia. Dalle informazioni pervenutemi risulterebbe possibile accordo unanime per proposte relative alla responsabilità dei funzionarii ed alla nomina di un ministro degli affari esteri in luogo dello Tzung-li-Yamen. Sarebbe invece meno probabile accordo per provvedimenti finanziarii e per revisione dei trattati. Dal punto di vista dei nostri interessi quest'ultima proposta parrebbe assai vantaggiosa e non tralasci di raccomandarla.

478

IL CONSOLE GENERALE A BUDAPEST, BOLLATI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 1930/146. Budapest, 14 novembre 1900.

Dopo lunga ed animata discussione, la Camera dei Deputati ungherese ha ieri finalmente approvato il progetto presentato dal Governo per l'inarticolazione legislativa della dichiarazione emessa da S. A. I. e R. l'Arciduca Francesco Ferdinando di Austria-Este, in seguito al suo matrimonio colla Contessa Chotek. Nel corso delle numerose sedute che vi furono consacrate, prima nella ,Commissione di giustizia, poi nel • plenum " dell'Assemblea si udirono interminabili disquisizioni storiche e giuridiche, talune certo molto interessanti circa il diritto costituzionale ungherese e l'antico diritto principesco germanico, circa l'interpretazione a darsi a parole latine di leggi vetuste, circa le opinioni espresse in proposito da cultori di giure pubblico e da eminenti uomini politici nazionali. L'estrema sinistra Kossutiana non si lasciò naturalmente sfuggire una sì bella occasione di affermare una volta di più le proprie idee e le proprie rivendicazioni: per essa, la dichiarazione dell'Arciduca • espressione schietta dell'assolutismo imperiale • non esiste di fronte all'Ungheria, come quella che offende le leggi fondamentali del paese ed involve un attentato alla Costituzione. La legislazione ungherese non conosce nè lo statuto di famiglia della Casa Habsburg, nè il matrimonio morganatico, nè la disuguaglianza di nascita; a tenore di essa la nuova Principessa di Hohenberg, dovrà senz'altro, in caso di successione al trono dell'Arciduca, essere proclamata Regina d'Ungheria. Tutto ciò conduce alla singolare conchiusione che quel partito, la cui devozione alla Dinastia è generalmente considerata come alquanto tiepida, finisce col

professarsi • più realista del Re •, volendo ad ogni costo far sedere • sul trono· di Maria Teresa • anche la donna gentile, per la quale è stata fatta da chi di ragione solenne rinuncia: e viene così ad abbandonare implicitamente il diritto di libera elezione del Re, che spetterebbe all'Ungheria, a norma della • Prammatica Sanzione » nel caso di estinzione dei tre rami della Casa di Habsburg. E la confusione fu ancora aumentata dal contegno equivoco del partito clericale, il quale, pur dichiarando di approvare il progetto di legge, vi oppose ogni sorta di obbiezioni e vi propose una serie di emendamenti atti a snaturarne il significato. Non era quindi facile il compito del Governo: ma esso fu sciolto -convien riconoscerlo -colla consueta sua abilità dal Presidente del Consiglio, aiutato da alcuni deputati di parte ministeriale, e sopratutto dall'ex Ministro della Giustizia ed ex Presidente della Camera, Signor Szilàgyi, il cui autorevole e geniale intervento avrebbe bastato da solo a decidere le sorti della battaglia.

Ecco quali furono gli argomenti messi in campo dagli oratori del Governo. È bensì vero che lo statuto di famiglia della Dinastia non è in vigore per l'Ungheria: qui vige soltanto la legislazione ungherese. È bensì vero che in questa non è fatto alcun accenno nè dell'istituto del matrimonio morganatico, nè dell'uguaglianza di nascita della sposa (Ebenbiirtigheit). Ma con tutto ciò la dichiarazione di rinuncia dell'Arciduca deve essere accolta, perchè in armonia colla

• Prammatica Sanzione • secondo la lettera e lo spirito della quale in Ungheria non vi possono essere altro ordine e altre condizioni di successione al Trono, se non quelli stabiliti per i paesi ereditari della Corona d'Austria. Se fosse altrimenti, come potrebbe ciò conciliarsi col possesso uno ed indivisibile, proclamato da quella legge fondamentale, dei paesi Austriaci e di quelli della Corona d'Ungheria? Ora le disposizioni relative non lasciano ombra di dubbio. Le leggi ungheresi I e II dell'anno 1723, che costituiscono il complesso legislativo noto sotto il nome di • Prammatica Sanzione • prescrivono infatti (paragr. 3) che la successione al Trono in Ungheria dovrà seguire secondo lo stesso ordine di

primogenitura, che il Sovrano allora regnante -Carlo VI -aveva fissato per gli altri suoi domini. E il successivo paragr. 7 contiene poi la più precisa disposizione, che alla successione al trono saranno idonei soltanto quei discendenti legittimi dei due sessi delle tre linee della Dinastia (Carolina, Giuseppina e Leopoldina), i quali siano di religione cattolica e portino, secondo l'ordine sovracitato, il titolo di Arciduchi austriaci. Si vede dunque che la legislatura ungherese ha fin d'allora espressamente riconosciuto le prescrizioni dello Statuto di famiglia della Dinastia relativo al riconoscimento dei discendenti di uno dei membri di essa come Arciduca austriaco. E siccome, in forza di quello Statuto, i figli nati da un matrimonio morganatico non posseggono tale qualità, così es'Si non possono succedere al trono nemmeno in Ungheria. Lo stesso accade per la ·consorte morganatica del Principe ereditario la quale, non es·sendo Imperatrice in Austria, non potrà neppure essere Regina in Ungheria.

Codesta argomentazione, condotta con molta forza di dialettica, sembra aver convinto -naturalmente all'infuori degli oppositori sistematici -tutta l'Assemblea, specialmente dopo che il Signor di Széll, per acquetare il sospettoso sentimento nazionale, ebbe accettato un emendamento, a termini del quale • l'ordinamento della successione al Trono contenuto nelle leggi del 1723 è completamente autonomo, sia quanto alla sua origine, come quanto alle sue condizioni e alla sua sostanza, e tutte le questioni relative alla successione debbono essere esclusivamente risolute in conformità di quelle disposizioni».

E con questo emendamento il progetto di legge fu, come dissi, votato a grande maggioranza. Ma l'impressione lasciata dal dibattimento nel quale si toccarono, non sempre con mano leggera, argomenti di natura essenzialmente gelosa e delicata, fu e rimane perrosa. Certo tutti gli uomini ragionevoli biasimano i membri dell'estrema sinistra che hanno sollevato la discussione. Ma ho anche inteso dire da voci, certo non sospette di poca devozione alla Dinastia, che era forse meglio non fornir pretesto a quell'agitazione; e ho sentito deplorare da molti che, coll'autorizzazione accordata all'unione del Principe Ereditario, si sia contribuito a complicare sempre più una situazione così minacciosa di disastrose conseguenze, come quella in cui si troverà la Monarchia al momento, che dovrà aprirsi la successione al Trono.

(l) Cfr. n. 458.

479

IL MINISTRO A PECHINO, SALVAGO RAGGI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 3225/10. Pechino, 15 novembre 1900, ore 3,30 (per. ore 0,20 del 17)..

Corpo diplomatico compilò redazione da proporsi ai rispettivi Governi. Discusse con breve ... (l) degli avvenimenti: assassinio ministro di Germania, attacchi alle legazioni per opera ribelli e truppe obbedienti a ordini della Corte su segnali dati dal palazzo, assassinio cancelliere giapponese, cimiteri profanati. China avendo riconosciuta sua responsabilità, espresse dispiacere desiderio cessare attuale situazione; potenze pongono condizioni irrevocabili già telegrafate nel telegramma n. 6 (2). Assassinio ministro Germania: punizione secondo il telegramma n. 2 (3) sospensione esami secondo il telegramma n. l (4); certificato espiatorio nei varii cimiteri profanati; proibizione importazione armi; indennità secondo il telegramma n. l (4); misure finanziarie secondo il telegramma n. 6; guardia Legazioni e quartieri delle Legazioni in stato di difesa; occupazione militare punti di comunicazione col mare, fortificazioni distrutte; résponsabiHtà governatori pei disordini non repressi: Governo cinese obbligato a negoziare modificazioni ritenute utili potenze a trattati di commercio; riformare Tzung-liYamen, cerimoniale di Corte. Fummo unanimi su tutti punti eccetto quelli circa misure finanziarie, giacchè ministro Russia non si mostra disposto a raccomandarli al suo Governo. Tutti gli altri ministri consentono. Ministri Germania, In

303;

,ghilterra, credo, presenterebbero tale domanda anche se non approvata dalla Russia.

Prego telegrafarmi se, qualora mi si chiedesse se il R. Governo intenda chiedere indennità per i nostri missionari uccisi, debbo evitare rispondere, oppure dichiarare che si chiederà.

(l) -Gruppo indecifrato. (2) -Cfr. n. 452. (3) -Cfr. n. 417. (4) -Cfr. n. 404.
480

L'INCARICATO D'AFFARI A VIENNA, CUSANI CONFALONIERI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 3212. Vienna, 15 novembre 1900, ore 6.

Il capitano di stato maggiore conte Herberstein, nominato addetto militare austro-ungarico Parigi con decreto pubblicato questo bollettino ufficiale eserdto 25 settembre scorso, travasi da qualche tempo a Parigi.

481

L'INCARICATO D'AFFARI A PIETROBURGO, CALVI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 3215. Pietroburgo, 15 novembre 1900, ore 18,20.

Mi riferisco mio telegramma del 12 (1). Due erano i reclami, uno per ferrovia Tiensin-Pechino, l'altro per linea Newchwang-Shanhaikwan. Risposta ammette, in principio, reclami: dichiara restituirà la prima linea quando sgombrerà il Pecili (per il che già vi sono ordini) e la seconda quando sarà pagata l'indennità.

482

L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 3220/231. Berlino, 16 novembre 1900, ore 17,36.

Mentre S. M. l'Imperatore dalla stazione Breslavia si recava caserma corazzieri colà di guarnigione, una donna lanciò contro la carrozza piccola scure che cadde senza offendere alcuno. La donna fu subito arrestata, e si dice sia una demente.

(l) Cfr. n. 469.

483

IL CONSOLE GENERALE A TRIESTE, LAMBERTENGHI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 4326/429. Trieste, 16 novembre 1900.

Approssimandosi le elezioni politiche, indette per i primi di Gennaio, questi liberali-nazionali, mettendo da parte le lotte personali che li dividevano con grave jattura del partito, hanno saviamente principiato i loro lavori colla riconciliazione. Progressisti e democratici, di concerto coi comitati Provinciali, hanno ora un solo intento, l'elezione di uomini che portino e rappresentino in Parlamento il pensiero vero nazionale Italiano di questa Regione.

Degli antichi Deputati di Trieste sono scartati. i nomi del Hortis, letterato distinto, ma uomo politico incapace; del Cambon fattosi tardo di mente per età e del De Angeli ignominiosamente caduto; il Basevi, candidato del 2° Corpo, Camera di Commercio, è incerto, come lo è il Mauroner del 4° Corpo che comprende il territorio di Trieste.

Finora non si sono proclamati candidati e forse è prudenza onde non vengano innanzi tempo discussi.

La situazione attuale è identica a quella del 1897, quando il partito liberale si determinò a combattere con successo; nulla è mutato nelle condizioni del Paese di fronte al Governo; nulla di fronte agli elementi che contendono alla nazionalità il suo legittimo patrimonio; eppertanto, come allora, esso è fidente nei risultati. Resta a vedere se fino all'ultimo saprà mantenersi unito e concorde, condizione indispensabile per la vittoria.

Terrò informato V. E. di ogni circostanza.

484

L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 3234/233. Berlino, 17 novembre 1900, ore 3,05.

Barone Richtofen, riparlandomi della proposta del R. Ministro a Pechino

(n. 2 dei punti accennati nel telegramma di V. E. n. 3392) (l) non approvata dalla Francia e dalla Russia, mi disse che conosceva l'importanza e la convenienza di introdurla nell'ultimatum alla Cina. Egli mi ripetè che la Germania non credeva però poter prendere l'iniziativa di passi da farsi a Parigi e a Pietroburgo, giacchè tale iniziativa tedesca desterebbe subito sospetto di secondare fini che il Governo germanico non ha. In pari tempo barone Richtofen mi

27 -Documenti diplomatici -Serie III -Vol. IV

esternò il desiderio di conoscere se quella proposta fosse da noi stata comunicata ad altre potenze e quale accoglienza abbia avuto. Se altra potenza pre'ndesse iniziativa per indurre Francia e Russia a recedere dalla loro opposizione alla proposta in questione, il linguaggio di Richtofen mi fa supporre che Germania vi si associerebbe.

(l) Cfr. n. 471.

485

L'INCARICATO D'AFFARI A PIETROBURGO, CALVI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 3237. Pietroburgo, 17 novembre 1900, ore 4,10.

Confermo che le truppe russe, d'accordo col generale Waldersee, sgombrano, Pecili, lasciando solo poche compagnie per sicurezza Tientsin e Pechino. Mi consta sarebbe stato concluso un accordo russo-chinese limitato alle modalità sgombro Manciuria; la Russia si riserverebbe approvazione nomina governatore.,

486

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, ALL'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, PANSA

D. 47254/236. Roma, 17 novembre 1900.

Ho ricevuto il rapporto in data 31 ottobre u.s. n. 707/277 (l) al quale era annesso un appunto sugli accordi verbali presi da V. E. con cotesto Ministro di Polizia circa le formalità e le misure di polizia da applicarsi all'arrivo di nostri connazionali in Turchia. Mi è grato esprimerle la piena mia soddisfazione per il buon risultato degli uffici fatti dalla E. V. presso cotesto governo, in seguito ai quali possiamo sperare che la polizia turca non abbia a rinnovare gli atti arbitrari che abbiamo avuto, in questi ultimi tempi, frequente occasione di lamentare a danno di regi sudditi che si recano nell'impero ottomano.

L'accordo intervenuto è in tutto conforme alle disposizioni e agli usi derivanti dalle capitolazioni, i cui privilegi a favore dei nostri connazionali abbiamo così grande interesse di mantenere e lascia sempre al R. Consolato il decidere dei provvedimenti da adottarsi nei singoli casi, tranne forse in fine del n. 3 ave è detto che • l'individuo sarà espulso o scortato in Italia secondo le decisioni del Console » la quale dicitura darebbe luogo a dubitare se, una volta decisa dal Console l'espulsione, il relativo decreto debba essere emanato, siccome si dovrebbe, dal Console stesso, o dalla polizia ottomana. Ma è un dubbio che Le accenno solo per scrupolo, e che è probabilmente dovuto al fatto che le note da Lei rimessemi non sono che il riassunto di ciò che verbalmente .è stato convenuto fra l'E. V. e il Ministro turco di polizia.

(l) Cfr. n. 438.

487

IL RAPPRESENTANTE DIPLOMATICO PRESSO IL NEGUS, CICCODICOLA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 3347/45. Mietta, 18 novembre 1900 (per. ore 15,45 del 3 dicembre) (1).

Ho ricevuto i telegrammi di V. E. in data 3 novembre n. 3326 e 3327 (2). Il vero compenso al mio lavoro è l'approvazione di V. E.: con gratitudine ringrazio l'E. V. Pel pagamento prima rata non v'è premura. Menelik mi ha detto che mi farà conoscere come intende percepirla. Circa le sue pendenze con noi, va inteso che saranno detratte dalla prima rata. Dove insiste Menelik, è sulla coniazione dei suoi talleri. Io mi permetto sollecitare la considerazione benevola di V. E. su questo punto, ritenendolo di grande valore morale per la nostra influenza contro quella francese.

488

IL MINISTRO A CETTIGNE, BIANCHI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 231/93. Cettigne, 18 novembre 1900.

Mi riferisco ai Rapporti di questo R. Ufficio dei 10 luglio, 17 agosto, 7 settembre e 15 ottobre del corrente anno ai nn. 40, 49, 54 e 74 (3).

La commemorazione del 40° anniversario di Regno del Principe, più volte e per diverse ragioni differita, è stata ora definitivamente fissata al 19 dicembre prossimo, giorno onomastico di S. A.

In questa circostanza, arrendendosi finalmente alle vive istanze del suo Popolo, il Principe Nicolò assumerà per sè e per i suoi successori al Trono, il titolo di Altezza Reale; questo Ministro degli Affari Esteri ne ha dato ieri ufficialmente la partecipazione al Corpo Diplomatico colla circolare di cui ho l'onore di acchiudere copia all'E. V. (4).

Il riconoscimento da parte della Russia, della Turchia, della Bulgaria, e della Grecia non è più dubbio, e può considerarsi quasi certo quello della Francia e dell'Inghilterra. Al Rappresentante Austro-Ungarico ne è stata fatta parola soltanto pochi giorni or sono, causa la delicata posizione in cui il Principato trovavasi finora di fronte al vicino Impero a motivo della ritardata sistemazione della contabilità dei vaglia postali; ma poichè, grazie alle generose intenzioni manifestate ultimamente dallo Czar (che avrebbe dato ordine di provvedere all'estinzione di tutti i debiti del Montenegro) quel mio Collega, assieme all'assunzione del titolo potrà ora annunziare al suo Governo la definizione più o meno prossima di quella pendenza, è a ritenersi che anche il Gabinetto di Vienna sia per riconoscere la nuova qualifica.

Sarò grato a V. E. se vorrà farmi conoscere a questo riguardo il pensiero del R. Governo, favorendomi le già annunziate istruzioni.

(l) -Il tel. venne inviato tramite il consolato generale di Aden. (2) -Cfr. nn. 448 e 449. (3) -Non pubblicati. (4) -Non si pubblica.
489

IL CONSOLE GENERALE A MALTA, GRANDE, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. R. 555/70. Malta, 18 novembre 1900.

Quali siano i reclami e le lagnanze del partito Nazionalista Maltese, contro il Governo Imperiale Inglese, sono intieramente esposti nel qui unito documento che io trasmetto a V. E. (1). Essa esposizione fu presentata a Lord Salisbury e al Signor Chambevlain nel Giugno dell'anno .passato, da una Comm1ssione composta dei Signori Dr. Fortunato Mizzi e S. Cachia Zammit, membri del Consiglio di Governo mandativi dal Comitato dei Nazionalisti.

Scopo della Missione fu quello di ottenere una migliore forma di governo e la conservazione, o meglio il mantenimento della lingua Italiana nelle Corti di Giustizia, la quale lingua fu abolita con Ordine in Consiglio ùella Regina del 7 marzo 1899, e fra quindici anni.

L'uso della lingua italiana si conserva tutt'ora nelle Corti, con la seguente eccezione cioè: che ogni qualvolta si trovasse in causa, sia Attore o Convenuto un Inglese, nelle Civili, od imputato nelle Criminali, la procedura e gli atti saranno tutti in lingua Inglese; come pure lo stesso dibattimento in Tribunale

o in altre Corti. Di più; tutti gli atti di procedura, anche per quelle cause in cui non vi sia un Inglese, debbono essere compilati nelle due lingue Inglese e Italiana.

Quello che oggi si può dire è questo: che a poco alla volta e in modo dolce e blando i Maltesi fra 15 anni, parleranno e scriveranno l'Italiano, come oggi possono parlare e scrivere il Francese o il Tedesco.

L'insegnamento nell'Università e nel Liceo è fatto nella doppia lingua e forse più in Italiano che in Inglese; qual metodo naturalmente non ha dato buoni frutti. Peggio poi nelle Scuole Elementari maschili e femminili, dove all'Italiano e all'Inglese aggiungono una terza la Maltese.

Il Consiglio di Governo, oggi in maggioranza nazionalista (tutti i membri elettivi sono d'opposizione) per costringere il Governo di Malta a ritornare all'antico sistema e metodo dell'insegnamento di usare e servirsi di una sola lingua, e l'Italiana, non ha voluto approvare che per soli 3 mesi, le somme che si riferiscono alla parte del Bilancio per l'Istruzione Pubblica. Posta così la questione, da parte del Governo, non resta che provvedere con un Ordine in Consiglio ciò che da noi corrisponde ad un Decreto-Legge, per l'approvazione delle somme riferentisi alla parte dell'Insegnamento.

Debbo in ultimo dire, e per conchiudere, che la questione della lingua, oltre di avere l'aspetto proprio, cioè quello storico, ne ha un altro recondito ed occulto, il quale se si va ad esaminare, si riscontra in fondo l'elemento gesuitico; ed ha lo scopo di far nascere rivalità ed antagonismo fra l'Italia e l'Inghilterra, sperando con ciò di paterne trarre vantaggio alla sua causa.

Ed è, tale elemento clerico-gesuitico, l'ispiratore del partito Nazionale Maltese, il quale sogna la irrealizzabile utopia di una Lega delle Nazioni Latine con a capo il Papato. Ed è perciò che la stampa Vaticana sostiene ed appoggia

i reclami e le speranze dei Nazionali Maltesi. Non senza un motivo che l'Ambasceria di Lord Simmons presso il Vaticano avesse, fra gli altri scopi, il mandato di ottenere dal Papato la unione di Malta alla giurisdizione Provinciale gesuitica dell'Inghilterra, allontanando in tal modo da quest'isola i gesuiti Siciliani, alla cui giurisdizione gerarchica di Sicilia, Malta appartiene.

(l) Non si pubblica.

490

L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 3246/235. Berlino, 19 novembre 1900, ore 9,48 (per. ore 22,50).

Biilow tenne oggi Reichstag discorso per appoggiare crediti richiesti per China. Discorso di cui telegrafo trasmette sunto e io spedisco testo, si distingue per grande sobrietà, chiarezza, studiata deferenza verso il parlamento e marcato desiderio di fare buona impressione in Russia. Del resto Biilow non rivelò a[cun fatto nuovo.

491

IL MINISTRO A PECHINO, SALVAGO RAGGI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 3254/11. Pechino, 19 novembre 1900 (1).

Ricevuto telegramma n. 9 (2), ultime cinque cifre indecifrabili, manca il

n. 8 (3).

Mi consta che Li-hung-chang è personalmente favorevole di vedere provvedimenti finanziari compresi tra le condizioni irrevocabili da presentarsi al Governo cinese.

I russi e belgi hanno occupato un'area utilizzabile in faccia Tiensin. Occupazione russa comprende circa un miglio e mezzo terreno; belga circa un chilometro. Ministro Austria-Ungheria telegrafa suo Governo chiedendo di potere protestare, onde sudditi austriaci partecipino, eventualmente, a tale occupazione, alla quale russi e belgi non hanno più diritto degli altri.

492

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, PANSA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 743/292. Costantinopoli, 19 novembre 1900.

Ho preso cognizione del dispaccio direttomi da V. E. in data 2 novembre (4) per segnalarmi le arbitrarie difficoltà elevate dal Console Ottomano in Pireo alla vidimazione dei passaporti di due sudditi italiani.

Un altro caso analogo era giunto a mia conoscenza, riguardante il Console Turco in Burgas, il quale aveva preteso subordinare la vidimazione del passaporto di un nostro ·Connazionale al previo non obstat dell'autorità bulgara locale.

Sulla base di codesti reclami, ho diretto una nota alla Sublime Porta per farlene osservazione, ricordandole che appunto dietro sua richiesta la R. Ambasciata aveva raccomandato alle autorità del Regno di indurre i nostri operai a far munire i propri passaporti per la Turchia della vidimazione consolare. In appoggio a quella mia Nota, non mancherò di insistere presso la Sublime Porta, affinchè sia impartita ai Consoli ottomani l'istruzione di non elevare difficoltà, salvo i casi di legittima suspicione, ad accordare il visto ai passaporti regolari loro esibiti a tale effetto.

Devo dire che in seguito ai recenti accordi, finora equamente osservati dalla polizia -come è confermato dal qui unito rapporto del R. Console (l) anche gli operai che arrivano in Costantinopoli con passaporti non vidimati, sono ora dispensati da inutili molestie. Non perciò è meno desiderabile che essi si procurino la vidimazione consolare, mentre la presenza di questa sui loro documenti semplifica il servizio di sorveglianza e assicura la loro immediata ammissione senza il pagamento delle multe cui le autorità turche hanno, in suo difetto, il diritto di assoggettarli.

P. S.: Mi pervengono in questo momento due dispacci del 14 corrente (numeri 231 e 232) (2), relativi alla vidimazione dei passaporti e alle misure adottate per impedire l'imbarco clandestino sui nostri piroscafi di individui non iscritti nel ruolo d'equipaggio. Ne prendo nota per le eventuali comunicazioni da farsi in proposito a questa Ambasciata di Russia.

(l) -II tel. venne ritrasmesso da Taku il 21 novembre alle ore 19,05. (2) -Cfr. n. 477. (3) -Dell'B novembre, non pubblicato; riguarda l'invio in congedo di Caetani. (4) -Non pubblicato.
493

L'INCARICATO D'AFFARI A TANGERI, GIANATELLI GENTILE, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 422/85. Tangeri, 19 novembre 1900 (per. il 29).

Uniformandomi alle istruzioni contenute nel pregiato dispaccio in data 23 ottobre decorso N. 43664/44 P. 24, Div. I, Sez. I (3), relativo alle proteste formulate dal Governo Sceriffiano contro l'occupazione delle oasi del Tuat e della località di !gli per parte dei francesi, ho diretto a questo Delegato Imperiale per gli Affari Esteri la nota che qui unita mi onoro trasmettere in copia a V. E.

ALLEGATO.

GIANATELLI GENTILE A HADJE MOHAMMED TORRES

Tangeri, 19 novembre 1900.

La Legazione di S. M. il Re d'Italia, mio Augusto Sovrano, ha ricevuto la Sua nota in data 20 Safar 1318 (corrispondente al 19 Giugno 1900) nonché la seconda Sua nota in data 22 Rabi secondo 1318 (corrispondente al 19 agosto 1900) .contenenti le proteste formulate dal Governo di Sua Maestà Sceriffiana contro l'occupazione francese del Tuat e di !gli.

Vi rispondo assicurando il Makhzen che la R. Legazione ha messo le due comunicazioni di che sopra sotto gli occhi del Governo del Re, acciocché questo possa farne oggetto di attento studio. Pace.

(l) -Non si pubblica. (2) -Non pubblicati. (3) -Cfr. n. 409.
494

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL MINISTRO A PECHINO, SALVAGO RAGGI

'T. 3456/10. Roma, 20 novembre 1900, ore 13.

Il Governo francese ha obiezioni tanto per l'aggiunta relativa ai trattati di commercio, quanto per quella relativa ai provvedimenti finanziari. Però non si opporrebbe alla prima. Mantiene invece l'opposizione alla seconda. Prego telegrafarmi sua opinione .se, ad agevolare il necessario accordo, si possa proporre di conservare bensì l'aggiunta proposta da lei come più comprensiva, ma sopprimendo la clausola relativa alla creazione di una cassa del debito pubblico, la quale potrebbe poi essere uno dei provvedimenti da indicarsi alla Cina.

495

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI

T. 3457. Roma, 20 novembre 1900, ore 13.

Nelle riunioni dei ministri a Pechino è stata con voto unanime approvata una aggiunta così concepita: • La China si obbliga a negoziare modificazioni utili ai trattati di commercio con le potenze •. Inoltre, dopo avere con voto unanime votato la proposta di istituire, dopo fissata la somma totale delle indennità, una cassa di debito pubblico a cui sarebbe affidata parte dei redditi dell'impero, la riunione ha pure approvato, dissenzienti i soli ministri di Francia e di Russia, questa altra aggiunta: • La Cina prenderà misure di finanza nel senso che le potenze indicheranno per garantire il pagamento delle indennità ed il servizio dei prestiti •. L'ambasciatore di Francia mi ha ora fatto conoscere che il signor Delcassé ha obiezioni contro entrambe le aggiunte, le quali,

a suo avviso complicherebbero il negoziato, sia perchè fornirebbero alla Cina il pretesto di chiedere spiegazioni, sia perchè necessiterebbero ulteriori scambi di idee tra le potenze. Il signor, Delcassé non si opporrebbe però all'aggiunta relativa ai trattati di commercio, mantenendo invece la sua opposizione all'aggiunta relativa ai provvedimenti finanziari. A mia volta, ho osservato che quest'ultima aggiunta non sarebbe, secondo il mio modo di vedere, che una dichiarazione di massima, naturale complemento e guarentigia dell'obbligo assunto dalla China circa le indennità e non parrebbe quindi poter dar luogo a difficoltà per una intesa. Prego V. E. di parlare nello stesso senso al signor Delcassé cercando di rimuoverlo dalla sua opposizione. La prego pure di indagare, senza però farne proposta, se la sua adesione potrebbe essere agevolata mantenendosi bensì l'aggiunta di cui si tratta, ma eliminando la clausola relativa alla cassa del debito pubblico, la quale potrebbe poi, a suo tempo, costituire uno dei provvedimenti finanziari da indicarsi alla China.

496

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, PANSA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 3249. Pera, 20 novembre 1900, ore 16,40.

Mi viene riferito, in via privata e confidenziale, avere la Sublime Porta ricevuto informazioni, secondo le quali il principe Giorgio avrebbe ottenuto, durante il suo viaggio a Pietroburgo, l'adesione del Governo russo ad un eventuale passaggio di Creta sotto l'autorità ellenica, in condizioni analoghe a quelle della Bosnia-Erzegovina verso l'Austria-Ungheria.

497

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL MINISTRO A PECHINO, SALVAGO RAGGI

T. 3458/11. Roma, 20 novembre 1900, ore 22.

Il ministro del Giappone mi manifesta la preoccupazione del suo Governo che, non potendo il Governo cinese, anche volendolo, punire di morte tutti i funzionarii designati dai ministri a Pechino, il mantenere questa condizione assoluta possa impedire la conclusione della pace. Ho risposto che avrei esaminato la cosa e prese opportune informazioni. Prego telegrafarmi suo avviso,. indicandomi se il principe Tuan sia compreso tra quelli per cui si chiede la pena di morte, ciò non apparendo chiaramente dai suoi telegrammi (1).

(l) Con telegramma in pari data il ministro degli Esteri, Visconti Venosta chiese· all'ambasciata italiana a Berlino di • indagare e telegrafarmi se codesto Goverso persiste·nel concetto doversi esigere la pena capitale per tutti i personaggi designati, compresi il prinl'ipe Tuan ed altri principi del sangue •.

498

L'AGENTE E CONSOLE GENERALE AL CAIRO, TUGINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 750/268. Il Cairo, 20 novembre 1900 (per. il 28).

Come mi si riferisce, il soggio-rno di Mahmud Pascià al Cairo, cognato del Sultano, non è veduto di buon occhio da questa Agenzia diplomatica della Gran Bretagna, benchè finora quel ribelle non mostri di voler continuare qui i suoi maneggi coi giovani turchi.

Lord Cromer avrebbe preferito che Mahmud Pascià non si fosse recato in Egitto, sia perchè sapeva che col permettere al ribelle di rifugiarsi in questo paese si sarebbe dispiaciuto al Sultano, a cui, a quanto pare, oggi non si vuole dal Governo inglese far cosa sgradita, sia perchè per le leggi liberali egiziane e per le consuetudini inglesi il Governo egiziano, d'accordo con Sua Signoria fu costretto a respingere la domanda di espulsione formulata da S. M. Imperiale.. Però opponendosi all'espulsione, Lord Cromer ha avuto cura di avvertire che se Mahmud Pascià non si fosse conformato ai doveri dell'ospitalità, sarebbe tosto espulso dall'Egitto.

Ma ciò che ha non poco spiaciuto a Lord Cromer è il fatto che la venuta di Mahmud Pascià in Egitto è dovuta al Khedive, che senza consultarsi con nessuno, al suo ritorno da Londra ricevette in !svizzera a Divonne Mahmud. Pascià, al quale promise che l'avrebbe condotto con sè a Costantinopoli per farlo rientrare in grazia. Sua Altezza credeva a tal modo di far cosa grata al Sultano e di rendere migliori le sue relazioni personali con S. M. Imperiale. Tosto che il Sultano seppe di codesto singolare proposito telegrafò al Khedive in termini oltremodo alteri, ammissibili soltanto verso un semplice Valy: • Sua Altezza non avrebbe dovuto intromettersi in favore del ribelle; non sarebbe ricevuta se si recasse con siffatta compagnia a Costantinopoli ». Codesta risposta ferì tanto l'amor proprio del Khedive che questi fece sapere al Palazzo ch'egli non si sarebbe altrimenti scomodato di fare un viaggio a Costantinopoli. Fallito questo viaggio, il Khedive propose a Mahmud Pascià di recarsi in Egitto. È inutile dire che grazie a questo incidente, l'irritazione del Sultano contro il Khedive è oggi giunta al colmo.

In sostanza, questo peggioramento delle relazioni fra il Sultano ed il Khedive giova alla Potenza occupante, in quanto che Sua Altezza sa, specialmente dopo la cordiale e festosa accoglienza fattale a Londra nella estate scorsa, che il suo unico amico è il Governo di S. M. la Regina.

Frattanto Mahmud Pascià esita a ritornare a Costantinopoli se prima il Sultano non lo assicura che non avrà da temer nulla per la sua libertà in quella capitale.

A quanto si afferma, un messo del Sultano si è recato in questi giorni: al Cairo per persuadere il ribelle a fare atto di contrizione verso S. M. Imperiale.

499

L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 1764/794. Berlino, 20 novembre 1900.

Facendo seguito al mio telegramma di iersera n. 235 (l) ho l'onore di trasmettere qui accluso a V. E. il resoconto della seduta di ieri del Reichstag contenente il testo del discorso pronunziato dal Conte Blilov in appoggio della domanda dei noti crediti per la China. Come V. E. vedrà il nuovo cancelliere dell'Impero cominciò con una breve narrazione dei fatti che diedero origine ai moti chinesi respingendo l'accusa ehe a quei moti abbia dato causa l'occupazione tedesca di Kiao-Ciao. La Germania disse egli ha iniziato la sua azione in China quando si è accorta che altre potenze avrebbero proceduto prima e anche senza di essa. La sua posizione in China non ha per base una violenta conquista, sibbene un trattato internazionale: l'impero tedesco in China non è un intruso sibbene il possessore di una concessione pattuita con il libero consenso dell'altro contraente. Dopo ciò il cancelliere dell'Impero si domandò « che cosa vogliamo in China? • e si rispose: • Noi non vogliamo in China una politica di avventure; vogliamo però affermare i nostri interessi e i nostri diritti come un gran popolo deve affermare i suoi interessi, i suoi diritti e il suo onore. Noi non facciamo in China una guerra di conquista, ma desideriamo una soluzione possibilmente pronta e sostanziale della crisi chinese, accompagnata da soddisfazione per i fatti avvenuti, dal ristabilimento e sicurezza per un normale ordine di cose. Domandiamo soddisfazione per il motivo semplicissimo che se nessuna pena viene applicata, viene data libera mano per fatti analoghi in avvenire, e noi e tutte le altre potenze interessate saremmo esposti al pericolo di vedere lesi allo stesso modo alla prima occasione che si presentasse i nostri interessi e i nostri connazionali. Noi accettiamo anche in China qualunque governo che sia capace e pronto a dare quelle garanzie che sono necessarie per il mantenimento dell'ordine e a dare soddisfazione per quanto avvenne. Noi vogliamo che il movimento civilizzatore europeo in China non venga ostacolato e che la Germania eserciti nei limiti di questo movimento l'influenza che le spetta. In ciò che in China è da guadagnare vogliamo avere anche noi la nostra parte, non vogliamo danneggiare nessuno ma non vogliamo che nessuno ci danneggi. La Germania, secondo il mio parere, non ha alcuno interesse a che si produca una spartizione della China: noi non spingiamo ad una tale spartizione; non non crediamo che la China sia per finire e che per noi ci sia fretta, la quale ci consigli a assicurarci colà nuovi possedimenti territoriali. E nostro interesse che la China abbia tempo di vedere da vicino il nuovo ordine di cose prodotto dall'assimilazione graduale e pacifica della civiltà europea: è nostro interesse di guadagnar tempo per consolidare, sviluppare, rafforzare la nostra

posizione in China. Secondo il mio convincimento noi facciamo buona strada facendo sì che la China sotto una ordinata amministrazione, diventi capace

-di ricevere le nostre merci e capace di far fronte a tutti i suoi impegni, e mantenga per il resto, per quanto è possibile, la sua amministrazione nelle proprie mani. Le altre potenze non vogliono ora spingersi al di là dei limiti della loro attuale politica: finchè così sarà, anche noi ci limitiamo a mantenere in China la nostra presente posizione. Noi vogliamo far questo perchè non vogliamo scuotere inutilmente le basi dell'Impero Chinese: noi vogliamo far questo anche perchè ci ricordiamo il proverbio francese che dice " qui trop embrasse mal étreint ". Noi non abbiamo nessun motivo di andare senza necessità al di là di quella linea che ci siamo volontariamente segnata col trattato germano-chinese della primavera del 1898. Noi non abbiamo motivo di adoperarci ex-abrupto per ottenere ampliamenti dei nostri possessi territoriali, i quali possono oltremisura affievolire le nostre forze finanziarie militari e politiche senza una impellente necessità, non vogliamo fare in China una politica di annessione, perchè noi non abbiamo un interesse qualsiasi a !asciarci confinare in un determinato territorio. Noi abbiamo trovato in Kiao-Ciao il punto di appoggio necessario per la nostra navigazione e la nostra marina da guerra. Noi abbiamo trovato in Sciantung un largo campo per la nostra

.attività commerciale e industriale. Ma molto prima che noi andassimo a Kiao-Ciao il commerciante tedesco si era stabilito in Hancow, Tiensin, Scianghai nel Golfo del Petchili e nel territorio bagnato dallo Yangtse. Noi non vogliamo recar pregiudizio al largo sviluppo del nostro commercio in ogni parte dell'Impero Cinese nè alla concorrenza pacifica di tutti i popoli in China in omaggio al principio del " vivere e lasciar vivere " ».

Il Conte Btilow parlò poi dei punti sui quali i ministri esteri a Pechino sono caduti d'accordo per la redazione di una nota collettiva al Governo Chinese. Questi punti sono già noti a V. E. ed io quindi tralascio dal fare ulteriore menzione di questa parte del discorso del Cancelliere. Dopo aver accennato alla necessità in cui si trovò il Governo Imperiale di agire senza ritardo di fronte al succedersi degli avvenimenti in China, disse che appunto C}uesta sola necessità costituì il motivo per il quale non avvenne la convocazione del Reichstag. Il Governo Imperiale non intese però mancare con

·questo ai riguardi dovuti alla rappresentanza nazionale e molto meno lederne i diritti dei quali è e sarà sempre rispettosissimo. Mediante il terzo stato supplementare al bilancio si è chiesta una • successiva approvazione » delle somme già spese e della azione impegnata dal Governo Imperiale senza previo consenso del Parlamento: se questo colla successiva approvazione tenesse ad accordare al Governo • indennità » (cioè a rilevarlo dalla colpa cui è incorso per eccesso di potere) il Governo Imperiale stenderebbe la mano al Reichstag perchè la parola indennità venisse inscritta in uno degli articoli della legge ora in discussione.

Il Conte Bi.ilow fece seguire questo intermezzo di politica parlamentare da un diplomatico accenno alla nomina del Comandante supremo delle truppe internazionali in China. • Noi, disse egli, saremmo stati pronti a porre le nostre truppe sotto quel superiore comando che fosse stato accettato da tutte le altre potenze: questo io ho lasciato nominatamente intendere in Russia. Allora quando si presentarono difficoltà per un tale accordo, venne manifestato da più parti il desiderio che il comando supremo fosse affidato ad un ufficiale tedesco: allora

la Germania non potè sottrarsi da una scelta che nello stesso tempo era onorevole per il nostro prestigio militare ed onorevole anche per la fiducia che veniva dimostrata dalle altre potenze alla nostra politica. Infatti con l'affidarci quel comando le altre potenze lasciavano intendere il loro convincimento che la politica tedesca non poteva in alcun modo dare occasione per esse a timori di qualsiasi specie. Le altre potenze non ci avrebbero certo dato un tale voto di fiducia soprattutto in quel critico momento della questione Chinese se la nostra politica non fosse stata consona con gli intenti e le aspirazioni loro. Questo vale in modo speciale per la Russia. Che appunto da parte di essa non si sarebbero sollevate obiezioni contro un supremo comando tedesco era ben da prevedersi date le buone e fiduciose relazioni che esistevano già tra noi e la Russia fin da prima degli avvenimenti chinesi. Che però S. M. l'Imperatore di Russia per la cui pronta e completa guarigione facciamo voti con tutta l'Europa e col mondo intero, che questo nobile e illustre sovrano sia stato quel monarca il quale prima di tutti abbia affidato il comando supremo alle nostre mani abbiamo riconosciuto con una particolare testimonianza della nostra gratitudine. Questo fatto è per me una nuova prova della giustezza del principio a cui io sempre strettamente mi attengo, che cioè non possa esservi insormontabile ostacolo tra una ben diretta politica tedesca e una ben diretta

politica russa •.

Il Cancelliere dell'Impero ha poi tenuto a far rilevare che l'azione spiegata dalla Germania in China non è tale da pregiudicare la sua posizione in Europa. Il Governo Imperiale, secondo le affermazioni del Conte Bi.ilow, muoverà costantemente dal principio fondamentale che il centro della politica germanica è in Europa e nulla farà mai che possa diminuire la sicurezza della patria e la sua potenza militare. La Germania non servirà da parafulmine ad alcuna altra potenza. Gli Hohenzollern sono troppo fedeli servitori dello Stato per poter seguire gli esempi dati da Napoleone III, al quale essi tornarono ben nefasti. • Per noi, disse il Conte Bi.ilow, non v'è altra linea direttiva che quella degli interessi del Paese e ci guarderemo bene dal ripetere quel che hanno fatto i francesi nel Messico e gli Italiani in Abissinia (ricordo questo ultimo da cui il Conte Biilow avrebbe ben potuto dispensarci!) •. Il Cancelliere dell'Impero terminò il suo discorso pregando il Reichstag di approvare il disegno di legge col quale viene dato al Governo il mezzo di • condurre l'affare chinese con circospezione e riflessione ma anche con quella forza ed onore, che si convengono al nome tedesco •.

Il discorso del Cancelliere fu tosto seguito da uno del capo del partito

del centro. Il dott. Lieber cercò di dimostrare che il Governo Imperiale avrebbe

ben dovuto convocare il Reichstag a tempo: ma, dopo aver insistito sui diritti

spettanti alla rappresentanza nazionale lasciò chiaramente intendere che il suo

partito avrebbe in definitiva approvato il disegno di legge, pur riservando

l'esame di esso alla commissione del bilancio. Il capo del partito socialista

pronunciò poi un lungo discorso del quale si può dire che fu una vera e

propria • orazione per la China • con appunti critici alle note manifestazioni

imperiali della scorsa estate, che furono confutati dal Ministro della Guerra.

Oggi continua la discussione della quale sarà mia cura informare V. E.r

se essa me ne presenterà l'opportunità.

(l) Cfr. n. 490.

500

IL CONSOLE GENERALE A MALTA, GRANDE, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. R. 557/71. Malta, 20 novembre 1900.

Nel mese di gennaio dell'anno decorso mandavo a V. E., con mio rapporto

n. 19/4, le risposte ad un questionario che il Segretario della • Dante Alighieri. mi aveva spedito, circa alla ben nota questione della Lingua Italiana in quest'isola.

Le mie risposte furono trasmesse a quel Segretario, Conte Samminiatelli, anche in parte, con un largo sunto, comparvero nell'opuscolo, da lui pubblicato, sotto il titolo • In giro sui confini d'Italia ». Siccome son certo che a cotesto Ministero non sia rimasta copia di quello scritto, così mi fò lecito rimetterne un'altra, con l'aggiunta dell'ultima parte che allora soppressi, per quella riserbatezza che bisogna in ogni tempo mantenere.

Piacemi pertanto constatare che, sin d'allora, i miei giudizii erano esatti, tanto sugli uomini quanto sulle cose, nè sono stati punto smentiti da ulteriori fatti, anzi confermati da recenti manifestazioni e nuove rivelazioni, per dir così. E servendomi di una frase con la quale termina l'ultima parte delle mie risposte, dirò ancora, ed oggi più • Simpatia sì, ma non ajuto » sotto qualunque forma si voglia esso esplicare.

V. E. vorrà darmi facoltà di esternare il mio pensiero a tal proposito, e perdonarmi se mi fò lecito ritornare -or cade a proposito -su di un mio telegramma pria che qui venisse la Signora Marchesa Tartarini mandatavi per invito di questi irredenti nazionalisti, che vedono la Monarchia Sabauda come la polvere negli occhi, e che detestano il Governo d'Italia, come il peggiore dei Governi, e come quello che tuttora tiene in vincoli il Santo Padre, mandatavi dalla Società Dante Alighieri a tenervi una conferenza. Non mai fu errore come quello in cui cadde la Società, nè la trattazione del soggetto fu appropriata alla circostanza; ed io son testimone e con me i pochissimi Italiani che vi assistettero, della poca simpatia, per non dir altro, che la lettura di quella conferenza destò nell'animo di noi pochi italiani che fummo presenti, trattando un argomento che, se ottimo il soggetto, non corrispose certo allo scopo, svelando le nostre miserie, ch'era meglio tacere, in un paese estero.

Ma ciò è nulla a petto di quanto essa Signora fu obbligata subire, per la imposizione dei Preti e Gesuiti; togliendo allo scritto quanto poteva sapere loro di acre e di acerbo, e financo furono soppresse le innocenti frasi • come del mal governo dei Borboni e di quello del Papato » quale causa dell'ignoranza, o altri mali, della media Italia e del Mezzogiorno.

Certo non si potè fare a meno di accogliere la Signora Marchesa e applaudirla, era cortesia ed obbligo; ma non era il tempo di mandarla, nè tampoco era opportuno l'appoggio di una Società che ai nobili fini di umanità e Patria accoppia l'amore alla Monarchia Sabauda, rispetto ai nostri Re Costituzionali; mentre questi sentimenti non riscontransi nè nel programma, nè nelle idee e negli scopi di questi Nazionalisti, che ispirandosi da un canto all'ombra del

Vaticano si fan strumento dei biechi fini di Preti e Frati, i quali predicano l'odio contro l'Italia, Governo e Monarchia; mentre dall'altro si tengon forti al Governo Inglese, per fini materiali ed economici, cercando strappargli con la simpatia degli altri maggiori privilegi e vantaggi, e bastano l'elezioni del Consiglio di Governo, a cui servì la Conferenza della Marchesa.

Nè è fuor di luogo qui rammentare come l'opera dei Preti e Gesuiti si manifesta sotto tutti gli aspetti, ma sempre avversa all'Italia. E come giustamente osservò l'Onorevole Villari, nel suo discorso a Ravenna, che se efficace sarà la scuola dei Gesuiti, per il mantenimento della lingua in avvenire, non bisogna dimenticare che son sempre nemici d'Italia e che fu opera di loro se il Vescovo, del resto loro creatura, negò, prima recisamente, e poi accordò che si celebrassero i funerali, ma a tali condizioni che sarebbe stato uno sfregio, anzichè rendere pubblici onori funebri alla Santa Memoria di Re Umberto.

Nè poteva essere altrimenti, chè giammai preti e gesuiti l'avrebbero permesso che si rendessero in Malta onori solenni ad un Sovrano, Capo di una Nazione e di un Governo in cui il Papa travasi sub hostile dominatione constitutus (1).

E tutto ciò ho detto e liberamente e francamente ho voluto dire, or che meglio e più opportunamente, se ne presenta l'occasione; giacchè vedo che, con la venuta dell'Onorevole Chamberlain qui, e la visita in Italia, la questione della lingua, ridestandosi con una insolita vivacità, abbia potuto prendere un aspetto che, uscendo dal vero, e cadendo nell'esagerato, sappia di ostile e di avverso al Governo Inglese; e perciò nuocere gl'interessi degli onesti e operosi italiani residenti nell'Isola e gl'ingenti e ricchi scambi tra l'Italia e Malta, e raffreddare, se non alterare, i buoni rapporti tra questo Consolato ed il Governo locale.

501

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 3262. Parigi, 22 novembre 1900, ore 7,05 (2)..

Delcassé impressionato dalla osservazione da me fatta ieri circa secondo fine che si potrebbe supporre nei Gabinetti che ricusano l'aggiunta relativa alle misure finanziarie, mi ha detto ora che vi ha ripensato, e che non dissentirebbe di proporre anche agli altri due Governi associati alla Francia nel rifiuto, che venga aggiunto alla proposta relativa alle indennità, quanto occorre per designare che la misura ed i modi saranno da determinarsi col concerto delle potenze. Se l'E. V. trova questa idea accettabile, mi occuperò subito, o di fare accettare la formula che ella vorrà suggerire conformemente a questo concetto,

-o di concretare con Delcassé la formula che egli stesso proponesse.
(l) -Nota del documento : « Vedi in fine lettera del Vescovo di Malta ». Si tratta di una lettera del vescovo Pace al S. Padre di cui Grande inviò, in un allegato che non si pubblica, il. t~sto rip0rtato da un giornale. (2) -Sic, ma il telegramma è evidentemente posteriore a quello edito al n. 507.
502

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI

T. 3469. Roma, 22 novembre 1900, ore 10.

Al mio telegramma di ieri l'altro (l) aggiungo essermi ora pervenuto dal

R. Ministro a Pechino un telegramma nel quale è detto constargli che Li-HungChang è personalmente favorevole nel vedere i provvedimenti finanziari compresi tra le condizioni irrevocabili da presentarsi al Governo cinese.

503

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, PANSA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 3257. Pera, 22 novembre 1900, ore 12,45.

Da una conversazione confidenziale con ambasciatore di Rus.Sia ora tornato Londra ho ricevuta generica conferma che il conte Lamsdorff, pur escludendo annessione di Creta alla Grecia, avrebbe lasciato intendere al principe Giorgio che, qualora tutte le potenze vi aderissero, il Governo russo, non avrebbe, da parte sua, difficoltà ad un passaggio dell'isola sotto l'amministrazione ellenica, nel senso indicato nel mio telegramma di ieri l'altro (2).

504

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL MINISTRO A PECHINO, SALVAGO RAGGI

T. 3470/13. Roma, 22 novembre 1900, ore 13,40.

Nostro proposito è in massima appoggiare i reclami di indennità anche per i nostri missionari nella loro qualità di cittadini italiani. Per le famiglie di missionari morti non vi può essere contrasto e io le trasmetterò tosto che mi siano presentati i loro reclami. Per i missionari feriti o danneggiati, ella dovrà accogliere i reclami che siano rivolti alla R. legazione agevolandone anche la raccolta e la documentazione, ma nel tempo stesso prendendo le necessarie cautele per evitare il pericolo che sia poi dagli interessati sconfessata la nostra azione. Aggiungo per utile informazione di lei che, avendo scandagliato, a questo riguardo, le intenzioni del Governo francese, abbiamo potuto accertarci che, se i missionari richiedono la Francia di esercitare il suo diritto di protezione, questa non sarà negata, ma se essi preferiscono rivolgersi ad altri Governi, la Francia nè vi mette ostacolo, nè vi fa opposizione. La prego di telegrafarmi se ha già potuto spedirmi lo speciale rapporto che le chiesi col telegramma del 20 ottobre (3).

319'

(l) -Cfr. n. 495. (2) -Cfr. n. 496. (3) -Cfr. n. 380.
505

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL MINISTRO A PECHINO, SALVAGO RAGGI

T. 3471/14. Roma, 22 novembre 1900, ore 13,50.

In relazione alle occupazioni dei russi e dei belgi accennate nel suo n. 9 (1), la autorizzo a fare, nell'interesse dei cittadini italiani, quelle riserve che Le parranno opportune.

506

IL MINISTRO A PECHINO, SALVAGO RAGGI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 3272/12. Pechino, 22 novembre 1900, ore 20 (per. ore 21,40 del 23).

Giunto dallo Shansi padre Enrico Prosperi. Sono ancora vivi, ma nascosti nelle montagne quattro missionari italiani. Domenico Attone da Assisi, Michele da Milano, Lodovico Gioberti, vescovo Grassi, Focolla padre Elia furono massacrati nel luglio. Ignoro la sorte degli altri.

507

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 3265. Parigi, 22 novembre 1900, ore 23,50.

Risposta al n. 3457 (2).

Francia ha accettato aggiunta relativa alle modificazioni dei trattati. Essa non conosce affatto la proposta relativa alla istituzione della cassa del debito pubblico e questa non è indicata nella enumerazione di quelle votate dai ministri a Pechino. Al rifiuto della Francia e della Russia per l'aggiunta relativa alle misure finanziarie, si aggiunge anche il rifiuto del Giappone. Esistono dunque importanti differenze fra le informazioni ricevute qui e quelle del R. governo. Delcassé mi ha riferito con grande insistenza le ragioni di opportunità che egli già ha fatto presentare a V. E. da S. E. l'ambasciatore di Francia per spiegare rifiuto suo all'aggiunta concernente misure finanziarie. Considerazioni da me ripetute, desunte dall'indole dell'aggiunta stessa, come complemento principio indennità, non Io hanno rimosso dal suo modo di vedere. Temo ogni altra insistenza sarebbe inutile. Egli avrebbe voluto ministri a Pechino avessero presentato subito i pochi punti di massima ai quali China avrebbe dovuto rispondere sì o no; vede nelle aggiunte altrettanti mezzi Dfferti alla diplomazia cinese per tergiversare. Egli si preoccupa tanto del pericolo che, nei particolari della esecuzione, l'accordo dei Governi non possa conservare unanimità necessaria per imporsi alla Cina, quanto del danno deri

vante dal ritardo delle trattative. Parlando in mio nome strettamente personale, feci notare a Delcassé che il rifiuto di dare alla domanda di indennità il suo complemento naturale poteva far supporre nelle potenze rifiutanti il proposito di riservare ad una azione separata l'accordo con la Cina circa il modo di soddisfare le indennità. Delcassé mi disse di non avere veduto affatto questo lato della questione; che, in ogni caso, tale non era il proposito suo, e che neppure scorgeva quale secondo fine gli altri due stati potrebbero avere, dappoichè essi pur avevano accettato il principio della integrità territoriale della Cina. In sostanza, ho trovato questo ministro degli affari esteri più che mai ansioso che la presentazione alla Cina delle proposte collettive non venga ancora indugiata, ed il suo linguaggio esclude la tendenza a volere limitare l'azione collettiva a questa sola prima fase del negoziato.

(l) -Non pubblicato. (2) -Cfr. n. 495.
508

IL CONSOLE GENERALE A NIZZA, SIMONDETTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 3702/347. Nizza, 22 novembre 1900.

Leggo sul giornale La Patrie di Parigi, di ieri, una corrispondenza del 20 da Nizza, nella quale è detto sapersi da buona sorgente che questo Consolato dopo un'inchiesta che gli sarebbe stata ordinata dal R. Governo, avrebbe riferito risultanze che lo dissuaderebbero da .inviare la squadra in queste acque in occasione della venuta del Presidente della Repubblica nel prossimo aprile. L'E. V. sa se la notizia sia vera o no; quel che io so è che in questi scorsi giorni un signore nizzardo che conservò la nazionalità italiana e che è uno dei primi della nostra Colonia, parlando della notizia corsa pei giornali della venuta qui in aprile della Squadra, mi diceva sperare che ciò non sarebbe avvenuto. Seppi poi da persona della massima fiducia che parecchi altri notabili nizzardi che sono rimasti italiani, sarebbero intenzionati di far pratiche a Roma presso il Signor André, Direttore del Giornale L'Italie, perchè si apra col

mezzo dei giornali una campagna tendente a sconsigliare la venuta nelle acque di Nizza della Squadra in qualsiasi circostanza.

509

MEMORANDUM DELL'AMBASCIATORE DI GRAN BRETAGNA A ROMA, CURRIE, PER IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

Roma, 22 novembre 1900.

The following is a brief summary, of the position of the Italian language in Malta and of the measures taken by the Government for the spread of the English language with a view to its becoming ultimately (in the year 1914) the only official language.

At present English is the official language of ali the Government Departments but Italian is stili the language of the Law.

25 - Documenti diplomatici -Serie III -Vol. IV

The " Malta Order in Council 1899 " (use of the English language in legai proceedings) has given British subjects not born in Malta the right to be tried in English. It also provides that an English translation shall be served with ali Italian documents emanating from the Law Courts.

In the Elementary Schools the language which is the basis of instruction is Maltese: the parents of the children have, in accordance with the accompanying scheme to select between English and Italian as the second language to be learned in the schools after Maltese.

The percentage of children who have chosen English is 96.50. No real grievance exists as regards the Education question, as the parents have the right of option, but the "Lingua Nostra" is being used as a politica! grievance not by the people, but by a small and disloyal section of the opposìtion. In the higher standards of the Elementary Schools, and in the Lyceum and University Italian is taught as well as English.

As the lawyers, thirteen years hence, will have to plead exclusively in English, steps have been taken to adjust the preliminary training in the Lyceum and in the Faculty of Law so that the future generation of Lawyers will have been trained on an English basis.

In conclusion, it is to be observed that the Maltese language is not a dialect of the ltalian, but is a Semitic tongue of Phoenician or Punic origin, which is quite unintelligible to an Italian (as is seen from the accompanying books).

The Census of Malta, taken 10 years ago, .shows that only 12.83 per cent of the people of the Maltese Islands then claimed to be able to speak Italian, the proportion speaking English being 9.67 per cent. A new Census is to be taken this year and it is anticipated that the percentage of those speaking English will be found to have greatly increased (1).

510

L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 3271/236. Berlino, 23 novembre 1900, ore 16,45.

Rispondo suo telegramma 3459 (2).

Anche qui Governo giapponese ha fatto chiedere se Governo imperiale persisteva nel mantenere condizione assoluta pena capitale principe Tuan e altri principi nell'ultimatum da presentarsi alla Cina. Richthofen non ha risposto in modo definitivo e preciso, trincerandosi sulla necessità di conoscere in proposito parere ministri a Pechino. Con me Richthofen disse Germania, che più è interessata nella questione punizione colpevoli, non può prendere l'iniziativa desistere da quella condizione. Io ritengo che se iniziativa viene dai ministri a Pechino o direttamente da altra potenza, specialmente da Russia, Governo germanico non insisterà.

p. -1277 e sgg.
(l) -Sulla questione dei provvedimenti inglesi contro la lingua italiana a Malta, vennero depositate alla Camera dei deputati tre interrogazioni che diedero luogo ad un vivace dibattito nella seduta del 10 dicembre; cfr. Atti Partamentari, Camera dei Deputati, Sessione 1900-01, II. (2) -Non pubblicato. Ma cfr. p. 312, nota l.
511

IL MINISTRO A PECIDNO, SALVAGO RAGGI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 3283/13. Pechino, 23 novembre 1900, ore 20,30 (per. ore 20,20 del 24).

Rispondo telegrammi nn. 10 e 11 (1). Non mi è arrivato n. 8 (2).

Dubbio accennato all'E. V. venne sollevato, durante le discussioni, dal mi

nistro di Russia. Tutti unanimi si osservò che il Governo chinese, volendo, può

fare eseguire tutte le persone da noi designate, giacchè decreto imperiale 25 set

tembre infligge loro piccole pene, e già le ha quasi tutte in sua mano. Tuan è

tra i condannati, nè potrebbe essere altrimenti giacchè è il principale colpe

vole e tale venne riconosciuto dall'imperatore nel citato decreto imperiale.

Escludendo lui non si potrebbe equamente infliggere pena capitale agli altri

meno colpevoli, mancherebbe così esempio necessario. In questo senso si pro

nunziarono unanimi ministri esteri e perfino ministro di Russia fini per mo

strarsene convinto.

Mia proposta non accenna esplicitamente a cassa debito pubblico; ne trascrivo intero e preciso testo • China prenderà misure finanziarie nel senso indicato dalle potenze onde garantire pagamento dette indennità e servizio dei prestiti •. Cassa debito pubblico era menzionata in analoga proposta del precedente ministro d'Inghilterra che io credetti modificare togliendo tale indicazione e rendendola più vaga sperando ottenesse più facilmente unanimità; infatti anche ministro di Francia confidenzialmente mi disse raccomandarla. Ministri di Germania, Inghilterra e Stati Uniti hanno istruzione includerla nella loro nota anche qualora non vi sia unanimità. Ministro di Francia telegrafò nuovamente raccomandandola. Li-hung-chang mi fece dire non solleverà obiezioni su questa domanda. Ministri Inghilterra, Germania, Austria-Ungheria e Stati Uniti autorizzati a firmare nota completa mi chiedono se anche io ho tale autorizzazione.

512

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI

T. 3484. Roma, 23 novembre 1900, ore 22,30.

Ho ricevuto i due telegrammi relativi alla questione delle indennità cinesi(3). Preferisco che la nuova formula sia formulata dal signor Delcassé per potermi meglio rendere conto del suo pensiero. Per norma del suo linguaggio osservo

che essa dovrebbe, a nostro avviso, mettere in chiaro che la misura delle indennità ed i modi di esecuzione per il pagamento saranno determinati dal concerto delle potenze.

(l) -Cfr. nn. 494 e 497. (2) -Cfr. p. 309, nota 3. (3) -Cfr. nn. 501 e 507.
513

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 2678/1318. Parigi, 23 novembre 1900 (per. il 28).

Il mio telegramma d'ieri (l) era appena stato spedito, quando ebbi l'occasione d'incentrarmi nuovamente con il signor Delcassé, il quale mi disse aver egli ripensato a ciò che, nel colloquio del dì innanzi, io gli aveva fatto osservare circa l'interpretazione che si sarebbe potuta dare al rifiuto della Francia, della Russia e del Giappone di accettare la aggiunta relativa all'obbligo della Cina di prendere le misure finanziarie che le sarebbero indicate dalle potenze. Volendo egli escludere che la Francia possa avere il secondo fine che le si potrebbe supporre, non dissentirebbe -così mi disse -di aggiungere alla proposta relativa all'obbligo per la Cina di risarcire i danni e le spese quanto può bastare per designare che, sia la misura dell'indennizzo, sia il modo di pagamento saranno determinati con il concerto di tutte le potenze.

Le circostanze del mio incontro con il signor Delcassé impedivano che la conversazione potesse, in quel momento, prendere uno sviluppo maggiore. Telegrafai però, fin da ieri sera, all'E. V. (2) che, se Ella accettava l'idea emessa da questo signor ministro degli affari esteri, io avrei potuto tosto occuparmi o di presentare qui la formula che Ella volesse suggerire conformemente al precitato concetto, oppure di ricercare io stesso con il signor Delcassé quale potrebbe essere tale formola.

Questo signor ministro degli affari esteri aveva diggià precedentemente escluso, parlando con me, che i ministri di Francia, Russia e Giappone a Pechino avessero rifiutato il loro voto alla aggiunta relativa alle misure finanziarie, in conseguenza di una preventiva intesa dei loro rispettivi governi. Egli non aveva avuto alcuna occasione di prendere con la Russia o con il Giappone in considerazione tale proposta aggiuntiva. Nel più recente nostro colloquio, di cui in questo rapporto riferisco, il signor Delcassé mi disse espressamente che, se il suo pensiero di fare alla proposta relativa alla indennità la aggiunta limitata alla precitata indicazione era da noi gradito, egli avrebbe proposto ai governi di Pietroburgo e di Tokio di accettarla.

Aspetto pertanto le istruzioni di V. E. per guidarmi ulteriormente in questo affare che mi sembra importante in ispecial modo per noi, poichè se, quando si tratterà di conseguire gli indennizzi, l'azione collettiva verso la Cina si dovesse sfasciare, la posizione nostra sarebbe estremamente penosa e certamente molto diversa da quella dei paesi che od hanno contiguità territoriali con l'impero cinese, od hanno almeno un possedimento sovra il territorio della Cina.

(l) -Cfr. n. 507. (2) -Cfr. n. 501.
514

L'INCARICATO D'AFFARI A PIETROBURGO, CALVI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 626/302. Pietroburgo, 23 novembre 1900.

Circa un mese fa è stata questione nella stampa europea d'un tentativo di attentato contro l'Imperatore di Russia. Poco a poco la notizia fini per trovare credito anche a Pietroburgo senza che da nessuno si conoscessero i particolari del fatto che l'aveva generata.

Finalmente ho saputo che uno studente certo Kaschinowski figlio d'un ufficiale di marina sarebbe stato arrestato presso il primo Tunnel di Sebastopoli mentre era intento a preparare in una conduttura d'acqua una mina con comunicazione elettrica. Su tutto ciò si serba da tutti un silenzio assoluto ed io non sono in grado di dare un giudizio qualsiasi circa la fede che convenga prestare a queste notizie.

515

L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

(AVV)

L. P. Berlino, 23 novembre 1900.

Colla morte del povero De Renzis prevedo che avrà luogo un movimento nel Corpo Diplomatico in cui, molto probabilmente, sarà compreso l'attuale Consigliere di questa Ambasciata, Commendator Melegari. Lo auguro per lui, ma io perderò un ottimo funzionario che per il suo tatto, buon senso, buona volontà, intelligenza e conoscenza della lingua tedesca, mi era di grande aiuto. Per la settima volta dovrò adunque, probabilmente, cambiare il mio braccio destro, e ciò in un'Ambasciata ove più che in altre sarebbe indispensabile qualche stabilità nel personale. Non mi sono mai lagnato per il passato. credendo sempre che la mia missione sarebbe di breve durata. Ora però dopo che piacque a lei e a S. M. il Re di riconfermarmi nel posto che occupo desidererei proprio, alle tante difficoltà materiali cui vado incontro, non dover aggiungere il pensiero di vedermi capitar qui un nuovo Consigliere, ignaro quasi certamente del tedesco, del complicato organismo, degli usi, della società ecc. di questo paese. In tali condizioni io mi permetto rivolgere a V. E. una calda preghiera, di chiederle un favore personale, di cui le sarei proprio di cuore riconoscente; e cioè di non dare a Melegari un successore quando egli debba ricevere altia destinazione. V. E. sa che ho qui il Mattioli, la cui posizione è sempre da regolare! Egli resterebbe, sia pure anche solo provvisoriamente a capo della Cancelleria, io sarei sollevato da molte noie e il servizio sarebbe assicurato. Mi conceda questo favore, signor Marchese, ne la prego.

Ho creduto interpretare il di Lei desiderio rinunziando quest'anno al consueto lungo congedo annuale. Ora però essendo gli affari di China in buona via,

potrei senza inconveniente assentarmi e mi riservo, se Ella non vi vede difficoltà, di chiederle un brevissimo congedo (dieci o Quindici giorni) di cui sento il bisogno, oltrechè mi tornerebbe utile conferire con V. E. e doveroso presentarmi a S. M. il Re. In causa delle presentazioni delle credenziali a questi numerosi Sovrani tedeschi, non potrò però, temo, chiedere di poter partire prima del 16 dicembre se nulla nel frattempo avviene.

Ho cominciato a rimettere in ordine la mia casa, ma le cose già vendute non ritornano, e il rimpiazzarle è cosa dura per me!

516

IL MINISTRO A PECHINO, SALVAGO RAGGI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 3289/14. Pechino, 24 novembre 1900, ore 20,20 (per. il 25).

Ministri di Russia, di Francia e del GiapJX)ne, i soli finora contrari, accettano anche proposta circa provvedimenti finanziari, purchè modificata come segue: • La Cina prenderà le misure finanziarie accettabili dalle JX>tenze onde garantire ecc., ecc. •.

Promisi raccomandare all'E. V. accettare modificazioni, se cw e necessario per avere unanimità. Altrettanto fecero tutti gli altri rappresentanti esteri. Se i governi accettano questa redazione, tutta la nota è ormai approvata; sarei perciò grato a V. E. se vorrà autorizzarmi firmare nota collettiva (1).

517

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 2697/1332. Parigi, 24 novembre 1900.

Il R. Console generale in Nizza mi manda copia del suo rapporto a V. E., in data 22 novembre (2), circa l'agitazione che avrebbe cagionato in quella città la notizia, data dal giornale parigino La Patrie, della visita che la Squadra navale italiana vi farebbe quando, in aprile dell'anno prossimo, il Presidente della Repubblica vi si recherà, in forma ufficiale.

Le pubblicazioni del giornale precitato relativamente alla pretesa visita della Squadra italiana fanno parte di quelle che mi hanno più di una volta fatto sospettare che il giornale stesso serva ai disegni di coloro che hanno interesse a mantenere vivi i sospetti reciproci fra l'Italia e la Francia.

Appena si seppe che il Presidente della Repubblica avea accettato l'invito di recarsi a Nizza, e forse prima ancora che tale notizia avesse avuto il tempo di arrivare a Roma, La Patrie annunziò come cosa già deliberata la visita della Squadra italiana comandata da S. A. R. il Duca di Genova, latore di una lettera del nostro Augusto Sovrano, come restituzione della visita della Squadra

francese a Cagliari nell'occasione del viaggio del compianto Re Umberto in Sardegna.

Ora lo stesso diario annunzia che il governo nostro, dopo una inchiesta fatta dal R. Console Generale, ha abbandonato il progetto. Tutto ciò senza che nè la prima, nè la seconda notizia abbiano avuto fondamento di sorta.

Sono piccole, maliziose arti le quali, a parere mio, rivelano la loro origine. Contro di esse non è possibile preservarsi. Ma se il R. Governo ha mezzo di renderle meno nocive, impedendo che la stampa italiana presti benevolmente il suo eco ad una gazzetta francese di nessuna politica autorità, gli scopi di coloro che della medesima si valgono, non saranno raggiunti che in piccola parte.

E dappoichè nel rapporto del R. Console generale in Nizza si parla dell'opera che il Signor André, estensore principale del giornale L'ItaLie, potrebbe prestare in questa congiuntura ad un gruppo di nizzardi rimasti alla nazionalità italiana, non debbo tacere che il fatto dell'essere quel giornale diretto da tale persona è visto qui come una manifestazione di irredentismo. Sarebbe pertanto cosa altrettanto oziosa che dispiacevole che nella precitata gazzetta si potesse ravvisare l'organo del partito italiano di Nizza.

(l) -Il telegramma fu ritrasmesso a Parigi con t. 3495 del 25 novembre. (2) -Cfr. n. 508.
518

IL MINISTRO A PECHINO, SALVAGO RAGGI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 3294/15 (1). Pechino, 25 novembre 1900, ore 16,40 (per. ore 12,15 del 26).

Trascrivo definitivo intero paragrafo circa indennità colla mia proposta:

• Indennità per gli stati, le società, i particolari ed i cinesi che hanno sofferto durante gli avvenimenti nelle persone o nei loro beni per il fatto che erano al servizio degli stranieri. China prenderà misure finanziarie accettabili dalle potenze onde garantire pagamento di dette indennità e servizio dei prestiti •. Prima parte non sollevò mai obiezioni, seconda parte, cosi ridotta, ottenne unanime approvazione dei ministri esteri, come già ho annunziato col mio telegramma n. 13 (2).

519

L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 3287/237. Berlino, 25 novembre 1900, ore 17,30.

Gazzetta di Colonia pubblica, come venutogli dal suo corrispondente di Londra, seguente telegramma che rispecchia i dubbi del Governo imperiale su attitudine del Giappone: • Governo giapponese avrebbe, poco prima della firma della nota comune dei ministri a Pechino, chiesta una riparazione po

steriore per la uccisiOne del cancelliere della legazione giapponese. Questa domanda, che non può avere altro effetto che paralizzare l'azione comune delle potenze, messa in relazione con la proposta giapponese contro troppo grave punizione di Tuan ed altri principi, conforta il dubbio che marchese Ito, anche presidente del consiglio, abbia per norma idea, già da lui prirc.a accarezzata, della alleanza gialla •.

(l) -Il telegr3mma è in risposta ad una richiesta del ministro Visconti Venosta in data 23 novembre (t. 3485/15). (2) -Cfr. n. 511.
520

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL MINISTRO A PECHINO, SALVAGO RAGGI

T. 3499/16. Roma, 25 novembre 1900, ore 23.

Rispondo al n. 13 (1).

Mi sto adoperando acciocchè la proposta di lei circa i provvedimenti finanziari, occorrendo con qualche modificazione di forma, sia accettata dai Governi dissenzienti. Intanto, per quanto ci concerne, la autorizzo a firmare la nota completa includendo cioè anche quella proposta, con la espressa avvertenza, però, che la nota non debba presentarsi ai cinesi se non quando vi sia unanimità delle potenze. Ritengo che tale sia pure l'intendimento degli altri Governi.

521

L'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, BOTTARO COSTA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 3297. Londra, 26 novembre 1900, ore 18,55.

Principe Giorgio ha tenuto parola tanto a Salisbury quanto a Lansdowne delle difficoltà in Creta; disse che sarà difficile di trattenere l'assemblea cretese alla sua prossima riunione a maggio dal votare l'annessione alla Grecia. Come a Pietroburgo, chiese anche qui che si consentisse a siffatta annessione; affermò che conte Lamsdorff dapprima si sarebbe dimostrato inflessibile, ma che alla fine si sarebbe lasciato persuadere ad accettare l'idea di una occupazione dell'isola da parte della Grecia analoga a quella della Bosnia Erzegovina da parte dell'Austria-Ungheria. Soggiunse che il conte Lamsdorff gli aveva fatto sperare che Russia prenderebbe l'iniziativa di una proposta in questo senso. Salisbury ha risposto al principe che riteneva annessione sotto qualsiasi forma inaccettabile e mostrandogli tutte le difficoltà della cosa ed adducendo impegno preso dalle quattro potenze verso il Sultano di mantenere statu quo nell'isola concludendo col dire che in ogni modo non voleva nè poteva emettere avviso alcuno prima di conoscere pensiero altri Gabinetti. Aggiungo credo sapere che una risposta analoga sia stata data al principe a Parigi.

(l) Cfr. n. 511.

522

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL REGGENTE IL CONSOLATO A ZANZIBAR, BURGARELLA

T. 3506. Roma, 26 novembre 1900, ore 19,35.

Telegramma Reuter annuncia grave insurrezione dei somali a destra del Giuba, invio 500 uomini a Kisimajo. Prego telegrafare esatte notizie.

523

L'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, BOTTARO COSTA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 3305. Londra, 27 novembre 1900, ore 7,27 (per. ore 22,40).

S. M. la Regina ha ricevuto oggi a Windsor ammiraglio Canevaro e la missione straordinaria. S. M. si è espressa in termini di vivissima simpatia per le Loro Maestà ed il paese. Ammiraglio lietissimo graziosa accoglienza ricevuta.

524

IL REGGENTE IL CONSOLATO A ZANZIBAR, BURGARELLA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 3301. Zanzibar, 27 novembre 1900, ore 11,05.

Somali Ogaden rivoltaronsi nell'interno contro autorità inglesi commissario Ienner con 40 sudanesi uccisi nottetempo cento miglia da Kisimajo. Truppe

spedite duecento per sicurezza momentanea stazioni inglesi. Ritengo finora nostro territorio tranquillo.

525

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL MINISTRO A PECHINO, SALVAGO RAGGI

T. 3507/17. Roma, 27 novembre 1900, ore 16,55.

Faccio seguito al n. 14 (1). L'ambasciatore di Austria-Ungheria mi fa sapere che senza protestare contro il procedimento dei consoli di Russia e del Belgio i quali hanno già occupato dei terreni in faccia a Tiensin, il suo Governo ha fatto enunciare delle riserve per il pregiudizio che potrebbe derivare ai diritti uguali spettanti all'AustriaUngheria. L'ambasciatore mi ha soggiunto confidenzialmente essere intenzione

del suo Governo quando si tratterà delle indennità, di domandare che all'Austria-Ungheria si assegni un terreno per stabilimento.

(l) Cfr. n. 505.

526

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL MINISTRO A PECHINO, SALVAGO RAGGI

T. 3508/18. Roma, 27 novembre 1900, ore 17.

Rispondo ai nn. 14 e 15 (1). La autorizzo ad accettare la proposta modificazione al paragrafo concernente i provvedimenti finanziari. Confermo l'autorizzazione a firmare l'intera nota collettiva, da presentarsi tostochè siasi raggiunta l'unanimità.

527

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 3815. Parigi, 28 novembre 1900, ore 19.

Questo ministro degli affari esteri mi ha detto che egli aveva iniziato con Pietroburgo uno scambio d'idee per stabilire l'intesa nel senso della proposta nostra, relativa ai mezzi di garantire il pagamento delle indennità cinesi, quando gli pervenne da Pechino la notizia che, sopra tale punto, tutti i rappresentanti delle potenze si erano messi d'accordo e che, conseguentemente, la questione si trovava risoluta. Egli non solleva alcuna difficoltà per accettare la formola colà concordata, e spera che così facciano anche gli altri Governi; desidera soltanto che il negoziato venga avviato con qualche sollecitudine.

528

L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 3308/238. Berlino, 28 novembre 1900, ore 10,55.

Nella questione della punizione di Tuan e altri principi, Governo imperiale ha autorizzato suo ministro a Pechino di accettare quella migliore soluzione che, a seconda delle circostanze, sia possibile concordare coi colleghi. Richtofen, nell'incaricarmi di portare ciò a conoscenza dell'E. V., mi assicura che Governo germanico ha dato, del resto, pieni poteri a Mumm autorizzandolo a firmare ultimatum senza ulteriori ordini da Berlino. Governo germanico desidera affrettare soluzione.

(l) Cfr. nn. 516 e 518.

529

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 3313. Parigi, 28 novembre 1900, ore 19.

Presenza presidente Kruger Parigi non ha dato, fin qui, motivo d'osservazioni da parte del Governo inglese. Il presidente visitò ieri Delcassé, ma non ha formulato alcuna proposta o domanda. Questo ministro esteri ritiene che Kruger si proponga di eccitare, colla sua presenza, delle manifestazioni di simpatia popolare, sperando che queste abbiano a pesare sopra le disposizioni dei varii Governi europei in favore del Transwaal. Kruger non ha fatto

conoscere a Delcassé i suoi progetti più prossimi, cosicchè neppure si sa quando egli partirà di qua.

530

IL MINISTRO A BELGRADO, MAYOR DES PLANCHES, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 1234/285. Belgrado, 28 novembre 1900.

Nella conversazione che seguì la presentazione delle credenziali, S. M. il Re mi parlò delle condizioni interne del paese, dipingendole come politicamente assai soddisfacenti. A udirlo, tutti sono contenti del presente stato

di cose, a base di clemenza, mentre il precedente regime era a base di terrore: tutti, s'intende, ad eccezione di quelli che il detto regime costituivano

o puntellavano. Il governo, dicevami il Re, ha aperto le porte delle carceri ai detenuti politici, le frontiere agli esuli. Non ha perseguitato alcuno. Coloro stessi che a Lui fecero opposizione, in occasione del matrimonio, quei ministri che, chiamati al potere, non perchè avessero base nella Scuptcina o nel paese, ma come servitori della Corona, per ubbidirle e attuarne il programma, avevano per primo dovere (sono sempre espressioni di S. M.) di assecondare il loro Sovrano e che, invece, con singolare perfidia, lo abbandonarono e tradirono nella circostanza più importante della Sua vita, quei ministri sono liberi di andare e venire, e forse anche di cospirare.

Fra le ragioni che fanno ritenere al Re che il paese sia soddisfatto, vi è questa: che Egli stesso, nella Sua vita intima, si sente per ora felice. Come Sovrano, non gli mancano preoccupazioni; quelle, ad esempio, provenienti dalle difficoltà del bilancio o dai disegni che sospetta in Suo Padre od in chi sa più a Suo Padre che a Lui devoto. Ma, come uomo, Egli che, cosi a lungo dibattuto a tira tira fra il Padre e la Madre, ostaggio ora dell'uno ora dell'altra, non conobbe mai l'intimità della famiglia, finalmente comprende che sia e quanto valga; e mentre assevera che l'unione da Lui contratta è la sola che potesse formare la sua felicità personale, ritiene che essa è pur quella che meglio conveniva al Paese; e dichiara che una dinastia come quella degli Obrenovitch non aveva nulla da guadagnare da un'alleanza con una famiglia principesca, per quanto cospicua, convenendo tale alleanza alle vecchie dinastie, già fra loro vincolate da precedenti legami, non ad una dinastia giovane e nuova. E si compiace sempre più di aver cercato la Sua consorte nel cuore stesso della Nazione serba, rinnovando così, in qualche modo, con questa, il patto che le univa gli Obrenovitch. Non mai una Regina di estera prosapia avrebbe saputo guadagnare gli animi dei Serbi come se li sta guadagnando la Regina Draga. Quella sarebbe sempre, in qualche .cosa, rimasta loro straniera, mentre questa è carne della loro carne e sangue del loro sangue; li comprende e sarà da essi compresa, li ama e sarà da essi amata.

E qui mi compiaccio notare che certamente S. M. la Regina Draga, nell'accomodazione al nuovo ed alto suo rango, spiega rare qualità d'intelligenza e di • savoir faire •. Ma è dubbio che, con tutto ciò, riesca a disarmare certi adii e certe prevenzioni persistenti non soltanto in coloro che, a causa del matrimonio, ebbero a soffrire nei loro interessi, non soltanto nel partito di Re Milan (ed ormai l'esercito, in massima parte, vi si poteva dire ascritto), ma anche nella gran massa del popolo. Mi diceva questo Ministro di Germania, buon conoscitore del carattere di questa nazione, che il popolano serbo avrebbe benissimo capito ed approvato il matrimonio del suo giovine Re con una giovinetta serba; anzi da ciò sarebbe stato lusingato nel suo orgoglio nazionale; ma non gli perdonerà così presto di avere sposato una vedova matura ed una donna che sospetta gli fosse legata, già prima del matrimonio, da vincoli d'intimità. La nascita della sperata prole diminuirà il disgusto provato; non lo dissiperà del tutto.

Quanto alla contentezza del paese, essa si manifesta con omaggi di varie guise, con doni, con dediche, ecc. Ma anche in ciò dicevami il Barone di Waecker-Gotter, bisogna far la tara, pokhè, il più delle volte, sono codeste manifestazioni artificiali, provocate da funzionari che vogliono farsene merito.

Finalmente, la tranquillità e l'ordine regnano, come Sua Maestà m'invitava, con compiacimento, a constatare; ma vi ha chi teme fortemente che non siano durature. Ogni qual volta il partito radicale è venuto al potere (ed ora vi si avvicina di molto), esercitò vendette e rappresaglie, non indietreggiando nemmeno dinanzi ai più efferati reati. Si prevede, pertanto, un nuovo periodo di crimini politici. Da due fatti, l'uno risalente a tre mesi sono, ma giunto ieri soltanto a mia conoscenza, l'altro accaduto pochi giorni fa, si potrebbe arguire che il periodo sia già cominciato. Il generale Balimarkovitch, antico Reggente, avversissimo ai radicali, dicevami, difatti, che non solo, venuto il nuovo • corso •, furono sparse contro di lui le più nere calunnie, che poco mancò gli nuocessero gravemente, ma ebbe da affrontare a Kuze, ove ha i beni e villeggiava, una schioppettata, fortunatamente andata in fallo, di cui conosce, ma non volle denunciarne, l'autore, radicale ardente. E tre o quattro sere fa, a Kruscevatz, il Signor M. Protich, amico del generale Balimarkovitch, che conobbi la scorsa estate, prefetto di quel distretto, venne freddato con un colpo di arma da fuoco, sparatogli contro a tradimento. Prima di diventare funzionario amministrativo, era stato magistrato; e, come procuratore del Re, aveva requisito contro il famigerato radicale Ranko Taicitch, già da parecchio tempo rifugiato al Montenegro e condannato a morte, lo scorso anno, in contumacia, nè ancora oggi graziato. Nessuno dubita che la morte del Protitch non sia una vendetta ordinata dal Taicitch, o da suoi aderenti.

Narravami, tempo fa, S. M. il Re come l'ultima volta che aveva dovuto chiamare i radicali al potere, preoccupato dalla idea che la delinquenza politica potesse risorgere nel paese, aveva diffidati i capi del partito dal lasciare rinnovare, dai loro gregarii, le prodezze criminali di anni prima, minacciando che, in ogni villaggio in cui un crimine politico fosse commesso, lo avrebbe, con mezzi suoi, ·con personale suo, che loro sfuggiva, fatto scontare dal radicale più in vista del villaggio stesso. Se il Re avesse tali poteri, o li vantasse soltanto, ignoro. Pare, però, che la diffida sortisse buoni effetti. Nel quale caso, e quando ancora potesse riuscire efficace, sarebbe forse bene che, sotto forma più mite, quale la consiglia il momento attuale, venisse oggi ripetuta.

531

IL MINISTRO DELLA MARINA, MORIN, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 3319. Roma, 29 novembre 1900, ore 9,30.

Telegramma ammiraglio Candiani: • Maresciallo di campo annuncia spedizione itala-germanica porta Gran Muraglia, leggeri scontri; furono decapitati mandarini principali di Paoting-fu dietro sentenza tribunale militare internazionale. Corpo d'operazione fr.ancese sconfisse duemila regolari, levante Yangt

sun. Pechino tranquilla. Spedito "Vesuvio" Giappone, "Calabria", Shanghai. Terminato sbarco provviste sei mesi. Fiume gelato •.

532

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL MINISTRO A PECHINO, SALVAGO RAGGI

T. 3520/20. Roma, 29 novembre 1900, ore 12,30.

Per la pumzwne di Tuan ed altri principi il Governo germanico ha autorizzato codesto suo ministro ad accettare quella migliore soluzione che, secondo le circostanze, sia possibile concordare coi colleghi. Governo germanico desidera affrettare conclusione ed ha autorizzato suo ministro firmare ultimatum senza ulteriori ordini. Mi associo al modo di vedere del Governo germanico e le

accordo uguale autorizzazione non dovendosi insistere su proposte che non ottengano l'unanime consenso o siano di impossibile attuazione.

533

L'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, BOTTARO COSTA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 843/404. Londra, 29 novembre 1900.

Alcuni giornali essendosi fatti eco della voce che S. M. la Regina porrebbe

quest'anno ad effetto l'intenzione che aveva l'anno scorso di recarsi in primavera per alcune settimane sulla Riviera Ligure di Ponente, è ieri uscito alla luce un comunicato semi-ufficioso dell'Associazione della Stampa dicente che c da fonte autorevole risultava che nessuna decisione è stata finora presa circa un viaggio di Sua Maestà all'estero •.

Trovandomi io ieri l'altro a Windsor seppi che il progetto di un soggiorno a Bordighera è contemplato, ma che nessuna decisione sarà presa, nè comunicata a chicchessia fino a Gennaio o Febbraio, il viaggio, se si effettuerà, non dovendo aver luogo prima della metà di Marzo.

534

L'AGENTE DIPLOMATICO E CONSOLE GENERALE AL CAIRO, TUGINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 775/280. Il Cairo, 29 novembre 1900.

Per recente disposizione di questo Ministro della Guerra l'esercito egiziano è stato riposto sul piede di pace, ciò che ha per effetto di ridurre l'effettivo delle forze militari da 22.000 a circa 15.000 uomini e di realizzare una non indifferente economia nel bilancio della Guerra. Ben inteso, se codesta riduzione di forze dà a divedere che qui per ora non si temono diffico1tà da parte del Dar-Fur, essa non è tale da rendere difficile al Governo egiziano di parare alle necessità del momento qualora sorgessero circostanze che rendessero necessaria una spedizione militare contro quel Sultano, attesochè gli uomini oggi licenziati sono ascritti alla riserva o fanno parte del Corpo di Polizia a Cavallo. A quanto mi si riferisce, Slatin Pascià, che da Chartum ove si trova attualmente, dovrà recarsi nel Dar-Fur, ha il compito d'assicurarsi delle vere disposizioni di Aly Dinar, che si mostra in apparenza amico degli Inglesi, e che con questi non tralascia di tenersi in continuo carteggio, ma che nascostamente cerca di trovar appoggio coi capi degli altri piccoli Stati limitrofi, Wadar etc. etc. Costoro sono oggi ben !ungi dall'intendersi fra loro, perchè ognuno dei capi cerca di dominare l'altro: ora codesta discussione costituisce per il Governo Sudanese la miglior garanzia di sicurezza, discussione che per quanto gli è possibile esso si propone di sfruttare in suo pro'. Slatin Pascià, che conosce a fondo le regioni del Dar-Fur e gode di una grande notorietà presso quelle tribù, quando sarà sopra luogo cercherà anche di guadagnarsi la loro amicizia in modo da togliere ad Aly Dinar ogni velleità di mostrarsi ostile o difficile verso il Governo Sudanese. Frattanto quest'ultimo sorveglia, mercè perlustrazioni eseguite dal Corpo dei soldati camellieri, perchè

sia dalla parte di Dongola, sia dalla parte di Chartum non penetrino armi nel Dar-Fur.

535

L'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, BOTTARO COSTA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 3328. Londra, 30 novembre 1900, ore 17.

Ambasciatore di Russia mi ha detto che il principe Giorgio, gli sembra,

abbia riportato tanto da Pietroburgo, quanto da Londra una impressione troppo ottimista. Sa che il conte Lamsdorff non gli ha promesso una iniziativa della

azione russa, ed ha potuto constatare che fra le due versioni del principe e del Foreign Office sui colloqui di Londra, quella del principe rappresentava le disposizioni del Gabinetto di Londra sotto un aspetto a lui più favorevole.

536

L'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, BOTTARO COSTA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 847/407. Londra, 30 novembre 1900.

Le notizie giunte da Pechino in questi giorni non sembrano far ritenere ancora come prossimo l'accordo sui termini della nota da presentare al Governo Chinese.

Lord Lansdowne era in attesa di ragguagli più precisi sul testo della nota concordata; ma dubitava che anche quando tra tutti i rappresentanti esteri a Pechino si fosse giunti ad un accordo ciò non per tanto il testo della nota potrebbe considerarsi ~ome definitivo, poichè più che probabilmente si proporrebbe qualche nuova variante e in tal modo si manderebbe ancora per le lunghe una discussione che minaccia di diventare eterna.

Del resto se tnì i vari gabinetti ve n'ha uno che ha meno ragione di dolersi di queste lungaggini, è senza dubbio quello di Londra il quale non può che guadagnare dal vedere aggiornata una soluzione ad un'epoca in cui per quanto sia permesso sperare, il paese sarà meno paralizzato dalla crisi nell'Africa meridionale.

537

L'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, BOTTARO COSTA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 848/408. Londra, 30 novembre 1900.

Lord Lansdowne mi disse ieri che avrebbe probabilmente impartito a lord Currie istruzioni d'informare l'E. V. dell'obbiettivo di una spedizione militare che il Governo britannico ha in animo d'allestire per distruggere nella regione costituente l'hinterland della Somalia britannica, resa malsicura dall'agitazione d'un fanatico musulmano, il • Mad Mullah •, una causa continua di fastidi che a quanto mi si assicura avrebbe destato tali preoccupazioni nel Negus da consigliarlo ad offrire all'Inghilterra la cooperazione delle sue armi.

538

L'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, BOTTARO COSTA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 849/409. Londra, 30 novembre 1900.

Conforme alle istruzioni impartitemi dalla E. V. ho chiesto a questo Ministro degli Affari Esteri se erano state date istruzioni al Rappresentante britannico presso Menelik d'invitare il Negus a dare la propria adesione alla Convenzione di Londra del 19 maggio 1900. Lord Lansdowne mi risponde che fin dal 25 maggio u. s. istruzioni in questo senso erano state inviate al Maggiore Harrington. Questi recatosi in congedo nel giugno dovrebbe a quest'ora aver fatto ritorno al suo posto, ma non è sinora giunta notizia al Foreign Office s'egli ha fatto la comunicazione commessagli.

A proposito del Maggiore Harrington noto ch'egli lavora ora in Addis Abeba regolarmente accreditato presso il Negus quale rappresentante della Regina in Etiopia, mentre finora la sua missione non aveva che carattere ufficioso.

539

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL MINISTRO A PECHINO, SALVAGO RAGGI

T. 3529/22. Roma, l dicembre 1900, ore 17.

La Russia accetta le proposte dei ministri proponendo però i seguenti emendamenti: l) che in luogo di • pena di morte • si dica • la pena più severa •; 2) che per i provvedimenti finanziari si dica • che diano soddisfazione alle domande delle potenze •; 3) che per le modificazioni ai trattati si aggiungano le parole: • Che servano allo svolgimento delle relazioni commerciali •.

La Francia ha già dichiarato di accettare questi emendamenti. Per quanto ci concerne non ho che a confermarle, anche a tale riguardo, le istruzioni contenute nel mio telegramma n. 20 del 29 novembre (1).

540

IL COMANDANTE LA DIVISIONE NAVALE OCEANICA, CANDIANI, AL MINISTRO DELLA MARINA, MORIN

T. 3330. ..... (2).

Truppe equipaggi mia dipendenza esprimono viva riconoscenza plauso senato camera, confidano mantenere alta sempre ovunque bandiera Italia. Ferrovia Shanhaikwan-Peking funzionerà metà decembre. Colonna Calgan ritorna Pechino due decembre. Guardiamarina Bichi scontro vittorioso boxers Quailai ferito leggermente arma bianca. Colonnello Salsa dirige Yungning punire massacri cristiani.

(l) -Cfr. n. 532. (2) -n telegramma venne comunicato dal ministero della Marina a quello degli Esteri il l o dicembre 1900, alle ore 9.
541

L'AGENTE E CONSOLE GENERALE A SOFIA, SILVESTRELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 1032/302. Sofia, l dicembre 1900.

Facendo seguito al mio rapporto del 29 ottobre u. s. (l) n. 934/269, mi pregio di mandare qui accluso a V. E. il testo del modus vivendi commerciale concluso fra la Turchia e la Bulgaria.

Rimane aperta la questione se le potenze, in forza della clausola della nazione più favorita, possano pretendere trattamento eguale a quello dell'Impero Ottomano.. Non credo però che tale questione verrà sollevata, ed il Governo Inglese, interpellato dal suo Agente diplomatico, gli ha risposto in senso negativo, vietandogli di fare osservazioni o proteste.

542

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, FUSINATO, ALL'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, PANSA

D. 49374/250. Roma, 2 dicembre 1900.

Ho ricevuto il rapporto in data 19 novembre n. 743/292 (2), relativo alle arbitrarie difficoltà sollevate dai Consoli ottomani alla vidimazione dei passaporti di regi sudditi.

Nell'approvare il tenore della nota da Lei diretta in proposito a codesto governo e nel compiacermi pei buoni risultati ottenuti coi recenti accordi presi con codesta polizia, Le ritorno il rapporto in data 19 novembre n. 3587/54 del

R. Consolato costì residente.

543

L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 3346/239. Berlino, 3 dicembre 1900, ore 11,05.

Annunziata e poco desiderata visita presidente Kruger a Berlino ha potuto essere dal Governo stesso impedita. Malgrado i moniti della stampa ufficiosa sulla inutilità e inopportunità della visita, Kruger, si era messo in viaggio ed era giunto a Colonia, ove fu ieri inviato ministro di Germania a Lussemburgo persona di fiducia di Biilow e dell'imperatore. Questa missione ed il suo risultato sono stati ieri sera annunziati col telegramma ufficioso seguente: dopo che Kruger fu informato da ministro di Germania a Lussemburgo che S. M. l'Imperatore, con suo rincrescimento, non avrebbe potuto, per precedenti impegni, ora riceverlo, egli ha deciso rinunziare viaggio a Berlino e si reca in Olanda.

26 -Documenti diplomatici -Serie III -Vol. IV

(l) -Non pubblicato. (2) -Cfr. n. 492.
544

L'AMBASCIATORE A WASHINGTON, FAVA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 3352/112. Washington, 3 dicembre 1900 (per. ore 6,40 del 4).

Presidente della Confederazione mi manda cortesemente in questo momento testo del suo messaggio che sarà letto domani 4 al congresso. Traduco:

• Assassinio Re Umberto ha provocato sincera espressione di dolore in questo Governo e popolo. Questa triste occasione venne utilmente colta per attestare alla Nazione italiana profondo rispetto qui nutrito per la memoria del compianto sovrano. Nell'ultimo messaggio riferii considerevole lentezza giudizi Tallulah. Malgrado gli sforzi del Governo federale, malgrado la produzione delle prove contro gli autori di questa grave offesa alla nostra civiltà, malgrado le ripetute inchieste delle autorità dello stato.. nessuna punizione venr:e inflitta, e due successivi giurì non riuscirono a imputare chichessia. I reclami del Governo italiano contro questo deplorevole risultato furono temperati e giusti. Scartando fin dal principio ogni considerazione di indennità pecuniarie, come quelle accordate in precedenti simili casi da questo Governo, l'Italia ha solennemente invocato i trattati, in virtù dei quali essa è fondata a pretendere sul nostro territorio le stesse misure da essa applicate agli americani se i reciproci loro diritti venissero conculcati nel regno. Il Congresso conferisca alle corti federali giurisdizione in questi casi internazionali nei quali è impegnata l'ultima responsabilità del Governo federale ed a questo fine invito l'azione del Congresso sui relativi bill introdotti nel senato e nella camera. Incombe a noi di rimediare l'omissione costituzionale che ha condotto e può condurre ancora tali deplorevoli conseguenze. Ho già rilevato la necessità ed i precedenti per una legislazione di questa natura; la sua sanzione è una semplice misura di giustizia previdente verso le nazioni colle quali noi come sovrani uguali, facciamo trattati, richiedendone la reciproca osservanza. Mentre Governo italiano considera tale azione come principale e certamente più essenziale elemento del componimento dell'incidente di Tallulah, io opino che, .conformemente ai precedenti ed in vista improbabilità che tale speciale incidente possa essere composto dai menzionati bill ora pendenti, il Congresso provveda benevolmente per una indennità alle famiglie delle vittime nella stessa proporzione e forma come in passato , .

545

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, FUSINATO, ALL'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, BOTTARO COSTA

D. 49504/261. Roma, 3 dicembre 1900.

Mi riferisco al Suo rapporto del 23 novembre n. 395 (l) del quale La ringrazio.

Secondo ciò che il Barone Richtofen ha dichiarato al Parlamento tedesco,

il Governo inglese, nel rispondere alla richiesta di indennità presentata dal

Governo Imperiale, sarebbe stato alquanto più esplicito che non il Signor Bertie

nel prendere atto delle intenzioni del Governo del Re manifestategli dalla S. V.

Il Barone di Richtofen dopo di aver dichiarato nel suo discorso al Reichstag, che si era adoperato attivamente a Londra chiedendo una congrua indennità a favore di quei tedeschi che furono espulsi dal Transwaal senza sufficiente motivo, o la cui espulsione ebbe luogo con una durezza e mancanza di riguardi non corrispondenti al caso, ha poi informato il Parlamento di avere ricevuto risposta da Londra nel senso che il Governo inglese è pronto ad accordare indennità per coloro che furono ingiustamente espulsi.

Ella ha fatto bene a non presentare a codesto Governo i reclami dei Signori Vincenzo Jorio e Enrico Picciolini. Oltre a quelli, vi sono molti altri reclami che furono dagli interessati rimessi direttamente a questo Ministero, il quale li sta adesso istruendo ed ha invitato, all'uopo, i reclamanti medesimi e il

R. Consolato a Pretoria a raccogliere e ad inviare tutti quei documenti che possano giovare a giustificarne il fondamento e a stabilire l'ammontare dell'indennità che per ciascuno di essi possa essere dovuta.

Di tutti questi reclami manderò, a suo tempo, a V. S. una lista corredata di tutte le prove giustificative che sarà stato possibile di raccogliere, perchè la presenti al Governo Britannico; frattanto, ad ogni occasione che Le si offra opportuna, voglia la S. V. profittarne per far sentire a codesto Signor Ministro degli Affari Esteri essere fermo intendimento del R. Governo di ottenere, per

connazionali che possano averne diritto, convenienti indennità.

(l) Non pubblicato.

546

L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 1833/818. Berlino, 3 dicembre 1900.

Il Principe Milnster, come V. E. ha già appreso dal telegrafo, ha chiesto per la sua tarda età -e non per altro motivo -di ritirarsi a vita privata lasciando il posto di Ambasciatore a Parigi. A suo successore nella Capitale francese è stato destinato il Principe Radolin. Non è ancora reso pubblico il nome del diplomatico, già designato, per surrogare il Principe Radolin a Pietroburgo non essendo ancora giunto, per la malattia dell'Imperatore di Russia, il consueto gradimento di quest'ultimo; ma ho motivo di credere che quel diplomatico sia il Conte di Alvensleben attuale ministro a Bruxelles. Questi cambiamenti non hanno per noi importanza, tanto il Principe Radolin che il Conte Alvensleben essendo persone, animate del resto dai migliori sentimenti verso l'Italia, che non porteranno nell'adempimento delle loro funzioni altre idee che quelle del loro sovrano e del Governo Imperiale. Più che dalle sue qualità personali la scelta del Principe Radolin per il

posto di Ambasciatore a Parigi è stata determinata dalla sua alta posizione sociale, largo censo e, sebbene ciò sia talvolta un ostacolo, dalle sue relazioni con l'alta società francese (la madre della principessa nasce Talleyrand-Périgord), le quali gli permetteranno di rappresentare, come desidera l'Imperatore, con sfarzo ed eleganza la Germania in Parigi. Egli da molto tempo desiderava lasciar Pietroburgo, ove perdette un figlio, e il cui clima non è favorevole neppure alla salute della Principessa, costretta perciò di star parte dell'anno assente dalla capitale russa. Vuolsi che non sia neppur estraneo al suo trasloco un incidente occorso col Granduca Vladimiro. di cui si occuparono i giornali, incidente che sebbene tosto appianato rendeva forse la posizione del Principe Radolin alquanto delicata alla Corte Imperiale. Il Principe Radolin è invece persona molto gradita presso l'Imperatore di Germania, e riveste una delle cosidette aìtissime cariche di corte quella di Gran Siniscalco.

547

L'AMBASCIATORE A WASHINGTON, FAVA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 1050/363. Washington, 3 dicembre 1900.

Stamane con le consuete formalità è stata inaugurata la 3" Sessione del 56• Congresso degli Stati Uniti. Si era da prima assicurato che, per onorare la memoria del Senatore Davis, Presidente del Comitato degli Affari Esteri, sarebbe stata tolta la seduta immediatamente dopo l'annunzio della morte di lui avvenuta pochi giorni or sono. Senonchè, all'ultimo momento, sono state mutate le disposizioni, ed il Messaggio Presidenziale, che doveva esser letto domani, giusta il mio telegramma n. 112 (1), lo è stato invece nella stessa seduta d'oggi.

Il Messaggio di quest'anno, di cui rimetto il testo, ha maggiore importanza dei precedenti sotto l'aspetto della politica estera. E ciò è determinato dalla crescente attività degli Stati Uniti nel campo internazionale. Sovrattutto la questione chinese v'è largamente trattata. Un abbondante sunto storico degli avvenimenti precede l'esposizione della linea di condotta che questo Governo mantiene e che si va svolgendo negli attuali negoziati di Pechino. Per questo nulla v'ha che non sia noto a V. E. È riaf'fermato il punto capitale della politica americana del commercio in China, aperto a tutti, e v'è espresso il desiderio che per le indennità sia adita la Corte Arbitrale dell'Aja, come fu suggerito dal Gabinetto di Pietroburgo.

Il Presidente Mac Kinley ha poi con elevate parole accennato alla grave sventura che colpì il nostro Paese, e alla parte che il Governo e la nazione americana v'hanno presa: pensiero questo che sarà molto apprezzato in Italia.

Per quanto concerne il linciaggio di Tallulah, ho avuto l'onore di telegrafare oggi stesso a V. E. (2) e di formare oggetto di speciale rapporto. Circa alle relazioni commerciali il Messaggio contiene ben poco, enumerando gli accordi conclusi in questo anno, compreso il nostro ed accennando

ai negoziati ora in corso. È solo notevole l'allusione che fa a leggi doganali estere le quali osteggiano gli interessi degli Stati Uniti, e alla minaccia di rappresaglie da parte di questo Governo. L'allusione sembra sia diretta alla Germania per la nota questione delle carni suine segnatamente.

Parole molto lusinghiere sono dirette al Giappone per le relazioni sempre più strette che l'uniscono alle altre Potenze, e pei rapidi progressi raggiunti tanto da fargli occupare un posto assai elevato fra le nazioni moderne.

Il documento presidenziale tratta quindi delle svariate questioni di carattere più particolarmente interno, la cui risoluzione interessa molto il paese. Fra queste le più importanti, l'aumento dell'Esercito, le costruzioni navali, la pacificazione e l'assetto politico delle Filippine, Cuba, nonchè il Canale interoceanico.

Di tale immensa mole di lavoro avrò l'onore di informare, come al solito,

V. E. a misura che i progetti relativi verranno dinanzi al Congresso, pel quale il Messaggio è come la traccia.

Da ultimo richiamo l'attenzione di V. E. sulla parte del Messaggio che rileva la straordinaria prosperità economica del Paese che ha raggiunto un grado davvero meraviglioso.

(l) -Non pubblicato. (2) -Cfr. n. 544.
548

IL MINISTRO A PECHINO, SALVAGO RAGGI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 3360/24. Pechino, 4 dicembre 1900, ore 17,53 (per. ore 7,50 del 5).

Ricevetti seguente telegramma datato da Singan-iamen 28 novembre: • Qui abbiamo protezione dalla autorità locale che è buonissima per noi •. Firmato Pagnucci.

Siccome questo conferma precedente promessa principe Cing, credo che possa considerarsi notizia attendibile.

549

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AGLI AMBASCIATORI A BERLINO, LANZA, A PARIGI, TORNIELLI, A VIENNA, NIGRA, E AGLI INCARICATI D'AFFARI A LONDRA, BOTTARO COSTA, E A PIETROBURGO, CALVI

T. 3559. Roma, 5 dicembre 1900, ore 23,15.

Il principe Giorgio di Grecia è stato da parecchi giorni in Roma. È stato ricevuto da Sua Maestà. Nei colloqui che io ebbi con esso, il principe mi ha rimesso un suo memorandum la conclusione del quale sarebbe che la popolazione cretese sia chiamata a deliberare, con un plebiscito, circa le proprie sorti. Però Sua Altezza non ha su questo punto insistito e mi ha invece consegnato un prome

moria che mi disse redatto dallo stesso Governo russo. In esso dopo l'affermazione che sarebbe desiderabile per ora in Creta lo statu quo, è soggiunto che, qualora il mantenimento dello statu quo si chiarisse impossibile sarebbe da considerarsi se non si possa conferire alla Grecia in Creta una posizione analoga a quella che l'Austria-Ungheria ha in Bosnia Erzegovina. Al principe, che desiderava conoscere a tale riguardo il mio pensiero, ho detto che il R. Governo non poteva, allo stato attuale delle cose, prendere alcun impegno; che qualora la Russia avesse preso l'iniziativa di fare alle potenze o la proposta di cui Sua Altezza parlava o un'altra proposta concernente Creta, il R. Governo ne avrebbe fatto oggetto di attento esame di concerto con le altre potenze, l'accordo di queste essendo la norma direttiva della nostra politica, portando in questo esame quegli stessi sentimenti di benevolenza di cui diede prova costante verso il popolo cretese.

Quando precede è per informazione di lei e per norma eventuale del suo linguaggio ,con codesto ministro degli affari esteri premendomi che rimanga chiarita la esatta misura delle dichiarazioni da me fatte al principe Giorgio.

550

L'AMBASCIATORE DI GRAN BRETAGNA A ROMA, CURRIE, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

Roma, 5 dicembre 1900 (per. il 7).

With reference to your Note of October 22"" last, I have the honour to express to Your Excellency, by instruction of Her Majesty's Principal Secretary of State for Foreign Affairs, the satisfaction with which Her Majesty's Government have learnt that the principles recorded in the Anglo-German Agreement relating to China, signed on October 16'h last, are accepted by Italy.

551

L'INCARICATO D'AFFARI A LISBONA, SALLIER DE LA TOUR, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 806/360. Lisbona, 5 dicembre 1900.

Oggi è giunta nelle acque del Tago la squadra inglese della Manica, proveniente da Gibilterra, al comando dell'ammiraglio Rawson. La flotta è composta di otto corazzate e di un avviso. Si dà qui una certa importanza politica alla venuta della squadra inglese, essendo tale visita stata ufficialmente annunciata al Ministro degli Affari Esteri da questo rappresentante dell'Inghilterra a nome del proprio Governo, e sapendosi che l'ordine ricevuto dall'ammiraglio Rawson era concepito in questi termini: partire con la flotta per Lisbona per complimentare il Re di Portogallo ed il suo Governo. Pare che la squadra inglese non si fermerà nelle acque del Tago che quattro giorni. Vi sarà un pranzo a Corte, un banchetto offerto dal Governo agli Ufficiali,

ed un ricevimento alla Legazione d'Inghilterra, al quale interverranno pure le Lo;:-o Maestà Fedelissime.

La stampa tutta si compiace altamente di questa dimostrazione dell'Inghilterra ed i giornali ufficiosi dicono che il maggior significato della visita della squadra inglese sta nel fatto che non vi sarebbe un motivo ostensibile per giustificarne la venuta.

552

L'INCARICATO D'AFFARI A VIENNA, CUSANI CONFALONIERI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. CONFIDENZIALE 3376. Vienna, 6 dicembre 1900, ore 13,10.

Apprendo da fonte sicura quanto segue: «Il console di Russia a Tiensin ha notificato, in nome del generale comandante in ,capo delle truppe russe, che egli si impossessava, per diritto di conquista, su una lunghezza di due miglia inglesi, della riva sinistra del fiume dirimpetto alle concessioni. Il giorno dopo il console belga a Tiensin ha prevenuto i suoi colleghi che, per ordine del suo ministro, egli prendeva di seguito al territorio occupato dalla Russia, una striscia di terreno della lunghezza di un miglio •.

553

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, ALL'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, PANSA

T. 3572. Roma, 6 dicembre 1900, ore 19,40.

Mi riferisco al suo telegramma di ieri (1).

Il principe Giorgio mi ha esposto le difficoltà della sua situazione in vista soprattutto di un possibile voto della prossima assemblea. Dal canto mio non presi verso il principe alcun impegno. Gli dissi che l'Italia non poteva prendere alcuna iniziativa. Qualora da alcun altro Governo qualche proposta fosse fatta, questa sarebbe da noi esaminata di concerto con le altre potenze.

554

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AGLI AMBASCIATORI A BERLINO, LANZA, A PARIGI, TORNIELLI, A VIENNA, NIGRA, E AGLI INCARICATI D'AFFARI A LONDRA, BOTTARO COSTA, E A PIETROBURGO, CALVI

T. 3575. Roma, 6 dicembre 1900, ore 19,55.

L'ambasciatore di Turchia mi ha fatto, per istruzioni del suo Governo, la seguente comunicazione: Il Governo imperiale dichiara che non potrebbe aderire in alcun modo a domande del principe Giorgio per l'indipendenza di Creta e la sua annessione alla Grecia.

(l) T. 3366, non pubblicato: richiesta del Governo turco che l'Italia non dia il suo appoggio all'annessione di Creta alla Grecia.

555

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, ALL'AMBASCIATORE DI GRAN BRETAGNA A ROMA, CURRIE

D. 50020/127. Roma, 6 dicembre 1900.

Colla nota in data 14 corrente V. E. mi ha fatto l'onore di annunciarmi l'avvenuta accettazione per parte di S. M. la Regina delle dimissioni del Marchese di Salisbury dal posto di principale segretario di Stato per gli affari esteri e la nomina in sua vece del marchese di Lansdowne.

Mi affretto a ringraziare l'E. V. per la cortese sua comunicazione e mi è grato ...

556

L'AGENTE E CONSOLE GENERALE A SOFIA, SILVESTRELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 1062/312. Sofia, 7 dicembre 1900.

Ieri l'altro 5 corrente il Signor Ivantchoff presentò al Principe le dimissioni di tutto il gabinetto. La ragione di questa crisi, da vario tempo prevista, sono stati i dissensi fra il ministro dell'interno Radoslavoff ed il ministro della guerra Paprikoff, determinati soprattutto dallo stato d'assedio nei distretti di Rusciuk, Varna, Sciumla e Razgrad, che le autorità militari tennero senza uniformarsi alle istruzioni del ministero dell'Interno. Il Principe diede subito l'incarico al Signor Radoslavoff di comporre la nuova amministrazione, mettendogli come condizione la permanenza nel ministero del generale Paprikoff; ma quest'ultimo rifiutò recisamente di conservare il portafoglio in una simile combinazione. Il Signor Radoslavoff presentò ieri una lista, che non fu accettata; ne ha presentata un'altra quest'oggi, ma vengo ora informato che anch'essa è stata scartata da S. A. R. il quale ha esonerato il Signor Radoslavoff dal mandato affidatogli. Il tentativo di soluzione della crisi adesso abortito ha la sua spiegazione nel carattere timido del Principe, che pur detestando il partito radoslavista, non sa decidersi, per timore, a staccarsene; nel desiderio di S. A. R. di non far credere che l'incidente rumeno possa influire per nulla sulle sue decisioni; e finalmente nella necessità di far votare il bilancio, cosa questa impossibile col

l'attuale Sobranie se il Signor Radoslavoff non sieda al banco dei ministri. Nel momento presente non m'è dato d'aggiungere altre notizie.

557

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. R. 2795/1280. Parigi, 7 dicembre 1900.

Rivela uno stato singolare di una parte notevole dell'opinione pubblica in

Francia il fatto che qui fu sentito come un atto di scortesia verso questo paese il rifiuto dell'Imperatore tedesco di ricevere il Presidente Kruger. Durante la presenza di questo personaggio in Parigi l'agitazione in favore di lui s'era propagata invadendo le aule del Parlamento ed il Governo ebbe, checchè se ne dica, la mano vinta poichè, non potendo opporsi, lasciò fare. Non si commossero in Inghilterra, per le manifestazioni francesi, nè la stampa, nè il Governo. Ma la partenza per Londra, in questi ultimi giorni, dell'Ambasciatore inglese potè sembrare collegarsi con gli incidenti ai quali la venuta del Presidente del Transwal ha dato causa. Mi sono reso conto che tale non è l'impressione di questo Signor Ministro degli Affari Esteri il quale, conversando con me, mi disse che l'assenza di Sir Edmund Monson gli era stata da lui stesso annunziata prima che la venuta a Parigi del Presidente Kruger si fosse verificata. Il mio Collega inglese avea anzi fatto cenno di uno speciale interesse suo di famiglia che lo avrebbe costretto a fare in questo momento una assenza da Parigi.

558

L'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, BOTTARO COSTA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 860/417. Londra, 7 dicembre 1900.

Nelle sue dichiarazioni di ieri sull'indirizzo della politica del Governo nell'attuale crisi in Africa Meridionale, Lord Salisbury non ha lasciato dubbio sul programma che intende seguire, quello cioè della guerra a fondo, inflessibile e senza concessioni. • Poichè i Boeri vogliono cedere solo a patto che sia loro restituita sotto una qualsiasi forma la loro indipendenza, e che questa non gliela possiamo dare, non rimane che schiacciarli, e rendere impossibile per l'avvenire il rinnovarsi di una resistenza incompatibile con gli interessi dell'Impero •. Questo è in sostanza l'argomento sul quale si sono aggirate le dichiarazioni del Primo Ministro.

Circa la China, Lord Salisbury disse che non dubitava che il Concerto Europeo finirebbe per far prevalere il proprio programma, e che se vi era una cosa da augurare ora, era di vedere l'accordo tra le Potenze, ottenuto che abbiano quanto ora esigono, così perfetto, come lo è in questo momento. Si scusò dal non entrare in maggiori particolari per non voler tradire segreti suoi ed ancor meno quelli degli altri.

559

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

(AVV)

L. P. [Parigi], 7 dicembre 1900.

Mi duole di dover entrare in un rincrescevole soggetto del quale probabilmente Ella non tarderà ad essere informato dall'Ammiraglio Canevaro se questi viene a Roma.

Il Signor Delcassé al quale l'Ammiraglio ed io fecimo insieme una prima visita, accolse il nostro ex Ministro degli Affari Esteri con molta cortesia e lo impegnò a rivederlo prima di partire per l'Italia. Al suo ritorno da Londra l'Ammiraglio domandò dunque, per il mio tramite, un nuovo convegno e l'ebbe il 3 di questo mese. Della conversazione seguita fra il Ministro e l'Ammiraglio fui da quest'ultimo solo informato. Delcassé si limitò a dirmi di aver ricevuto la visita e null'altro aggiunse.

Pare che Delcassé, dopo di aver insistentemente ragionato dei buoni rapporti esistenti fra l'Italia e la Francia e del desiderabile maggiore sviluppo di essi, abbia spontaneamente rivolto il discorso sovra le diffidenze che la politica amichevole della Francia incontra tutt'ora nel nostro paese. L'Ammiraglio pensò che l'occasione di un privato colloquio fosse buona per tenere un linguaggio che deve avere rinforzato nel suo interlocutore il convincimento che tali diffidenze esistono infatti non soltanto in una larga parte della pubblica opinione italiana ma anche fra un numero importante di uomini politici influenti del nostro paese. Da ciò che l'Ammiraglio mi riferì, risulta che la conversazione si dilungò assai sovra la ricerca dei motivi di questo stato dell'opinione italiana determinando da parte di Delcassé i dinieghi i più assoluti sovra la politica a doppia faccia attribuita in Italia alla Francia e sul preteso concorso finanziario francese per isconvoigere gli ordinamenti nostri interni. Sono disposto a credere che, per Delcassé., buona parte delle cose dettegli dall'Ammiraglio Canevaro non aveano pregio di novità. Per certo egli già le avea sapute dagli ambasciatori francesi a Roma. A varie riprese, con sensibile amarezza, la nota delle ingiustificate diffidenze nostre vibrò nel linguaggio di questo Ministro degli Affari esteri principalmente quando le nostre conversazioni si aggiravano sovra la Tripolitania. Ma a me sembrò che il discorso che s'impegnasse sovra siffatto tema, poteva condurci lontano e l'evitai come cosa pericolosa.

Ora mi domando perchè Delcassé ha voluto interrogare sovra un soggetto tanto scabroso un nostro ex Ministro degli Affari esteri, di cui le gazzette annunziano la probabile nomina all'Ambasciata di Londra e che per l'alta posizione militare non meno che per le recenti missioni affidategli, può supporsi conoscere e rispecchiare il pensiero del Re? Sarebbe forse penetrato nella mente di Delcassé il sospetto dell'inefficacia di una politica favorevole agli interessi italiani poichè la Francia incontrerà sempre in noi l'avversario che non smette i suo rancori?

Non sono pochi pur troppo in Italia coloro che d'ogni circostanza profittano per lasciare intendere qui che l'ostacolo insuperabile per la perfetta intesa franco-italiana sta nella diversità degli ordinamenti politici interni esistente fra i due paesi. Qui si sa, se le circostanze richiedessero un'immediata azione sconvolgitrice delle nostre istituzioni costituzionali, gli artefici per l'opera nefasta non mancherebbero fra gli Italiani. Come le diffidenze nostre corroborino all'azione antinazionale di costoro ognun può facilmente comprendere ed a me pare cosa naturale il supporre che anche coloro che in Francia sono fermi nella linea corretta ed amichevole a riguardo nostro, non possono non sentire le voci che li vorrebbero persuadere a cambiare rotta.

Non vorrei che la curiosità del Signor Delcassé di sapere quale probabilità

di buon esito abbia in Ita~ia la sua politica z:::1:chC'vole, corrisponde::se ad una

perplessità dell'animo suo cagionata da estranee influenze. Se così fosse, le dichiarazioni dell'Ammiraglio Canevaro potrebbero essere tutt'altro che innocue nè potrei tacere a V. E. tutto il dispiacere e tutta l'inquietudine che ne proverei.

Nella politica di riavvicinamento alla Francia, resa necessaria dallo stato di tensione al quale erano ridotte, or sono sei anni, le relazioni nostre con questo paese, non tardai a prevedere che un momento critico si presenterebbe quando, mutandosi le disposizioni della Francia a riguardo nostro, non si mutassero di pari passo quelle dell'Italia verso il Governo Francese. Con il favore delle circostanze, fra le quali primeggiano la presenza di Lei nel Ministero e la fiducia grande che Ella qui ispira le simpatie e l'amicizia della Francia per l'Italia si sono risvegliate in estesa misura e nelle previsioni vagheggiate da uomini importanti ed influenti l'idea della conciliazione ed unione degli interessi dei due paesi prevale oggi sovra il vieto pregiudizio della incompatibilità dell'unità italiana con la sicurezza della Francia. Non credo arrischiarmi troppo col dire che presentemente il sentimento della classe dirigente di questa repubblica verso l'Italia è assai diverso da quello che persiste nel nostro paese. L'Ammiraglio Canevaro mi assicurò di aver messo fuori causa il Ministero nostro attuale e me stesso. Ma ciò non attenua sensibilmente la gravità dell'impressione che il suo linguaggio può avere prodotto.

La situazione che risulta dalle precitate circostanze è delle più delicate. Io veglio costantemente su me stesso per non !asciarmi trascinare in una via dove sento che, muovendo anche corti passi, rischierei di procedere tutto solo. Ma ciò che m'impensierisce maggiormente è che la situazione delicatissima potrebbe diventare anche instabile, esposta, come essa è alle conseguenze di quei moti repentini che sono sempre da temere da una nazione eccitabile ed impressionabile quale è questa.

Scrivendo a Lei, ben posso dire che quello stesso che, con i concorsi italiani che Ella conobbe, il Principe di Bismarck avrebbe fatto nel 1870 per bruciare il trono del nostro Re, -secondo la cinica sua espressione -se un battaglione del R" Esercito avesse traversato le Alpi in soccorso di Napoleone III, sarebbe logico benchè disonesto, che fosse fatto dal Governo repubblicano francese. Fino dal primo momento della mia venuta qui mi applicai pertanto ad osservare se qualche indizio si scorgesse di una siffatta tendenza fra i dirigenti di questo Governo. Ma se fin· qui nulla di sospetto ho potuto rimarcare, le cose non potrebbero forse mutare d'un tratto se prevalesse in Francia l'opinione della inefficacia della politica di amicizia e di comunanza d'interessi con l'Italia regia?

Di questo soggetto scrissi or sono alcuni anni ad uno dei predecessori di

V. E. nello intendimento che ne fosse avvisato il compianto Re Umberto. La mia responsabilità è grande oggi come allora e la mia lealtà verso la Corona m'impone di segnalare ad un tempo il significato che può avere l'indagine fatta da Delcassé e l'effetto che può avere prodotto il linguaggio dell'Ammiraglio Canevaro.

Alieno da tutto ciò che può sembrare pettegolezzo affido all'alta prudenza di Lei il contenuto di questa lettera e l'uso che Ella stimasse di farne.

560

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. R. Parigi, R dicembre 1900.

Con telegramma delli 23 novembre ultimo (l) V. E., in risposta alla mia comunicazione telegrafica del dì innanzi (2), mi faceva conoscere essere desiderio suo che il Signor Delcassé formulasse egli stesso la clausola relativa alla misura dell'indennità da chiedersi alla Cina ed ai mezzi di pagamento della medesima. Tale formula, per riuscirei soddisfacente, avrebbe dovuto mettere in chiaro che tanto la misura anzidetta, quanto i modi di esazione saranno determinati dal concerto delle Potenze.

Non tardai a mettermi a tale riguardo in relazione con questo Signor Ministro degli Affari Esteri e, fin dal 24 novembre, egli fu da me informato del desiderio del R. Governo. Il Signor Delcassé mi disse allora che egli si occuperebbe con alacrità della cosa ed infatti io fui messo in grado il 28 novembre di telegrafare a V. E. (3) che questo Gabinetto aveva esplorato le intenzioni di quello di Pietroburgo, quando da Pechino gli pervenne l'avviso che colà i rappresentanti dei Governi s'erano messi d'accordo sovra una formula che faceva dipendere dall'intesa de' medesimi la determinazione della misura delle indennità e la adozione dei mezzi di guarentirne il pagamento. Il Signor Delcassé, nello informarmi di ciò, avea conchiuso che la questione, della quale io lo avea intrattenuto, si trovava per tale guisa risoluta. Soggiungeva poi non esser egli disposto a muovere obiezioni alla proposizione concordata a Pechino: desiderare che così facciano tutti gli altri stati, poichè era più che mai desiderabile che il negoziato fosse finalmente avviato con qualche sollecitudine.

Mi ritrovai il mercoledì 5 corrente con questo Ministro degli Affari Esteri e lo interrogai circa la sosta che pareva continuare nelle trattative dei rappresentanti delle Potenze a Pechino. Mi premeva sapere se qualche nuovo dissenso fosse nato circa la proposizione relativa alla misura ed alla guarentigia del pagamento delle indennità. La risposta del Signor Delcassé mi rassicurò sovra questo punto e mi parve che, non avendomi V. E. fornito d'altre istruzioni, io dovessi astenermi da ogni altra insistenza sovra il medesimo.

561

L'INCARICATO D'AFFARI A LISBONA, SALLIER DE LA TOUR, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 810/362. Lisbona, 8 dicembre 1900.

Facendo seguito al rapporto che ebbi l'onore d'inviare all'E. V. in data del 5 dicembre n. 806/360 (4) relativamente alla venuta della squadra inglese della Manica nelle acque del Tago, credo opportuno aggiungere qualche notizia, visto l'importanza politica che si vuoi dare a tale visita. S. M. il Re Don Carlos alla fine del pranzo di Corte dato in onore degli ufficiali della squadra

lesse un discorso nel quale parlò chiaramente ed in termini calorosissimi della stretta alleanza che esiste fra i due paesi. Appena finito il pranzo il Re Don Carlos mandò un telegramma alla Regina d'Inghilterra ed in tale telegramma Sua Maestà si felicitò della franca e leale alleanza che univa i due paesi.

Al banchetto poi offerto il giorno dopo dal Governo agli ufficiali della squadra inglese i discorsi pronunciati dal Presidente del Consiglio e dal Ministro della Marina da una parte, e dall'altra parte da questo Ministro d'Inghilterra e dall'Ammiraglio Rawson, non furono meno espliciti o meno calorosi di quello pronunciato dal Re.

Di questi quattro discorsi quello che fece maggiore impressione e che si ritiene abbia una vera importanza politica, per la speciale posizione e la conosciuta riservatezza e prudenza dell'oratore, fu quello pronunciato da Sir H. Mac Donell, che da otto anni rappresenta a Lisbona l'Inghilterra.

Sir H. Mac Donell, dopo aver ringraziato il Governo Portoghese per l'attitudine amichevole che, con tanta correttezza, mantenne verso l'Inghilterra durante la guerra sud-Africana, e dopo aver detto che l'alleanza esistente fra i due paesi non è d'oggi e che essa non soltanto fu osservata nel passato ma fu confermata nel presente, aggiunse i tre periodi seguenti, che credo utile trascriver tradotti:

• Nello stesso modo come le attuali navi da guerra hanno bisogno di armamento maggiore e di una costruzione differente dalle antiche navi, cosi è stato necessario rimodellare e rendere conformi alle esigenze attuali i patti che nel passato ci univano.

L'alleanza che ci ha indissolubilmente tenuti uniti non ha bisogno che di rivivere e di essere confermata, e tale conferma il Portogallo la possiede con la presenza della squadra della Manica •.

• Il Governo Britannico considera che i trattati che da lungo tempo tengono uniti i due Paesi e che ripetutamente sono stati citati, non fecero che rendersi più forti e stretti in seguito ai recenti avvenimenti •.

Dell'apparente contradizione che si potrebbe forse ravvisare in queste parole di Sir H. Mac Donell non mi fu possibile ottenere la spiegazione, e debbo aggiungere che i Capi Missione, con i quali mi intrattenni in proposito, non sono ancora riusciti, al pari di me, a scoprire se questo Ministro d'Inghilterra volle parlare di patti nuovamente conchiusi, oppure se volle dire che i patti antichi bastavano quali erano e che erano stati riaffermati dall'attuale dimostrazione navale.

Ad ogni modo è certo che anche Sir H. Mac Donell parlò di alleanza ed è pure certo che in questa affermazione di alleanza la stampa in Portogallo ha voluto vedere un fatto nuovo di una grandissima importanza politica.

Benchè mi risulti che il testo dei vari discorsi pronunciati in questa circostanza fu inviato da questo Ministro degli Affari Esteri a tutte le Legazioni Portoghesi affinchè i Governi Esteri ne avessero conoscenza, pure, per seguire la tradizione esistente in questa R. Legazione, ho l'onore di trasmettere qui unito la traduzione di quel cinque discorsi e del telegramma del Re Don Carlos (1).

(l) -Cfr. n. 512. (2) -Cfr. n. 507. (3) -Cfr. n. 527. (4) -Cfr. n. 551.

(l) Non pubblicati.

562

IL MINISTRO A PECHINO, SALVAGO RAGGI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 3401/26. Pechino, 10 dicembre 1900, ore 15,20.

Ministro di Germania sollevò obiezioni sulla regolarità pieni poteri principe Cinge Li-Hung-Chang. Questi proposero far venire pieni poteri eguali quelli avuti per trattato Scimonoseki. Decidemmo che per non perdere tempo si consegnerà nota appena che tutti i rappresentanti esteri saranno autorizzati, riservando esaminare loro pieni poteri prima di firmare accordo. Si sollevò questione se chinesi potranno esigere da noi pieni poteri. Tutti i rappresentanti esteri decisero che, essendo inviati straordinari e ministri plenipotenziari, non ne hanno bisogno. Io solo sono ora accreditato in qualità di ministro residente. .Non ho creduto. opportuno però farlo notare, per non provocare ritardi. Il R. Governo giudicherà se sia il caso di cambiare mia qualità nelle nuove credenziali che debbono, ad ogni modo, essermi inviate, oppure inviare pieni poteri speciali. Spedendo questi ora per la posta essi giungono a tempo.

563

IL MINISTRO A PECHINO, SALVAGO RAGGI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 3402/25. Pechino, 10 dicembre 1900, ore 22,30 (per. ore 6 dell'11).

Proposte giapponesi, già approvate con alcune modificazioni accettate da ministr·o del Giappone.

564

IL RAPPRESENTANTE DIPLOMATICO PRESSO IL NEGUS, CICCODICOLA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 38/47. Addis Abeba, 10 dicembre 1900 (l).

Come avevo previsto e notificato ·col tel. n. 36, 15 settembre (2), Guignony è stato nominato agente consolare Harrar appena arrivato colà Lagarde. Ho ricevuto ora lettere nostri sovrani per Menelik, Taitù. Domani parto per Addis Alem presentarle Menelik.

(l) -Il telegramma venne trasmesso da Aden il 6 gennaio 1901, ore 18 e pervenne alle ore 19.25. (2) -Non pubblicato.
565

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, ALL'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, BOTTARO COSTA

D. R. 50311/269. Roma, 10 dicembre 1900.

Ho ricevuto il suo rapporto del 20 novembre u.s. n. 870/393 (1). Anche a me non par probabile che il Governo Britannico abbia conchiuso accordi col Sultano di Alula senza informarne l'Italia. Ad ogni modo, sarebbe utile che, evitando di fare alcuna diretta pratica ufficiale, Ella procurasse possibilmente di conoscere che cosa vi sia di vero nella notizia di un trattato stipu

lato tra la Inghilterra e quel Sultano e circa la missione che, per incarico di quest'ultimo, avrebbe compiuto in Aden Mohamed Musa.

566

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, ALL'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, BOTTARO COSTA

D. 50312/270. Roma, 10 dicembre 1900.

Il suo pregiato rapporto, n. 839/402, in data del 28 novembre u.s. (1), riferiva circa alla proditoria aggressione dei Somali Ogaden, di cui è stato vittima il Signor Ienner, Vice Commissario del Jubaland. Confidiamo che le misure prese dalle Autorità Britanniche valgano a sedare prontamente la ribellione, che potrebbe, allargandosi, essere causa di torbidi anche nei nostri possedimenti della riva sinistra del Giuba. Fortunatamente le ultime notizie ricevute da Zanzibar confermano la tranquillità della Colonia nostra. Ad ogni modo, son sicuro che Ella non mancherà di continuare ad inviarci

le ncUzie che, sulla situazione nel Jubaland, le fossero comunicate dal Foreign Office.

567

L'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, BOTTARO COSTA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. R. 869/424. Londra, 10 dicembre 1900.

Il Signor Chamberlain ha risposto evasivamente l'altro ieri ad una interrogazione direttagli da un Deputato che desiderava schiarimenti circa alcune parole che il Ministro avrebbe pronunciate in una recente occasione sulla necessità di adottare provvedimenti più severi per rendere coercitivo l'uso della

lingua inglese a Malta. Il Ministro negò di aver pronunciate le parole attribuitegli in quell'occasione, e rimandò l'interrogante al documento parlamentare

n. 287 (1899) che disse contenere le più re,centi informazioni sull'argomento. Unisco il documento menzionato dal Signor Chamberlain (1).

(l) Non pubblicato.

568

L'AGENTE E CONSOLE GENERALE A SOFIA, SILVESTRELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 1071/315. Sofia, 10 dicembre 1900.

Facendo seguito al mio rapporto del 7 corrente n. 1062/312. (1), mi pregio d'informare V. E. che il Principe, dopo aver ritirato al Signor Radoslavoff il mandato di formare il nuovo Ministero, richiamò il Signor Teodoro Ivantchoff incaricandolo di mettersi d'accordo col partito zamovista (russofilo) per costituire una nuova amministrazione. Ma il capo di quel partito, Avvocato S. Daneff, rifiutò tale combinazione, preferendo aspettare, per ricevere egli stesso il mandato dal Principe. Cercò allora il Signor Ivantchoff di intendersi coi membri àcll'antico gabinetto che s'erano staccati per dissensi dal Signor Radoslavoff (2), e di formare il nuovo ministero con essi e con altri elementi incolori. Dopo due giorni di difficili tentativi, questa sera il ministero è stato finalmente composto ed approvato da S. A. R. Ecco la lista:

Presidenza e Finanze: T. Ivantchoff;

Esteri: D. Tontcheff;

Interno: Generale R. Petroff;

Giustizia: Dantcheff;

Agricoltura e Commercio: J. Titoroff;

Istruzione: I. Teieff;

Guerra e interim dei LL.PP.: Generale Paprikoff.

Come dissi nel precedente rapporto, sarà difficile che un ministero nel quale non siede il Signor Radoslavoff possa avere la maggioranza nell'attuale Sobranie: il Signor Ivantchoff ha voluto quindi l'autorizzazione di sciogliere il parlamento, ed è probabile che ne approfitterà ben presto.

Come ministero di transizione e d'affari, e tenendo conto del livello morale e politico di questo popolo, il nuovo gabinetto non è dei peggiori. Il ministro degli esteri Tontcheff è persona danarosa, ben conosciuta da tutti gli Agenti diplomatici. La figura principale è però il nuovo ministro dell'Interno, generale Petroff, antico militare, adesso nella riserva, che fu lungamente ministro della guerra e si ritirò nel 1896 per non voler cedere ai voleri del Principe nella questione degli emigrati. Uomo energico e senza legami di partiti, sarebbe al caso, al bisogno, d'alzar la mano contro i comitati macedoni: ma non ritengo che si voglia una soluzione radicale e definitiva di quella questione.

Il Principe, che incontrai sabato dal Commissario Imperiale Ottomano, mi disse che era stanco e disgustato di questa crisi ministeriale. Mi parlò soprattutto in termini aspri del Signor Radoslavoff e delle due liste che gli aveva presentato. In una di esse figurava come ministro degli affari esteri il Signor Popoff, attuale sindaco di Sofia. S. A. R. aggiunse, ridendo, d'aver domandato al Signor Radoslavoff se quel personaggio aveva un'idea della politica estera.

Concluse il Principe che nessuna delle persone colle quali s'era abboccato aveva dimostrato la menoma sollecitudine pel bene del paese, ma che tutti avevano fatto mostra senza ritegno degli appetiti più bassi del genere umano. Cosa questa talmente verosimile e vera che sarebbe stato ingenuo di contraddirlo.

La libertà senza freni ed il regime parlamentare hanno così ridotto in soli vent'anni questo popolo giovane! E non possiamo stupircene davanti agli effetti deleterì che quel sistema di Governo produce nei nostri paesi dell'Occidente.

(l) -Cfr. n. 556. (2) -Tontcheff, ministro dei Lavori Pubblici, Titoroff, ministro del commercio, Paprikoff, ministro della guerra.
569

RELAZIONE DEI DELEGATI ITALIANI ALLA CONFERENZA NAVALE DI BERLINO, CONTRAMMIRAGLIO GRENET E MAGGIOR GENERALE PRUDENTE, PER IL MINISTRO DELLA MARINA, MORIN

(USM, Cart. 171/5) (l)

N. RR. 21. Roma, 10 dicembre 1900.

La Commissione, a prender parte della quale, fummo delegati da codesto Onorevole Ministero e dal Ministero della Guerra, iniziò i suoi lavori, presso l'Ufficio di Stato Maggiore della Marina Germanica, la mattina del 5 novembre, e li ultimò dopo un mese, il 5 dicembre ora trascorso.

In totale furono tenute n. 12 sedute, delle quali le ultime quattro più specialmente impiegate alla compilazione del progetto di Convenzione Marittima, che si allega al presente rapporto insieme ai verbali delle varie sedute. Le singole disposizioni contenute in siffatto progetto di Convenzione, rispecchiano fedelmente, ed in forma generica e riassuntiva, le successive deliberazioni prese nelle varie sedute.

Fin dall'inizio del lavoro non ci dissimulammo le difficoltà che occorreva superare per raggiungere un risultato pratico e concreto; mancando ai vari membri destinati a prender parte alla Conferenza quel preparatorio affiatamento così necessario per ridurre ogni questione nei suoi limiti veri, fu giuocoforza intendersi, innanzitutto, sulla portata del • Programma » della Conferenza, stabilendo che allo stesso non convenisse dare altro valore, che queUo di una semplice traccia, da servire di guida e di facilitazione nella trattazione degli argomenti da sottoporsi all'esame dei Delegati della Conferenza. Difficoltà di non lieve momento fu altresì quella derivante dalla impossibilità di adoperare un unico idioma nelle discussioni; ma anche questa venne in parte rimossa, lasciando piena libertà ai singoli Delegati di esprimersi in quella lingua con la quale si avesse maggiore dimestichezza, obbligandoli, però, nel tempo stesso a presentare in iscritto ed in forma concisa quanto espresso col vivo della voce, si riteneva conveniente che fosse inserito nei processi ve11bali delle singole discussioni. Procedendo in siffatta guisa le discusioni medesime vennero convenientemente disciplinate; e la necessità di riferirsi a tali scritti riassuntivi, informò le inevitabili successive disquisizioni ad un reciproco spirito di ponderazione e di equanimità.

27 -Documenti diplomatici -Serie III -Vol. IV

In generale è d'uopo affermare, che, dissipate le incertezze dei primi momenti, apparve chiaro che tanto i Delegati Gevmanici, quanto ·quelli austroungarici erano animati dalle migliori intenzioni a nostro riguardo; e che, in ispecie, per i primi, l'addivenire alla compilazione di una convenzione preliminare relativa all'impiego della flotta della Triplice rappresentava un interesse di primo ordine.

Non astante che le istruzioni verbali a noi comunicate, ci suggerissero di lasciare in disparte quelle questioni più specialmente riferentisi ai peculiari bisogni di ogni singola flotta, considerati in relazione alla importanza militare, ed alla estensione dei compiti affidati in guerra alla flotta medesima, nonchè alla conseguente cooperazione delle altre flotte pel raggiungimento di un fine comune; edotti, mercè opportune informazioni preliminari, che nulla si opponeva alla trattazione di questioni siffatte, non tralasciammo di richiamare su di esse l'attenzione dei Delegati delle altre due potenze della Triplice, mettendo in evidenza le speciali condizioni, nelle quali si troverebbe la flotta Italiana nel Mediterraneo, in caso di guerra, e quali inevitabili conseguenze politicomilitari avrebbe avuto per la Triplice Alleanza la probabile eventualità che la flotta Italiana rimanesse, nel conflitto, sopraffatta.

Conseguenza di un tale passo furono la inserzione nel progetto di Convenzione Marittima del comma c) del paragrafo 2° • Azione della flotta in guerra •, e le esplicite dichiarazioni contenute nei verbali delle sedute del 10-12 e 14 novembre del Presidente della Conferenza Vice Ammiraglio von Diederichs e del Capitano di Vascello dell'I. e R. Marina Austro-Ungarica Couarde, dichiarazioni che noi avremmo voluto, consenzienti in ciò i Delegati Austro-Ungarici, che fossero integralmente inserite nel Progetto di Convenzione; ma che non lo furono, per espresso desiderio del prefato Vice Ammiraglio, il quale, a tal proposito, osservò, che ammesso ed inserito nella Convenzione il principio generale di massima, non sembrava razionale di introdurre nella medesima affermazioni relative a casi particolari derivanti dalla speciale situazione del momento, e dal reciproco. incremento avvenire delle singole flotte alleate.

Le dichiarazioni predette ci furono, d'altro canto, reiteratamente confermate dai Delegati ora menzionati, i quali a più riprese, ci dichiararono, nel modo più esplicito, che l'incremento della flotta Germanica ed Austro-Ungarica avrebbe permesso alla medesima, nel termine minimo di un quadriennio, di concretare sulla base di elementi più positivi, e tenendo conto della situazione generale prevedibile in caso di guerra, la possibilità e l'entità della loro cooperazione a vantaggio della flotta Italiana nel Mediterraneo.

A noi non parve opportuno di insistere più oltre su di un argomento siffatto, sia perchè i risultati sin qui ottenuti ci sembrarono soddisfacenti, sia perchè esso non era parte integrante del compito assegnato alla Conferenza.

In ordine alla delimitazione delle zone di operazioni delle singole flotte,

Delegati Austro-ungarici si mostrarono restii all'accettazione integrale delle nostre proposte, e richiesero che la zona da assegnarsi alla loro flotta fosse ristretta al solo Mare Adriatico; e poichè un tale desiderio si collegava all'impegno assunto di proteggere le nostre linee litoranee adriatiche interessanti la mobilitazione del nostro esercito in caso di radunata, noi credemmo di aderirvi, ·limitando la nostra cooperazione alla protezione anzidetta, all'esclusivo impiego degli elementi navali assegnati alla difesa costiera dell'Adriatico, che si trovassero in detto mare all'inizio della guerra.

Salvo poche varianti di scarsa entità, tutte le altre nostre proposte vennero, in massima, accolte, disciplinando, per tale guisa, tutto quanto si riferisce alla dipendenza strategica ed alla dipendenza militare delle tre flotte, o parti di flotte, operanti insieme, nonchè tutto ciò che rifletta gli studii e le reciproche comunicazioni da farsi fin dal tempo di pace, le norme da seguirsi dalle navi, che all'atto dell'apertura delle ostilità, si trovassero fuori della propria zona di operazioni, l'impiego dei piroscafi mercantili a scopo di guerra, etc., etc.

Il Vice Ammiraglio von Diederichs, nella seduta del 5 Dicembre, in cui furono firmati, in triplice copia, in lingua tedesca ed italiana, i processi verbali delle sedute, ed il progetto di Convenzione, comunicò ai Delegati che di tale progetto aveva dato lettura a S. M. l'Imperatore di Germania, il quale ne era rimasto altamente soddisfatto, che da parte della Germania doveva ritenersi come integralmente accettato, e che nutriva speranza che uguale accoglimento avrebbe avuto da parte delle Alte Autorità Italiane ed Austro-Ungariche chiamate a controfirmare la Convenzione definitiva. Soggiunse inoltre che, a suo avviso, il risultato ottenuto con la compilazione del progetto di Convenzione, oltre ad avere un'importanza pratica, della quale gli utili effetti non avrebbero tardato a manifestarsi, aveva un grandissimo valore morale, poichè, stabilendo le basi fondamentali di un'azione comune delle tre Marine Alleate, era da considerarsi come il vero e necessario completamento del Trattato della Triplice Alleanza.

A nostro parere il progetto di Convenzione risponde ai nostri interessi e provvede a colmare alcune lacune del nostro sistema difensivo; sulle quali ebbe a trattenersi la Commissione Suprema per la difesa dello Stato.

Con le disposizioni in esso contenute la protezione delle linee ferroviarie adriatiche interessanti la nostra mobilitazione terrestre è da ritenersi assicurata; la eventualità di un concentramento delle tre flotte per un'operazione in comune è preveduta; le norme relative al Comando in mare e alla dipendenza dai Comandi Supremi sono stabilite; gli studii e le comunicazioni da farsi, sin dal tempo di pace, sono determinate.

Nelle successive revisioni, che a richiesta di una delle potenze alleate, potranno farsi alla Convenzione, sarà facile di apportarvi tutte quelle modificazioni e quei miglioramenti, che la tutela dei nostri interessi e le modificate necessità del momento potranno suggerire.

Dalle frequenti relazioni e dagli scambi di vedute che avemmo con le alte Autorità Militari e Navali Germaniche potemmo ·convincerci che tanto dal Capo del Grande Stato Maggiore dell'Esercito Generale von Schlieffen, quanto dal Capo di Stato Maggiore della Marina, Vice Ammiraglio von Diederichs, ambedue interpreti fedeli del pensiero di S. M. l'Imperatore, si dava una grande importanza al fatto che la ratifica della Convenzione definitiva avesse luogo al più presto, per iniziare e portare a termine, in breve tempo, gli studii in essa considerati di competenza dei rispettivi Ufficii di Stato Maggiore delle Marine Alleate.

Connesso a tale concetto è l'esplicito desiderio, più volte manifestato dalla Autorità predetta e dai Delegati alla Conferenza in nome proprio e dei loro Governi, di addivenire, senza ritardo, per parte nostra, alla nomina degli Addetti Navali presso la Ambasciata di Berlino e di Vienna, sui quali, sia per l'applicazione della Convenzione, sia per lo svolgimento degli studii dalla stessa derivanti, è mestiere di far largo e proficuo assegnamento.

ALLEGATO.

CONVENZIONE NAVALE DEL 5 DICEMBRE 1900 TRA LE MARINE ITALIANA, GERMANICA ED AUSTRO-UNGARICA (US'M, Cart. 171/4)

Con formale autorizzazione dei Sovrani della triplice alleanza viene stipulata la seguente convenzione tra il R. ministero della marina italiana, la sezione marina dell'I. e R. ministero del1a guerra austro-ungarico e l'ufficio di stato maggiore della marina imperiale germanica con lo scopo di preparare l'azione comune delle tre marine alleate nel caso di una guerra della triplice alleanza.

l. Zone d'operazioni.

Ognuna delle tre marine, avendo un interesse preponderante in determinate zone marittime, rivolge una speciale attenzione ai preparativi per una guerra nelle medesime. Tali zone marittime vengono denominate zone d'operazioni:

a) la zona d'operazioni germanica comprende il Mar Baltico, il Mare del Nord, la Manica e le parti dell'Oceano Atlantico, che bagnano l'Europa; b) la zona d'operazioni austro-ungarica comprende il Mare Adriatico sino al parallelo di S. Maria di Leuca;

c) la zona d'operazioni italiana comprende tutto il bacino occidentale del Mediterraneo dallo Stretto di Gibilterra sino alla linea Capo S. Maria di Leuca Ras el Tin.

La restante parte del Mediterraneo deve essere considerata come zona d'operazioni comune tra Austria-Ungheria e Italia.

2. Azione deUe flotte in guerra.

a) Ogni flotta procura, secondo le proprie forze, di ottenere il dominio del mare nella sua zona di operazioni e di trarne profitto.

Nota -La flotta austro-ungarica procurerà di coprire ambedue le sponde dell'Adriatico e di proteggervi nel miglior modo possibile lungo le coste italiane anche la mobilitazione ed i movimenti di radunata dell'esercito italiano. Per quest'ultimo scopo saranno al giù presto possibile messi a disposizione della marina austro-ungarica gli elementi navali italiani combattenti destinati alla difesa di dette coste che al principio delle ostilità si troveranno nell'Adriatico.

b) Ogni flotta procurerà per quanto è possibile, di impedire direttamente, od indirettamente, la congiunzione di flotte, o di parti di flotte, nemiche.

c) Se dalla situazione generale appare conveniente, può essere effettuata una riunione di flotte alleate, o di parte delle medesime, allo scopo di vicendevole ajuto o per un'azione comune in una delle zone d'operazioni, in base ad accordi da prendersi caso per caso.

3. Direzione superiore strategica (Comando Supremo).

a) Le flotte alleate, o parti delle medesime, operano isolatamente.

La direzione superiore strategica di un'operazione di comune interesse eseguita da due o tre flotte, o parti di flotte, alleate, viene confidata ad uno dei Comandi

Supremi interessati, in seguito ad accordi reciproci presi tra detti Comandi; e quello che la assume, la esercita, salvo altre disposizioni, verso la flotta, o parti di flotte, delle altre nazioni alleate per mezzo dei rispettivi Comandi Supremi.

b) Due o tre flotte, o parti di flotte, alleate, operano insieme in una delle tre zone d'operazioni.

La direzione superiore strategica compete al Comando Supremo della nazione, nella cui zona si svolge l'operazione. Tale Comando Supremo corrisponde direttamente col comandante superiore delle zone navali, ma, peraltro, tiene costantemente informati gli altri Comandanti Supremi circa i suoi intendimenti.

Nota I -Se occorre di stabilire una direzione superiore strategica per operazioni comuni delle flotte nelle parti orientali del Mediterraneo saranno presi, caso per caso e secondo l'obiettivo, reciproci accordi tra il Comando Supremo austroungarico ed il Comando Supremo italiano.

Nota II -Se si svolgono delle operazioni terrestri d'importanza strategica sulle coste italiane adriatiche, colla cooperazione diretta della flotta, il Comando Supremo italiano, per ragioni di opportunità, può anche assumere la direzione superiore strategica, prendendo in precedenza degli accordi col Comando Supremo austro-ungarico.

c) Due o tre flotte, o parti di flotte, alleate operano insieme fuori delle zone d'operazione prestabilite.

Allorquando la direzione superiore strategica deve essere affidata ad uno dei Comandi Supremi, vengono presi, per quanto possibile, in precedenza degli accordi, determinando in pari tempo la dipendenza militare delle flotte o parti di flotte.

Il Comando Supremo, che assume tale direzione, corrisponde direttamente col comandante superiore delle flotte, o parti di flotte, operanti insieme, ma tiene costantemente informati gli altri Comandi Supremi circa i suoi intendimenti.

4. Dipendenza militare reciproca di flotte, o di parti di flotte operanti inRieme (Comando Superiore).

Se i Comandi Supremi interessati non hanno confidato ad uno dei comandanti di forze navali il comando superiore, questo compete al più elevato in grado di detti comandanti, od, a parità di grado, al più anziano fra i presenti.

La norma generale ora detta va soggetta alle seguenti eccezioni:

a) se una delle flotte, o parti di flotte, operanti insieme, è superiore alle altre per forza militare, spetta al comandante della medesima il comando superiore, anche se, a parità di grado, non è il più anziano;

b) in una zona d'operazioni, o nelle acque di una colonia, di una delle potenze alleate, il comando superiore spetta al comandante delle forze appartenenti a quella potenza, nella cui zona si svolge l'operazione, od alla quale appartiene la colonia, anche se egli, a parità di grado, è meno anziano, e cw perchè la potenza, cui egli appartiene, essendo maggiormente interessata, in detta operazione è conseguentemente più preparata ad eseguirla;

c) per lo svolgimento di un piano d'operazioni prestabilito, il comando superiore spetta all'ufficiale in detto piano designato;

d) l'ufficiale sotto il cui comando viene iniziata un'operazione in comune, se altri accordi non decidono in proposito, la conduce a termine anche se l'entità delle forze navali alleate e la zona nella quale si svolge detta operazione, siano variate.

5. Relazioni tra gli alleati.

a) Preparazione alle operazioni e scambio di informazioni.

Con la frequenza, che sarà conveniente per la preparazione delle flotte alleate alle operazioni di guerra, le predette autorità corrispondono direttamente, o per mezzo di ufficiali di marina delegati.

Così pure avrà luogo tra le dette autorità, ogni qualvolta occorre, uno scambio delle notizie ottenute sulle forze navali dei probabili avversari non che dei dati sullo sviluppo delle proprie flotte.

b) Destinazione reciproca di ufficiali presso i Comandi Supremi.

Per la rapidità e sicurezza degli accordi e per lo scambio di notizie tra i Comandi Supremi, da ciascuna potenza viene inviato un ufficiale di marina presso i Comandi Supremi delle altre due nazioni alleate. Detti ufficiali dovranno essere a cognizione dei lavori preparatori per le operazioni ora indicate. Agli stessi dovrà essere nel miglior modo possibile permessa e facilitata la corrispondenza segreta col proprio Comando Supremo.

Per tale servizio sono specialmente idonei gli addetti navali, a causa delle loro relazioni personali colla marina alleata rispettiva. c) Destinazione reciproca di ufficiali presso gli stati maggiori dei comandanti di forze navali.

Anche i comandanti di flotte, o parti di flotte, alleate per facilitare l'azione in comune delle medesime e lo scambio delle comunicazioni, possono, secondo il bisogno, destinare reciprocamente presso i loro stati maggiori degli ufficiali di marina.

6. Mezzi di corrispondenza e di segnalazione.

a) Codice dei segnali.

Per rendere possibile un rapido e sicuro scambio di segnali tra le navi delle marine alleate e tra queste ed i semafori, le predette autorità faranno compilare un codice di segnalazioni.

b) Segnali di riconoscimento.

Le predette autorità stabiliranno anche dei reciproci segnali di riconoscimento fra navi e navi e fra navi e piazze marittime.

c) Cifrario.

Affinchè i comandanti di forze navali alleate possano corrispondere tra loro segretamente, le predette autorità stabiliranno un cifrario comune.

d) Scambio di prescrizioni di servizio.

Le predette autorità terranno pronte le copie delle prescrizioni di servizio e dei regolamenti, o gli estratti dei medesimi, che crederanno necessario di comunicarsi a vicenda in tempo di guerra.

Nota-Tutti i mezzi di corrispondenza e di segnalazione ed i documenti dovranno essere tenuti strettamente segreti. Dei medesimi saranno comunicati alle navi ed alle autorità in tempo di pace solo quelli riconosciuti necessari.

7. Condotta delle navi da guerra, che nel caso di minaccia di guerra si trovano nella zona d'operazioni di una potenza alleata. od in vicinanza di detta zona.

a) Tali navi, se non sono vincolate da altri ordini, raggiungeranno, se possibile, la potenza alleata più prossima per concorrere nelle operazioni interessanti la triplice alleanza.

b) In ogni caso le autorità premenzionate si notificheranno quali sono le navi che si trovano nelle predette condizioni e che dovranno unirsi alla marina alleata.

8. Condotta delle navi da guerra che, nel caso di minaccia di guerra, si trovano lontane dalle zone d'operazioni.

a) Le navi, che si trovano in una stessa stazione estera, o ad una superabile distanza l'una dall'altra, cercano, se non hanno altri ordini contrari, di unirsi tra loro per agire insieme nell'interesse della triplice alleanza.

b) I comandanti, che non possono comportarsi in tal modo, ne informano gli altri comandanti alleati interessati, dando ai medesimi notizia dei loro più prossimi intendimenti per quanto ciò possa convenire.

c) È desiderabile che le potenze alleate fin dal tempo di pace prendano accordi circa il modo come dovranno regolarsi le navi che si trovano lontane dalle zone d'operazioni, affinchè possa inferirsene quanto riflette la direzione superiore strategica e la dipendenza militare delle navi medesime.

d) È inoltre conveniente, che i comandanti di forze navali della triplice alleanza, che in tempo di pace si trovano in una stessa stazione estera, e che potrebbero

operare insieme in caso di guerra, prendano tra loro degli accordi sul da farsi in tale eventualità.

e) Le navi da guerra delle potenze alleate, l'obbiettivo delle cui operazioni è in relazione colla difesa di una colonia, prenderanno accordi col governatore della colonia circa le operazioni da compiersi.

9. Reciproca cessione di navi mercantili per scopo di guerra.

a) In caso di guerra possono essere messe a disposizione di una potenza alleata delle navi mercantili appartenenti alle altre potenze alleate. A tale scopo, la potenza predetta, accettando le norme circa gl'indennizzi vigenti presso la nazione, cui le navi appartengono, dovrà, sia direttamente, sia pel tramite di un rappresentante diplomatico, trasmettere la sua domanda a quella fra le tre predette autorità che deve cedere tali navi. Quest'ultima farà del suo meglio per agevolare, in base ai desideri manifestati dall'altra potenza, l'impiego delle navi richieste per raggiungere lo scopo cui si tende.

b) Se una delle marine alleate desidera di fare fin dal tempo di pace dei preparativi per l'impiego a scopo di guerra di una determinata nave mercantile appartenente ad un'altra delle potenze alleate, questa le fornirà i piani e le descrizioni di tale nave, che possono servire per raggiunger l'intento.

10. Utilizzazione reciproca dei porti.

I porti di una delle nazioni alleate saranno usufruiti dalle navi delle altre due nello stesso modo che da quelle della predetta nazione.

Berlino, lì 5 dicembre 1900.

G. CbUARDE ALBERT MARGUTTI DICK DEIMLING F. GRENET VoN DIEDERICHS G. PRUDENTE ERWIN SCHAEFER

(l) Si veda anche M. GABRIELE, Le Convenzioni navali della Triplice, Roma, Ufficio Storico della Marina Militare, 1969.

570

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL MINISTRO A PECHINO, SALVAGO RAGGI

T. 3602/24. Roma, 11 dicembre 1900, ore 22.

Le mando, per posta, le nuove credenziali in qualità di inviato straordinario e ministro plenipotenziario, insieme ,con le lettere reali d'annuncio dell'avvenimento di Sua Maestà al trono. Le mando pure, per il caso che possano occorrere, speciali pieni poteri per la firma del trattato. Tutti questi documenti le mando, autorizzandola a farne uso opportuno, secondo le circostanze.

571

IL MINISTRO A BUCAREST, BECCARIA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 3026/242. Bucarest, 11 dicembre 1900.

Col mio rapporto 28 ottobre scorso ai nn. 2703/199 (l) ebbi l'onore di trasmettere all'E. V. una traduzione francese dell'ordinanza della Camera d'accusa della Corte d'Appello di Bucarest che rinviava innanzi alle Assisi d'Ilfov gli autori e complici degli assassinii di Fitowski e Mihalléanu e del complotto contro il Re Carol. Il relativo processo, incominciato lì 12 novembre ultimo, terminò il 22 stesso mese colla condanna dei nove colpevoli presenti, quasi tutti confessi, a pene varianti da 2 anni di prigione correzionale inflitti al minorenne Alessandro Trifonoff, a quella dei lavori forzati a vita pronunziata contro Boicin Ilieff e Sto:ian Dimitroff, uccisori il primo di Fitowski ed il secondo di Mihailéanu. Per complotto contro il Re fu condannato il Nicola Bogdanoff a 10 anni di detenzione. Furono inoltre condannati in contumacia ai lavori forzati a vita il Boris Sarafoff, presidente del Comitato bulgaro-rivoluzionario di Sofia, e qualche altro membro del comitato medesimo quali autori morali di quei delitti: ai lavori forzati a tempo parecchi altri bulgari che cooperarono alla loro preparazione, tra i quali Demetrio Troleff, comandante dei pompieri a Rustciuctk, e il Tenente Stoianoff. Dai dibattiti -ai quali assistettero come spettatori un magistrato ed un funzionario del Ministero degli Esteri appositamente a ciò delegati dal Governo bulgaro, e che furono condotti con una ·correzione e imparzialità piuttosto rare in questo paese -risultò chiaramente come i veri istigatori e preparatori dei delitti in quistione sieno stati il Comitato bulgaro-macedone precitato e principalmente il Boris Sarafoff. Gli accusati presenti che non erano riusciti a trovare difensori vennero provveduti d'ufficio di avvocati che disimpegnarono nel miglior modo possibile l'ingrato e difficile compito, facendo valere le circostanze attenuanti quando non si poteva far altro. Alla vigilia poi del giorno in cui spirava il termine utile pel ricorso in cassazione, il presidente della Corte d'Assise fece domandare ai condannati che si trovano nelle mani della giustizia rumena se non volevano far uso di tale diritto. Tutti avendo risposto negativamente, la sentenza, diventata ormai definitiva, verrà comunicata al Gabinetto di Sofia insieme agli atti del processo, interrogatori, ecc., che si stanno traducendo per cura di questo Ministero degli Affari Esteri e che saranno poi pubblicati in un opuscolo, di cui mi fu promesso un esemplare che avro l'onore di trasmettere all'E. V. A quanto dissemi non ha guari il signor Marghiloman, il Governo bulgaro -che s'era dichiarato pronto a far procedere contro gli autori morali dei delitti quando il Governo rumeno gli avesse fornito prove legali sufficienti -serba ora il più completo silenzio al riguardo. Si è curiosi qui di

vedere, senza farsi però illusioni, qual contegno assumerà nell'affare il nuovo Ministero che uscirà dalla crisi attuale a Sofia.

(l) Non pubblicato.

572

L'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, BOTTARO COSTA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 873/427. Londra, 11 dicembre 1900.

L'accoglienza fatta dai portoghesi alla flotta britannica a Lisbona ha dato luogo a commenti simpatici sull'attitudine del Governo portoghese verso l'Inghilterra; ne è felice espressione il telegramma inviato al Re del Portogallo dalla Regina Vittoria:

• Sono estremamente sensibile al vostro amabile telegramma. Ve ne ringrazio sinceramente, caro nipote, come pure vi ringrazio dei buoni augurì che fate per me ed il mio popolo. Constato nuovamente con grandissimo piacere l'intesa (understanding) cordiale ed amichevole tra il Portogallo e l'Inghilterra. Vittoria •.

573

L'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, BOTTARO COSTA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 874/428. Londra, 11 dicembre l 900.

Nella seduta di ieri della Camera dei Comuni il Signor Chamberlain si è espresso nei termini seguenti circa la sostituzione graduale della lingua inglese all'italiana in Malta.

« La mia attenzione è stata richiamata sul fatto che alcuni giornali e persone in Italia avevano criticato i provvedimenti che si sono dovuti introdurre in Malta circa l'uso della lingua italiana, ma ritengo siano stati indotti in errore sul vero stato delle cose. L'unico cambiamento finora introdotto è che, quando trattisi di sudditi britannici, essi possono chiedere che la causa si svolga in inglese e ciò, si noti, in un Tribunale di una colonia britannica, che è pure una fortezza britannica.

« È stato poi dichiarato dal Governo della Regina che allo spirare di un termine di 15 anni, a decorrere dal 22 marzo 1899 la lingua inglese sarà sostituita all'italiana in Tribunale, e si crede che, considerando come attualmente solo una piccola frazione dei maltesi comprende l'italiano (?) e come i parenti richiesti di optare per l'educazione dei figli tra l'italiano e l'inglese 85 % a Malta, e 79 % a Gozo si sono pronunciati per l'inglese, sarà tra 14 anni un grande beneficio e vantaggio per la maggioranza della popolazione che quella sostituzione abbia luogo.

574

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, MALVANO, AI MINISTRI DELLE FINANZE, CHIMIRRI, DELLA MARINA, MORIN, E DELL'AGRICOLTURA, INDUSTRIA E COMMERCIO, CARCANO

T. 3611. Roma, 12 dicembre 1900, ore 23.

Partecipo V. E. che con dichiarazione 26 novembre scorso è stato nuovamente prorogato fino al l" gennaio 1902 il nostro trattato di commercio e navigazione col Montenegro. Provvedo per immediata presentazione parlamento di tale dichiarazione.

575

IL CONSOLE A GERUSALEMME, SCANIGLIA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. CONFIDENZIALE 3421. Gerusalemme, 13 dicembre 1900, ore 11,41.

Mi riferisco dispacci nn. 44, 45, 46 di V. E. (1). Autorità locale mi comunica, in via privata confidenziale, che il Governo francese sta facendo uffici presso la Sublime Porta per ottenere sia riconosciuta a questo suo consolato protezione abissini e mi dichiara rientrare nei suoi interessi che continuiamo piuttosto noi ad esercitarla. Ci consiglia perciò, allo scopo di paralizzare l'azione francese, di fare immediate pratiche a Costantinopoli per ottenere il riconoscimento della protezione da noi sinora esercitata di fatto, ma non riconosciuta dalla Sublime Porta.

576

L'AMBASCIATORE DI FRANCIA A ROMA, BARRÈRE, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

(AVV)

L. P. [Dicembre 19.00].

Je suis heureux de vous annoncer que j'ai reçu de Paris l'autorisation que j'attendais. Je m'absente aujourd'hui pendant la journée; mais je me tiens à votre disposition ce soir, de 6 à 7 heures, ou bien encore si ce rendez-vous vous agrée, demain matin, à I'heure qu'il vous plaira de m'indiquer. Je joins à ce billet le dernier alinéa de ma communication. J'y ai ajouté les mots « sur ce point comme sur d'autres » .pour expliquer la ,communication qui doit suivre. Que si, pour identifier les textes, vous jugez. à propos de substi

tuer ces mots, dans le votre à • à cet égard aussi •, je n'y verrai aucun inconvénient et je vous laisse entierèment libre de choisir l'une ou l'autre expression.

ALLEGATO

(Dernier alinéa de la communication de M. Barrère).

... • Ce explications, qué nous sommes convenus de tenir secrètes, contribueront je n'en doute pas, à consolider sur ce point comme sur d'autres, les relations amicales entre nos deux pays •.

(l) Non pubblicati.

577

L'AMBASCIATORE DI FRANCIA A ROMA, BARRÈRE, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

(Ed. in L V 109, p. l)

Roma 14 dicembre 1900.

A la suite de la conclusion entre la France et la Grande Bretagne de la convention du 21 mars 1899, mon Gouvernement, répondant à votre honorable prédécesseur, eut l'occasion de lui donner, par mon intermédiaire, des éclaircissements de nature à dissiper toute équivoque sur la portée de cet instrument.

Depuis lors V. E. a exprimé l'avis que ces assurances, réitérées d'une manière plus explicite, contribueraient à affermir les bons rapports entre nos deux pays.

J'ai été, en conséquence, autorisé par le ministre des affaires étrangères à faire connaitre à V. E., en raison des relations amicales qui ont été établies entre la France et l'Italie, et dans la pensée que cette explication conduira à les améliorer encore, que la convention du 21 mars 1899, en laissant en

·dehors du partage d'influence qu'elle sanctionne le vilayet de Tripoli, marque pour la sphère d'influence française, par rapport à la Tripolitaine-Cyréna1que, une limite que le Gouvernement de la République n'a pas l'intention de dépasser, et qu'il n'entre pas dans ses projets d'intercepter les ·communications commerciales établies par les voies caravanières de Tripoli vers les régions visées par la susdite convention.

Ces explications, que nous sommes ·convenus de tenir secrètes, contribueront, je n'en doute pas, à consolider, sur ce point, comme sur d'autres, les relations amicales entre nos deux pays (1).

578

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, PANSA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 795/310. Costantinopoli, 14 dicembre 1900 (per. il 19).

Nel corso di un'udienza accordatami in questi giorni dal Sultano, essendosi la conversazione portata sugli affari di Cina, Sua Maestà mi disse che, dietro desiderio del governo germanico, egli si disponeva a spedire colà una missione,

incaricata di recare ai musulmani di quel paese la sua parola di Califfo, per esortarli a mostrarsi ossequenti alle leggi, e astenersi da atti di ribellione, o resistenza alle autorità costituite. La missione sarebbe condotta da due cinesi maomettani venuti qui parecchi anni or sono a istruirsi nelle cose di religione, e che, essendo ora compenetrati dello spirito del Corano, si troverebbero in grado di esercitare un'influenza pacifica sull'animo dei loro compatrioti e correligionari. Ad essi si accompagnerebbero due ulema, appositamente scelti per coadiuvarli nella loro missione conciliatrice.

Da qualche cenno fattomi su codesto argomento dal mio collega di Germania, mi parve rilevare che questo progetto del Sultano sia dovuto, anzichè a un desiderio espresso dal governo tedesco, ad una offerta del Sultano stesso, accolta come un atto di amichevole cortesia. Se la missione partirà -il che non si può garantire, data la facilità con la quale sogliono mutarsi consimili divisamenti di S. M. Imperiale -essa sarà un modesto e più praticabile sostituto alla sua primitiva proposta di mandare in Cina 10.000 uomini di truppe.

Quanto ai prevedibili risultati dell'eventuale tentativo, è abbastanza evidente che non potrebbe averne alcuno, ove si consideri le condizioni attuali della Cina, l'estensione del territorio sul quale operano quelle milizie musulmane e soprattutto la qualità relativa della loro fede religiosa. Può essere, però, interessante il ricordare, a titolo di curiosità, che vi è un precedente a questa velleità del Sultano di esercitare un'influenza sui suoi correligionari dell'estremo Oriente. Ciò fu durante la grande ribellione dei maomettani di Yacub bey, che, nel decennio 1866-77, insanguinò il Turkestan cinese, e diede occasione all'occupazione temporaria di Kuldja (1871) per parte della Russia. Anche in quella congiuntura fu mandata da Costantinopoli una specie di missione politico-religiosa a Kashgar, nella lusinga che essa riuscisse a pacificare gli insorti, col nome del Califfo. Ma la missione fallì completamente, e l'insurrezione non fu poi sedata che mediante l'azione vigorosa del grande esercito imperiale di Tso-Tsung-Tang (1).

(l) Questa nota di Barrère e quella di risposta del ministro Visconti Venosta. in data 16 dicembre [cfr. n. 586] furono in realtà scambiate il 4 gennaio 1901. Cfr. E. SERRA, Camille Barrère e l'intesa ita!o-francese, cit., p. 95 e sgg.

579

L'INCARICATO D'AFFARI A PIETROBURGO, CALVI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 660/326. Pietroburgo, 14 dicembre 1900 (per. il 21).

Mentre i rappresentanti dei vari Stati continuano a negoziare a Pechino, la Russia, valendosi della posizione presa di potenza che ha un campo d'azione a parte, e trattando direttamente cogli interessati, ha già regolate molte delle questioni che la toccavano nell'estremo Oriente, e sta per dare l'ultima mano ad un ordinamento generale della Manciuria, mercè una sorta di protettorato politico, finanziario e militare. Prima di riferire sopra questo punto interessante, mi permetterò di ricor

dare brevemente i risultati ottenuti dalla Russia nelle altre questioni, a datare dalla convenzione anglo-tedesca fino ad oggi.

Nella sua risposta alle note con cui si comunicava quella convenzione, il governo imperiale ha usato tali termini, che è risultato posto in chiaro che egli aderiva al regime della porta aperta, per quanto lo riguardava, in una forma limitata, riservandosi, circa le ferrovie, quei diritti che non aveva concessi agli Stati Uniti quando da questi era stato interpellato su tale oggetto. Mostrò voler riconoscere le sfere d'influenza attualmente esistenti, non quelle future. Di ciò le potenze hanno preso atto, e non deve poi essere mancata verso quell'epoca, in forma espressa o tacita, anche la conferma che alla Russia veniva riconosciuto, come sfera d'influenza, tutto ciò che era stato compreso nella convenzione per le ferrovie fra la Russia e l'Inghilterra, cioè il nord della Cina fino alla gran muraglia, la quale, verso il mare, termina precisamente a Shangaikwan. I giornali tedeschi e quest'ambasciata germanica, col loro contegno, non lasciano su di ciò dubbio alcuno.

Le questioni che erano sorte a proposito delle ferrovie sono in parte rimosse, in parte prossime ad esserlo, in seguito ad accordi amichevoli coll'Inghilterra, nei quali l'influenza pacificatrice della Germania è stata manifesta. Non dispiaccia a V. E. che io ritorni su questo argomento, per rettificare e completare quanto scrissi precedentemente. Le linee che sono state oggetto di reclamo, come ora ho chiarito, erano tre. Un tratto della linea Pechino-Taku, che i russi non riattavano, e le cui vicende sono ben note. Fu ceduto dalle truppe imperiali, recentemente, quando sgombrarono il Pecili. La linea Shangaikwan-Newchwang, che ,costrutta ed esercitata da una società inglese., • Jardine & C. », era stata occupata dai russi nelle operazioni di guerra. Il governo inglese, reclamando, asseriva che le casse erano state confiscate, parte del materiale distolto, le carrozze dipinte coi colori della linea manciuriana. Le divergenze furono composte. Il generale Waldersee e l'Inghilterra riconobbero che la linea, trovandosi nella sfera degli interessi dei russi, sottostà alla loro autorità, ed il governo russo, a sua volta, si dichiarò disposto a risarcire la compagnia • Jardine • dei danni materiali ,che le sono stati cagionati. La terza linea, quella che veramente diede luogo alle difficoltà più gravi, è quella di Shangaikwan-Tientsin, e per questo punto la situazione non è ancora completamente chiarita. Il generale Waldersee aveva dato ordine agli inglesi di occupare quella linea, ma, appena incominciate le operazioni, questi si erano trovati di fronte i russi, i quali avevano dichiarato tenere la via per diritto di conquista, e non volerla cedere senza un ordine del proprio governo. Il conte Waldersee avrebbe insistito, senza potersi far obbedire, ed allora sarebbero stati fatti i reclami inglesi cui ho accennato e lagnanze della Germania. Così almeno mi fu assicurato essere accaduto. Di tutto ciò poi il conte Lamsdorf si sarebbe valso per provare quali imbarazzi procacciasse al governo il contegno dei generali. L'ambasciatore inglese sir Ch. Scott, il quale è ritornato da una settimana, sa che, poco tempo addietro, il generale Lenevich aveva dichiarato di consegnare la linea, quindi ad un tratto aveva mutato contegno, ed informato che, per ordini ricevuti, doveva continuare a tenerla. Sir Ch. Scott, il quale ha istruzioni dal proprio governo di porre in chiaro la cosa, si è rivolto al conte Lamsdorf ed ha avuto come risposta non si disturbasse a scrivergli; fra pochi giorni sarebbe di ritorno, e con una breve conversazione tutto sa

rebbe composto. Queste notizie sono meritevoli di fiducia; però non le ho avute dall'ambasciatore inglese, bensì da un collega che è in grado di essere ben informato.

Per quanto riflette la Manciuria, è ormai confermato che l'annessione di quella regione non è voluta dal governo imperiale per ragioni di ordine interno, per non urtare il Giappone, e per poter meglio assodare l'influenza russa in Cina. Durante la visita del ministro di Cina a Livadia, sarebbe stato conchiuso un accordo di importanza limitata, ristretto cioè alle modalità, come già dissi, dello sgombro della Manciuria. II ministro Iang-lu era, a quell'epoca, da quanto mi fu assicurato, in relazione con Singanfu, dimodochè l'accordo sarebbe valevole e conclusivo. Esso stabilirebbe che i governatori della Manciuria dovrebbero essere scelti col consenso del governo russo, mutati se risultassero non adatti all'ufficio. I patti comprenderebbero poi, probabilmente, qualche disposizione di carattere militare, in coerenza con quelle ordinanze che testè si sono viste emanate dalle autorità militari russe, e secondo le quali resta vietato alla Cina di tenere truppe regolari in Manciuria, e concessa soltanto la facoltà di crearvi una milizia per la tutela dell'ordine nell'interno del paese, la tutela della linea rimanendo affidata esclusivamente alle autorità russe.

Fra le persone intime del ministro Witte si crede che il governo russo pensi altresì al modo di ritirare completamente le sue truppe regolari, sostituendole con le cosidette truppe speciali di guardia della ferrovia. Queste truppe, la cui organizzazione risale a due anni or sono (l'ambasciata ne ha reso conto), dipendono dal ministero delle finanze. Portano, per farsi ben vedere dalle popolazioni, un dragone sul petto ed hanno un distintivo ferroviario, credo, coll'aquila imperiale. Contavano cinque o sei mila individui. Il movimento boxer le aveva completamente soprafatte, ed allora erano intervenute le truppe regolari. Abbandonata l'idea dell'annessione della Manciuria, sì penserebbe ora a portarle a 12.000, dicono alcuni, a 45.000, dicono altri, togliendo completamente le truppe regolari.

Anche la parte finanziaria relativa alla Manduria è in buona via. Il principe Uchtomski, di cui ho già avuto spesso occasione di parlare, condirettore Della Banca Russo-Cinese, direttore della Petersburcki Viedomosti, antico compagno di viaggio dell'Imperatore, coispiratore della politica russa in estremo Oriente, è già da parecchio tempo in Cina. Egli avrebbe avuto l'incarico di stabilire I'amm~:mtare delle indennità da pagarsi alla Russia per spese di guerra e danni in Manduria; il suo lavoro sarebbe già compiuto e l'indennità valutata a 100 milioni di rubli. Questa indennità sarebbe pagata dalla Cina, mediante un prestito che le sarebbe fatto dalla Banca Russo-Cinese, la quale otterrebbe dal celeste impero, come garanzia, un monopolio, o le imposte di una provincia. La Banca Russo-Cinese si procurerebbe poi i capitali mediante un prestito con case americane.

Tutte queste notizie sono di diverse fonti, ma tutte meritevoli di fiducia.

Molte cose vi si riscontreranno più tardi errate, o per inesattezze, o per suc

cessive modìficazìoni dei primitivi progetti. Ma in esse vi è, parmì, quanto

basti per riconoscere che la Russia ha ormai quasi completamente regolata

la sua posizione.

Cosicchè, ritirate le proprie truppe dal Pecili, non dovrebbe avere più altro interesse che di entrare come mediatore benevolo per riuscire a conchiudere la pace colla Cina ed a favorire il ritorno in patria delle truppe europee, la cui presenza in vicinanza dei suoi confini comincia a cagionargli una singolare inquietudine.

(l) Trasmesso a Pechino il 29 dicembre con d. 55206.

580

IL MINISTRO A BERNA, RIVA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 5499/600. Berna, 14 dicembre 1900.

Ho l'onore di confermare il mio telegramma di ieri (1). Nella seduta di ieri dell'Assemblea Federale, a Camere riunite, con voti 150 su 157 votanti, il Signor Brenner, attuale Vice-Presidente del Consiglio Federale, è stato eletto Presidente della Confederazione pel 1901. Il Signor Consigliere Federale Zemp è stato eletto Vice-Presidente del Consiglio Federale con voti 151 su 164 votanti. Furono quindi eletti giudici al Tribunale Federale, per un nuovo periodo di sei anni, 14 Giudici uscenti; a sostituire poi i signori Morel, dimissionario e Soldan, deceduto, furono nominati il Dottor Jaeger, giudice al Tribunale cantonale di San Gallo, con 123 voti e G. Favey, professore di Diritto a Losanna, con 122 voti. Il Giudice Federale Wink!er è stato eletto Presidente del Tribunale Federale con 143 voti su 153 votanti e il Giudice Federale Bachmann, Vice-Presidente, con 86 voti su 162 votanti.

Furono quindi rieletti i sette giudici supplenti, e l'ottavo, il signor CoLombi, dimissionario, fu sostituito dal signor Gabuzzi di BeUinzona.

581

IL MINISTRO A BELGRADO, MAYOR DES PLANCHES, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 1287/274. Belgrado, 15 dicembre 1900.

Ieri il Srpski YLasnik accennava al desiderio di S. A. il Principe di Montenegro di fregiarsi del titolo di Altezza Reale. Oggi le Vece1·nje Novosti, in un articolo che si ritiene ispirato dal Governo, dichiarando la notizia tale da poter far nascere malumore fra il Montenegro e la Serbia; osservano che il Principe di Bulgaria aveva il titolo di Altezza Reale prima di salire al trono; non trovano su che il Principe di Montenegro possa fondare la sua pretesa: non essere il Montenegro così vasto da proclamarsi reame, nè la dinastia avere origini reali.

Non si scorge nemmeno di quale utilità pratica possa riuscire tale titolo quando senza preconcetti si voglia servire la grande idea serba.

Mettono, percw, ancora in dubbio la notizia. Se, però, contrariamente ad ogni aspettativa, fosse vera, occorre attenzione acciocchè dalla innovazione non abbiano a derivare maggiori dissapori fra i due Paesi; poichè forse il Principe Nikita ha intenzione di trarre partito dagli errori commessi dalla Serbia per far sì che il Montenegro diventi il Piemonte Serbo. Ma • l'epoca degli errori, per la Serbia, è tramontata •. La Serbia sarà, da ora innanzi, come ai tempi del Principe Michele, • forza centripeta, centro di tutto il serbismo •. Al paragone, la Serbia dispone di mezzi maggiori per diventare ciò che fu il Piemonte, ed i risultati si conseguono con la forza e col lavoro, non con vane parole. Le Vecernje Novosti terminano raccomandando ai Serbi • oculatezza, maschio contegno,. scambievole amore, quieto ma assiduo lavoro, per conseguire quanto la posizione geografica, la storia ed il diritto assegnano alla Serbia •.

Pochi giorni sono, questo Segretario generale al Ministero degli affari esteri dicevami che la Legazione serba al Montenegro non verrebbe per ora ristabilita, e ciò principalmente per ragioni di economia. I due Governi comunicano fra loro per mezzo di carteggio diretto fra i due Ministri degli affari esteri. Così è giunta testè la comunicazione relativa al titolo di Altezza Reale, alla quale dkevami il signor Bochkovitch il Governo serbo non avere ancora risposto, ma risponderebbe, acquiescendo, e quanto prima, forse in tempo perchè la risposta giunga a Cettinje per la festa onomastica di S. A. il Principe.

(l) Non pubblicato.

582

L'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, BOTTARO COSTA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 889/438. Londra, 15 dicembre 1900.

Nella seduta d'oggi alla Camera dei Comuni saranno votati i 400.000.000 di franchi chiesti per la continuazione delle operazioni di guerra in Africa ed in China. La Camera quindi si prorogherà fino al 14 febbraio dell'anno venturo. Durante la discussione dei crediti sono venute alla luce le difficoltà grandi che s'incontreranno quando si tratterà di far sopportare alle due Colonie an

nesse una parte delle spese della guerra le quali a quest'ora raggiungono i tre miliardi e la campagna è lungi dall'esser terminata.

583

L'AMBASCIATORE A MADRID, AVOGADRO DI COLLOBIANO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 908/311. Madrid, 15 dicembre 1900.

Essendo imminente la presentazione alle Cortes del messaggio per annun

ciare il matrimonio della Principessa delle Asturie con Don Carlo di Borbone, ho stimato opportuno di tener parola al Ministro di Stato sulla convenienza

che lo sposo diventando ora Principe spagnuolo cessi dal fregiarsi di ordini cavallereschi dell'ex Regno di Napoli.

Profittai pure dell'occasione per avvisare il Ministro che sarebbe pure poco corretto che funzionari e cittadini spagnuoli si fregiassero di ordini cavallereschi dell'ex-Regno delle due Sicilie, se per avventura il Conte di Caserta ne distribuisse in quest'occasione come già fece in altra circostanza.

Raccomandai pure a S. E. che nella redazione del messaggio si usasse la stessa dicitura, usata nel 1868 per il matrimonio del Conte di Girgenti. Unisco la traduzione di questo documento che è perfettamente corretto (1).

Il Ministro di Stato mi disse ·che assentiva in questa mia osservazione e ne prendeva nota e che del resto Sua Maestà le aveva già detto che essa stimava opportuno che Don Carlo di Borbone si astenesse dal fregiarsi di ordini cavallereschi del Regno delle due Sicilie dopo il suo matrimonio.

In conformità alle istruzioni verbali impartitemi da V. E. presentai queste osservazioni in forma di conversazione amichevole diretta a prevenire incidenti spiacevoli fra i due Governi ed ancora più allo spagnuolo in vista delle discussioni che si fanno orà alle Cortes sul matrimonio della Principessa delle Asturie.

S. E. mi disse che apprezzava il procedere da me usato ed essere il Governo spagnuolo ben deciso di affermare che il matrimonio non poteva avere alcun significato politico e di aver diretto una circolare alle Missioni spagnuole all'estero, redatta in questo senso, conchiudendo che se l'unione della Principessa delle Asturie col figlio del Conte di Caserta, potesse avere per conseguenza di far prevalere principi reazionari ed antiliberali nella Corte Spagnuola, mai il Governo vi avrebbe consentito.

Riassumerò quando sarà terminata la discussione delle Cortes su questo argomento.

584

IL MINISTRO A PECHINO, SALVAGO RAGGI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 3436/27. Pechino, 16 dicembre 1900, ore 12,40 (per. ore 0.30 del 17).

Ricevuto seguente telegramma: • Ministro italiano Pechino. Shensi settentrionale tutti salvi; Shensi meridionale morto Crescitelli. Continua tranquillità. Prego V. S. farmi conoscere notizie pace».

585

IL MINISTRO A PECHINO, SALVAGO RAGGI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 3438/29. Pechino, 16 dicembre 1900, ore 16,30 (per. ore 15,50 del 17).

Ministro d'Inghilterra ha avuto istruzione di firmare nota, purchè si ag

giunga, in fine, seguenti conclusioni: • Fino a che Governo chinese non abbia adempiuto con soddisfazione delle potenze, alle condizioni suddette, i sotto

28 -Documenti diplomatici -Serie III -Vol. IV

scritti non sarebbero in grado di prendere in considerazione la fine dell'occupazione militare di Pechino e della provincia per parte delle truppe europee •. Ministri di Germania e di Francia accettano, gli altri riferiscono ai loro Governi.

Siccome trovo proposta soddisfacente, credo essermi uniformato istruzioni che V. E. mi ha dato, accettando, salvo ordini contrari, proposta aggiunta, qualora essa ottenga approvazione degli altri rappresentanti esteri. Mercoledì vi sarà riunione corpo diplomatico per decidere se firmare.

(l) Non pubblicato.

586

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, ALL'AMBASCIATORE DI FRANCIA A ROMA, BARRÈRE

(Ed. in LV 109, p. l)

Roma, 16 dicembre 1900 (1).

La situation actuelle dans la Méditerranée et les éventualités qui s'y pourraient produire ont formé entre nous l'objet d'un échange amicai d'idées, nos deux gouvernements étant également animés du désir d'écarter, à cet égard aussi, tout ce qui serait susceptible de compromettre, dans le présent et dans l'avenir, la bonne entente mutuelle.

En ce qui concerne plus particulièrement le Maroc, il est ressorti de nos entretiens que l'action de la France a pour but d'exercer et de sauvegarder les droits qui résultent pour elle du voisinage de son territoire avec cet empire.

Ainsi définie, j'ai reconnu qu'une pareille action n'est pas, à nos yeux, de nature à porter atteinte aux intérets de l'Italie comme puissance méditerranéenne.

Il a été entendu également que, s'il en devait résulter une modification de l'état politique ou territorial du Maroc l'Italie se réserverait, par mesure de réciprocité, le droit de développer éventuellement son influence par rapport à la Tripolitaine-CyrénaYque.

Ces explications, que nous sommes convenus de tenir secrètes, contribueront, je ne doute pas, à consolider les relations amicales entre nos deux pays.

587

L'INCARICATO D'AFFARI A PIETROBURGO, CALVI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 671/332. Pietroburgo, 17 dicembre 1900 (per. il 21).

Il Messaggero de~ Governo pubblica, relativamente alla ferrovia YangtsunShangaikwan, un comunicato ufficiale, di cui ho l'onore di trasmettere copia (2). Della questione di cui si tratta avevo già fatto cenno nel mio rapporto

n. 660/326, in data 14 corrente (3).

Il governo russo, come V. E. potrà scorgere, dichiara di considerare quella ferrovia come una linea assolutamente cinese, benchè sia stata costrutta con capitali inglesi. Fa rilevare che essa fu acquistata e poi difesa dalle truppe russe, durante il periodo in cui le forze alleate erano nel Pecili poco numerose. Soggiunge che, se le truppe russe dovessero rimanere in quella regione, la ferrovia non sarebbe ceduta; essendo deciso che se ne ritirino, consegneranno la linea soltanto al maresciallo Waldersee, in seguito ad un ordine del giorno analogo a quello con cui l'hanno ricevuta in custodia. A Shangaikwan rimarrà una guarnigione russa, ed alcuni piccoli presidi saranno mantenuti in vari punti del paese.

Questo comunicato sembra diretto ad evitare che la cessione della linea possa essere interpretata come un atto di debolezza da parte della Russia. In pari tempo, esso mira ad allontanare fin d'ora ogni possibilità che, al ritirarsi delle truppe internazionali, la linea, invece di ritornare alla Cina, possa rimanere nelle mani dell'Inghilterra.

(l) -Cfr. p. 363. nota l. (2) -Non pubblicato. (3) -Cfr. n. 579.
588

IL MINISTRO A PECHINO, SALVAGO RAGGI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 3441/30. Pechino, 18 dicembre 1900, ore 10,40.

Governatore Shan-si telegrafa che Rastelli, Manini, padre Barnaba, rifugiati Shen-si, ritornano nello Shan-si. Autorità chinesi, in seguito mie insistenze, promettono accordare protezione e fornire quanto loro abbisogna.

589

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL MINISTRO A PECHINO, SALVAGO RAGGI

T. 3648/25. Roma, 18 dicembre 1900, ore 16.

Approvo suo operato sia per somma anticipata al missionario (1), sia r::er aggiunta inglese alla nota da presentarsi ai plenipotenziari cinesi.

590

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, MALVANO, ALL'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, BOTTARO COSTA

D. 51745/284. Roma, 18 dicembre 1900.

La patriottica iniziativa presa dall'Onorevole Generale Dal Verme perchè un ricordo fosse posto sulle mura di Cassala, ad onore degli italiani che persero la vita combattendo contro i dervisci, ebbe, il 14 corrente, il suo compimento.

La cerimonia inaugurale mi è stata descritta dal Colonnello Trombi nel te

legramma di cui accludo copia (2). In esso è fatto anche parola delle cordiali acco

glienze ricevute dal facente funzione di R. Commissario della Eritrea e dalla rappresentanza del R. Esercito, nonchè di telegrammi di saluto diretti al Colonnello Trombi da Lord Cromer e da Wingate Pascià.

Apprezzando queste dimostrazioni di simpatia e di cameratismo, prego

V. S. di porgere a mio nome particolari ringraziamenti a codesto Governo.

(l) -Un missionario italiano dello Shansi aveva chiesto una somma per organizzare ~pedi>i0ni di soccor<i ai missionari italiani in pericolo. (2) -Non pubblicato.
591

IL CONSOLE GENERALE A BUDAPEST, BOLLATI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 2106/162. Budapest, 18 dicembre 1900.

Nella seduta di ieri della Camera dei Deputati a proposito del capitolo concernente il Governatorato di Fiume, in sede di bilancio, il Deputato Lukàcs ha sollevato una quantità di recriminazioni a carico del Governo, motivate dagli avvenimenti svoltisi recentemente a Fiume, che certamente sono a conoscenza dell'E. V. Egli ha accusato il Governo di voler calpestare le istituzioni particolari di Fiume, sulle quali, secondo l'oratore, si fonda appunto il patriottismo di quella città. " Già il barone Bànffy aveva ridotto la Rappresentanza di Fiume a sostenere la parte di un Consiglio municipale di villaggio, il Governo attuale non sembra disposto a migliorare tale situazione •. Il Presidente del Consiglio rispose che non riconosce a Fiume il diritto di godere di autonomia maggiore di quella di cui gode qualunque altro Municipio in Ungheria; Fiume deve all'unione coll'Ungheria il suo sviluppo e la sua floridezza, e a quell'unione è legato il suo avvenire: tuttavia le condizioni locali di quella città richiedono che l'applicazione delle leggi ungheresi si conformi alle modalità dipendenti dalla posizione, dalla vita e dalla popolazione di Fiume, di ciò terrà il debito conto. Egli però non vuole sentire voti individuali, desidera che la Rappresentanza stessa gli presenti i voti collettivi della cittadinanza. L'esplicita dichiarazione, da cui per la prima volta nel Parlamento emergono, senza che alcun dubbio sia possibile, le intenzioni del Governo, mostra che fra breve tempo la questione dell'incorporazione formale di Fiume al territorio ungherese sarà resa fatto compiuto, e spezza per sempre le speranze dei Fiumani

di trovare nelle antiche istituzioni di libero municipio di cui godevano, l'ultimo rifugio della loro autonomia.

592

IL CONSOLE AD INNSBRUCK, BAROLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 859/111. Innsbruck, 19 dicembre 1900.

Il giorno 17 corrente mese nelle ore antimeridiane, venne col solito cerimoniale aperta la Dieta provinciale del Tirolo e Vorarlberg. Dalla Dieta dovranno essere discusse alcune proposte di leggi anche importanti; ma l'interesse precipuo che desta la presente sessione, è l'intervento dei Deputati del Trentina, i quali, dopo una astensione di dieci anni, si decisero di

assistere alle sedute per provocare, coll'ostruzionismo, la concessione delle riforme che per altra via non poterono mai ottenere.

Dieci anni sono avendo i deputati del Trentino presentato una domanda per discutere una loro proposta circa l'autonomia amministrativa del Trentino, la Dieta venne inopinatamente chiusa dall'I. R. Luogotenente per impedire che venisse trattato tale argomento, ed i deputati italiani si ritirarono, dichiarando che non si sarebbero mai più presentati alla Dieta, sino a quando fossero state accolte le loro giuste e legittime aspirazioni. E d'allora in poi non intervennero più alle sedute se non quattro o cinque dei deputati italiani, fra quelli nominati dal clero e per la rappresentanza di S. A. il Principe Vescovo di Trento.

Però la recente risposta data da S. E. il Ministro Korber, la quale indica un'idea netta e recisa di opporsi in modo assoluto ad ogni concessione circa l'autonomia amministrativa, mutò la decisione dei deputati, i quali intervennero questa volta in numero di venticinque circa (la quasi totalità) con un programma prestabilito, che venne esposto in principio della prima seduta dal Signor Deputato Dottor Brugnara, Podestà della città di Trento. Nel suo discorso il Dottor Brugnara fece la storia dei fatti che avevano deciso i deputati del Trentino all'astensione dalle sedute della Dieta provinciale, e dimostrò come la risposta del Ministro Korber avendo mutato la situazione, imponevasi ad essi l'obbligo di intervenire; ma che tale intervento non doveva interpretarsi come segno di debolezza o dedizione; bensì come l'attuazione di un programma prestabilito, di opporsi sempre ad ogni deliberazione sopra qualsiasi oggetto, fino a che nelle vie ·Costituzionali non si fosse definitivamente risolta la questione dell'autonomia amministrativa del Tirolo italiano.

Una domanda, tendente a far precedere la votazione sulle proposte di leggi e di rinviare a dopo tali votazioni le discussioni sopra le interpellanze ed altre domande, venne respinta perchè i liberali tedeschi votarono coi deputati italiani e quindi è probabile, anzi sicuro, che la Dieta verrà chiusa senza aver potuto deliberare sopra gli oggetti proposti.

Dato però il carattere mite delle popolazioni del Tirolo italiano e l'avversione, manifestata da alcuni deputati, di ricorrere a mezzi violenti resta dubbio assai se una tale condotta sarà decisamente mantenuta anche nelle sessioni venture (1).

593

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, FUSINATO, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI INTERNI, SARACCO

T. 3652. Roma, 19 dicembre 1900, ore 12,45.

R. agente diplomatico al Cairo telegrafa che ad Assuan 150 operai italiani disoccupati cagionarono disordini impedendo lavori. Urge adunque sia mantenuto divieto emigrazione operai dal regno per Egitto e siano rinnovati ordini categorici prefetture competenti (2).

(%) Una richiesta in questo senso era stata oggetto di telegramma al ministero degli Esteri in data 12 dicembre da parte del console al Cairo, Toscani.

(l) Il 5 dicembre il sottosegretario agli Esteri, on. Fusinato aveva dovuto rispondere a due interpellanze rivoltegli dagli on. Cottafavi e Fradeletto contro le espulsioni d'italiani dal territorio austriaco e dal Trentina in particolare. Cfr. Atti Parlamentari, XXI Legislatura, lu sessione, p. 1042 e sgg.

594

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA

PROJET DE DÉPECHE CONFIDENTIELLE. Roma, 20 dicembre 1900.

J'appelle l'attention de V. E. sur ma réponse à l'interpellation qui m'a été récemment adressée, à la Chambre des Députés, au sujet de l'Albanie.

Voici le texte de cette réponse: « Je puis assurer que le Gouvernement italien et le Gouvernement austro-hongrois ont eu l'occasion de considérer leurs intérèts sur les còtes ottomanes de l'Adriatique et de reconnaitre que ces intérèts trouvent leur sauvegarde dans le respect, dans le maintien du status qua ».

Je crois utile que Vous portiez mes déclarations à la connaissance de

S. E. M. le Comte Goluchowski. Je ne doute pas que le Ministre I. et R. des Affaires Etrangères les trouvera conformes à l'entente qui s'était établie entre lui et mai, sur ce sujet, à l'occasion de sa visite à Monza en 1897. Dans les entretiens, que nous avons eu alors, nous nous sommes en effet, trouvés d'accord, en ce qui concerne l'Albanie, sur les points suivants:

1) Maintien du status qno;

2) Dans le cas où le statns quo ne pourrait se maintenir, et une modificaL-m deviendrait inévitable, les deux Puissances emploieraient d'accord leurs el'forts communs pour que la modification pùt se réaliser dans le sens de l'autonomie;

3) Si malgré ces efforts combinés des deux Puissances, un changement territorial s'imposait, les deux Cabinets devraient s'entendre, au préalable, entre eux en vue d'une solution qui tiendrait compte, dans une mesure égale, de leurs intérèts respectifs et de leurs engagements réciproques.

J'attacherais du prix à ètre assuré que le Comte Goluchowski voit, camme moi, dans ce qui précède.. le résumé fidèle de la substance de ce qui a été convenu eutre rwus à ce sujet.

J'autorise en conséquence V. E. à ~ui communiquer cette dépèche.

595

IL MINISTRO AD ATENE, AVARNA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. CONFIDENZIALE 1115/462. Atene, 20 dicembre 1900.

L'Ambasciatore d'Inghilterra a Costantinopoli informò, non ha guari, il suo Governo, aver Tewfik Pascià riferito al Dragomanno dell'Ambasciata che l'Incaricato d'Affari di Grecia, nell'intrattenerlo degli assassini commessi in Macedonia contro abitanti d'origine greca per parte di sudditi bulgari, avrebbegli dichiarato che il Governo Ellenico era disposto a stipulare un'alleanza difen

siva ed offensiva colla Turchia se la Sublime Porta si fosse adoperata a por fine ad un tale stato di cose. In seguito a quella informazione questo Ministro Britannico fu incaricato di verificare, in via confidenziale, l'esattezza della dichiarazione suddetta.

Il Ministro degli Affari Esteri, a cui Sir E. Egerton ne tenne parola, fu non poco sorpreso dell'equivoco occorso e fecegli conoscere che il signor Gryparis non aveva offerto, nè erasi mai arbitrato di proporre a Tewfik Pascià di stipulare un'alleanza defensiva ed offensiva con la Grecia.

Egli erasi limitato soltanto ad informarlo che, qualora il Governo Ottomano si adoperasse a reprimere i misfatti in discorso, ordini sarebbero impartiti alle Autorità Consolari Elleniche in Macedonia, di coadiuvare l'azione delle Autorità Imperiali.

Prima di farne cenno a Tewfik Pascià, il Signor Gryparis aveva prevenuto di questi suoi passi il signor Maurocordato, che trovavasi allora al Monte Santo, il quale li aveva approvati come avevano ricevuto altresì la sua approvazione.

Riferisco all'E. V. per semplice sua informazione, questo particolare, che mi fu comunicato in via del tutto confidenziale dal mio Collega Britannico.

596

IL CONSOLE AD INNSBRUCK, BAROLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 873/114. Innsbruck, 21 dicembre 1900.

In aggiunta al mio precedente rapporto n. 111 (1), e nella fiducia che ciò possa interessare l'E. V., mi onoro di aggiungere ancora le seguenti notizie circa l'ostruzionismo che i deputati italiani iniziarono alla dieta provinciale del Tirolo e del Vorarlberg.

Nella seduta pomeridiana di ieri furono tentate numerose pratiche per produrre un accordo che permettesse alla Dieta di proseguire i suoi lavori. Il Dottor Grabmayr per i liberali ed il Dottor Wackernell per i clericali tedeschi, ammettendo giustificate le pretese dei trentini per l'autonomia e deplorando la lettera del Ministro Korber, esortarono ovviamente i deputati italiani a desistere dall'ostruzionismo, dannoso, non al governo, ma bensì alla provincia; il deputato Dottor Brugnara ringraziò i liberali e clericali tedeschi per la simpatia da loro manifestata, prendendo atto delle loro parole; ma dichiarò che l'ostruzionismo è diretto contro il governo e che i deputati del Trentina desisteranno solamente quando il governo dichiari solennemente di riconoscere le giuste dichiarazioni della maggioranza della Dieta in favore dell'autonomia.

Intanto vennero presentate circa venti interpellanze e parecchie petizioni, fra cui una interpellanza del deputato Stesenelli al Luogotenente I. R. circa l'espulsione del giornalista Dottor Borghetti, ed è poco probabile che possa intervenire un accomodamento che faccia cessare l'ostruzionismo.

(l) Cfr. n. 592.

597

IL MINISTRO A BELGRADO, MAYOR DES PLANCHES, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 1329/279. Belgrado, 21 dicembre 1900.

È stato fatto come annunciai nei rapporti del 5 dicembre, nn. 1257/266 (l) e del 15 dicembre, nn. 1287/274 (2); cioè, il Governo Serbo ha consentito a riconoscere a S. A. il Principe di Montenegro il titolo di Altezza Reale; e la nota partecipante al Governo principesco l'adesione di questo è stata spedita in modo da giungere a Cettinje uno o due giorni prima della festa del Principe, e, pertanto, della protratta celebrazione del XL anniversario del suo avvento a'l trono.

Mi si diceva, ieri ancora, essersi voluto soddisfare un desiderio personale del Principe, e doversi i Serbi compiacere della maggiore dignità raggiunta da una Dinastia Serba. Ma non è difficile scoprire che il compiacimento non è del tutto sincero, ogni aumento di prestigio della Casa di Montenegro essendo qui veduto con una certa quale apprensione.

598

IL MINISTRO A MONACO DI BAVIERA, DE FORESTA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 379/161. Monaco, 21 dicembre 1900.

A detta delle gazzette liberali e di questo Signor Ministro degli Affari Esteri la visita di cortesia del nuovo Cancelliere dell'Impero alla Corte di Baviera si è compiuta con mutua soddisfazione del Principe Reggente e del Conte di Biilow.

S. E. è stata accolta con tutti gli onori dovuti all'alta sua dignità ed il Reggente lo ha non solo ricevuto in udienza solenne, onorato di un pranzo di gala ed insignito della massima decorazione bavarese, la gran croce di Sant'Uberto; ma gli ha reso una visita personale della durata di 3/4 d'ora alla locanda dove era ospitato. D'altra parte il Cancelliere dell'Impero oltre alle visite di rito ai Principi Reali ed al Ministro degli Affari Esteri ha voluto rendere omaggio alla cittadinanza visitando, accompagnato dai borgomastri, il Municipio ed iscrivendosi sul suo libro d'oro. Mentre Principe e Governo si mostrarono assai favorevolmente impressionati della persona e del contegno del Cancelliere dell'Impero, il Conte di Biilow ebbe ad esprimersi con coloro che ebbero la ventura di avvicinarlo in termini di viva gratitudine per la lieta accoglienza ricevuta e di grande ammirazione per lo sviluppo e la prosperità di questa metropoli della Germania meridionale che in 5 anni ha visto accrescersi la sua popolazione di 95.000 abitanti e che raggiunto oramai il mezzo milione sta ogni giorno progredendo nelle vie della civiltà moderna senza perdere l'antica rinomanza di città delle arti, degli studi e del vivere ordinato e pacifico.

Il Cancelliere, i~ quale con molta avvedutezza si è schermito dall'attacco del Centro al • Reichstag • nel cosidetto progetto di legge sulla tolleranza religiosa con il rispetto dovuto ai diritti degli Stati confederati ha ora con questa visita di cortesia ai loro Principi compiuta l'opera di apparente deferenza lusingando il loro sentimento dinastico e le loro velleità autonome nella grande compagine della patria tedesca.

(l) -Non pubblicato. (2) -Cfr. n. 581.
599

IL MINISTRO A PECHINO, SALVAGO RAGGI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 3455/30. Pechino, 22 dicembre 1900, ore 9,05 (per. ore 8,30 del 23).

Oggi stesso venne firmata la nota da tutti i rappresentanti esteri. Dopo domani sarà da essi consegnata ai plenipotenziari cinesi che rimetteranno loro i pieni poteri.

600

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, PANSA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. R. 811/315. Costantinopoli, 22 dicembre 1900.

A schiarimento del mio telegramma di oggi (1), vengo a fornire a V. E. qualche più particolare ragguaglio circa una nuova nota ora diretta dall'Ambasciata inglese alla Sublime Porta, relativamente alle indennità derivanti dai massacri armeni del 1896. Fra le vittime di quei disordini si trovarono due portalettere (sudditi indigeni) della posta inglese, rimasta durante il loro servizio, per istrada, nella giornata del 26 agosto. Riusciti vani tutti gli sforzi delle missioni estere per ottenere dal Governo Ottomano un risarcimento dei danni subìti dai propri nazionali, l'Ambasciata britannica, prendendo in considerazione le circostanze miserevoli delle famiglie di quei due impiegati, risolse di trattare a parte il loro caso, ritenendoli, come erano di fatto, morti in servizio ed aventi, a profitto dei loro eredi, un titolo speciale privilegiato a conseguire un compenso dall'amministrazione postale. Approfittando quindi della sistemazione di conti che si opera periodicamente fra i dicasteri delle poste inglesi ed ottomane per il transito delle corrispondenze in Turchia, l'Ambasciata britannica trattenne sul proprio debito regolato nel 1898, una somma di franchi 10 mila (circa due annate di stipendio) che furono erogati ai detti eredi, e ciò con la debita dichiarazione alla Sublime Porta del motivo di tale ritenuta. La Sublime Porta non aveva fatto sinora osservazione veruna a tale riguardo, sicchè l'Ambasciata inglese riteneva l'incidente esaurito da lungo tempo, quando l'Incaricato d'Affari Signor

De Bunsen fu assai sorpreso nel ricevere, lo scorso mese, una nota, nella quale il Governo Ottomano reclamava il rimborso di quei 10 mila franchi mancanti a

saldo del conto della posta del 1898. Fu in risposta a codesto reclamo, che l'Ambasciata, dietro istruzioni di Londra, diresse (lì 12 dicembre) alla Sublime Porta la nota (verbale) recentemente annunciata da alcuni giornali. Essa rinnova la menzione della destinazione data alla somma in questione e quindi soggiunge: che la Ambasciata coglie anzi l'occasione per ricordare alla Sublime Porta non avere il Governo della Regina accettato il rifiuto del Governo Imperiale di assumere la responsabilità dei danni sofferti da sudditi britannici per gli eventi del 1896; che tali danni, salvo una eventuale revisione, ascenderebbero alla somma di Lire sterline 63.938-11 sc.-4d; e che il Governo di Sua Maestà confida (expects) che il Governo Imperiale vorrà addivenire ad un'amichevole soddisfazione di codesti reclami, senza troppo ritardo (without unnecessary delay).

Nel favorirmi questi ragguagli, il signor de Bunsen aggiunse, confidenzialmente, ch'egli aveva promosso dal Foreign Office l'autorizzazione di fare la detta dichiarazione, « sapendo che riuscirebbe gradito all'Ambasciatore, attualmente in congedo, di trovarla già fatta al suo prossimo ritorno, per modo da essere dispensato dall'incaricarsene egli stesso • : dal che deduco che Sir R. O'Conor non spingerà probabilmente la cosa più innanzi. Tutto indica infatti, che la seconda parte della nota citata vi fu introdotta come complemento quasi necessario della prima, a titolo di riserva della questione di massima imprudentemente toccata dalla Sublime Porta stessa con la propria domanda ma che il Governo inglese non è preparato, per ora, a risollevare formalmente quella questione. Ciò che me lo fa ritenere, è anche la considerazione che qualora il Gabinetto di Londra fosse realmente deciso a far pagare le indennità dovute ai propri sudditi, esso potrebbe non difficilmente riuscirvi, con un metodo non dissimile da quello adottato a favore dei due impiegati postali. Alludo al tributo di Cipro, sul quale nulla gli impedirebbe di operare un'analoga ritenuta, con la sola conseguenza di prolungare di qualche anno l'ammortamento del prestito relativo, cui quel provento è destinato. Credo sapere che una simile misura fu già ventilata a Londra e poi messa in disparte per riguardo alle obiezioni del dicastero del Tesoro, il quale ebbe scrupolo ad alterare, per motivi estranei, le condizioni di un prestito, stabilito con criteri esclusivamente finanziari. Ma tali scrupoli si potrebbero quando che sia tacitare (tanto più che il prolungo dell'ammortamento andrebbe a vantaggio dei detentori inglesi di quei titoli). Se non lo si fa, è evidentemente perchè il Governo inglese rifugge dal ricorrere a mezzi estremi contro la Turchia, a proposito di reclami pecuniari di privati suoi sudditi; e vi influisce pure la tendenza personale dell'attuale Ambasciatore, il quale, fin dal principio della sua missione, ha sempre cercato d'ingraziarsi il Sultano, nè desidera toccare, se non costretto, una questione che più d'ogni altra --e per buoni motivi -ha il privilegio di ferire le intime suscettibilità di questo Sovrano. Una causa determinante potrebbe però presentarsi per il Governo britannico, qualora gli Stati Uniti, dopo la Francia, riuscissero a una sistemazione dei propri reclami.

Sull'azione degli Stati Uniti ebbi già più volte a riferire a V. E. e da ultimo, nel mio rapporto del 31 ottobre u.s. (1), le segnalai come si stesse preparando

la ordinazione di un incrociatore ad un cantiere americano, dal cui prezzo dovrebbe tacitamente farsi uscire un residuo destinato a soddisfare parte dei reclami di quel Governo. Qualche tempo dopo, giunse infatti a Costantinopoli un agente incaricato di trattare le condizioni del relativo contratto e mi si afferma che questo sarebbe ora prossimo alla sua conclusione. Sul modo in cui codesto contratto venne connesso all'affare delle indennità, io non posseggo però dati positivi, la Sublime Porta negando formalmente che una connessione esista e la Legazione americana mostrandosi su ciò assai reticente. Lo stesso Incaricato d'Affari inglese, che è in intimi rapporti col suo collega degli Stati Uniti, mi disse nulla averne potuto ricavare, Sembra infatti che i particolari di questa faccenda siano stati regolati a Washington, col Rappresentante turco e colla ditta assuntrice dell'ordinazione. L'incrociatore essendo del prezzo di circa 400/m. Lire turche, si tratta di risparmiarvi sopra un 5 %, per cavarne le 20/m. cui vennero ridotti i reclami in questione; ma io non saprei far altro che congetture sugli espedienti che si usarono a tale intento.

Per quanto ci concerne, io non posso per ora che riferirmi alle conclusioni del mio rapporto sovra citato del 31 ottobre. Nulla impedirebbe che io dirigessi alla Sublime Porta una nuova nota sulla questione, l'ultima mia essendole stata presentata lì 29 novembre 1898. Ma non sarebbe che una nota di più, col solo effetto di mantener vivi, teoricamente, i nostri reclami. Specie in seguito ai precedenti francese ed americano, è divenuto ora evidente che una soluzione pratica sarà possibile soltanto a condizione di poterla innestare su qualche altro affare, di natura pecuniaria, col Governo ottomano. Di simili affari, l'unico che sia suscettibile di offrire per noi una base eventuale di transazione, sarebbe quello della ditta Ansaldo. Quando esso fu iniziato nel 1898, era esclusa la convenienza dl compromettere, complicandoli colla questione armena, negoziati già di per sè difficilissimi, mercè i quali si trattava di aprire per la prima volta il varco all'industria navale italiana in Turchia. I contratti ottenuti sono ora in corso d'esecuzione ed altri potranno forse seguire. Ma se qualche intesa colla Ditta interessata fosse possibile e se il R. Governo fosse disposto a tentarla, occorrerebbe, come già dissi, che le prime entrature ne fossero fatte in Italia, coi proprietari dello stabilimento. Quell'intesa preliminare (e beninteso segreta) sarebbe in ogni caso indispensabile, per combinare un'azione la quale avesse, ad esempio, per iscopo di ottenere una nuova ordinazione, a condizioni per noi convenienti.

(l) Non pubblicato.

(l) Non pubblicato.

601

IL CONSOLE AD INNSBRUCK, BAROLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 883/115. Innsbruck, 23 dicembre 1900 (per. il 25).

In aggiunta ai miei precedenti rapporti nn. 111 e 114 (l) mi pregio portare

a conoscenza della E. V. il risultato della votazione della Dieta provinciale locale, circa l'autonomia amministrativa del Trentina.

La proposta dei deputati italiani venne esposta dal deputato Dottor Brugnara il quale dopo un discorso, che venne attentamente ascoltato, propose che la Dieta incarichi un comitato speciale di elaborare per la prossima sessione un progetto per l'autonomia del Trentina, ponendovi le seguenti condizioni principali: a) curie nazionali amministrative indipendenti; b) divisione dei fondi provinciali fra le due parti della provincia; c) divisione della Curia elettorale del grande possesso nobile fondiario fra le due parti della provincia. I deputati tedeschi Grabmayr (liberale) e Wackernel (clericale) formulano essi pure una proposta analoga nel senso dell'autonomia, ma senza accenno a condizioni o linee principali direttive. Il Luogotenente I. R. Conte di Merveldt dichiarò allora in nome del Governo, che il rescritto del Presidente dei Ministri Dottor Korber al deputato Barone Malfatti (Podestà di Rovereto) si riferiva unicamente alle vecchie trattative e progetti; ma che il Governo coopererà con benevolenza ai nuovi progetti per risolvere la questione dell'autonomia.

Nella seduta pomeridiana la proposta del Deputato Grabmayr, nella quale era sancito il principio dell'autonomia, fu approvata fra le acclamazioni dei deputati italiani; e si affidò ad una commissione di dodici membri di compilare un analogo progetto da presentarsi alla Dieta. La Dieta fu quindi dichiarata chiusa.

Ora nei mesi di gennaio o febbraio si riunirà detta commissione alla quale incomberà il non facile compito di redigere il progetto concernente l'autonomia. Progetto che dovrà conciliare le varie opinioni e desideri, e che, senza arrivare alla divisione assoluta in due provincie -Tirolo italiano e Tirolo tedesco -, (ciò che non sarebbe forse nemmeno utile alle popolazioni italiane, sparse nella parte più povera della provincia e dove la popolazione è più densa), possa però soddisfare alle molteplici esigenze dei singoli partiti e trovare la via di conciliare gli interessi di tutti.

Accenno da ultimo che, fra le varie interpellanze dei deputati italiani, una fu diretta all'I. R. Luogotenente per sapere se causa del ritardo alla nomina del delegato italiano a Riva, non siano difficoltà sollevate dal Governo austriaco.

(l) Cfr. nn. 592 e 596.

602

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. R. 2911/1440. Parigi, 24 dicembre 1900.

Nei giornali antisemiti e nazionalisti di Parigi risuonò già più volte la nota che l'alleanza franco-russa consistendo in una convenzione militare, l'alterazione nelle condizioni materiali e morali dell'esercito francese condurrà allo scioglimento dell'alleanza stessa. Da certe inquietudini che, nei suoi privati colloqui, palesa il mio collega di Russia, trovansi in una certa misura giustificate le previsioni di quella parte della stampa parigina. Ora scendono in campo per lo stesso scopo e con uguale intento due poderosi organi della pubblicità russa e francese. Il Petit JournaL del 23 corrente, nell'articolo qui allegato (1), divulga ciò che Novoie Vremia ha pubblicato sovra le conseguenze della politica del Gabinetto attualmente in carica in Francia in ordine alla solidità dell'esercito di questo paese.

Non è da escludersi che l'articolo comparso nel giornale russo non sia di fattura diversa da quella delle pubblicazioni ,che si stampano nelle gazzette parigine. Il fare sventolare davanti gli occhi dei Francesi lo spauracchio dello scioglimento dell'alleanza russa per la quale tanto si appassionarono gli spiriti in questo paese, può essere fina arte del partito del quale il Petit Journal è organo principalissimo. Ma l'effetto che da queste intimidazioni potrebbe risultare, vuol essere tenuto d'occhio poichè sebbene oggidì l'alleanza russa non trovi più in Francia l'unanime consenso, tuttavia la parte dell'opinione pubblica che in essa persiste a vedere una sicurezza materiale e morale per questo paese è ancora numerosa ed influente.

603

L'INCARICATO D'AFFARI A PIETROBURGO, CALVI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 685/340. Pietroburgo, 24 dicembre 1900.

Il • Nuovo Tempo • il quale fino ad ora si era mantenuto molto riservato

verso il nuovo Ministero bulgaro pubblica oggi il seguente telegramma del suo corrispondente particolare di Vienna:

• Appena avvenuto il mutamento di cose in Serbia la diplomazia austroungherese ha incominciato a cercare il mezzo di ottenere qualche compenso in Bulgaria. Il lungo soggiorno del Principe Ferdinando in Austria-Ungheria comincia a chiarirsi, dopo l'avvenimento al potere del Signor Petrow. Petrow gode a Vienna una illimitata fiducia: l'Imperatore gli ha regalato un suo ritratto con una dedica di suo pugno. Alla vigilia della crisi il Signor Petrow si era recato due volte a Vienna per concertarsi coi rappresentanti di quelle banche. Eragli stato proposto di salvare la Bulgaria dai suoi imbarazzi finanziari contro la cessione dei monopoli, del tabacco, del sale, del gaz e dei zolfanelli, come fu fatto in Serbia. Erasi pure trattato delle condizioni per eseguire una conversione dei prestiti bulgari, e della sospensione dei lavori della strada ferrata strategica Sofia-Kustendi.

Se a Petrow riesce di avere nuove elezioni tali che la Sobranie possa accogliere i progetti dei monopoli, la Bulgaria sarà finalmente ridotta in servitù dell'Austria ».

604

L'AGENTE E CONSOLE GENERALE AL CAIRO, TUGINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 3474. Il Cairo, 25 dicembre 1900, ore 16,25.

In risposta al telegramma di V. E. del 15 corrente (1), lord Cromer, con

sultato il Sirdar, telegrafa da Kartum: primo, che è disposto esaminare modificazioni da proporsi dal governatore Eritrea per schema convenzione Talbot,

avvertendo che anche da parte inglese si intende proporre qualche leggera modificazione; secondo, che è disposto a procedere alla delimitazione linea Sabderat-Atbara sino a Kroat. Questi due punti dovrebbero essere regolati al più presto possibile. Quanto alla linea Tomattod-Luc, non permettendo la natura del terreno una delimitazione materiale, lord Cromer pensa che basterà fissare geograficamente i due punti estremi di quella linea, la quale, essendo stata discussa fra V. E. e Rodd, non è più suscettibile di modificazione per il situato al sud della medesima.

(l) Non pubblicato.

605

IL MINISTRO A PECHINO, SALVAGO RAGGI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 172/37. Pechino, 25 dicembre 1900 (per. il 16 febbraio 1901).

Ieri, secondo era stato convenuto, ed io aveva avuto l'onore di telegrafare all'E. V. il 22 corrente (telegramma n. 30) (1), si rimise la nota ai plenipotenziari cinesi.

Li-Hung-Chang essendo ancora indisposto, in seguito ad un forte raffreddore che Io tenne a letto parecchi giorni, si scusò, e la affermazione del dott. Velde, medico della Legazione di Germania che lo cura, esclude che gli impedimenti di salute addotti per non intervenire alla seduta siano un semplice pretesto.

II principe Cing si recò alla legazione di Spagna, ove lo ricevemmo. Il ministro di Spagna, decano del corpo diplomatico, gli diresse poche parole per rimettergli la nota tradotta in cinese; il Principe rispose anch'egli poche parole, e poi presentò ad ogni rappresentante estero l'originale dei pieni poteri ricevuti da lui e da Li-Hung-Chang. Chiese quindi se anche noi avevamo pieni poteri.

II decano non rispose a quest'ultima domanda, e si limitò a dichiarare che esamineremo i pieni poteri, e che nella prossima seduta Ii restituiremo. Così ebbe fine la prima seduta.

Il principe Cing sembrava assai preoccupato in principio, ma scorsa rapidamente la nota si rasserenò assai; ed io .credo che, realmente, in essa le potenze siansi mostrate meno esigenti di quanto i cinesi potevano credere.

Partito il principe, ci riunimmo nuovamente per discutere circa i pieni poteri che egli aveva chiesto a noi. Come ebbi a telegrafare all'E. V. il giorno 10 ·corrente (telegramma n. 26) (2), il corpo diplomatico decise unanimemente che le credenziali di inviato straordinario e ministro plenipotenziario erano bastanti. La questione però si complicò, perchè il signor de Mumm non ha credenziali di inviato straordinario e ministro plenipotenziario, ma una lettera ministeriale che chiede egli sia riconosciuto come tale.

Sir Ernesto Satow pure manca di lettere credenziali, ma ha la nomina ad

• Alto Commissario per trattare con la Cina •.

Da due giorni è tornato il ministro d'Olanda, il quale ha lettere di ministro residente.

In tal modo la posizione dei rappresentanti esteri è varia: alcuni essendo

ministri plenipotenziari e inviati straordinari non giudicano aver bisogno di

pieni poteri speciali: un altro dovrà produrre i documenti che lo incaricano

di trattare con la Cina: un altro dovrà farsi riconoscere come inviato straor

dinario, in base ad una lettera ministeriale. L'ultimo infine dovrà telegrafare

al suo governo, per avere pieni poteri, o lettere di inviato straordinario e

ministro plenipotenziario.

Per conto mio, in seguito al telegramma dell'E. V. n. 24 (1), ho dichiarato

che potrei produrre copia del telegramma ministeriale dal quale appariva come

siano in viaggio lettere di inviato straordinario e ministro plenipotenziario,

nonchè pieni poteri speciali, e che quindi avrei potuto firmare il futuro proto

collo in una qualità, o nell'altra.

(l) -Cfr. n. 599. (2) -Cfr. n. 562.
606

L'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, MORRA DI LAVRIANO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 701/345. Pietroburgo, 28 dicembre 1900.

Avendo ripreso il 24 corrente la direzione dell'Ambasciata mi reco a premura di riferirLe alcune mie impressioni circa la situazione delle cose in genere, benchè nulla, a mia conoscenza, di particolarmente importante debba essere per ora segnalato. Nell'assenza dell'Imperatore e del Conte Lamsdorff, come V. E. sa, la direzione del Ministero Imperiale degli Affari Esteri rimase per molti mesi nominalmente affidata al Consigliere Basily, le cui funzioni si limitarono al disbrigo degli affari correnti ed alla pura e semplice trasmissione degli affari politici, che vennero ad essere direttamente trattati tra Livadia ed i vari Rappresentanti Russi presso le Potenze. Tale stato di cose singolarmente anormale e troppo comodo per questo Governo (che, assicurandosi da un lato una maggiore libertà di movimenti, dall'altro col differire indefinitamente qualsiasi risposta, si sottraeva alla azione dei Rappresentanti Esteri) ebbe per effetto, oltrechè di rendere più malagevole il disbrigo degli affari, di interromperlo, e quasi di annullarlo, tanto che ciò indusse quegli tra gli Ambasciatori che già non si erano assentati ad affrettare i loro congedi. La stagnazione verificatasi nella attività governativa durante la malattia dell'Imperatore, ha dimostrato malgrado dicerie a lui sfavorevoli, quanto sia rilevante la parte che egli personalmente ed effettivamente prende al governo del paese. Al proposito è altresì da notarsi l'insolita ed eccessiva libertà di linguaggio adottata dalla stampa di Pietroburgo in questi ultimi tempi, ed i suoi violenti attacchi non solo contro l'Inghilterra, ma anche contro la Germania e l'Austria, certo non possibili n è spiegabili nella presente situazione senza l'assenza della Corte e del Ministro degli Affari Esteri dalla capitale.

Lo Czar ha ulteriormente differito il suo ritorno a Tsarskoeselo esso avrebbe luogo soltanto al principio di Febbraio.

Ultimamente si riteneva come gravemente scossa la posizione del Ministro della Corte, Barone Fredericksz, e già facevasi il nome di un successore nella persona del Generale Principe Koucioube1 che gode il favore della Corte. Ora sembra però esclusa la probabilità di un cambiamento.

In attesa dello svolgimento che saranno per prendere i negoziati in China, non è inutile il notare che secondo un telegramma da Vladivostock in data dell'8-21 corrente, la direzione della principale linea della Manduria e la costruzione della linea Orientale Cinese di Port Arthur, col nuovo anno, saranno affidate al Governo. Direttore della linea si suppone il Colonnello ingegnere Keller. Dalla Manduria è ritornato il Direttore delle poste e telegrafi Andreew, il quale ha organizzato in tutta la Manduria varie sezioni col relativo personale. Tale fatto non manca d'importanza, non perchè le linee ferroviarie della Manduria e quelle in ,costruzione dell'est Chinese passando sotto la diretta amministrazione del Governo Imperiale, possano venire a trovarsi in uno stato di maggiore dipendenza di fronte ad esso di quello che già non siano, ma per le conseguenze che potrebbero derivarne in ordine alla questione degli indennizzi pei danni arrecati alle ferrovie i quali anzichè essere ripetuti dalle Compagnie Ferroviarie, come questo Governo lasciò sempre intendere, verrebbero a formare oggetto di domande e pretese del Governo stesso, risultando mutata l'attitudine che esso ha finora assunta verso la China, la cui sovranità e i cui diritti ha sempre formalmente ostentato di rispettare e di voler rispettare in Manduria.

(l) Cfr. n. 570.

607

L'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, MORRA DI LAVRIANO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

(AVV)

L. P. Pietroburgo, 29 dicembre 1900.

Dall'altro giorno ho ripreso la direzione dell'Ambasciata, ma poco, per non dir nulla, avrei a riferire. Di quel poco, del resto, parlo nel mio rapporto di ufficio (1), e vi confermo qui in via confidenziale che veramente Pietroburgo continua a non funzionare come capitale del vasto Impero, e sarà cosi finchè non sia di ritorno la Corte Imperiale o per lo meno il Ministro degli Esteri.

Intanto però tengo a parlarvi di due questioni.

L'una si riferisce ai cifrarii. Da tempo, per ciò che si dice fra la famiglia internazionale diplomatica, qui, e per ciò che intesi anche da alcuni miei colleghi, e specialmente da Tornielli a più riprese e ancora pochi giorni fa a Parigi, l'uso dei cifrarii include ben poca segretezza. I Governi, se se ne vogliono dare la pena dopo un certo tempo leggono i dispacci cifrati come se fossero in chiaro. I fatti hanno dimostrato come ciò succeda a Parigi: ugual cosa si ritiene in generale avvenga qua. Di questo fatto ne parlai più volte costì: credo anche aver scritto in proposito privatamente, se non d'ufficio.

Converrebbe dunque rinnovare i cifrarii: sarebbe la misura più sicura

e più pratica.

Altra misura altrettanto sicura, ma certo meno pratica, sarebbe di ripren

dere cifrarii vecchii (mi dicono che al Ministero ce ne sia) e distribuirli a

quelle Ambasciate o Legazioni che si ritengono meno sicure. Io naturalmente

vorrei essere calcolato fra quelle.

Se non si vuole o non si può far questo, converrebbe almeno servirsi maggiormente del n. 6 che è meno in uso ed alternare tra il n. 7 e il n. 6, mediante segni convenzionali senza indicare quando si cambia, citando n. 6

o n. 7, come si usa ora si potrebbe per esempio stabilire che 8, 10 o 15 cifre sono fatte con un cifrario, e le altre coll'altro, continuando ad alternare.

Ma sono sistemi complicati e quindi poco pratici. Certamente un cambia

mento radicale di tutti i cifrarii sarebbe la misura più sicura e la sola vera

mente pratica. Io ad ogni modo, convinto della poca segretezza attuale, invoco

una misura qualsiasi più rassicurante.

L'altra questione che ho a sottoporvi si riferisce al personale.

Spero che il buon Conte Calvi abbia finalmente ad essere elevato al rango di Capo Missione. In tal caso io sarei felicissimo di rimanere, almeno temporaneamente, col Barone Celesia funzionante da Consigliere e vi chiederei la destinazione a questa Ambasciata dell'Addetto onorario Signor Carlo Fioravanti attualmente a Costantinopoli e che qui verrebbe assai volentieri: egli mi sarebbe assai utile conoscendo già alquanto la lingua russa.

Se però credete indispensabile che qua vi sia un Segretario di l • Classe a funzionare da Consigliere, mi pare che il Conte Vinci, attualmente a disposizione, sarebbe assai indicato. A me riuscirebbe però assai più gradita la prima combinazione.

Ed altro non mi rimane che inviare a Voi e a tutti i vostri i più sentiti augurii pel nuovo anno: augurii che benchè un po' in ritardo per l'occidente, sarebbero freschissimi qua!

(l) Cfr. n. 606.

608

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, ALL'AMBASCIATORE A WASHINGTON, FAVA

T. 3737. Roma, 31 dicembre 1900, ore 20.

Ecco la nostra risposta alle controproposte americane: l) consentiamo a ridurre a lire una e cinquanta il dazio sulla voce rosin; però con espressa avvertenza che essa deve corrispondere alla voce italiana colofonia, questa essendo il solo prodotto resinoso importato in Italia dagli Stati Uniti; 2) consentiamo vincolare esenzione carbone Coke nonchè dazi attuali di tutti i prodotti per cui il negoziatore americano chiede il semplice vincolo; 3) per i prodotti indicati nella seconda e terza colonna del nostro elenco, come pure per quelli della prima colonna ad eccezione degli agrumi siamo d'accordo, dovendo però essere ben chiarito che la seta greggia include tanto la tratta

29 -Documenti diplomatici -Serie III -Vol. IV

quanto la torta; 4) ci contentiamo, relativamente ai prodotti della quarta colonna, della riduzione per le sole castagne, purchè per le altre voci della colonna stessa ci si accordi il vincolo; 5) non dubitiamo che, come fu stabilito negli altri trattati ora stipulati dagli Stati Uniti, anche a noi sarà concesso il trattamento della nazione più favorita per tutti i prodotti inclusi nel nostro trattato. Sarebbero così regolati tutti i punti del negoziato tranne gli agrumi nella tariffa americana, il lardo e il granturco bianco con la sua farina nella tariffa italiana. Per noi gli agrumi costituiscono una parte sostanziale ed imprescindibile del trattato. Dobbiamo quindi insistere acciocchè ci sia accordata la riduzione del 20 % come alla Giamaica o quanto meno la riduzione del lO %, ed in ogni caso quella qualunque riduzione che fosse concessa ad un'altra provenienza qualsiasi. Per ottenere questo risultato ella può, negoziando, concedere riduzioni sul lardo con facoltà di scendere progressivamente quante volte fosse necessario ed in proporzione del vantaggio ottenuto per gli agrumi fino a 20 lire. Per granturco bianco e sue farine ella deve far notare che, mentre rappresentano per gli Stati Uniti una importazione minima, è per noi questione di principio non mai vulnerata il tener liberi i cereali e loro farine. Confidiamo che il negoziatore americano non vorrà insistere. Dobbiamo poi insistere per la firma sollecita, indipendentemente dalla approvazione del trattato francese, bastando, tutto al più, ritardare scambio ratifiche per evitare obiezione di Kasson circa eventuale trattamento differenziale a danno della Francia. V. E. non mancherà di far rilevare la moderazione delle nostre domande, e potrà anche opportunamente rammentare le amichevoli dichiarazioni fatteci in occasione delle note riservate scambiate per l'accordo sulla base della sezione terza.

609

IL CONSOLE A GIBILTERRA, ZANOTTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 87/21. Gibilterra, 31 dicembre 1900.

A bordo del trasporto • Canada » è giunto venerdì scorso a Gibilterra reduce dal Capo, dopo aver toccato S. Elena e Madera, ed in via di ritorno in patria Lord Roberts, ex-comandante supremo dell'esercito inglese nel Sud Africa, accompagnato dal suo Stato Maggiore e dalla propria famiglia. Fu affettuosamente ricevuto coi dovuti onori da questo Governatore Sir George White e questa popolazione gli preparò un'accoglienza festosa con addobbi ed illuminazione.

Lord Roberts or succeduto a Lord Wolseley come generalissimo dell'esercito inglese approfittò del suo passaggio a Gibilterra per visitare questa fortezza e ad un indirizzo di benvenuto e di felicitazione Iettagli da una rappresentanza di questa colonia civile ebbe a rispondere in modo che parmi degno d'esser riferito. Dopo aver ringraziato la rappresentanza per il suo cordiale indirizzo e fatto i più vivi elogi di Sir George White, ch'egli esaltò nella

sua eroica difesa di Ladysmith e chiamò bravo soldato quanto perfetto tipo di gentiluomo inglese, sotto il cui governo la popolazione civile di Gibilterra troverà leggero il giogo, cui è astretta dal regime delle leggi militari, Lord Roberts disse d'aver fatto la sua prima ed unica visita a Gibilterra nel 1852. Grandi eventi si compirono da quel tempo, che cambiarono la faccia del mondo, rivoluzioni interne si succedettero negli stati e benchè negli ultimi tempi l'Europa abbia goduto dei benefizii della pace, pur vedonsi ora uomini di tutte le nazioni far tutti gli sforzi possibili per prepararsi ad una lotta che si potrebbe dire mastodontica (a mammoth struggle), che però tutti preghiamo sia rinviata a tempo indefinito mentre dobbiamo prepararci ad affrontarla nel caso dovesse scoppiare nel nostro tempo. • Son lieto di pensare, così si espresse testualmente Lord Roberts, che in questa lotta di preparazione alla guerra, Gibilterra non rimane punto indietro e che quanto denaro, arte e prescienza possano fare per la sua maggiore sicurezza ora si sta facendo cosicchè in questo punto di riunione per l'esercito e la flotta, tutto ciò che entrambe possono fare per il loro scambievole aiuto si mette attivamente in opera e quella verità, che la nostra madre patria tardò tanto a comprendere, cioè che il miglior modo per evitare la guerra è quello di prepararvisi, è qui con enfasi praticata. Ho fiducia, aggiunse Lord Roberts, che l'esempio di Gibilterra sarà seguito in tutti gli altri dominii della Regina.

Difesa non sfida (defiance), continuò, sarà, spero, per lungo tempo il sentimento dominante nel nostro paese, ma dobbiamo star preparati per qualsiasi eventualità onde poter contemplare con tranquillità e fiducia l'avvenire del nostro grande impero unito com'è ora (Canada, India, Australia e Gran Brettagna) da vincoli che furono cementati dal sangue di tanti bravi caduti sui campi di battaglia nell'Africa del Sud •.

Dopo aver rinnovato i suoi ringraziamenti alla rappresentanza della colonia pel suo indirizzo ed espressa la speranza che dureranno sempre le buone e cordiali relazioni tra l'elemento civile e militare in questa piazza sì cara al cuore della nazione britannica, Lord Roberts pose fine al suo discorso rispettosamente ascoltato.

Lord Roberts ripartì per l'Inghilterra il giorno dopo il suo arrivo, col suo seguito, a bordo del • Canada ».

Ho accennato al suo discorso perchè mi sembra significativo nella bocca dell'attuale comandante in capo dell'esercito inglese. Da esso può desumersi quanto grande ravvisi Lord Roberts e per lui il Governo inglese la necessità degli armamenti nei difficili tempi che corrono.

Chiudo il presente rapporto nell'informare l'E. V. ,che al suo arrivo a Gibilterra Lord Roberts venne ossequiato da questo Console portoghese per ordine del suo Governo e che nell'anno or scadente nell'occasione delle normali visite in questo porto, nell'Aprile e nel Novembre, della squadra inglese del Canale, lo stesso console si recò in forma ufficiale, egualmente su ordine espresso del suo Governo, ad ossequiare il comandante supremo della squadra Vice Ammiraglio Sir Rawson, ciò che prova quanto il Governo del Portogallo desideri intrattenere i rapporti più cordiali ed espansivi col Governo inglese, verso cui serbò una neutralità benevola nella sua guerra al Transvaal.

610

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL MINISTRO DELLA MARINA, MORIN

T. 4. Roma, l gennaio 1901, ore 18,15.

Ho telegrafato Govel'no Asmara che Abu Baker non sia imbarcato su

• Volturno • dovendo, per ragioni di opportunità, essere trattenuto a Keren fino a nuovo avviso. Prego avvertire subito di ciò comandante • Volturno •.

611

IL CONSOLE GENERALE A TRIESTE, LAMBERTENGHI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. R. 4858/475. Trieste, l gennaio 1901.

Le speranze per un comune accordo dei liberali nelle elezioni politiche sono andate man mano sfumando e oggi il partito si presenta con due opposti candidati correndo l'alea di lasciare la vittoria a quello Slavo.

Progressisti e democratici dopo avere cercato invano nelle loro file un nome autorevole da mettere innanzi per la V Curia, hanno dovuto accordarsi ancora una volta su quello dell'Hortis, cui erano venute meno le simpatie del pubblico; mentre una grossa frazione di essi, gli Indipendenti, che comprende anche gli oppositori dell'Amministrazione Comunale, portano il Dompieri, ex Podestà, fieramente combattuto dai progressisti nelle ultime elezioni Municipali.

Gli Slavi, che sono ora falange, voteranno com,patti per l'Avvocato Rybar; e così i Socialisti per il G. Ucekar.

Le elezioni del 1897, splendido trionfo del partito nazionale, contavano un corpo di 22.000 elettori; quest'anno il numero sarà all'incirca uguale, ma la doppia candidatura liberale e l'entrata in campo dei socialisti e degli slavi, i quali insieme dispongono a poco presso di 10.000 voti, porterà tra i due il ballottaggio e fors'anche con quello slavo.

La condotta equivoca del Dompieri, che accetta senza protestare il patrocinio di un giornale immondo come l'Avanti, è generalmente disapprovata perchè agli interessi ed ai personali rancori non ha saputo preporre quelli più alti del partito, mettendone in dubbio il trionfo di fronte ai nemici della propria nazionalità.

Nè meno biasimata è l'opera del Deputato di Verona, Todeschini, qui venuto pochi dì sono per perorare in un meeting di elettori socialisti, e combattere il sentimento e le manifestazioni Italiane.

Le elezioni hanno luogo mercoledì, 3 corrente, e mi farò premura di tosto far conoscere a V. E. il risultato.

612

L'AMBASCIATORE D'AUSTRIA-UNGHERIA A COSTANTINOPOLI, CALICE, ALL'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, PANSA

(Archivio Pansa)

L. P. [Costantinopoli], l gennaio 1901.

Le Moniteur de ce soir annonce comme un fait certain votre nomination au poste de Londres. Si c'est vrai je ne puis que vous féliciter, vous et M.me l'Ambassadrice, et faire mon deuil pour ce qui me concerne (1).

613

IL MINISTRO A LISBONA, GERBAIX DE SONNAZ, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 6/4. Lisbona, 2 gennaio 1901, ore 4,40.

Oggi apertura delle Cortes portoghesi. Il primo periodo del discorso della Corona contiene le parole seguenti: • Registro con profondo e sentito dolore la morte di S. M. il Re Umberto, mio amatissimo zio, la cui morte rimpianta immerse in profondo dolore le famiglie reali di Italia e di Portogallo, producendo tanta emozione nella nazione portoghese », aggiunge alcuni particolari sull'alleanza inglese, gli eventi dell'Africa, del suo viaggio a Porto; infine parla delle questioni di finanza ed altre interne; infine fa sperare accordi commerciali.

614

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, PANSA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 12. Pera, 3 gennaio 1901, ore 13,40.

Ambasciatore di Russia ha avuto istruzioni dal suo Governo d'interessarsi, d'accordo coi colleghi, a facilitare un accomodamento fra debito pubblico ottomano e Creta. Gli ambasciatori di Francia e d'Inghilterra hanno chiesto ai rispettivi Governi se sarebbero autorizzati ad occuparsene, ed io ho fatto la stessa domanda a V. E. con rapporto ora in viaggio.

615

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL CONSOLE GENERALE A SMIRNE, ACTON

T. 16. Roma, 3 gennaio 1901, ore 19,15.

Prego telegrafarmi motivo per cui ella invitò • Curtatone » recarsi Samos

(l) Sulla nomina di Pansa all'ambasciata di Londra, si veda M. PANSA, Ricordi di vita diplomatica (1884-1914) (a cura di E. SERRA) in Nuova Antologia, gennaio-aprile 1961.

616

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL CONSOLE GENERALE A MALTA, GRANDE

D. R. 282/1. Roma, 3 gennaio 1901.

Ho ricevuto e letto con interesse il rapporto della S. V. in data 18 dicembre 1900, n. 612/77 (1), relativo alle scuole in Malta. Mentre mi riservo di studiare l'argomento, in relazione con le proposte che Ella mi fa, e di scriverLe in proposito, non posso peraltro tacerLe che di talune delle notizie che Ella mi dà sulle condizioni delle nostre scuole e sui provvedimenti di codesto Governo relativamente all'esclusione dei fanciulli di nazionalità italiana dalle scuole locali, avrei desiderato avere informazioni più sollecite, a suo tempo.

Così pure avrei desiderato che Ella avesse informato il Ministero della comparsa, in Valletta, del nuovo giornale La Cicala, che dichiara di prefiggersi lo scopo di risvegliare in codesta Colonia il sentimento della italianità.

Osservo, inoltre, che nel Rapporto della S. V. in data del 18 di novembre (2), a proposito dell'Ordine di Consiglio del 7 marzo 1899, è detto: • L'uso della lingua italiana si conserva tuttora nelle corti, con la seguente eccezione, e cioè che ogni qualvolta si trovasse in causa, sia attore, o convenuto, un inglese nelle civili, od imputato nelle criminali, la procedura e gli atti saranno tutti in lingua inglese, come pure lo stesso dibattimento in tribunale, o in altre corti , , e si aggiunge che • tutti gli atti di procedura anche per quelle cause in cui non vi sia un inglese, debbono essere compilati nelle due lingue inglese ed italiana ».

Ora, queste affermazioni circa lo stato di fatto creato dalle nuove disposizioni, sono inesatte e non corrispondenti al tenore delle disposizioni stesse, come facilmente si rileva dalla lettura dei nn. 2 e 11 dell'ordine predetto, inserito nel numero della Gazzetta ufficiale del 22 di marzo 1899, che Ella stessa mi inviò annesso a quel medesimo rapporto ora citato.

La S. V. quindi, ben vede che, se non avessi avuto cura di ricercare il testo dell' • Ordine di Consiglio », e mi fossi, invece, attenuto alle indicazioni fornite dal rapporto di lei, mi sarei trovato indotto in grave errore ed esposto, nella recente discussione avvenuta in Parlamento, a dire cose non conformi alla realtà.

617

IL MINISTRO A BELGRADO, MAYOR DES PLANCHES, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 6/3. Belgrado, 3 gennaio 1901.

La Scupstina è convocata per il 28 dicembre vecchio stile. Essa si riunirà a Nisch, come gli scorsi anni. Il suo compito sarà essenzialmente l'esame ed il voto del bilancio per l'anno 1901, alla cui preparazione il Re ed i Ministri

attendono con assiduo lavoro. Si vorrebbero attuare 4 milioni di dinari di economie. Sarà molto se, praticamente, si riuscirà a realizzare due milioni,

o due milioni e mezzo.

Come è noto a V. E., la Scupstina attuale ebbe già prorogati i propri poteri. Con legge proposta dal Dr. Vladan Georgevitch e da essa votata, il limite della legislatura, che sarebbe stato al 31 dicembre 1899, fu, incostituzionalmente, protratto di un anno, sino al 31 dicembre imminente. Se si ammette sanata la incostituzionalità da un tacito consenso di tutti, la Scupstina siederà « regolarmente » tre giorni soli. Ma la Costituzione in vigore consente che la Scupstina cessante possa essere convocata in sessione straordinaria, quando al Governo occorra, nell'intervallo tra la scadenza dei suoi poteri e la convocazione dei comizi elettorali. Di questa facoltà, il Governo intende valersi. E così, le elezioni generali dovendo aver luogo a primavera, l'Assemblea attuale, appena scadono i suoi poteri, sarà nuovamente convocata, in sessione straordinaria, per i primi di gennaio p. v.

Mi riservo di far conoscere, a suo tempo, le leggi che verranno sottomesse a discussione, oltre quelle di bilancio.

(l) -Non pubblicato. (2) -Cfr. n. 489.
618

IL MINISTRO A BELGRADO, MAYOR DES PLANCHES, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 7/4. Belgrado, 3 gennaio 1901.

Il successore da questo Governo desiderato al defunto Dyonisios (rapporto del 22 dicembre, nn. 1346/286) (l) sarebbe l'archimandrita Niceforos, dimorante a Costantinopoli, serbo di nazionalità, suddito ottomano. Nelle nomine di vescovi, dovendosi, per legge canonica, tener conto anche dei voti del clero e della popolazione della diocesi, il Governo serbo cerca predisporre l'opinione, sui luoghi, in favore di lui. E spera che, quando si addiverrà alla formalità della notificazione ufficiale della morte di Monsignor Dyonisios il clero diocesano esprimerà al Patriarcato ecumenico il desiderio suo e della popolazione di avere a capo spirituale Monsignore Niceforos.

Non si preveggono opposizioni locali, nè da Bulgari, nè da Greci, gli uni e gli altri d'altronde poco numerosi. Le opposizioni potrebbero farsi sentire a Costantinopoli. Prevalgono tuttora, secondo i Serbi, nel Santo Sinodo e presso il Patriarca, quelle tenerezze per il sacerdozio greco, che gli fecero, per lo addietro, nominare in non poche occasioni, dei greci, non solo a vescovi, ma anche a semplici sacerdoti, in mezzo a popolazioni slave; quelle tenerezze medesime in reazione alle quali ebbe a determinarsi il scisma bulgaro. Confidano, però, che l'esperienza abbia insegnato, e che il Patriarcato non ricada nell'accennato errore.

(l) Non pubblicato.

619

L'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, BOTTARO COSTA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 6/2. Londra, 3 gennaio 1901.

A lord Roberts reduce dal Transvaal è stata fatta ieri dalla popolazione di Londra una accoglienza simpatica e festosa; mancava però quell'entusiasmo rumoroso dei primi tempi della guerra. Di questa e dei sacrifizi sempre maggiori che impone si incomincia ad essere stanchi; non se ne vede la fine e le recenti notizie da Cape Town certo non son fatte per alimentare l'ottimismo di coloro che sulla fede dei resoconti rosei della stampa ufficiale, non vogliono ammettere che gravi e dolorosi sacrifici accorreranno ancora prima di venire a capo di una situazione il cui risultato finale, anche nella ipotesi la più favorevole sarà !ungi dall'essere in proporzione con l'entità dello sforzo fatto.

620

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, PANSA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 11/6. Costantinopoli, 4 gennaio 1901.

Secondo notizie giunte ieri a Costantinopoli e confermate da telegrammi pervenuti a queste Ambasciate di Austria-Ungheria e d'Inghilterra, un conflitto sanguinoso avrebbe avuto luogo, ieri l'altro, a Jehtib (Steplie), fra quegli abitanti bulgari e la gendarmeria turca sussidiata dalle truppe regolari. Un ufficiale e alcuni gendarmi e soldati sarebbero rimasti uccisi. Vennero mandati sul luogo rinforzi armati da Kupruliè e da Strumnitza ed eseguiti molti arresti di bulgari, per giudicare i quali si recarono a Jehtib il Valy di Kossovo, il Comandante della gendarmeria, il capo della polizia ed un giudice d'istruzione accompagnati da numerosa scorta.

Non si conoscono ancora i particolari nè le cause immediate di quei torbidi che le misure stesse adottate dall'autorità indicano essere stati abbastanza gravi. Alla Porta si asserisce che ne siano stati istigatori membri del Comitato bulgaro-macedone, i quali avrebbero voluto fare una dimostrazione contro la consacrazione, annunciata a breve termine, del metropolita serbo di Uskub Monsignor Firmilian -secondo un'altra versione, i disordini sarebbero stati provocati dall'avvenuto arresto di bulgari sospettati come emissari del Comitato predetto. Ma mi riservo di riferire ulteriormente quanto mi verrà fatto di raccogliere circa la natura e le possibili conseguenze di quell'incidente.

621

IL CONSOLE GENERALE A TRIESTE, LAMBERTENGHI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. R. 34/1. Trieste, 4 gennaio 1901.

Le previsioni sul risultato delle elezioni politiche a Trieste si sono avverate. Il candidato nazionale ebbe 8059 voti; lo slavo 6438; il socialista 4901; e 2410 il Dr. Carlo Dompieri: quindi ballottaggio fra i due primi. Domenica prossima si ritornerà alle urne e si può considerare quasi certo il trionfo del candidato nazionale. Ciò non pertanto, l'aspra lotta combattuta non è meno significativa rispetto alla crescente invasione slava la quale in breve volger di tempo diventerà preminente, come in quasi tutta la Regione Giulia, se non le faranno diga la concordia e soprattutto l'attività intellettuale e morale dei partiti nazionali.

A Parenzo questi ebbero successo colla elezione del Dr. Felice Bennati. Mi riserbo riferire più a lungo sulle elezioni in generale delle Provincie Italiane, appena se ne conosceranno pienamente i risultati.

622

L'AGENTE CONSOLARE A GABES, LUMBROSO, AL CONSOLE GENERALE A TUNISI, BOTTESINI

R. Gabes, 4 gennaio 1901.

A completamento delle notizie da me trasmesse alla S. V., mi giova portare alla di lei conoscenza che, dalle informazioni pervenutemi, risulta che le autorità militari stanno erigendo in ogni dove, e specie a Medenine e Garzis, forti cinte murate con feritoie intorno ai campi militari, quasi si voglia fare di tutti dei veri e proprii campi trincerati, dacchè mi risulta che i lavori in generale sono in se stessi assai importanti.

Sulla frontiera tripolina si continua, d'altra parte, ad erigere quelle costruzioni che io ebbi già occasione di descrivere sommariamente alla S. V., che si dicono B01·dj, e al caso potrebbero, io mi penso, servire di piccole basi d'operazione per una eventuale avanzata nel territorio del villaggetto turco.

In tali circostanze prego la S. V. di vedere se non fosse il caso di spedire sui luoghi persona idonea, accorta e di piena fiducia ad osservare, per quanto possibile da vicino, tali lavori e preparativi.

Potrei recarmivi io stesso, se la mia presenza, per quanto giustificata da personali miei interessi commerciali, sulla frontiera, non ingenerasse inevitabilmente sospetti nelle autorità e fors'anche pettegolezzi sui giornali, e questo non mi rendesse difficilissimo e forse impossibile il compito assunto.

Lascio quindi alla S. V. ogni ulteriore apprezzamento.

623

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI

T. 34. Roma, 5 gennaio 1901, ore 18,55.

Avendo il Duca di Genova chiesto a S. M. il Re se dovesse accettare patronato associazione marittima internazionale debbo, per desiderio di Sua Maestà pregarla di volermi, in aggiunta alle indicazioni chiestele con telegramma precedente, telegrafare suo parere circa convenienza dell'accettazione. Comunicherò la risposta di lei a Sua Maestà.

624

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, ALL'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, BOTTARO COSTA

D. 660/2. Roma, 5 gennaio 1901.

Ringrazio la S. V. del rapporto del 17 dicembre scorso n. 443 (l) relativo ai reclami dei cittadini italiani espulsi dal Transwaal.

Per quanto concerne il difetto di protezione ai nostri connazionali da parte del R. Console a Capetown di cui ella ha fatto cenno, noto che esso fu dovuto ad un ritardo casuale della lettera colla quale gli espulsi reclamavano in loro favore l'appoggio del R. Consolato.

La istituzione di una commissione mista di ufficiali dell'esercito e di funzionari civili annunziata dal Signor Brodrick alla Camera dei Comuni, se potrà ritardare la definizione dei numerosi reclami che essa è incaricata di esaminare, può tuttavia considerarsi come un nuovo sintomo delle buone disposizioni del Governo Britannico e come una maggiore garanzia per lo studio imparziale dei singoli reclami. È indubitato che codesto Governo procurerà di restringere quanto gli sarà possibile il numero dei casi pei quali l'indennità sarà dovuta, ma dall'accordare delle indennità non potrà certamente esimersi, dopo le assicurazioni date al Governo Germanico, assicurazioni che, come ella osserva giustamente, hanno uguale valore, oltre che per i tedeschi, per i danneggiati stranieri di ogni nazionalità.

Su quest'ultima considerazione sarà, anzi, utile che ella si soffermi oppor

tunamente allorquando, in conformità alle istruzioni che con precedente di

spaccio le ho impartite, avrà a riparlare di questo affare a codesto Signor

Ministro degli Affari Esteri.

(l) Non pubblicato.

625

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 39. Parigi, 6 gennaio 1901, ore 4,45.

Risposta ai nn. 23 e 34 (1).

Mi riferisco al mio rapporto 16 dicembre n. 2854 (2), dal quale emerge essere mio parere che nell'associazione marittima internazionale l'Italia tenga un posto proporzionato alle sue tradizioni, ai suoi interessi ed al suo avvenire marinaresco. L'influenza degli istituti destinati a promuovere la uniforme risoluzione delle questioni giuridiche e tecniche d'interesse internazionale, essendo incontestabile, importa tenere negli istituti stessi una posizione sufficiente. La riunione plenaria costitutiva dell'associazione è convocata qui per il 16 corrente. Le adesioni italiane dovrebbero giungere per questa data e potrebbero essere presentate per delegazione dal cavalier Pesce. Soltanto dopo la formale sua costituzione l'associazione delibererà sulla formazione del suo comitato d'onore e di patronato. Procurerò di conoscere se altri principi di case sovrane siano stati presenti ed abbiano espresso le loro intenzioni. La serietà dei componenti il comitato promotore mi fa ritenere che soltanto nel caso di un numero sufficiente di assicurate accettazioni saranno rivolte ai principi nostri aventi gradi nella marina le domande relative al loro alto patronato. Sono perciò d'avviso che si possa fare sentire qui che qualora altri principi di famiglie regnanti ne facciano parte, l'accettazione delle LL. AA. RR. duca di Genova e duca degli Abruzzi sarà probabile.

626

L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 37/3. Berlino, 6 gennaio 1901, ore 17,36 (per ore 18,50).

A V. E. è nota proposta americana di riunire conferenza a Washington

-o altrove per indennizzi e trattati di commercio di cui è cenno nelle condizioni di pace colla Cina, lasciando ai ministri a Pechino risoluzioni definitive delle altre condizioni. Questo Governo non approva proposta americana ma non prenderà decisione su di essa prima di conoscere attitudine Inghilterra. Questo Governo crede che intendersi a Pechino dove tutti i diplomatici e militari anelano pronta soluzione di tutte le questioni sia più facile che in una conferenza in America od in Europa. 12) Non pubblicato.
(l) -Il t. 23 non è pubblicato. Il t. 34 è pubblicato al n. 623.
627

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, ALL'INCARICATO D'AFFARI A VIENNA, CUSANI CONFALONIERI

T. 37. Roma, 6 gennaio 1901, ore 13,30.

Il R. ambasciatore in Berlino telegrafa che per il 200" anniversario del Regno di Prussia l'Imperatore di Russia manderà a Berlino un Granduca e che probabilmente l'esempio sarà seguito dall'Imperatore d'Austria-Ungheria e da altre Corti. Prego informarsi tosto e telegrafarmi se e quale Arciduca sarà mandato a Berlino.

628

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AGLI AMBASCIATORI A BERLINO, LANZA, A PARIGI, TORNIELLI, A PIETROBURGO, MORRA DI LAVRIANO, E AGLI INCARICATI D'AFFARI A LONDRA, BOTTARO COSTA, E A VIENNA, CUSANI CONFALONIERI (l)

T. 43. Roma, 6 gennaio 1901, ore 20,35.

L'incaricato d'affari degli Stati Uniti mi comunica e caldamente raccomanda una proposta del suo Governo intesa a separare dagli altri punti del negoziato colla Cina i due che si riferiscono alle indennità ed alle modificazioni dei trattati di commercio. I primi dovrebbero essere conclusi dai rappresentanti esteri in Pechino, mentre i due secondi dovrebbero trattarsi in una capitale europea od a Washington. Prego informarsi e telegrafarmi il pensiero di codesto Governo circa tale proposta (2).

629

IL MINISTRO A BELGRADO, MAYOR DES PLANCHES, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 17/6. Belgrado, 6 gennaio 1901.

Qualche tempo fa, Re Alessandro si degnò ricevere, in udienza, un redattore di giornale v,iennese, di secondo ordine. Il resoconto dei discorsi tenuti da Sua Maestà, in quella circostanza, ebbe scarsa pubblicità fuori Serbia; non ne ebbe, in Serbia, alcuna. Lo riprodusse la Revue d'Orient. Lo riprende, ora, il giornale serbo di oltre Sava, Srbo Bran (La Difesa serba); e, per tal via, il pubblico serbo viene ad averne conoscenza. Siccome esso rispecchia lo stato di animo del Re, quale traspare da ogni suo atto e detto, così ritengo doverlo

riassumere. Sua Maestà, col giornalista viennese, si sarebbe, in sostanza, espresso {!Ome segue :

• Mi avveggo che la vostra stampa tiene le parti di mio padre, dimenticando che Io sono il Re, non Lui; e che con Me bisogna fare i conti. Mi avveggo, eziandio, che costì non siete contenti del mio matrimonio. Anche il Conte Goluchowski me lo ha fatto sapere, aggiungendo che avrei dovuto confidare il mio divisamento a S. M. l'Imperatore e Re, anzichè rivolgermi alla Russia. Io professo la più alta stima per l'Imperatore e Re; ma Goluchowski non è logico. Egli dimentica l'età dell'Imperatore e la mia, e la differenza dei sentimenti nell'età sua e nella mia. A Belgrado, poi, non potevo ·Confidarmi {!On alcun inviato estero, poichè tutti erano con mio Padre, ad eccezione del rappresentante russo. Per mezzo di questo, mi sono rivolto al mio "compare di battesimo" l'Imperatore di Russia (1). A lui ho confidato le mie intenzioni e l'ho pregato di darmi la sua approbazione e benedizione, acciocchè io potessi sposare Colei che avevo scelta. Voi non sapete, nè comprendete, che cosa sia, nella religione ortodossa e pel popolo serbo, il cum, compare di battesimo; e perciò non pensate, in ciò, non sentite, come noi. Il cum è, da noi, più che non sia il padre. Egli può approvare, disapprovare, ordinare, proibire; la sua parola è per noi sacra. Sono frequenti, in Serbia, i casi in cui i giovani contraggono matrimonio col solo consenso del "compare" e contrariamente al volere del padre. Agli occhi miei, nella questione del mio matrimonio, l'Imperatore Nicola era superiore a tutti, e la Sua approbazione più importante di ogni altra. Perciò mi sono rivolto a lui; e tosto che Egli mi ebbe approvato e benedetto, comunicai alla Serbia ed al mondo il mio divisamento, e mi ammogliai. Non bisogna, pertanto, meravigliarsi dei miei legami con l'Imperatore

e con la Russia. Voglio stare in buoni rapporti con tutte le Potenze, e con la potente Monarchia vicina. Ma la mia parentela spirituale con l'Imperatore di Russia e le affinità di sangue e di religione del popolo serbo col popolo russo mi danno l'obbligo di mantenere con la Russia le migliori relazioni •.

Dal Signor Mansuroff, il quale, come ben s'intende, contesta l'opportunità di siffatte espansioni, ho saputo che vi è, in quella dichiarazione, qualche inesattezza. Così, è esagerata l'importanza del • padrinato •. Inoltre, è inesatto che S. M. il Re abbia aspettato, per decidersi al matrimonio, di avere il consenso dell'Imperatore di Russia. Quando il Re manifestò al Signor Mansuroff le sue intenzioni (e fu il giovedì, 19 luglio u. s.), pregandolo di domandare allo Czar il di Lui consenso, il Signor Mansuroff fece notare al Re che occorrerebbe qualche giorno per averne risposta, poichè non si fidava a telegrafare in cifra, nè da Belgrado, nè dagli Stati finitimi. E, difatti, mandò un corriere alla frontiera russa, a portare il telegramma cifrato, che di là fu spedito al suo destino. Il Re prese la sua decisione, domandò in isposa la Signora Draga e diresse il suo manifesto al popolo, il sabato e la domenica mattina, assai prima, cioè, che potesse giungergli la risposta dello Czar. Il quale non ebbe

se non a pronunciarsi post factum; e non poteva guarì pronunciarsi altrimenti di quel che fece. Il Re scusò, poi, col Signor Mansuroff, la sua precipitazione, adducendo la necessità di • far presto », per prevenire attentati contro l'ora Regina Draga, che i Ministri avrebbero, con un ratto, od altrimenti, cercato di fare sparire.

(l) -Telegramma analogo fu inviato in pari data al ministro a Pechino. (2) -Con lettera 4 gennaio l'ambasciatore statunitense a Roma trasmise al ministro degliEsteri, Visconti Venosta copia di un telegramma del segretario di Stato con la proposta sopra accennata.

(l) Cum, compare, padrino. L'Imperatore Nicolò II non è propriamente compare di battesimo, padrino di Re Alessandro. Ma siccome la parentela spirituale si tramanda, specie presso i Serbi, da padre a figlio, Re Alessandro poteva considerare come cum Nicolò II, nipote diretto da quello che gli fu realmente padrino, l'imperatore Alessandro II [Nota del documento].

630

L'INCARICATO D'AFFARI A VIENNA, CUSANI CONFALONIERI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 47. Vienna, 7 gennaio 1901, ore 18,25.

Governo austro-ungarico non ha ancora risposto alla proposta comunicatagli da questo ministro degli Stati Uniti, indicata nel telegramma di V. E.,

n. 43 (1), attendendo ancora di conoscere l'opinione degli altri gabinetti e specialmente di quelli di Berlino e di Londra. L'impressione personale del conte Szecsen è che la proposta sia prematura.

631

IL CONSOLE GENERALE A MALTA, GRANDE, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. R. 18/5. Malta, 7 gennaio 1901.

Ricevo il riverito Dispaccio qui contro segnato (2) e sono dolente, Eccellenza,

e perciò Lene esprimo il mio vivo rammarico, che una mia svista, proprio

eccezionale in me, poteva essere causa che V. E. avesse affermato in Parla

mento cosa inesatta. Fu una svista ripeto perchè ben rammento che avendo

allora sul tavolo vari documenti concernenti quel mio Rapporto del 18 Novem

bre u. s. (3) osservando e leggendo or questo or quello, mi sfuggirono dalla mente

tutte le particolarità, le modificazioni e le aggiunte riportate nei 19 Articoli

dell'Ordine in Consiglio del 7 Marzo 1899, facendone succintamente cenno col

brano del mio rapporto in parola, da V. E. riportato col riverito suo Dispaccio.

Certo che fu una mia disattenzione, che a tutti può accadere, errare huma

num est; ma fuori di ogni mia volontà, malgrado poi che io riconosca che il

funzionario non debba mai incorrere in consimili colpevolezze. Ma appunto,

quasi prevedendo ogni possibile e facile errore, ebbi l'accortezza di unire al

rapporto, il documento, mediante il quale V. E. potè a tempo correggere le

inesattezze, fra le quali, la sola sarebbe stata forse quella di avervi compreso

i procedimenti nelle Corti Civili, mentre l'eccezione, d'usarsi cioè la lingua

Inglese, nei modi e circostanze in esso Ordine in Consiglio stabiliti, è fatta

per quelli Criminali solamente.

Osservo poi all'inciso 3" dell'Art. 2" che • qualunque citazione ingiunzione

o mandato che deve essere notificato, in qualunque procedimento, (cioè Civile e Criminale) sarà scritto sì in inglese che in italiano », la qual disposizione io riferii nel mio Rapporto con altre espressioni, che, se non corrispondevano alla lettera dell'articolo in parola, però il concetto della Legge ne era quasi per intiero conservato.

E presentandosene ora l'occasione, e per l'esattezza, devo parimenti osservare, che io dissi, nel precitato rapporto, che la lingua italiana sarà nelle Corti di giustizia, fra 15 anni, sostituita dall'Inglese, e ciò con Ordine in Consiglio del 7 Marzo 1899. Or questo Ordine si riferisce alla lingua inglese, in alcune procedure legali ed a quanto sopra è stato detto; mentre l'abolizione assoluta della lingua italiana, al termine dei 15 anni, fu ordinata da un Decreto per dir così, Ministeriale del Chamberlain, il quale fu contemporaneamente pubblicato, con l'Ordine in Consiglio suddetto, mediante il Proclama N. VII di

S. E. il Governatore, in data del 22 Marzo 1899.

Sicchè distinguendo si ha, una disposizione provvisoria, ma duratura; ed è l'Ordine in Consiglio del 7 Marzo 1899. Essa disposizione è provvisoria ·rispetto al Decreto Ministeriale Chamberlain, inquantocchè, attuato questo, al termine dei 15 anni, (1914) la eccezionalità della Lingua Inglese, in alcune procedure speciali dall'Ordine in Consiglio menzionate, cadrebbe da per se stessa; è duratura, nel caso che il precennato Decreto fosse annullato da un altro Segretario di Stato delle Colonie, e quindi la disposizione dell'Ordine in Consiglio, durerebbe tuttavia.

Mentre il Decreto di Chamberlain, per divenire Legge, dovrebbe ancora attendere l'epoca stabilita, ed oggi non ha alcun carattere definitivo, come lo stesso Chamberlain dichiarò ai Signori Onorevoli Mizzi e Cachia-Zammit, allorchè si recarono in Londra in missione, e potrebbe per conseguenza essere annullato; come io dissi.

Ed ora, oso sperare che V. E. vorrà non tener conto della mia svista; la quale, ripeto, fu proprio eccezionale, non essendo nelle mie lunghe abitudini di riferire inesattamente, mentre mi fo scrupolo anche delle piccole inezie.

(l) -Cfr. n. 628. (2) -Cfr. n. 616. (3) -Cfr. n. 489.
632

IL CONSOLE GENERALE A TRIESTE, LAMBERTENGHI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. R. 72/5. Trieste, 7 gennaio 1901.

Il ballottaggio fra i due candidati, slavo e nazionale, si chiuse colla vittoria di quest'ultimo, vittoria però ben contestata e che ha tenuto in ansia il partito fino all'ultimo. L'Hortis superò l'avversario slavo di circa 2000 voti mentre nelle elezioni del 97 il trionfo era stato più che mai completo. È da augurarsi pertanto che la lezione giovi a questi Italiani e li renda più attivi e concordi per le future lotte.

A Gorizia il candidato nazionale cadde in confronto del conservatore.

399'

Le elezioni delle altre Curie non essendo al pari della v• espressione del suffragio popolare, ma solo quella delle diverse classi sociali come negozianti, possidenti, professionisti, ecc. ecc. non hanno che un'importanza relativa rispetto alla questione di nazionalità, epperò non credo doverne particolarmente riferire; in ogni modo è quasi accertato riesciranno elette persone di sentimenti Italiani.

633

L'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, BOTTARO COSTA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 58/1. Londra, 8 gennaio 1901, ore 8,15.

A proposito della proposta degli Stati Uniti, questo ministro degli affari esteri mi ha detto che si rendeva perfettamente conto delle difficoltà in cui si troveranno rappresentanti esteri a Pechino di pronunziarsi definitivamente sulle varie questioni cui darà luogo nota alla China; che però poteva intanto adoperarsi per facilitarne soluzione; che egli conferirebbe nel frattempo con gli altri Gabinetti interessati civca il suggerimento del Gabinetto di Washington. In questo senso lord Lansdowne si è espresso con quest'ambasciatore degli Stati Uniti. Ho riportato l'impressione che la proposta americana non ha incontrato il favore del Gabinetto inglese.

634

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA

T. 70. Roma, 8 gennaio 1901, ore 23,30.

Ho rassegnato a Sua Maestà i suoi telegrammi relativi al 200° anniversario del regno di Prussia. Sua Maestà si è riservata di farmi conoscere le sue decisioni che saranno senza dubbio affermative.

635

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, PANSA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 23/9. Costantinopoli, 8 gennaio 1901 (per. il 14).

A seguito di altri rapporti già comunicatimi dal R. viceconsole in Bengasi, ne ho ricevuto ora un altro da quel nostro agente (in data del 24 dicembre), circa Io scambio di corrispondenze che avrebbe avuto luogo fra il Sultano e il Mahdi Senussi, sull'invito fattogli da Sua Maestà di lasciare l'attuale sua residenza per trasferirsi in Costantinopoli o nel Yemen.

Continuo a prender nota di codeste informazioni, per tenerle presenti, nel

caso che mi si offrisse qui occasione di controllarle o completarle. Come l'ho

già fatto rilevare, riesce però assai difficile il raccogliere in Costantinopoli alcun

dato attendibile circa le disposizioni del Sultano in tale materia, disposizioni

che sono completamente sottratte a ogni concorso della Sublime Porta, for

mando esse oggetto della politica personale di Sua Maestà e di maneggi segreti da

lui direttamente condotti con sceiks o ulema arabi di sua fiducia e dei quali,

fuori del palazzo, nemmeno si conosce l'esistenza.

Con queste riserve, e pur non escludendo che qualche brano di notizia più

o meno autentica possa venire per incidente a mia cognizione, mi limito a notare, in tesi generale, che per gli stessi motivi ora accennati, è assai dubbio che alcuna ambasciata possa aver esercitato un'influenza qualsiasi sui consigli che il Sultano avrebbe fatto pervenire al Mahdi Senussi. Che il Sultano desideri attrarlo in località più accessibile alla sua azione è cosa naturale, e già da tempo vi furono indizi di tentativi da lui fatti in tal senso. Ma è troppo evidente l'interesse che trattiene quel capo religioso da arrendersi a simili inviti, e se uno di questi gli è realmente pervenuto di recente, non esito a ritenere come assai verosimile il tenore della sua risposta, riprodotta nell'ultimo rapporto del conte Mancinelli Scotti.

Non vorrei, per contro, attribuire soverchio peso alle dichiarazioni di sudditanza personale e territoriale che lo Senussi avrebbe fatto al Sultano, trattandosi di parole, alle quali la fraseologia orientale presta assai facilmente un senso altrettanto ossequioso quanto elastico. Non vi ha dubbio che Sua Maestà cerca di mantenere e dar corpo alla propria influenza su quelle regioni, coll'animo di giovarsene ad ostacolare l'azione delle potenze che tenteranno di farvi valere in modo effettivo i diritti ch'esse vi si sono reciprocamente accordati. Ma il risultato finale, dipendente da circostanze di fatto difficili ora a prevedersi, sarà poco influenzato dalla supposta cessione di una potestà, che rimane ugualmente teorica per tutte le parti contendenti.

636

IL CONSOLE GENERALE A MELBOURNE, CORTE, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. R. Melbourne, 8 gennaio 1901.

Come io aveva preveduto nel mio rapporto delli 22 luglio scorso (1), malgrado la molteplicità dei candidati all'eccelso posto, il signor Barton che fu uno dei delegati presso il Governo inglese per patrocinare l'adozione testuale del Commonwealth bill fu scelto a presidente (Premier) del Consiglio dei ministri federale. A sua volta egli chiamò a far parte del ministero i Premiers delle cinque maggiori colonie ed invece di chiamare anche il Premier dell'isola di Tasmania, per attutire le gelosie di questa colonia di Vittoria, chiamò invece il signor Deakin.

30 -Documenti diplomatici -Serie III -Vol. IV

Alla Tasmania non garbò molto tal passo, ma il signor Barton cercherà di

cattivarsela dando a qualche suo importante uomo politico la posizione di

Speaker o di ministro senza portafoglio.

Per intanto il Ministero è così costituito:

-Presidente del Consiglio dei Ministri e Ministro degli Affari Esteri

Sir Barton;

Ministro del Tesoro Sir Georges Turner, già Premier di Vittoria;

-Ministro delle Dogane Mr. Kingston, già Premier di Sud Australia;

-Ministro delle Poste Sir John Forrest, tuttora Premier dell'Australia

occidentale;

-Ministro dell'Interno Sir William Lyne, premier di New South Wales;

-Ministro della Giustizia cioè Attorney generai il Signor Deakin già dele

gato della colonia di Vittoria a Londra;

-Ministro della Difesa il signor Dikson premier della colonia del Queens

land.

Il ministro Barton nel chiamare il signor Lyne premier di New South

Wales a far parte del ministero federale agì correttamente e costituzional

mente, ma io dubito assai che possa lo stesso durare molto in carica, stante

le sue opinioni ultra protezioniste e notoriamente antifederali.

Preso nell'assieme il ministero può classificarsi come moderato ed assai pro

tezionista per cui, come già scrissi, non vi sono fondate speranze di una tariffa

doganale molto liberale, ma di un quid medium fra la tariffa libero scambista

attuale di New South Wales e quella protezionista di Vittoria.

Conoscendo personalmente da anni i singoli ministri credo opportuno di rassegnare all'E. V. il giudizio che mi sono formato su ciascuno di loro, giudizio che reputo molto esatto e che potrà giovarci per ottenere le maggiori concessioni per i nostri articoli, e per trattare i molteplici affari d'indole diversa che le sempre crescenti nostre relazioni commerciali, industriali e marittime non mancheranno di determinarvi.

Prego l'E. V. a volersi benignare di dare alle note caratteristiche qui unite (l) un valore del tutto confidenziale.

(l) Non pubblicato.

637

L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 63/5. Berlino, 9 gennaio 1901, ore 5.

Richthofen in conversazione avuta jersera con ambasciatore degli Stati Uniti gli espose motivi per i quali egli crede inopportuna proposta conferenza per questione relativa indennità e trattati di commercio con China. La conferenza, senza parlare d'altro inconveniente di simili riunioni, ritarderebbe soluzione, occorrendo tempo prima per accordarsi sulla scelta della sede conferenza, e su nomine delegati europei e cinesi, mentre in seguito ogni Governo dovrebbe anche

su ogni punto che venga in discussione chiedere e aspettare informazioni da suo ministro a Pechino. Richthofen ha fatto pur conoscere a Londra tale suo modo di pensare, ma, come già informai V. E., questo Governo non ha dato risposta ufficiale a Stati Uniti, nè la darà prima di essersi accordato con l'Inghilterra, dalla quale non vorrebbe trovarsi separato (1).

(l) Non pubblicate.

638

IL COMMISSARIO CIVILE DELL'ERITREA, MARTINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 68. Aden, 9 gennaio 1901, ore 5.

Giunto Massaua spedirò rapporto circa Alula che prego V. E. di attendere.

639

L'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, BOTTARO COSTA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 72/2. Londra, 9 gennaio 1901, ore 5,46.

Lord Lansdowne mi ha detto parergli opportuno il suggerimento del Gabinetto di Pietroburgo di sottoporre ai quattro ambasciatori a Roma i desideri del principe Giorgio tanto più che si verrebbe così • a regolarizzare quello che vi era di anormale e di extra ufficiale nei colloqui avuti da Sua Altezza nelle varie capitali europee ».

640

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. R. 65/27. Parigi, 9 gennaio 1901.

Con il telegramma delli 6 gennaio (2), V. E. m'incaricò di informarla telegraficamente del pensiero del Signor Delcassé circa la proposta del Gabinetto di Washington intesa a separare dagli altri punti del negoziato con la Cina, i due che si riferiscono agli indennizzi ed alle modificazioni da introdurre nei trattati di commercio. In una visita che feci oggi a questo Ministro degli affari esteri, seppi da lui stesso che la comunicazione degli Stati Uniti era stata eseguita qui il giorno 7 ed avea dato luogo ad una domanda di parere, spedita tosto in forma telegrafica al Ministro di Francia a Pechino. Se ne attendeva la risposta prima di pigliare una decisione sovra l'accoglienza che alla proposta anzi detta conveniva fare. Fra i punti che nella nota collettiva delle Potenze furono presen

tati ai negoziatori cinesi, alcuni, osservava il Signor Delcassé, appena possono offrire materia a discussione dal momento che sono accettati. La loro esecuzione non può essere ritardata a meno che la Cina facesse dell'intesa sovra tutte le questioni ventilate, una condizione per eseguire gli obblighi che, col fatto solo della accettazione delle domande comprese nella nota delle Potenze, essa ha diggià assunto. Ma se, come è desiderabile, la Cina si accinge a mettere subito in atto tutto ciò che non richiede nuove intese preliminari fra le Potenze e può essere subito eseguito, la disgiunzione dei punti che richiederanno necessariamente un ulteriore esame e prolungati negoziati, si opererà da sè e per forza naturale delle cose. Forse, soggiungeva il mio interlocutore, i due punti segnalati nella comunicazione degli Stati Uniti, non sarebbero, in tale ipotesi, i soli che, per indole loro, si troverebbero dagli altri disgiunti. E qui, a modo di esempio, il Signor Delcassé ricordava che uno dei punti contempla la facoltà di occupare certi luoghi intermedi fra Pechino ed il mare per mantenere libere e sicure le comunicazioni dei rappresentanti delle Potenze residenti nella capitale cinese. Finora nessuna intelligenza è stata presa nè circa la scelta di quei luoghi, nè relativamente alle intenzioni delle singole potenze per la occupazione de' medesimi.

Passando poscia ad esaminare le ragioni che il Gabinetto di Washington poteva avere, nel mettere innanzi tale sua mozione, questo Ministro degli affari esteri accennava alla soddisfazione d'amor proprio che gli Stati Uniti potrebbero ricercare nella riunione di una Conferenza internazionale di tanta importanza politica in casa loro. Egli, il Ministro, per certo non la loro invidierebbe, non avendo alcun desiderio che una siffatta conferenza, se pur dovesse riunirsi, avesse a scegliere Parigi per sua sede.

(l) -L"ambasciatore Lanza telegrafò il 12 gennaio che il Gabinetto di Berlino aveva respinto la proposta americana. (2) -Cfr. n. 628.
641

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. R. 66/28. Parigi, 9 gennaio 1901 (per. il 13).

Negli ultimi giorni grande è stato lo scalpore della stampa intorno a certi accordi che sarebbero seguiti fra la Russia e la Cina separatamente, e che avrebbero per effetto di mettere la Manciuria più o meno direttamente sotto la dominazione del Governo russo. Alcuni giornali francesi, dopo di avere preteso che, all'annunzio della esistenza di tali patti, il gabinetto di Londra avrebbe messo quello di Berlino in mora di pronunciarsi sovra le intelligenze che, conformemente alla recente loro convenzione, dovrebbero essere prese, giunsero a dire che, in conseguenza della sfavorevole disposizione del Governo imperiale tedesco, la diplomazia britannica avea agito isolatamente ed inefficacemente a Pietroburga. Di queste notizie il signor Delcassé mi disse nulla aver sentito finora.

L'atto, intorno al quale alcune gazzette inglesi aveano fatto qualche rumore, pareva essere semplicemente una convenzione militare, seguìta fra due generali, l'uno russo e l'altro cinese, ed avente per iscopo di circondare di certe garanzie gli interessi impegnati dalla Russia nella costruzione della sua ferrovia

attraverso la lVIanciuria. Quella convenzione sembrava, anzi, indicare l'intenzione di compiere la evacuazione del territorio cinese fin qui occupato dall'esercito russo, poichè con essa si prendevano le precauzioni che, nel caso di una permanente occupazione, sarebbero riuscite inutili. Il signor Delcassé emetteva quindi l'opinione che, al presente, il Governo di Pietroburgo non abbia in animo di estendere il suo dominio sovra provincie cinesi, pur non trascurando di assicurare nel miglior modo possibile la sicurezza delle sue vie ferroviarie. Nessuna comunicazione ufficiale, soggiunse questo Ministro degli affari esteri, gli era stata fatta in proposito; ma egli avea l'impressione che le dichiarazioni della Russia, di non mirare, in questo momento, a conquiste territoriali in Cina, siano sincere.

Tutto ciò fu detto nel corso di una conversazione che non ebbe, nè avrebbe potuto avere, carattere ufficiale.

642

L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 66/16. Berlino, 9 gennaio 1901.

È noto a V. E. che alcuni giornali italiani, tra i quali il Corriere della Sera hanno pubblicato informazioni e resoconti di colloqui che l'On. Gaetani di Laurenzana ebbe qui, negli scorsi giorni, con il Principe di Bismarck e con

• altre personalità politiche • intorno alla politica commerciale della Germania in genere, intorno ai futuri negoziati commerciali itala-germanici in ispecie. Già ieri, col mio rapporto n. 14 (1), ho avuto l'onore di informare l'E. V. del contenuto di un comunicato ufficioso diretto a mettere in evidenza la verità circa alcune allegazioni che si leggono nella corrispondenza del Corriere delLa Sera. Oggi credo opportuno di segnalare a V. E. il seguente articoletto delle Berliner Neueste Nachrichten. • Il resoconto della pretesa conversazione contiene vari non sensi: sarebbe quindi superfluo il parlarne. Un Conte Laurenzana personalmente sconosciuto al Principe di Bismarck, gli chiese da Berlino -richiamando il nome di Crispi -il permesso di visitare, insieme con una persona che l'accompagnava, la cappella di Friedrichsruh. Ciò fu concesso ed i due signori furono, poi, invitati a colazione. Le cose dette a tavola non possono aver fornito una base di sorta per la corrispondenza dei giornali. Già la frase • che gli agrari tedeschi d'intesa coll'Imperatore chiederebbero dazi più elevati sulle uve, vini, legumi e fiori italiani • è così incredibilmente ingenua che fa parere del tutto fuori di necessità il difendere il Principe di Bismarck contro siffatte allegazioni. I suoi due giovani ospiti italiani, il secondo dei quali appartiene all'ufficio legale di Crispi, hanno quindi fatto il loro racconto sulla base di conversazioni, • con altri eminenti personaggi politici • come è detto nei giornali. Le cose dette a tavola a Friedrichsruh non possono aver loro

fornito alcun motivo: nominatamente poi, di una guerra doganale coll'America non fu fatta parola •.

Siccome non è impossibile che di queste rettifiche si faccia menzione nei nostri giornali e la cosa, in tal modo, abbia seguito, così ritengo opportuno di mettere in chiaro che la visita a Friedrichsruh fu chiesta ed accordata, direttamente tra l'On. di Laurenzana ed il Principe di Bismarck, senza cioè alcun mio intervento. Quell'onorevole deputato giunse qui a me personalmente sconosciuto: si recò cortesemente a farmi visita ed io lo pregai di pranzare, in tutta intimità, in casa mia. Egli mi espresse il desiderio di ottenere un'udienza da

S. M. l'Imperatore: desiderio al quale dovetti dare, nella forma più gentile, risposta declinatoria. L'On. di Laurenzana ha lasciato già Berlino.

(l) Non pubblicato.

643

IL CONSOLE GENERALE A MALTA, GRANDE, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 26/6. Malta, 9 gennaio 1901.

Faccio seguito al mio Rapporto del 2 corrente (1), e per dimostrare come il Governo Inglese proceda lentamente, ma senza interruzione e progressivamente nella sua politica stata già inaugurata da due o tre anni a questa parte, rimetto qui unita una petizione (l) presentata dai giovani studenti universitari nel Corso di Ingegneria e Architettura.

Nel mio passato Rapporto sopracitato riferivo che il Governatore aveva annullato, con una sua Ordinanza del 19 dicembre decorso, la deliberazione del Consiglio di Governo di una proposta di Legge del Dottor Mizzi, sull'Istruzione Pubblica.

In essa proposta, già approvata dal Consiglio e poi soppressa dal Governatore, dicevasi all'Art. 2 che • la Lingua Italiana è il mezzo d'istruzione e la lingua di comunicazione di ogni pubblico Istituto di educazione • .

• In ogni scuola però in cui s'insegna una Lingua diversa dell'Italiana, il docente adopererà, per quanto è possibile.. la stessa lingua che insegna •.

Dopo i dibattiti che vi furono nel Consiglio di Governo, e la famosa inchiesta sulla istruzione pubblica, per conoscere e stabilire quale delle due lingue, doveva preferirsi nell'insegnamento, se l'Italiano o l'Inglese, inchiesta che fu ordinata dcpo le serie e deplorevoli conseguenze avvenute col metodo Savoniano del pari passu, l'A-1vocato della Corona presentò un Disegno di Ordinanza, concernente la I ubblica Istruzione che fu approvata in Consiglio di Governo, il 29 aprile 1898 intitolata " Ordinanza N. XII del 1898. Per il miglior Governo e la Direzione dell'Università e di altri Stabilimenti dell'Istruzione » e pubblicata col Proclama N. VII del 23 giugno 1898.

In detta Ordinanza, che consta di sei articoli, non si fa punto menzione in quale lingua dovrebbero essere dettate le lezioni nell'Università e nelle Scuole Superiori e inferiori. Solamente all'Art. 3o è detto: • La Università ed il Liceo

di Malta saranno regolati dallo Statuto che fosse in vigore al tempo della promulgazione della presente ordinanza •.

Or lo Statuto che fu contemporaneamente alla Legge compilato, e pubblicato con la Notificazione di Governo N. 145 del 30 maggio 1898, tace anch'esso in quale lingua devono essere dettate le lezioni nell'Università e nel Liceo; ma per quanto possa sembrare che esista, in tale silenzio, una lacuna, in realtà non è così, ed appunto in questo silenzio sta la parte, per dir così insidiosa della Legge.

I giovani Universitari nella loro petizione avvertono che il Comitato aveva stabilito che le lezioni del loro corso, da quel momento dovevano essere dettate in lingua inglese; or a spiegare questa circostanza fa bisogno ricorrere alle disposizioni dello Statuto ed infatti al Capo II è detto: • Art. 11. Subordinatamente al Governatore le Autorità preposte all'Università e al Liceo sono:

l) il Rettore dell'Università; 2) il Consiglio Generale; 3) il Consiglio di Facoltà •.

Alla Sezione III del Cap. II sono determinati i diritti e i doveri del Consiglio di Facoltà. Essi consigli ·sono tanti quante sono le Facoltà cioè quattro (Art. 38) e ciascun Consiglio speciale di Facoltà è composto dal Rettore che lo presiede, dai professori ordinari e dagli esaminatori (Art. 39). Or nel governo dell'Università, prende parte ogni Consiglio speciale (Art. 41) e ciò nei seguenti casi:

l". • Quando il Governatore ne domandasse il parere sopra qualunque proposta riguardante la relativa facoltà •.

2". • Quando il Rettore credesse doversi fare qualunque modificazione allo Statuto, o ad un regoLamento riguardante La reLativa facoltà, o L'andamento degli studi seguiti nena stessa •.

4". • Quando non meno di quattro membri ne facessero al Rettore domanda per iscritto per l'oggetto indicato nel numero 2" di questo Art. (41) specificando la proposta modificazione •.

Oltre a queste disposizioni, nella medesima Sezione, all'Art. 42 è detto che ..... ciascun Consiglio speciale approva i programmi e i libri di testo destinati alla relativa facoltà e menzionati negli Articoli 7 e 9 e cioè (Art. 7) che non più tardi di quindici giorni prima del cominciamento di ogni anno scolastico, devono essere stabiliti i programmi particolareggiati d'insegnamento, e ciascuna (Art. 9) classe deve avere i libri di testo approvati dai regolamenti ed indicati nei programmi contemplati nell'Art. 7.

Ciò posto è ben facile comprendere che in conformità alle disposizioni sopra citate dello Statuto, senza che occorra un Ordine in Consiglio, nè l'Ordinanza passata in Consiglio di Governo, nè altri mezzi, i Consigìi di facoltà, detti anche Comitati, hanno in forza degli Artt. 41, 2o e 4° e 42, potere di stabilire in quale lingua debbano dettarsi le lezioni durante l'anno scolastico, e quali testi scegliersi.

Dopo ciò, facilmente riesce a spiegarsi la petizione dei giovani studenti, e come facilmente è comprensibile, senza che le Leggi, le Ordinanze, i regolamenti o gli Statuti abbiano espressamente proibita la Lingua Italiana, quale mezzo d'istruzione e di comunicazione nella Università e Licei, ch'essa potrà essere indirettamente esclusa.

È stato pubblicato al principio dell'anno scolastico, il programma degli Studi del Liceo, per l'anno 1900-1901; esso è tutto esposto in Lingua inglese, salvo la Classe del Corso di Lingua Latina, di quella Italiana, di quella Araba, e l'insegnamento Religioso Cattolico; in tutte le altre materie, che sono dodici, il rispettivo programma, è esposto in lingua inglese, e i libri di testo sono tutti inglesi per quelle 12 materie.

Con tal sistema e metodo ben si capisce che lo scopo è stato quasi raggiunto, e a poco alla volta la lingua italiana resterà nell'insegnamento degli Studi in Malta, come una lingua che sarà appresa allo stesso modo del Francese, Tedesco e Arabo.

Bene a ragione io osservavo nel mio precedente e superiormente citato rapporto, che il Governo non aveva emanato che due sole disposizioni, che in realtà ad una sola puossi ridurre, circa all'uso della lingua Inglese in Malta, e cioè l'Ordine in Consiglio del 7 Marzo 1898 e l'Ordine Chamberlain; del resto il Governo Inglese indirettamente raggiungerà lo scopo, prima assai dell'anno 1914 e ciò senza altri Ordini in Consiglio.

La petizione fa cenno di due altre circostanze cioè l o che nei Corsi di Legge e Medicina le lezioni si continuano a dettare in Italiano, ed i libri di testo in Inglese. 2o che nelle Scuole primarie gli allievi han facoltà di scegliere la lingua a loro preferita.

Rispetto alla prima ben si scorge, a conferma di quanto sopra ho esposto, che i Consigli speciali o di facoltà hanno il potere di scegliere la lingua nella quale saranno dettate le lezioni, e la scelta dei libri di testo. Osservasi che i testi sono inglesi, mentre la lingua, come mezzo di comunicazione è l'italiano, e ciò è fatto, inquantochè oggi, quasi tutti i Codici sono compilati in lingua italiana ma sono già in corso di stampa, con la traduzione inglese accanto, e allorchè saranno terminati e tradotti tutti i Codici, non vi è dubbio che la lingua d'insegnamento sarà l'Inglese. Per la Medicina devo dire che non pochi Professori si sono recati in Italia a perfezionarsi in questa Scienza, e quindi vien loro più facile la spiegazione in italiano, mentre il libro di testo è inglese.

Rispetto alla seconda eccezione, devo riferirmi al mio rapporto sulle Scuole in Malta (N. 612/77 del 18 dicembre 1900) (l) ed aggiungere che la facoltà di scelta accordata agli allievi delle Scuole Elementari, passando dalle prime classi inferiori dove si apprende solo la lingua maltese, (Art. 9 Regolamento del 26 maggio 1898, n. 145 Notif. di Governo) in quelle Superiori dove si apprende e l'Inglese e l'Italiano (Art. 10 idem) non è statuita da una Legge; ma fu in forza di una deliberazione del Consiglio Federale, e di una disposizione speciale del Governo. Ciò nonostante, sorgendo grave difficoltà pratica di dovere dettare un sol maestro ad un tempo, e nella stessa classe, lezioni in italiano o in inglese, secondo la scelta fatta dagli allievi, ad ovviare tale difficoltà, si tempera, al solito, con la lingua italiana dettando, e col libro di testo in inglese.

(l) Non si pubblica.

(l) Non pubblicato.

644

IL CONSOLE GENERALE A ZARA, MILAZZO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. R. 27/3. Zara, 9 gennaio 1901.

Come è noto all'E. V. a causa dell'aspra guerra da lunghi anni mossa in Dalmazia, coll'appoggio del Governo, dal partito croato al partito autonomoitaliano, questo ha finito a poco a poco col perdere il suo predominio in quasi tutte le città dalmate, predominio, che solo tuttavia ha potuto ancora conservare, fra grandi lotte, nella città di Zara, la quale, fiera di mantenere intatta la sua italianità, è perciò maggiormente presa di mira da tutti gli elementi croati, e dal Governo, che, a malincuore, vede la capitale della Dalmazia in mano degli italiani.

In tale stato di cose, tutte le volte che si tratta di elezioni, siano amministrative o politiche, il partito italiano-autonomo è qui costretto a sostenere una lotta veramente titanica, dovendo combattere contro forze non solo superiori, ma d'ogni parte soverchianti.

Così nelle elezioni politiche testè compiutesi, come già si prevedeva, riuscirono eletti tutti i candidati croati ultra anti-italiani, e fra questi anche qualcuno radicale-socialista, che il Governo appoggiò egualmente, pur di evitare la riuscita dei due candidati: il Dr. Ziliotto podestà di Zara ed il Dr. Lubin; persone, fra le più quotate ed autorevoli della Dalmazia, appartenenti alla parte più moderata del partito autonomo. Essi nondimeno furono aspramente combattuti da tutti gli elementi croati riuniti insieme, nonchè dal Governo, il quale con promesse ed imposizioni riuscì a far votare contro di loro perfino gli elettori serbi dei circoli di Cattaro e Ragusa, che come è noto, sono ben lontani d'avere alcuna simpatia per i croati, ma che pure in quest'occasione si videro votare insieme, uniti da un sedicente spontaneo compromesso.

645

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA

T. 84. Roma, 10 gennaio 1901, ore 23.

Autorizzandomi ad annunciare a V. E. la venuta del Duca di Aosta per il duecentesimo anniversario del regno di Prussia, S. M. il Re mi ha soggiunto che il Duca deve già aver direttamente telegrafato in proposito a V. E.

646

L'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, MORRA DI LAVRIANO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 82. Pietroburgo, 10 gennaio 1901.

Novoie Vremia attacca il Temps perchè mette in guardia Germania ed Inghilterra contro i maneggi russi in Manciuria; dice ·che l'accordo russo chinese per ristabilire l'amministrazione civile era già conosciuto; che nè Germania, nè Inghilterra, e tanto meno Francia, lo considerano come un tranello e minaccia pace europea; aggiunge che Russia non impedisce Francia rinforzarsi nei territori limitrofi Tonchino per evitare guai analoghi a quelli accaduti in Manciuria. Benchè Novoie Vremia non abbia carattere ufficiale, l'articolo odierno merita speciale attenzione vista importanza giornale e precedenti articoli; ciò potrebbe

accreditare voci, qua esistenti, di un malumore contro attuale gabinetto francese.

647

L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 71/20. Berlino, 10 gennaio 1901 (per. il 13).

Col dispaccio in data del 30 novembre u. s., n. 372 (1), V. E., nel trasmettermi un estratto di rapporto del R. incaricato d'affari in Pietroburgo, mi impartiva istruzione di indagare se uno speciale accordo fosse stato stipulato tra i gabinetti di Berlino e di Pietroburgo, col quale accordo la Germania si sarebbe disinteressata degli affari della Manciuria. Questo disinteressamento esiste di fatto, ma non mi consta che sia avvenuto in seguito ad un vero e proprio formulato accordo. Suppongo che il R. incaricato d'affari in Pietroburgo abbia voluto alludere alla convenzione recentemente conclusa dalla Russia colla Cina, e pubblicata dal Times, come notizia pervenutagli da Pechino in data del 31 dello scorso dicembre: convenzione, colla quale la Russia intese garantire la protezione dei suoi lavori ferroviari nella Manciuria. Questo segretario di Stato per gli affari esteri, col quale mi intrattenni di recente in proposito, mi assicurò, peraltro, che quella convenzione non fu preceduta da alcuno speciale accordo colla Germania, -la quale non ne sarebbe neppure stata in precedenza informata. Del resto, mi soggiunse il barone Richthofen, la Germania non ha interesse alcuno in quella regione, e non intende sollevare colà alcuna difficoltà alla Russia.

(l) Non pubblicato.

648

L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 75/21. Berlino, 10 gennaio 1901.

Come seguito al mio rapporto n. 15 dell'8 corrente (l) ho l'onore di informare

V. E. che il Landtag prussiano, dopo aver nominato gli uffici di presidenza, si è ieri riunito per la prima volta per trattare degli argomenti indicati nel discorso del trono. Il Conte Billow si presentò per la prima volta alla Camera dei deputati nella qualità di Presidente del Consiglio dei ministri. Contrariamente alle consuetudini fin qui invalse ed osservate, egli prese la parola prima dei suoi colleghi del Ministero, segnatamente, prima che il Ministro delle Finanze e vicepresidente del Consiglio l'avesse per la esposizione finanziaria. Il Conte Biilow, dopo aver fatto un caldo appello alla benevolenza della rappresentanza del popolo prussiano, dopo aver chiesto il suo concorso per portare felicemente a termine nell'interesse generale i provvedimenti proposti dal Governo, annunziò la presentazione del disegno di legge per la costruzione di canali. L'annunzio di questo importante progetto, che diede luogo a tante ed appassionate discussioni durante l'ultima sessione, venne dato dal Conte Biilow con quella sua consueta abilità che aumenta l'efficace appoggio degli amici politici e disarma gli avversari. « Il Governo, disse il Conte Biilow, considera come suo compito principale quello di cercar di conciliare gli opposti interessi che si agitano sul terreno economico nonchè il proteggere chi non si può aiutare da sè ». Le cose dette dal Conte Biilow, mantenendosi egli quasi sempre nelle linee generali, furono accompagnate da manifesti segni di approvazione, provenienti dai conservatori agrari ovvero dai liberali industriali secondo che gli uni o gli altri ritenevano di vedere in esse il favore governativo. Così il Presidente del Consiglio dà poco colla destra, poco colla sinistra e prende con tutte e due le mani insieme.

Il discorso del Conte Biilow si svolge sul terreno della politica interna. Il solo seguente periodo contiene una affermazione che concerne la politica commerciale internazionale: • L'allacciamento mediante canali dell'occidente coll'oriente della monarchia darà alla parte orientale il modo di concorrere coi suoi prodotti sui mercati occidentali; lo che essa raggiunger potrà coi prezzi di trasporto ridotti a più eque proporzioni e colla protezione doganale che le verrà assicurata di fronte all'estero ». Frase, quest'ultima, che ridotta ai minimi termini suona: • elevazione del dazio di entrata sui cereali». Nel trasmettere a

V. E. il discorso del trono, io ebbi cura di farle rilevare il passaggio nel quale si faceva cenno alle « condizioni difficili della agricoltura •. Quella abile allusione, benchè tenuta entro i limiti necessari alla prosa ufficiale, tornò graditissima agli agrari-conservatori cui fu occasione di liete speranze. Oggi, dopo il discorso del Conte Biilow e la sua affermazione da me messa in evidenza, essi

vedono nella linea di condotta del Governo prussiano una quasi garanzia che le speranze loro non verranno frustrate e con nuove disposizioni si accingono ad esaminare il disegno di legge, sì bene accetto agli industriali-liberali, contro il quale lo scorso anno deposero i loro voti. Una previsione sicura sull'esito del progetto, alla cui approvazione il Governo prussiano rivolge tutti i suoi sforzi, non è possibile enunciare oggi: certo è però che la situazione, e di questo non poco merito va dato al Conte Biilow, è sensibilmente cambiata ed io non esito a ritenere per mio conto che, salvo l'imprevisto, in definitiva il voto del Landtag prussiano sarà emesso in modo corrispondente alla « decisa ed incrollabile determinazione " di Sua Maestà e del suo Governo.

Nel trasmettere qui entro a V. E. il testo del discorso pronunziato dal presidente del consiglio dei ministri (1), mi valgo.....

(l) Non pubblicato.

649

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 79/38. Parigi, 10 gennaio 1901.

Ho segnalato nel mio rapporto delli 24 dicembre ultimo (2) la campagna giornalistica nella quale si danno la replica alcuni diarì russi ed i principali organi parigini delle varie frazioni della opposizione ministeriale. Scopo di questi armeggi è di intimorire la parte della pubblica opinione francese la quale vede, e forse non a torto, nella alleanza russa una sicurezza materiale e morale che diversamente potrebbe mancare alla Francia. Il rumore che questa campagna di stampa ha suscitato, andò ·crescendo negli ultimi giorni e si profetizzò l'imminente rottura dell'alleanza ed il richiamo, larvato da un congedo illimitato, dell'Ambasciatore Principe Ouroussow da Parigi.

Non poteva naturalmente il Ministero francese non commuoversi in presenza di questa agitazione e spontaneamente, parlandone con me in privato colloquio, il signor Delcassé smentì che fra il Gabinetto di Parigi e quello di Pietroburgo si sia prodotto il raffreddamento di cui parlano certi giornali. Dal canto suo il mio Collega russo mi disse ieri che egli non aveva avuto alcuna intenzione di allontanarsi da Parigi e che probabilmente rinuncierebbe quest'anno alla consueta sua breve assenza che si verificava di solito verso le feste di Pasqua.

Di questa duplice smentita informo V. E. benchè l'impressione che in me producono questi incidenti non :mi disponga a credere nella solidità dell'alleanza franco-russa la quale, a mio avviso, giova assai più al riposo dell'Europa che agli interessi particolari che ciascuno dei due alleati può avere in vista.

(l) -Non pubblicato. (2) -Cfr. n. 602.
650

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, ALL'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, BOTTARO COSTA

T. 93. Roma, 11 gennaio 1901, ore 22,10.

L'ambasciatore d'Inghilterra è venuto a manifestarmi il suo dispiacere per il discorso del Duca di Norfolk (1). A mia volta non nascosi il mio rincrescimento che in tutta la lunga serie di pellegrinaggi avvenuta nell'anno del giubileo il solo discorso sconveniente ed ostile che abbia ferito il sentimento nazionale sia stato quello pronunciato dal Duca di Norfolk e si sia prodotto in occasione del pellegrinaggio inglese. Del resto il linguaggio stesso dell'ambasciatore non mi lasciava dubitare che tale manifestazione era stata veduta con rammarico e riprovazione da lui stesso e dal suo Governo.

651

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL COMMISSARIO CIVILE DELL'ERITREA, MARTINI

T. P. 96. Roma, 11 gennaio 1901, ore 22,40.

Ricevuto telegramma 9 corrente (2). Desidero avere sunto telegrafico punti principali annunziato rapporto su Alula.

652

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI

T. 97. Roma, 11 gennaio 1901, ore 23.

Il ministro delle finanze Caillaux, eome ella sa, ha presentato alla camera dei deputati un disegno di legge inteso a conservare il diritto sugli alcools, preesistente all'attuale per i vini forestieri sopra 12 gradi. Il progetto del Governo corrisponde allo spirito dell'accordo coll'Italia, che sarebbe violato e offeso se al di là di 12 gradi si dovesse, per ogni grado, stanziare il diritto nuovo e maggiore sull'alcool. Mi si assicura che la commissione delle dogane, alla camera francese, sia contraria al giusto progetto del Governo. Barrère ha già scritto a Delcassé insistendo perchè in nessun caso si aggravi il diritto prece

dente sull'alcool incorporato nel vino sopra 12 gradi. Luzzatti, che è in relazione con Caillaux, e tenne una corrispondenza con esso su questo argomento, fece sapere al ministro che se sopra 12 gradi si applicassero i nuovi diritti sugli alcools, egli riterrebbe offeso l'accordo e legittimata la rappresaglia, che potrebbe essere, secondo Luzzatti, l'applicazione del dazio di 12 lire sul vino francese che viene in Italia già applicato alla Grecia. Ma noi speriamo tutti che il Governo francese colla sua autorità farà approvare il suo progetto e che intanto si continuerà ad applicare al vino italiano il diritto sull'alcool preesistente all'attuale. È inutile dire a lei la gravità di un procedimento diverso, che rimetterebbe tutto in discussione in un momento in cui i due paesi e i due Governi hanno felicemente superate tutte le fasi difficili.

(l) -Il duca di Norfolk. primo cerimoniere della Corona inglese ed anche il cattolico avente la più alta carica a Corte, giunto a Roma alla testa di un gruppo di pellegrini inglesi,nel corso di un ricevimento svoltosi 1'8 gennaio, aveva espresso pubblicamente la speranza di una restaurazione del potere temporale, mediante la restituzione al papa della città leonina e di una striscia di territorio collegante questa al mare. E perciò venne severamente criticato in Italia ed in Inghilterra. Al ricevimento era intervenuto l'ambasciatore Currie, la cui posizione riuscì poi alquanto """"Se. Cfr. R. BAGOT, Clerical Power in France and in Italy,in The Economist. 12 gennaio 1901. p. 39 e sgg. (2) -Cfr. n. 638.
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L'AMBASCIATORE A WASHINGTON, FAVA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 85/2. Washington, 11 gennaio 1901.

Gabinetto di Berlino ha J:atto stamane comunicazione segretario di stato, per mezzo di questa ambasciata germanica che è dolente di non poter aderire proposta americana di trasferire a Washington o altra capitale negoziati per China sia per indennità che per accordi commerciali perchè ciò implicherebbe nomina commissione e maggiori difficoltà. A suo modo di vedere, negoziati dovrebbero continuare a Pechino. Sino ad oggi nessun altro Gabinetto ha risposto proposta americana.

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L'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, MORRA DI LAVRIANO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 1917. Pietroburgo, 11 gennaio 1901.

Malgrado le smentite ufficiali, sono innegabili gli sforzi fatti da questo Governo per contrarre un prestito in Francia. I tentativi diretti a tale scopo non furono però fino ad ora coronati da successo.

Dopo l'andata del Signor Witte a Parigi -benchè si avesse avuto sentore delle molte difficoltà che egli aveva colà incontrato coi finanzieri francesi -si ritenne che l'affare fosse concluso e che il prestito sarebbe reso di pubblica ragione per la metà di novembre u.s. Nuovi ostacoli vennero sollevati in seguito dal gruppo dei capitalisti, che già impegnati nell'altro prestito, si mostrarono allarmati degli incessanti bisogni di denaro della Russia, e, da quanto mi risulta da fonte seria ed attendibile, lo stesso Governo Francese, reso forse anche diffidente dal modo di diportarsi della Russia in China, non si diede premura per facilitare il prestito.

Come uomo di finanza pare che il Signor Witte abbia fatto infelice impressione a Parigi. Il suo programma e i suoi metodi finanziari, anzichè incoraggiare i governanti francesi a favorire un nuovo prestito darebbero loro a temere che già troppo denaro francese sia stato affidato a questo Governo senza attenerne corrispondenti vantaggi politici sia d'ordine materiale che morale, e che il denaro dato finora abbia servito a far fronte alle urgenti necessità del momento, più che a por mano ai grandi progetti dall'esecuzione dei quali dovrebbe uscire la rinnovazione e grandezza economica dell'Impero.

Intanto il prestito è pel momento fallito. I finanzieri francesi e belgi si appalesano sempre più restii a rischiare nuovi capitali oltre quelli considerevoli assai, che già avevano qua impegnati e da cui non ricavarono gli utili che si ripromettevano e che loro eransi lasciati sperare.

La situazione finanziaria ed economica non è tale infatti da far concepire liete previsioni, e ben si spiega come i capitalisti francesi siano sordi od almeno prestino poco facile orecchio, alle nuove richieste di numerario dalla Russia, vedendo che le officine, impiantate in Russia (con capitali franco-belgi) non riescono ad ottenere le ordinazioni cui il Governo Imperiale erasi impegnato, non solo, ma che si ritarda di mesi e mesi il pagamento dei lavori già eseguiti tanto che varie officine (specialmente metallurgiche) hanno già deciso di porsi in liquidazione, ed un grande stabilimento franco-belga ha recentemente fallito. Occorre pure di osservare al proposito che le condizioni dell'industria sono anche rese qua più difficili dalla mancanza di una mano d'opera capace, mentre i profitti vengono ad essere sensibilmente diminuiti dalla recente tassa sull'industria, oggetto di una mia comunicazione all'E. V.

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L'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. CONFIDENZIALE 60/28. Vienna, 11 gennaio 1901.

Nella prima conversazione che ebbi, dopo il mio ritorno a Vienna, col Conte Goluchowski, si toccò, tra altre cose, dello stato poco rassicurante della Penisola Balcanica. La Macedonia preoccupa più specialmente l'attenzione del Ministro Imperiale e Reale degli affari esteri. Egli teme che il malcontento delle popolazioni cristiane finisca per provocare qualche grave conflitto, e che questo conduca ad una di quelle repressioni violente da parte della Turchia, che sollevi poi l'opinione dei paesi civili e costringa le Potenze ad intervenire, come accadde in Creta e altrove. L'aspettarsi dalla Turchia un cangiamento nelle abitudini amministrative, o riforme, che essa considera inconciliabili, coll'indole stessa del Governo ottomano, sarebbe una pura illusione. Il Governo Austro-Ungarico, dice il Conte Goluchowski, non mancò e non manca al suo dovere di chiamare in ogni occasione sui pericoli di torbidi in Macedonia l'attenzione della Turchia e quella dei Gabinetti, a cui si attribuiscono pretese sull'una e sull'altra frazione delle popolazioni che abitano quelle regioni. Ma il Conte Goluchowski riconosce che vi sono elementi, nella questione Macedone, che sfuggono in parte all'azione diretta dei Governi; e questi elementi sono i comitati delle varie nazionalità interessate, panslavisti, panellenici, bulgari, serbi, rumeni.

A questo proposito il Conte Goluchowski mi confermò quanto egli stesso e il suo predecessore Conte Kalnoki avevano sempre dichiarato, cioè che il desiderio e il proposito dell'Austria-Ungheria, nelle questioni che riguardano gli Stati Balcanici, è di mantenere anzitutto lo status quo territoriale, e favorire lo sviluppo autonomo di questi Stati nel limite loro assegnato dai trattati internazionali.

Questa conversazione ebbe un carattere puramente accademico, e rimase quindi senza conclusione. Stimai tuttavia utile di riferirla all'E. V., sia perchè essa indica una delle principali preoccupazioni attuali del Conte Goluchowski circa le questioni di politica estera, sia perchè essa conferma le sue precedenti dichiarazioni circa le intenzioni del Gabinetto di Vienna sul mantenimento dello status quo territoriale nei paes:l balcanici, sia infine perchè il Conte Goluchowski trasse occasione, nel suo discorso, dai pericoli presenti, per giustificare l'astensione dell'Austria-Ungheria negli affari di Creta. Egli osservò difatti che quanto accadde in Grecia e in Creta deve necessariamente incoraggiare le popolazioni cristiane in Macedonia e altrove a insorgere per modificare lo status quo territoriale. La Grecia, vinta in una guerra da essa provocata senza sufficienti ragioni fu protetta dalle Potenze, e, dopo le sconfitte, ottenne, contro quanto era stato convenuto tra le Potenze stesse, che si stabilisse in Creta uno stato di cose che fatalmente condurrà, tosto o tardi, all'annessione dell'Isola al Regno Ellenico. Questo esempio, disse il Conte Goluchowski, non può a meno d'incoraggiare ogni più arrischiato tentativo d'insurrezione in Macedonia e altrove.

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IL MINISTRO A BE:LGRADO, MAYOR DES PLANCHES, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 47/9. Belgrado, 11 gennaio 1901.

Il Re e la Regina sono partiti per Nisch, nella mattina di ieri l'altro, accompagnati dalle Loro Case e da alcuni dei ministri, gli altri avendoli preceduti,

o dovendoli seguire. Il viaggio ehe i Sovrani avevano disegnato di fare, lo scorso autunno,. nell'interno del paese, essendo stato rinviato, a causa della gravidanza della Regina, era questa la prima volta che Essa s'incontrava col Suo popolo, fuori di Belgrado e di Semendria. Le notizie, qui giunte, recano che, da Belgrado a Nisch, il viaggio delle Loro Maestà è stato trionfale, e che, lungo il percorso, masse di popolo, accorso anche da lungi acclamarono freneticamente la coppia Reale.

A Nisch, ove le Loro Maestà giunsero nelle ore pomeridiane, la stazione era gremita di gente festante. Il Podestà salutò gli augusti ospiti con entusiastico discorso. S. M. il Re rispose essere alla Regina ed a Lui caro di aver soddisfatto al desiderio di visitare la sempre fedele città di Nisch. Le parole del Re furono accolte con interminabili applausi.

Dalla stazione, le Loro Maestà, seguite da grande folla di popolo, si recarono alla cattedrale, ove Le attendeva il Vescovo, col clero. Dopo una breve funzione religiosa, le Loro Maestà si recarono al Konak.

La città, tutta bandiere e decorazioni di varie guise, venne, alla sera, sfarzosamente illuminata. La nuova via • Regina Draga •, specialmente, era illuminata in modo fantastico e splendido.

Cotale accoglienza è tanto più significativa in quanto che Nisch, sin qui, veniva considerata come la città ligia, fra tutte, a Re Milan, il quale vi dimorava assai più volentieri, ed assai più a lungo, che non a Belgrado. Dicevasi, anzi, disegnasse, come ebbi a scrivere a suo tempo, trasferirvi la sede del Governo. Generoso e munifico, anche all'eccesso, distribuiva, ogni anno, grosse somme fra i meno facoltosi; proteggeva l'agricoltura nei dintorni; aveva istituito, in vicinanza, due poderi-modello, a sue spese, ecc. La popolazione non può dimenticare di essere stata, da lui liberata dai Turchi, e, ieri ancora, celebrava, con tutta la Serbia, la ricorrenza di quell'anniversario; ma, in pari tempo, ha dimostrato al Re ed alla compagna da Lui scelta, il suo lealismo nel modo più chiaro.

Il Re, che conosce il suo popolo, non dubitava dell'accoglienza che la città di Nisch avrebbe fatto a Lui ed alla Regina. E mi si assicura che, mentre taluno dei ministri propendeva a riconvocare la Scupstina a Belgrado, per economizzare qualche centinaio di migliaia di dinari (chè tanto viene a costare il trasporto della Corte e di parte dell'amministrazione colà, per almeno due mesi), il Re, che pure è assai economo del danaro pubblico, fece valere come una delle ragioni per tenere la sessione a Nisch, la convenienza di mostrare a tutti, ed innanzi a tutti, a Re Milan, come Nisch sia fedele, più che al suo liberatore, al suo Re, e più che ad una persona, alla Dinastia.

Taluno sospetta possa esservi ancora qualche altra ragione, che si connetterebbe con l'ipotesi di cui credetti, ad ogni buon fine, dover far cenno nel mio rapporto del l o dicembre, nn. 1242/258 (l). Ma di ciò non terrò, per ora, altrimenti parola.

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L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 92/8. Berlino, 12 gennaio 1901, ore 11,27.

Seguito mio telegramma n. 5 (2). Gabinetto di Berlino ha dato a quello di Washington risposta declinatoria circa proposta conferenza per affare cinese.

31 -Documenti diplomatici -Serie III -Vol. IV

(l) -Non pubblicato. (2) -Cfr. n. 637.
658

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, ALL'AMBASCIATORE A WASHINGTON, FAVA

T.106. Roma, 12 gennaio 1901, ore 22,45.

Prima di rispondere alla proposta degli Stati Uniti di trattare separatamente in una capitale d'Europa od a Washington, le questioni delle indennità e dei trattati di commercio volli informarmi del modo di vedere degli altri gabinetti, l'unanimità essendo manifestamente necessaria. Ora l'incaricato d'affari degli Stati Uniti mi comumca che, in seguito ad opposizione incontrata presso alcuni gabinetti, il suo Governo non insiste nella sua proposta. Il Governo federale insiste invece perchè si faccia ogni sforzo per agevolare e concludere il negoziato. Al che risposi tale essere pure il pensiero e il desiderio del R. Governo che concorrerà a tale scopo.

659

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL MINISTRO A PECHINO, SALVAGO RAGGI

T. 105/4. Roma, 12 gennaio 1901, ore 22,55.

In seguito opposizione alcuni gabinetti gli Stati Uniti non insistono nella loro proposta. Insistono invece perchè sia agevolato e concluso. il presente negoziato. Ho risposto tale essere pure il nostro desiderio (1).

660

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, ALL'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, PANSA

D. 1736/18. Roma, 12 gennaio 1901.

Ebbi in questi giorni, opportunità di conferire col Comm. Marcello Bombrini, fratello del Senatore Giovanni. Come Ella sa nei fratelli Bombrini si è oramai, quasi esclusivamente, consolidata la Ditta Ansaldo, e ad essi ne appartiene la direzione.

Avendo accennato, nel nostro colloquio, al modo in cui dalla Prussia e dagli Stati Uniti erasi potuto provvedere -come non se ne può dubitare, malgrado le denegazioni della Sublime Porta -al soddisfacimento, quanto

meno parziale, delle indennità armene, il Comm. Bombrini mi si espresse in

forme da non !asciarmi dubitare che la Ditta Ansaldo sarebbe, eventualmente,

disposta a prestarci l'opera sua per una analoga combinazione.

Il Comm. Bombrini mi ha fatto conoscere che la Ditta sta ora in trattative

con la .Sublime Porta per assumersi nuove costruzioni navali. Quella sarebbe

appunto l'occasione propizia per attuare il disegno, nel senso che un certo mar

gine di prezzo, dalla Sublime Porta consentito, andrebbe devoluto al pagamento

di quella maggior quota che sia possibile delle indennità reclamate dai nostri

connazionali.

Non è necessario che altro io aggiunga a V. E. la quale conosce, od almeno

ha potuto presumere quali siano stati, in identica circostanza e per identici

fini, i procedimenti dei suoi colleghi, e che, del resto, può meglio di me argo

mentare quali possano essere nel caso nostro i procedimenti migliori. A me

basta averLa avvertita, con questo mio cenno, della possibilità, oramai accer

tata, della cosa. Ella potrà, tenendosi in comunicazione con codesto Rappresen

tante la Ditta Ansaldo, cogliere il momento propizio e con esso concordare

quello che convenientemente e con utile effetto sia da farsi presso la Sublime

Porta, o direttamente a Palazzo.

(l) L'incaricato d'affari degli Stati Uniti aveva consegnato 1'11 gennaio un memorandum in questo senso che qui non si pubblica.

661

IL COMMISSARIO CIVILE DELL'ERITREA, MARTINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 99. Asmara, 13 gennaio 1901, ore 10,40.

Parenti Sultano Obbia cacciati dal territorio di Alula perchè ritenuti amici Italia, presentaronmi Aden domande di soccorso. Ciò porse occasione f. f. console discorrere Sultanato Alula. Egli ignora intendimenti Governo del Re, ma esaminando vari sistemi mettere a dovere quel Sultano, dichiarassi recisamente contrario occupazione permanente, la quale, a suo giudizio, non impedirebbe introduzione armi esponendoci ad incidenti di molta gravità. Segue rapporto.

662

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T.112. Parigi, 14 gennaio 1901, ore 3.

Giornali nazionalisti, che trasmetto oggi per posta, annunziando nomina addetto militare italiano a Parigi, parlano di un'azione diplomatica tendente a far accettare dal Governo francese il ristabilimento del medesimo presso questa

R. ambasciata. Tengo a dichiarare che fra me e questo Governo non fu scambiata una parola sola a questo riguardo. Circa la opportunità della nomina, mi riferisco alla mia corrispondenza ed, in ultimo, al rapporto riservato, che ho indirizzato il 6 corrente, per corriere, a V. E. sull'affare Dreyfuss (1).

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L'AMBASCIATORE A WASHINGTON, FAVA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 113/3. Washington, ..... (per. ore 7,20 del 15 gennaio 1901).

Lieto informare V. E. che il Commissario federale ha consentito alla mia domanda riduzione 20 % sui cedri canditi che attualmente pagano 4 centesimi la libbra. Commissario federale ha già incluso nella lista delle concessioni offerte a noi, e precisamente dopo la tredicesima voce • castagne • gli articoli seguenti: • cedro, ovvero scorze di cedro conservate, candite o disseccate 20 % •.

Più difficile è la questione della stessa riduzione sugli agrumi; i senatori della California si oppongono energicamente alle ratifiche della convenzione colla. Giamaica, appunto perchè questa convenzione accorda la riduzione del 20 % sugli agrumi. Commissario federale, per questo motivo preferisce attendere decisioni che, al riguardo, saranno prese dalla commissione del Senato, prima di rispondere alla nostra domanda relativa agrumi. Quando gli osservai che noi siamo disposti a compensare proporzionalmente col lardo una riduzione sugli agrumi, egli parve apprezzare una tale proposta, ma mi espresse persuasione che la forte opposizione della California e della Florida non può essere vinta [da una riduzione] che, come quella sul lardo, riesca a beneficio di altri Stati.

664

L'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, MORRA DI LAVRIANO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 125. Pietroburgo, 16 gennaio 1901, ore 4.

Conte Lamsdorff mi disse ritenere come caduta proposta Stati Uniti, l'accoglienza fatta da gran parte delle potenze doveva portare a tale risultato. Da parte sua aveva risposto all'ambasciatore degli Stati Uniti ritenere poco

pratico fare trattative in due sedi separate, e che, ad ogni modo, prima di prendere la cosa in seria considerazione, riteneva necessario interpellare rappresentante russo Pechino. ·Quanto alla convenzione russo-chinese, mi risulta che Lamsdorff non le annette che un carattere affatto temporaneo, negando recisamente che essa possa tendere ad un protettorato russo sulla Manciuria.

(l) Non pubblicato.

665

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 126. Parigi, 16 gennaio 1901, ore 4,30.

Risposta al n. 97 (1).

Lo stato della questione dei dazii d'entrata sui vini è esposto nei miei rapporti 7 e 29 dicembre (2), ai quali perciò mi riferisco. Se fossi stato informato degli argomenti dei quali Luzzatti si è valso nel suo carteggio con questo ministro delle finanze, me ne sarei valso col Delcassé. Debbo segnalare essere qui opinione fondata sui dati raccolti dalla amministrazione delle dogane pel 1899, che circa i due terzi del vino importato dall'Italia non supera i 12 gradi. Le proporzioni nel 1900, · a detta dei nostri negozianti, sarebbero però molto diverse a cagione del maggior bisogno che si ebbe in Francia di vini da taglio, attesa abbondante raccolta dell'autunno scorso. Il ministero tentò ottenere d'urgenza approvazione del noto progetto di legge quando la camera doveva andare in vacanza. Il tentativo non riuscì: il progetto fu mandato alla commissione permanente di dogana; questa si palesò sfavorevole; il ministero tuttavia sostenne il progetto, e spera attenerne approvazione.

666

L'INCARICATO D'AFFARI A TOKIO, COBIANCHI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T.134. Tokio, 16 gennaio 1901, ore 19 (per. ore 21 del 17).

Questo Governo confuta tutte le argomentazioni favore riduzione tariffa. Afferma primitive concessioni essere state determinate da simpatia verso l'Italia. Nega decisamente ulteriori vantaggi. Prego telegrafarmi se R. Governo accetta ribassi già offerti contro ricambio sole riduzioni avute fazzoletti seta, ventagli.

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L'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. CONFIDENZIALE S. N. Vienna, 16 gennaio 1901.

Il giorno susseguente al mio ritorno in Vienna, cioè il 9 corrente, rimisi a S. E. il Conte Goluchowski una copia del dispaccio di V. E. del 20 dicembre s.-::orso relativo all'Albania (3), e lo pregai di voler stabilire nella sua risposta, se

il contenuto di quel dispaccio era conforme ai suoi ricordi circa l'intesa verbale su questo soggetto che aveva avuto luogo tra Lui e V. E. a Monza nel 1897. Il Conte Goluchowski ebbe in sulle prime un certo sentimento di sorpresa, provocato dal fatto che gli si venisse a chiedere ora una specie di conferma di quanto era stato inteso in una conversazione che data da oltre tre anni; e mi accennò l'esempio del Governo Russo che, per gli affari dei Balcani, si era sempre contentato dell'intesa verbale, non mai confermata per iscritto, che aveva avuto luogo in data anche più antica a Pietroburgo tra lui e il Ministro degli Affari Esteri di Russia. Ma io feci osservare al Conte Goluchowski, che le condizioni della Russia erano ben diverse da quelle dell'Italia, poichè in Russia come in Austria-Ungheria i Ministri degli Affari Esteri sogliano stare per lunghi anni in ufficio, mentre in Italia sono soggetti a continui e rapidi cangiamenti, ed a tutte le sorprese dei voti parlamentari. Era quindi utile per il Governo Italiano e conseguentemente anche per il Governo Austro-Ungarico che gli impegni presi dal Ministro degli Affari Esteri d'Italia verso Ministri Esteri, o da questi verso di lui, lasciassero una traccia scritta. Il Conte Goluchowski si persuase della correttezza di questa osservazione, e mi promise di darmi in proposito una risposta dopo che avrebbe preso gli ordini del suo Sovrano. Volle però riconoscere subito, che il contenuto del dispaccio di V. E. era conforme ai suoi ricordi, salvo un particolare più di forma che di sostanza di cui sarà fatto cenno in appresso.

Oggi, secondo che era convenuto, mi recai di nuovo al Ministero Imperiale e Reale degli Affari Esteri per conoscere la risposta che sarebbe stata data al citato dispaccio di V. E., ed ecco quanto mi fu detto in proposito dal Conte Goluchowski.

La risposta Austro-Ungarica sarà rimessa a V. E. dal Barone Pasetti nel più breve termine possibile. Questa risposta sarà conforme al dispaccio di V. E. salvo nella redazione del 3o punto. Il Conte Goluchowski crede, che in un documento scritto sarebbe conveniente di non contemplare la possibilità di un cangiamento territoriale nell'Impero Turco, cangiamento che non è desiderato nè dall'una nè dall'altra parte, com'è del resto stabilito dal l o punto. Egli pensa perciò che converrebbe limitarsi a dichiarare nel 3o punto, • la disposizione dell'una e dell'altra parte a cercare d'accordo, sempre quando occorra, i mezzi più idonei a conciliare e tutelare gli interessi reciproci •.

La risposta Austriaca sarà quindi concepita, per quanto spetta al 3o punto, nei termini surriferiti.

Il Conte Goluchowski non chiede da noi che il dispaccio di V. E. sia modificato in conseguenza. Egli si limita a stabilire nella sua risposta i termini dell'impegno reciproco nella misura rispondente alle intenzioni del Governo AustroUngarico, il quale, come dissi, crede che non si possa convenientemente prevedere, in uno scambio d'idee al quale il Governo Turco non ha partecipato, la possibilità di uno smembramento dell'Impero Ottomano. Ma è evidente che i due documenti, cioè il dispaccio di V. E. e la risposta del Conte Goluchowski, per essere efficaci debbono essere concordi nella sostanza, e che la convenienza

di non prevedere cangiamenti territoriali, se vale per l'Austria-Ungheria, deve valere anche per l'Italia. Perciò io dissi al Conte Goluchowski che avrei chiamato l'attenzione di V. E. su questo punto, e Le avrei proposto di conformare la redazione del di Lei dispaccio a quella che il Conte Goluchowski intende seguire nella sua risposta.

Il cangiamento che io proporrei è riferito nella colonna dell'annesso (l) di contro al punto 3•. Se V. E. lo approva, voglia rimandarmi il dispaccio cosi corretto e firmato che io consegnero in copia al Conte Goluchowski e questi a sua volta farà pervenire a V. E. la sua risposta, la quale, ripeto, sarà sostanzialmente conforme al primo testo del dispaccio di V. E. per i punti t• e 2• e conterrà per il punto 3• la modificazione qui sopra riferita (2).

(l) -Cfr. n. 652. (2) -Non pubblicati. (3) -Cfr. n. 594.
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IL MINISTRO A BELGRADO, MAYOR DES PLANCHES, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 57/15. Belgrado, 16 gennaio 1901.

Il 30 dicembre u. s. (12 gennaio nostro), S. M. il Re ha aperto la sessione ordinaria della Scupstina, presenti 218 deputati. Sono stati formati gli uffici e confermate le cariche di presidente e vicepresidente ai signori Sima Nestorovitch e Dragutiri Stamenkovitch.

Il discorso della Corona, pubblicato, lo stesso giorno, in un supplemento del Giornale ufficiale, è stato assai applaudito dall'Assemblea, e dalla opinione pubblica generalmente lodato siccome energico ed adatto alla situazione. Tosto che il Ministero degli Affari esteri ne dirami la promessa traduzione autentica francese, mi farò un dovere di trasmetterla.

In sostanza, dopo un cenno sul suo matrimonio con la Donna amata, matrimonio benedetto dal Cielo, poichè la Regina Draga trovasi in istato interessante, il Re ha esternato la sua gratitudbe verso S. M. I. lo Czar per avere Esso accettato di essere testimonio del matrimonio, dando così nuova prova che la consanguineità dei due popoli costituisce un pegno continuato di amicizia. Ha constatato che le relazioni della Serbia con tutte le Potenze sono amichevoli, specialmente coi due Stati limitrofi, l'Austria-Ungheria e la Turchia, unite con la Serbia mediante vincoli di interessi commerciali ed economici, che il Re cercherà di rafforzare. Del caduto Gabinetto, ha detto aver esso promesso molto e poco ottenuto; non aver compreso lo spirito del suo programma del

1'11 ottobre 1897; aver fallito alla sua fiducia, aggravato il popolo di pesi, tentato di gettare il paese nell'anarchia. Egli ha soggiunto esser riuscito finalmente a formare un Gabinetto di persone intemerate, all'infuori dei partiti; e questo Governo aver sùbito dato prova del suo amore pel paese col concedere una larga amnistia a coloro che furono coinvolti nel disgraziato affare dello scorso anno. Il presente Gabinetto essere il primo che abbia veramente portato una economia nel bilancio e studiato seriamente i modi di alleviare le troppo gravose imposte. Ha dichiarato finito il tempo delle lotte intestine, essendosi, ormai per sempre, allontanato dalla Serbia Re Milan, causa precipua di esse. Ha, quindi, accennato a talune leggi che saranno sottoposte alla Scupstina: sugli impiegati, ,sulla magistratura; ed ha terminato raccomandandole una nuova legge con cui l'esercito verrebbe riordinato sulle vere sue basi nazionali, corrispondenti all'indole, ai bisogni ed ai mezzi del paese.

Tornerò partitamente, in appositi rapporti, su taluni punti del discorso

della Corona, più meritevoli di osservazioni.

Il 31 dicembre-13 gennaio, è stata data alla Scupstina lettura di due ukase, l'uno dei quali ordinava la chiusura della sessione ordinaria, pel 1900, l'altro riconvocava la Scupstina in sessione straordinaria immediata.

L'indirizzo in risposta al discorso della Corona è stato, il 2-15 gennaio, approvato per acclamazione. Esso è una semplice parafrasi del discorso stesso. È notevole il brano: « La rappresentanza nazionale prende favorevolmente atto della dichiarazione di Vostra Maestà che Re Milan sia allontanato per sempre dal paese; poichè soltanto con la sua lontananza si può spezzare ogni legame col passato, coi suoi errori politici, con le sue illusioni e coi suoi disordini •.

(l) -Non pubblicato, perchè uguale al n. 594. (2) -Punto 3•. Proposta Nigra: • Dans tous les cas, et si !es événements l'exigeaient, les deux Cabinets seraient prèts à s'entendre pour concilier et sauvegarder sur ce point leurs intérèts réciproques •·
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IL CONSOLE GENERALE A MALTA, GRANDE, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 45/10. Malta, 16 gennaio 1901.

Prosieguo a riferire circa alla petizione degli Studenti d'Ingegneria ed Architettura, che fu oggetto del mio passato rapporto n. 26/6 del 9 corrente (l) e rimetto qui unito un Articolo apparso nella Gazzetta di Malta del 9 .corrente (2), organo dei Nazionalisti.

Pare che la domanda dei giovani abbia trovato poco favorevole accoglienza, anzi vuolsi che sia stata per ora verbalmente respinta, dal Direttore della Pubblica Istruzione Signor Tagliaferro, e si attende la comunkazione ufficiale, che non mancherò di far conoscere.

È necessario pertanto di chiarire un punto dell'Articolo in parola dove è detto che « al Garbo del Gozzo si è scelta la lingua italiana come lingua di educazione ed il Governo la rispetta ». Nel 1898 allorquando la questione sulla lingua fu posta in discussione dinanzi il Consiglio di Governo, e cioè se o pur no l'Italiana doveva essere la preferita, per tutto l'insegnamento, abolendo il cosiddetto pari-passu, nel nuovo Statuto sull'Istruzione Pubblica, che fu allora compilato, non si fece con molto accorgimento parola su tale preferenza; nè a favore dell'Inglese nè a favore dell'Italiano (Vedi Rapporto n. 26/6 del 9 corrente) ma si lasciò in facoltà dei Consigli di Facoltà, del Direttore della Pubblica Istruzione e del Rettore dell'Università, di scegliere tra le due lingue, e ciò in quanto spettava ai Corsi Universitari, ed al Liceo, corso classico e corso moderno. Rispetto alle Scuole Elementari, cioè alle ultime due classi superiori, il regolamento non faceva parimente alcuna menzione, il Governo quindi, volendo dimostrare in ciò una certa condiscendenza e favore verso la lingua italiana, in forza dello Statuto, e dietro una deliberazione del Consiglio Generale, fu deliberato che i Padri di Famiglia avessero la scelta tra le due Lingue, e quale preferissero per l'educazione dei loro figli; e quelli del Garbo del Gozzo preferirono l'Italiana.

La deliberazione suddetta del Consiglio Generale, fu esecutiva cori approvazione del Governatore e comunicata al Direttore delle Scuole Elementari nell'anno 1897.

(l) -Cfr. n. 643. (2) -Non pubblicato.
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L'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, MORRA DI LAVRIANO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T.133. Pietroburgo, 17 gennaio 1901, ore 4,49.

Novoje-Vremia, che ieri l'altro, con telegramma da Roma, aveva annunziata la pretesa occupazione di San Mun per parte dell'Italia, fa oggi, con commenti amari per noi, la storia del tentativo di occupazione di quella baja nel 1899. Aggiunge che tale occupazione è stata ora effettuata, e che, dietro le spalle dell'Italia, si trova l'Inghilterra, cui non conviene operare a suo rischio e pericolo al sud delle foci dell'Yangtze.

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IL MINISTRO A BELGRADO, MAYOR DES PLANCHES, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 69 19. Belgrado, 17 gennaio 1901.

Discorrendo meco, in occasione del ricevimento ebdomadario, il Segretario Generale del Ministero degli Affari Esteri dicevami, oggi, le voci di alleanza tra la Serbia, la Bulgaria ed il Montenegro essere inesatte. La visita del Prin

cipe di Bulgaria fu di pura cortesia e, se il Re colse il destro per fargli speciali onoranze, ciò fu allo scopo di mostrare che, come con gli altri Stati, così la Serbia è in buona armonia col vicino Principato. Sarebbe errore dare a quelle reciproche manifestazioni di buon accordo un significato più ampio.

Avendo domandato dei rapporti col Montenegro, il Signor Bochkovitch mi ha detto che il capo d'anno era stato occasione a scambio di cordialissimi telegrammi fra il Re ed il Principe; che il telegramma di S. A. Reale era concepito in modo non solo sommamente gentile, ma in uno stile elevato e poetico che rivelava la geniale sua origine; e che era stata specialmente gradita, e per la sostanza e per la forma, la espressione degli auguri di S. A. R. la Principessa Milena all'indirizzo di S. M. la Regina Draga.

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IL MINISTRO A BELGRADO, MAYOR DES PLANCHES, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 70/20. Belgrado, 17 gennaio 1901.

Nel discorso della Corona, oltre allo strale direttamente lanciato contro Re Milan, è palese la critica a tutta l'opera sua e la condanna del regime da lui ispirato. Così si conferma la rottura tra il Re e Suo Padre. Sin da quando Re Milan mandava sdegnosamente, da Carlsbad, le sue demissioni da comandante l'esercito attivo, la scissione fra Loro appariva profonda; ma, con qualche ottimismo, si poteva ancora sperare che, col tempo, fosse rimarginabile. Ora, nonostante la mutabilità delle cose in Serbia, una riconciliazione fra Padre e Figlio non sembra più possibile, se non in un così buio avvenire ed in dipendenza di circostanze cotanto imprecisabili, da diventare, nei calcoli politici, una ipotesi appena meritevole di considerazione. Re Milan è, nell'ora presente, un vinto. È fuori paese. Qualunque suo tentativo per tornarvi sarebbe impedito con la forza. Lo si accusa di avere, di fatto, assunto indebitamente la parte di reggente del Reame, e, come consigliere del Figlio, di avergli fatto compiere atti che non aveva e non avrebbe osato compiere, Egli stesso, regnando. Ha ormai contro di sè, oltre coloro che gli furono sempre ostili, una parte degli altri che, avendogli dimostrato divozione, gli rimproverano, ora, di avere, per codardia, tradito la loro fiducia, non tornando al momento psicologico, come tradì, per codardia, quella della nazione nella disgraziata campagna contro i Bulgari. Checchè si pensi della Scupstina, la quale, un anno fa, composta dei medesimi uomini, recavasi in massa ad ossequiare Re Milan e, ieri, prendeva con soddisfazione atto del suo allontanamento dalla Serbia, della Scupstina che, nell'indirizzo dello scorso anno, lo dichiarava poco meno che Padre della patria, e, nell'indirizzo di quest'anno, aggrava, se possibile, le accuse formulate contro di Lui dal Figlio, checchè si pensi di quanti altri hanno, verso di lui, del turibolo fatto tromba, è certo che ben pochi oggi mai, in Serbia, formerebbero

voti, non dico aperti, ma pur segreti, per il di lui ritorno. Il nuovo assetto è preso e la maggioranza acquiescente non lo vorrebbe turbato. Salvo forse negli alti e medi gradi dell'esercito, Re Milan non gode, ora, simpatie. Ed il fatto che il Re, la Corte, il Governo abbandonano Belgrado per due mesi, mentre egli si trova appena a dodici ore dalla frontiera, dimostra che non temono nè un colpo di mano nè un pronunciamento, sia che non ritengano l'uomo tale da tentare rischiose avventure, sia che sappiano come non abbia aderenti in numero sufficiente per assecondarle.

Ma quel vinto resta, tuttavia, per l'avvenire una minaccia al vincitore. La sua permanenza in Vienna, in un ambiente che gli è favorevole ed ai cui interessi, in dati casi, servirebbe, dà da pensare. Domate in Lui, dagli anni, le altre passioni, può rimanergli, o rifarsi viva, quella del potere.. ad appagare la quale verrebbero fatte convergere le molteplici facoltà di una mente immaginosa, esperimentata, di molti mezzi e di pochi scrupoli. Egli ora tace, si riserva, attende, sperando forse che la somma degli errori che potrà commettere il Figlio superi, un qualche giorno, quella degli errori da Lui commessi, e li faccia dimenticare. In ogni modo, egli non può non riflettere talora, nel suo segreto, che le sorti della dinastia poggiano, ora, sovra un'esistenza, e sulla speranza, o sull'illusione, di un'altra esistenza, ben fragili basi; e che, verificandosi taluni sciagurati eventi, egli potrebbe ridiventare l'uomo necessario alla Serbia, l'uomo provvidenziale, per un tempo almeno, e ciò agli occhi stessi di molti che gli. sono oggi apertamente avversi.

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IL CONSOLE GENERALE A MALTA, GRANDE, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 46/11. Malta, 17 gennaio 1901.

Allorchè negli esami finali dell'anno 1897, si ebbero le deplorevoli conseguenze dell'insegnamento Savoniano del cosiddetto pari passo e dietro una lunga discussione avvenuta a tal proposito in Consiglio, fu stabilito di addivenire ad un'inchiesta per conoscere quale delle due lingue doveva preferirsi nell'insegnamento primario, se l'Inglese o l'Italiano, inchiesta che prese larghe e vaste proporzioni, senza nulla conchiudere; il Governo esecutivo, con a capo il Principal Segretario Conte Strikland, portò a compimento per suo conto e particolarmente fra i padri di famiglia e sullo stesso soggetto, una inchiesta la quale ebbe, come affermava il Conte Strikland in pubblico Consiglio, per risultato la preferenza dall'Inglese all'Italiano, voluta dai padri di famiglia. Qual risultato ebbe solo per effetto di modificare il primitivo regolamento, lasciando poi che si studiassero l'Italiano e l'Inglese ad un tempo. Solamente si ebbe in forza di una deliberazione del Consiglio Generale dell'Istruzione Pubblica, la determinazione di lasciare nelle Scuole primarie la facoltà, ai padri di famiglia, di scelta tra le due lingue, e così si ebbe che in un villaggio del Gozzo, al Garbo, la lingua italiana fosse soltanto studiata. Tale stato di cose non andò a garbo ai Nazionalisti, accusando il Governo

e più d'ogni altro il Conte Strikland, Principal Segretario, di servirsi di quella inchiesta, condotta particolarmente e senza la debita pubblicità, per mutare

in favore della Lingua Inglese ogni ordinamento dell'insegnamento, e sopprimere a dirittura in ogni ramo dell'Amministrazione la lingua italiana. L'inchiesta non essere vera, nè veritiera, continuavano a dire e pubblicare i propugnatori della lingua Italiana, qual voce naturalmente ha trovato un'eco in Consiglio nei membri elettivi che tutti sono dalla parte opposta contro i membri dell'esecutivo. Or dopo le ultime discussioni avvenute in seno al Consiglio, a proposito dell'abbozzo di Ordinanza proposta dal Dottor Mizzi, che il Governatore mediante i suoi poteri, rese nulla (V. R. 2 corrente n. 5/1) (l); all'apertura del Consiglio, che avvenne ieri, uno dei Membri Elettivi l'On. Azzopardi, propose che il Consiglio procedesse nuovamente ad una nuova inchiesta, non potendo ammettere e ritenere che quella passata fosse sincera. Dopo breve discussione nella quale il Principal Segretario Conte Strikland difese e mantenne la sincerità dell'inchiesta da lui condotta, la proposta dell'On. Azzopardi di una inchiesta del Consiglio per stabilire la verità o meno del plebiscito, che il Governo pretende di avere ottenuto a favore della lingua inglese come base dell'insegnamento nelle Scuole Elementari, fu approvata da tutto il Consiglio e poco dopo lo stesso si costituì in Comitato inquirente sulla proposta anzidetta.

E pertanto fa d'uopo conoscere che la prima pubblica inchiesta, dove ogni classe di persone fu invitata a deporre, risultò quasi unanimamente favorevole alla lingua Italiana, ma di essa nè il Principal Segretario nè allora il Governatore Sir L. Fremantle tennero conto, e solo quella particolare servì di base all'On. Chamberlain per dettare il suo famoso Dispaccio promulgato dal Governatore il 22 marzo 1899.

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IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI

T. CONFIDENZIALE 142. Roma, 18 gennaio 1901, ore 19,30.

L'addetto militare per Parigi è già designato nella persona del colonnello Barattieri e la sua nomina può essere considerata come già fatta. Però non se ne farà per ora la notificazione e tanto meno sarà per ora tradotta in atto, ,convenendo con V. E. che il momento ne sarebbe inopportuno.

675

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA

T. CONFIDENZIALE S. N. Roma, 18 gennaio 1901, ore 20.

Decifri ella stessa. Ricevo col rapporto confidenziale del 16 (2) il nuovo testo delle note segrete da scambiarsi per l'Albania. Non avrei difficoltà di accettare la variante pro

posta dal Conte Goluchowski per il punto terzo; solo la soppressione delle parole « impegni reciproci • suscita in me lo scrupolo che questi documenti di data posteriore possano attenuare il valore di quanto si contiene sullo stesso soggetto nel trattato di alleanza. Sottopongo questo scrupolo a V. E., e se ella lo ritiene fondato mi pare che non dovrebbe riuscirle difficile di rimediarvi redigendo l'ultima parte del terzo punto nei seguenti termini: « sarebbero pronti ad intendersi, conformemente ai loro impegni reciproci, per conciliare e salvaguardare su questo punto i loro interessi rispettivi ». Attendo un cenno di V. E. per procedere alla definitiva redazione e spedizione della nostra nota la quale, beninteso, deve essere nella parte sostanziale letteralmente identica alla nota austro-ungarica.

(l) -Non pubblicato. (2) -Cfr. n. 667.
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IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, ALL'AMBASCIATORE A WASHINGTON, FAVA

T.144. Roma, 18 gennaio 1901, ore 20,05.

Rispondo al suo telegramma n. 3 (1).

Per noi gli agrumi hanno particolare importanza e dobbiamo nulla risparmiare per favorirli. Se non è ottenibile riduzione del 20 %, potremo eventualmente contentarci di riduzione minore, sempre che, ben inteso, ci sia assicurato per questo articolo come per tutti gli altri inclusi nel nostro accordo, il trattamento della nazione la più favorita. Per riuscire nel nostro intento già autorizzai V. E. a mercanteggiare sul lardo una riduzione scendendo se occorre fino a venti lire, la quale concessione se pure non è apprezzata dai senatori di California e Florida, ha però manifesta e grande importanza per l'esportazione americana in genere. Se tuttavia ella potesse indicarmi qualche altra concessione che giovi ad attenuare l'opposizione di quei senatori mi affretterei ad esaminarla d'accordo coi colleghi. L'essenziale è di far presto per evitare il pencolo che, approvato l'accordo francese, il Governo federale tema di avere esaurito ogni suo sforzo presso il congresso e lasci cadere il nostro negoziato. A scongiurare una simile eventualità, particolarmente mi affido alla solerzia ed abilità di V. E.

677

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, ALL'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, MORRA DI LAVRIANO

T. 145. Roma, 18 gennaio 1901, ore 23.

Non ho d'uopo di dire a V. E. che la notizia della occupazione italiana di San Mun non ha alcun fondamento.

(l) Cfr. n. 663.

678

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, ALL'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, BOTTARO COSTA

T.146. Roma, 18 gennaio 1901, ore 23,25.

Lord Currie presentò memorandum che mentre annuncia azione militare imminente dalla parte golfo Aden contro Muhammed Abdullai e dalla parte Kisimayo contro somali Ogaden .della destra Giuba, prevede eventualità forze inglesi entrino temporaneamente per esigenze militari, in sfera influenza italiana. Risposi con altro memorandum essere noi disposti per quanto nostro potere, agevolare azione inglese ma confidare Governo britannico tenesse conto nel condurre azione militare legittime vive preoccupazioni nostre, che essa potesse avere effetti pericolosi su nostra colonia. Posteriori rapporti Dulia governatore Benadir accrescono nostre preoccupazioni per quanto riguarda effetti che passaggio e presenza· anche provvisoria truppe inglesi su riva sinistra Giuba, potrebbero avere per la sicurezza e per gli interessi del Benadir ora perfettamente tranquillo ed amministrato da società commerciale. Ciò stante,

R. Governo, mentre è desideroso agevolare azione inglese anche dalla parte del Giuba, non è però in grado di portare giudizio sulla situazione a tanta distanza e in condizioni così mutabili, e deve lasciare ogni apprezzamento alle autorità Benadir, tanto più trattandosi territorii amministrati da privata società. Prego pertanto la S. V. di parlare in questo senso a codesto ministro affari esteri, pregandolo impartire istruzioni autorità competenti affinchè esse !li mettano su questo punto direttamente d'accordo con governatore Benadir. Circa all'azione inglese dal nord, confermiamo quanto già fu detto nel nostro memorandum.

679

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, ALL'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, BOTTARO COSTA

T.148. Roma, 18 gennaio 1901, ore 23,25.

È annunciata alla Camera una interrogazione circa i reclami di italiani espulsi dal Transwaal. Desidero poter rispondere con dichiarazioni non meno positive di quelle fatte dal segretario di stato al Reichstag germanico, che cioè è ammesso in massima e salvo accertamento dei fatti il principio di un indennizzo. In ogni modo poi mi occorrerebbe potere altresì dichiarare che ai reclamanti italiani non sarà fatto un trattamento diverso in confronto dei reclamanti di altra nazionalità. Desidero che a tale intento ella tosto ne conferisca col ~oreign Office, non dubitando che il linguaggio di codesto ministro degli affari esteri mi metterà in grado di fare le dichiarazioni suesposte.

680

IL RAPPRESENTANTE DIPLOMATICO PRESSO IL NEGUS, CICCODICOLA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 354. Addis Alem, 18 gennaio 1901 (1).

Menelik mi ha detto avere informazioni dal Sudan grave disfatta toccata truppe inglesi di Kartum contro un capo Dervisci. Per ora, priore Gerusalemme è stato legato per ordine Imperatrice. Conduco questa pratica cautamente, ma ho speranza di riuscire.

681

L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 135/32. Berlino, 18 gennaio 1901.

Come è noto a V. E., colle leggi degli anni 1874 e 1880 venne ristretta la competenza dei tribunali consolari germanici in Egitto: essa ha subito ora una nuova restrizione, in materia commerciale, mediante una ordinanza imperiale in data del 6 corrente, pubblicata dal Reichsanzeiger del 16 c.m. Credo opportuno di trasmettere qui entro all'E. V. il testo di questa ordinanza (2).

682

IL MINISTRO A PECHINO, SALVAGO RAGGI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 152/4. Pechino, 19 gennaio 1901, ore 5,30 (per. ore 7 del 21 ).

Console russo dichiarò occupare definitivamente terreni di cui nel mio telegramma n. 11 (3).

Avendo domande alcuni regi sudditi che vorrebbero fabbricare case in Tientsin, prego V. E. autorizzarmi per occupare provvisoriamente alcuni terreni non ,occupati limitrofi terreni russi. Quando sarà giunto il momento si potrà regolarizzare con Governo cinese concessione settlement, facilitare e soddisfare così desideri regi sudditi.

(l) -Il documento venne trasmesso telegraficamente da Asmara il 13 febbraio alle ore 5,15. (2) -Non pubblicato. (3) -Cfr. n. 491.
683

L'AGENTE E CONSOLE GENERALE AL CAIRO, TUGINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 149. n Cairo, 19 gennaio 1901, ore 10,45.

Romano mi ha trasmesso telegramma di V. E. n. 143 (1). Avendo io saputo da Romano il 12 corrente che V. E. gli aveva telegrafato il 10 di appoggiare candidatura russa, compresi l'equivoco, ed invitai nostro delegato sanitario, che l'aveva pure compreso, a recarsi tosto a Cairo per trattare l'affare. Il 13 insieme col nostro delegato sanitario conferii con lord Cromer ed accertammo che l'accordo a quattro doveva mantenersi. Tale era pure l'opinione dei colleghi francese ed austro-ungarico, ma fu pure accertato da lord Cromer e da me che di fronte a maneggi russi era indispensabile assicurare maggioranza nel consiglio sanitario dell'Egitto mercè un modo di soluzione atto a neutralizzare maneggi. Mi adoperai e mi .... (2) in questo senso col nostro delegato sanitario, ripartito lo stesso giorno. Spero poter quanto prima riferire a V. E. favorevole risultato. Sarebbe desiderabile che V. E. indichi nome nostro candidato.

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L'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, MORRA DI LAVRIANO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 25/12. Pietroburgo, 19 gennaio 1901 (per. il 31).

Il rapporto del Ministro delle Finanze Russo, che ebbi l'onore di trasmettere per corriere, il 13 corrente, all'E. V. (1), ha fatto nei circoli politici e diplomatici favorevole impressione per le sue dichiarazioni a pro della pace, mentre sono apparse meno opportune le parole colle quali il signor Witte parlando dell'azione della Russia nell'Estremo Oriente sembrerebbe accordarle un primato sulle altre potenze che hanno preso parte alla liberazione di Pechino ed alla pacificazione del paese.

Al punto di vista puramente finanziario ritengo sia difficile, per non dire impossibile coll'attuale ordinamento della Banca di Stato, sottratta ormai a qualsiasi controllo (poichè quello della Borsa fu da vari anni soppresso) di stabilire qual fede possa prestarsi alle cifre segnate in bilancio, ed è tutt'altro che escluso il sospetto che la situazione sia stata presentata sotto colori anche più rosei di quelli che abitualmente rivestono le esposizioni finanziarie. Dal riassunto generale del bilancio si rilevano le seguenti previsioni.

Entrate

Ordinarie .. R. 1.730.096. 006.

Straordinarie 1.500. 000.

Ammontare da prelevarsi sulle disponibilità del tesoro 56.886. 000.

ToTALE R. l.788.482. 006.

Spese

Ordinarie .. R. 1.656.652. 556. Straordinarie 131.829. 450.

ToTALE R. 1.788.482. 006.

Sulle disponibilità del tesoro, che dal l o gennaio 1901 ammontarono a 123 milioni di rubli, sono stati imputati, come è sovra accennato 56,8 milioni di rubli per le spese straordinarie del 1901, cosicchè rimarrebbero disponibili 66 milioni di rubli, mentre, giova il notarlo, le disponibilità del Tesoro al l o gennaio 1898 avevano raggiunta la cifra massima di 355 milioni di rubli. È assai dubbio che tale somma di 66 milioni di rubli sia sufficiente (all'infuori delle risorse contemplate in bilancio) a far fronte, come mostra di ritenere il signor Witte, alle eventualità militari od altre dell'anno corrente, e, nella ipotesi più favorevole, mancherà in seguito, nè sarà agevole di ricostituire così presto quel fondo di riserva di cui il signor Witte si dilunga a dimostrare la necessità per un vasto Impero qual è la Russia e che egli sembra porre a base del suo sistema finanziario.

Anche stando alle cifre del bilancio in discorso appare discutibile l'asserzione che la Russia possa fare a meno di un prestito all'estero ed io mi riservo nel corso di questo rapporto di esprimere il mio avviso in proposito, !imitandomi intanto ad osservare che lo stesso Signor Witte ha in un modo più esplicito dei suoi predecessori riconosciuto che per sviluppare le ricchezze agricole e minerarie del paese occorre il concorso dei capitalisti esteri. E malgrado tutte le dichiarazioni ufficiali, non mancano i segni della scarsezza di numerario. Le casse destinate alle costruzioni delle ferrovie di Stato e private si videro obbligate di differire i loro pagamenti, ciò che non avrebbe dovuto succedere trattandosi di spese previste in bilancio, ma il fatto esiste. Mi consta altresì che il Ministero delle Finanze fece già da lungo tempo sentire agli altri dicasteri la convenienza di ridurre le spese al disotto delle previsioni. Per coprire le spese immediate della guerra è quindi lecito il supporre che Witte abbia preso il denaro dove lo trovava, e questo spiega le raccomandazioni da lui fatte agli altri Ministri. Non si può certo criticare di avere differito tutte le altre spese per creare una specie di fondo di guerra destinato a sopperire alle spese dell'Estremo Oriente. Ora se egli trovasse un prestito a condizioni convenienti i rischi della attuale situazione sparirebbero. Se invece non riuscirà a contrarre il prestito, coll'attuale riserva di circa 60 milioni di rubli non potrebbe rendere ai fondi speciali e alle diverse casse ciò che egli ha preso senza nuocere al credito della Russia, e, non rendendo i fondi, l'esecuzione del bilancio resterà sospesa, perciò non corazzate, non ferrovie, non lavori di pubblica utilità ecc.

Riferendomi a quanto 1già scrissi in ordine a questa questione confer,mo ora a V. E. la notizia che se Witte non riusd a contrarre il prestito lo si deve in rparte alla sua mancanza di tatto diplomatico. Un prestito venne bensì offerto dal Crédit Lyonnais, ma [sembrerebbe] che Witte non si dimostrasse propenso ad accogliere le proposte. Sembrerebbe altresì che egli avrebbe avuto l'idea di abolire la tassa del 5 % che grava sulla rendita russa e che il rappresentante finanziario russo

32 -Documenti dipLomatici -Serie III -Vol. IV

a Parigi signor Raffalovitch avrebbe presentato a Parigi la cosa come se solo le obbligazioni colà emesse fossero per essere sgravate dalla tassa, mentre colà venne a risultare da una indiscrezione che lo stesso vantaggio era offerto su tutte le grandi piazze; questa sarebbe una delle cause del malumore della finanza francese contro il signor Witte. Da ciò ne conseguì il rifiuto delle Banche di accordare alle usine metallurgiche dell'Ural Volga a Tsarizine la somma loro chiesta di 2 milioni di rubli ed il fallimento di questo stabilimento industriale. Tra le difficoltà che si oppongono alla conclusione del prestito vi è quella che l'emissione di un prestito 4 % a 94, nuocerebbe al corso degli altri fondi russi che si mantengono a 96. Una volta concluso il nuovo prestito, e ciò sarebbe presto fatto a tali condizioni, i titoli del prestito vecchio sarebbero gettati sul mercato e ciò produrrebbe una grande perturbazione e sensibili ribassi. La situazione è ardua e conviene dar ragione al Ministro Witte nel non volersi affidare al Crédit Lyonnais, ma di tentare invece di riannodare le relazioni col gruppo che fece già l'altro prestito. Witte ha ragione di dire che non ha bisogno di un prestito ove voglia riferire un tal bisogno soltanto alle immediate necessità dello Stato, ma senza prestito bisognerebbe che qua si facessero economie che riuscirebbero fatali alle industrie che sono state impiantate in gran parte per iniziativa del Governo e che contavano sulle sue ordinazioni. La mancanza di queste ha prodotto un ribasso nei titoli industriali, che ha avuto la sua ripercussione sulle banche creatrici di tali industrie. (Ed a ciò accennai già in altro mio rapporto). Se invece il prestito sarà possibile le finanze russe potranno proseguire in un lento miglioramento, saranno frattanto salvate industrie importantissime ed il paese non verrà a trovarsi dinnanzi ad una crisi minacciosa pel proprio avvenire economico fin dal suo inizio.

(l) -Non pubblicato. (2) -Gruppo indecifrato.
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IL MINISTRO A BELGRADO, MAYOR DES PLANCHES, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 84/23. Belgrado, 19 gennaio 1901.

Il discorso della Corona ha dichiarato amichevoli i rapporti della Serbia con tutte le Potenze, segnatamente con l'Austria-Ungheria e con la Turchia.

Vi è da fare qualche riserva per quanto concerne l'Austria-Ungheria. Certamente i rapporti ufficiali sono immutati, e, per quanto malumore gli avvenimenti di questi ultimi tempi abbiano destato nei circoli dirigenti della Monarchia, non potrebbe essere altrimenti, poichè trattavasi di casi interni ed il Governo austro-ungarico aveva ripetutamente affermato, in addietro, il fermo suo proposito di non ingerirsi nelle questioni interne e dinastiche della Serbia. Ma è d'uopo riconoscere che, se l'accordo del 1897 fra Russia ed Austria-Ungheria assegna la Serbia all'influenza austro-ungarica, cotale influenza è, per i casi occorsi, assai scemata, per non dire perduta. Ho parlato, in altro rapporto, delle migliorate relazioni della Serbia con la Russia. Ora succede qui, dell'influenza delle due grandi Potenze come dei piattelli della bilancia, che, necessariamente,

di quanto l'uno ascende, di tanto l'altro cala. E, così, di quanto si è accresciuta,

in Serbia, per i noti avvenimenti, l'influenza russa, di altrettanto è diminuita

l'influenza austro-ungarica.

Già, in ogni tempo, in Serbia, l'austriaco, lo Svevo (Schwabe) come, col

nome con cui designasi anche ripugnante insetto, viene qui dispregiosamente

chiamato quegli che, da noi, un tempo, era il Tedesco, è sempre stato impopo

lare. Se il partito radicale ebbe ed anche perseguitato conservò, nel popolo,

tanti aderenti, non si fu già per le sue idee in materia di politica interna, incom

prensibili od indifferenti ai più, ma per le sue tendenze, da tutti intese e da

moltissimi divise, russofìle ed antiaustriache. E se il matrimonio Reale è dal

popolo accettato, si è, in gran parte, perchè la Russia e lo Czar mostrarono

gradirla, e non dispiace che agli Austriaci dispiaccia.

Ma, se non ufficialmente, il malumore della vicina Monarchia si appalesa in altre guise. Ad esempio, nel linguaggio della stampa. Anche al tempo di Re Milan, il giornalismo austro-ungarico, e più specialmente l'ufficioso, prendeva volentieri verso la Serbia, il suo Re, il suo Governo, il tono del pedagogo, benevolo sì, ma pedagogo. Ora il tono dominante, come si è visto in parecchie circostanze, è quello del pedagogo malevolo, arcigno e sprezzante. Quel malumore si mostra ancora, ed in modo difficilmente tollerabile per chi, al postutto, sa di essere padrone a casa propria, nel contegno del Ministro di Austria-Ungheria verso la Corte e verso il Governo. Il Ministro di Germania che si trovò qui nei giorni prossimi al matrimonio (e non serbò egli stesso quella calma che sarebbe stata desiderabile) mi diceva che l'atteggiamento del barone Heidler in quella circostanza, era quella del • sanglier, toujours prèt à donner un coup de boutoir ». Egli lo invitò, più volte, a moderarsi. Ed il barone Heidler avrebbe, secondo il barone di ViTaeker-Gotter, avuto ,anche da Vienna, istruzioni nel medesimo senso, senza le quali egli avrebbe forse assunte qui, e poco vi mancava, le forme che, due anni sono, quando dominavano l'influenza austriaca e Re Milan, avevano provocato così aspro conflitto col ministro russo Jadowski. Benchè non più ,così eccitato, il barone Heidler non tralascia, oggi ancora, occasione di rivelare, con gli atti e con le parole, i suoi sentimenti avversi all'ordine attuale di cose, e specialmente malevoli per la Regina, nei quali vorrebbe solidale il Ministro di Germania. Questi resiste, ritenendo che i fatti compiuti s'impongono; che la Regina Draga, piaccia o spiaccia, è Regina, e che Le si addicono, pertanto, tutti i riguardi dovuti all'alta posizione a cui è stata elevata; che un at

teggiamento • frondeur • nuoce al Ministro ·che lo assume ed agli interessi dello Stato che rappresenta; e che la politica di puntare di spillo è, fra tutte, pessima. Soggiungerò che le Loro Maestà, perfettamente conscie del malvolere del Ministro di Austria-Ungheria, lo fanno, nei circoli di Corte, segno a speciali cortesie; ma che mi consta, nel modo più certo, come il capo di Gabinetto del Re, Signor Petroniewitch, recatosi, di questi giorni a Vienna, avesse missione dal Re di parlare col Signor di Schiessl, già Ministro d'Austria-Ungheria a Belgrado, uomo prudente e conciliante, ora capo della Segreteria di S. M. Apostolica, e dimostrargli, perchè ne faccia buon uso presso S. M. l'Imperatore e Re, la convenienza, nell'interesse dei buoni rapporti che la Serbia desidera mantenere con la vicina Monarchia, che il barone Heidler venga sostituito.

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L'AMBASCIATORE A WASHINGTON, FAVA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 150/4. Washington, ..... (per. ore 7,15 del 20 gennaio 1901).

Ho rinnovato oggi verbalmente al commissario federale proposta scritta che gli feci 7 corrente circa una riduzione sul lardo proporzionata ad una riduzione sugli agrumi, e gli ho fatto intendere possibilità, da parte nostra, di prendere in esame altre concessioni a favore degli Stati Uniti che egli stesso potrebbe suggerire nell'intento attenuare opposizione California. Commissario federale ml ha detto: l o che la commissione senato per i trattati si riunì il lO senza risultato, e si è aggiornata 24 corrente per deliberare appunto sulla riduzione 20 % sugli agrumi stipulata con la Giamaica; 2o che fino a quando commissione non si sarà pronunziata sugli agrumi della Giamaica egli non crede prudente, nell'interesse nostra convenzione e malgrado eventuali nostre concessioni sul lardo ed altri articoli da me fatte intravedere, di proporre una riduzione per i nostri agrumi proprio quando essa costituisce la sola forte opposizione che i senatori California, Florida e Luisiana fanno alla convenzione con la Giamaica; 3o che fra qualche giorno mi rimetterà risposta alla mia nota con cui comunicai istruzioni telegrafate da V. E. coi nn. 3737 e 58 (l); 4o che non v'è quasi speranza che il trattato francese possa essere presentato al senato in questa sessione, cioè, prima del 4 marzo, che è il termine della seconda proroga fissata per le ratifiche; 5o e finalmente che in tal condizione di cose presidente della Confederazione non intende chiedere al senato una terza proroga, e trattato francese cadrebbe. In questa singolare condizione di cose reiteratamente segnalata nel mio carteggio, contentiamoci continuare ed affrettare meglio che possiamo nostro negoziato per essere pronti ogni eventualità.

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IL RAPPRESENTANTE DIPLOMATICO PRESSO IL NEGUS, CICCODICOLA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 225/3. Addis Abeba, 20 gennaio 1901 (2).

Oggi ufficialmente Menelik mi ha partecipato morte Negus Taclaimanot avvenuta 11 corrente, dopo la lunga malattia. È probabile sarà per ora capo del Goggiam il di lui figlio ras Bezabe che è qui.

(l) -Cfr. n. 608. Il t. 58 non è pubblicato. (2) -II tel. venne trasmesso da Asmara il 3 febbraio 1901 alle ore 16,45.
688

L'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 108/45. Vienna, 20 gennaio 1901.

Colla nomina dei deputati della grande proprietà fondiaria nella Bassa Austria sono terminate ieri le elezioni generali austriache dopo un lavoro che durò oltre due mesi. Trasmetto qui accluso all'E. V. uno specchio (l) della nuova camera, divisa secondo i vari gruppi di partito con a fronte le cifre da cui tali gruppi erano costituiti durante l'ultima sessione. Le due modificazioni più importanti avvenute nella nuova Camera sono l'aumento dei deputati radicali tedeschi (che aspirano ad una annessione alla Germania) da 8 a 21 e l'aumento dei polacchi da 55 a 60. È superfluo l'osservare che questo rinforzo cosi rilevante del partito estremo tedesco è tale da poter creare gravi imbarazzi al Gabinetto attuale. A quanto mi si assicura poi, il Gabinetto stesso, quantunque non potesse confessarlo apertamente, non avrebbe desiderato un aumento del partito polacco, la cui crescente potenza dà luogo necessariamente a contrasti e mali umori da parte degli altri gruppi nazionali, contrasti e malumori che hanno per conseguenza diretta e necessaria un indebolimento dell'Autorità governativa.

È molto difficile poter prevedere se ed in che modo funzionerà la nuova Camera e quale sarà la posizione del Gabinetto in seno alla medesima. Come è noto a V. E. quando cadde il Ministero Badeni in seguito alle note ordinanze sulle lingue, che produssero tanto gravi conseguenze nella politica interna del Paese, la maggioranza governativa, che constava allora di circa 210 deputati, sofferse un duro colpo e non arrivò più a costituirsi in modo saldo sotto alcuno dei Gabinetti successivi. In sostanza nella nuova Camera l'elemento antidinastico che, facendo astrazione dagli italiani, prima era rappresentato da 8 radicali tedeschi (pangermanisti) ora è aumentato di 13 membri, la qual proporzione in una camera composta di 425 deputati non è veramente considerevole.

Quanto al Tirolo è assai caratteristico il fatto che gli elettori italiani, malgrado i loro sentimenti cattolici, profondamente radicati, hanno abbandonato cinque candidati clericali, tra cui i due capi di partito Barone Dipauli e dott. Ebenoch per il semplice fatto che essi avevano preso partito in certe questioni locali per gli slavi contro i tedeschi.

La questione delle lingue poi, la quale dal Ministero Taaffe in poi è stata la cagione di tutte le crisi parlamentari rimane sempre insoluta, anzi sarà inasprita per l'aumento del partito estremo tedesco.

In tale stato di cose è difficile far previsioni, come dissi, sulle conseguenze delle elezioni per il funzionamento dell'opera parlamentare. Un certo desiderio di non spingere le cose all'estremo domina tutti i partiti, e prima di tutti il Governo. È possibile che la Camera possa procedere in tutti quei lavori che non toccano la questione delle lingue, diventata questione essenzialmente na

zionale. Se anche questo non potesse attenersi converrà ricorrere, come per il passato, all'applicazione dell'art. 14 della Costituzione, e governare senza parlamento. Il paese intiero lascerebbe agire l'Imperatore nella più gran calma. Una delle caratteristiche delle presenti elezioni è difatti la grande indifferenza con cui furono fatte. Parecchi Sindaci non vollero nemmeno darsi la pena di formare le liste elettorali. Tale e tanto è il discredito in cui cadde il parlamentarismo in questo paese.

(l) Non pubblicato.

689

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, ALL'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, BOTTARO COSTA

T. 165. Roma, 21 gennaio 1901, ore 19,30.

Riprendendo oggi le sue sedute il senato ha deliberato all'unanimità di manifestare al Governo britannico i suoi voti perchè sia conservata la preziosa esistenza di S. M. la Regina Vittoria. La prego comunicare la deliberazione del senato al ministro degli affari esteri.

690

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL MINISTRO A PECHINO, SALVAGO RAGGI

T. 166/5. Roma, 21 gennaio 1901, ore 20.

Autorizzo, secondo sua proposta, occupare terreni disponibili limitrofi terreni russi a Tientsin, procedendo come ha proceduto il console russo e salvo regolarizzare a tempo opportuno la situazione dei settlements.

691

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. R. 202/92. Parigi, 21 gennaio 1901.

Era stato deciso che le tre interpellanze presentate alla Camera dei Deputati, relative alla guerra Sud-africana, sarebbero riunite in un solo dibattimento in occasione della discussione del bilancio degli affari esteri.

L'On. Giorgio Berry interpellava sovra il rifiuto del consiglio amministrativo della Corte d'arbitrato dell'Aja di esaminare la richiesta indirizzatagli dai rappresentanti delle Repubbliche sud-africane. Clovis Hugues portava la questione sovra l'interpretazione delle decisioni del Congresso dell'Aja e finalmente il signor Lemire voleva parlare delle conseguenze della Convenzione dell'Aja per le Nazioni civilizzate.

Furono svolte le seguenti questioni. Potrebbe essere opportuno, nell'ora presente, un tentativo di arbitrato ancorchè questo sia stato dichiarato dalla Conferenza dell'Aja, non obbligatorio? Le regole relative alla guerra stabilite all'Aja sono obbligatorie per tutti gli Stati che parteciparono alla Convenzione che le determina? Perchè la Francia non promuove dagli altri Stati un collettivo richiamo all'Inghilterra di uniformarsi a quelle regole? I documenti presentati al parlamento inglese attestano la violazione della Convenzione che la Gran Bretagna ha firmato insieme alla Francia e ad altri 22 Stati.

L'interpellanza fatta da un conservatore nazionalista, da un poeta socialista e da un prete socialista, non acquistava autorità dalla posizione occupata dagli oratori nella Camera. Il poeta, con singolare ingenuità, è venuto egli stesso a confermare ciò che già si sapeva della deliberazione dell'uffizio socialista internazionale di Bruxelles, di far portare davanti tutti i parlamenti di Europa la questione degli orrori della guerra nel Transval. Ma i tre oratori hanno, con le citazioni e ·gli eccitamenti a parlare, condotto quasi di forza alla tribuna il signor Leone Bourgeois, intelligenza chiara e precisa e parlatore facondo che nella Conferenza dell'Aja tenne la presidenza della Sezione di Arbitrato. Egli ha posto le questioni giuridiche nei loro veri termini; ha segnato, con mano maestra, ciò che l'opera della Conferenza dell'Aja contiene, ciò che è e se ne può legittimamente sperare. Chiunque, nelle circostanze presenti, dovrà prendere in considerazione l'efficacia dell'opera della Conferenza dell'Aja di fronte alla guerra sud-africana, troverà nel discorso pronunciato ieri dal Signor L. Bourgeois un documento che sarà utile di aver consultato.

Ben disse perciò il Signor Delcassé che l'opera sua era stata molto semplifi·cata dal luminoso discorso del suo onorevole amico. Questi non avea tuttavia parlato della osservanza obbligatoria della Convenzione relativa alle regole della guerra. Ad una interruzione che lo richiamava a questo soggetto, il Signor Bourgeois s'era limitato a replicare che disgraziatamente la convenzione non avea sanzione. Il Signor Delcassé entrò invece nel vivo di questa questione ricordando che gli Stati contraenti aveano accettato che • le disposizioni della Convenzione serviranno di regola generale di condotta ai belligeranti per quanto lo permettono le necessità militari •. E chi è il giudice di queste necessità? Es-clamò il ministro. Questi fu sobrio e stringente nella argomentazione sua che conduceva a dichiarare che non si poteva fare la guerra per evitare la guerra. Le conclusioni del Ministro furono assolute e di una grande precisione. Egli disse: • Le Gouvernement ne peut que décliner une initiative qui, sans efficacité pour adoucir des misères aux quelles personne n'est insensible, n'aurait pas moins pour effet d'engager la politique extérieure de la France dont le Gouvernement a le devoir strict de réserver l'entière liberté •. Logica conseguenza di questa dichiarazione dovea essere l'accettazione da parte del Governo del solo ordine del giorno puro e semplice che dalla Camera fu adottato.

Le intemperanze del linguaggio al quale talvolta s'abbandonarono gli interpellanti, non avrebbero forse attenuato il significato della finale deliberazione domandata dal Ministro degli Affari Esteri se, prima del voto, l'On. Denis Cochin che suole portare, nelle discussioni relative alle relazioni internazionali, una parola ascoltata, non avesse, per così dire, riepilogato il dibattimento sia col mettere in evidenza l'alto significato che dovea avere alla faccia del mondo

l'autorevole parola di un eminente membro della Conferenza dell'Aja che ne rivendicava l'opera civile pur riconoscendo che nelle circostanze attuali essa era rimasta inefficace, sia col redigere l'inventario delle questioni speciali che la Francia dovrebbe. regolare, col favore delle circostanze stesse, nei suoi rapporti con il Governo britannico. Non voleva evidentemente l'oratore che il voto della Camera francese venisse frainteso a Londra. A parer suo se alla Francia è interdetto di prendere iniziative riguardo alla guerra sud-africana, alla medesima non è vietato di profittare delle condizioni in cui la guerra stessa ha ridotto la potenza britannica e delle condizioni nuove della triplice alleanza per esigere che dalla politica inglese non siano contrariati più lungamente gli interessi francesi contro i quali, al dire dell'oratore, l'Inghilterra continua ad erigersi con l'acrimonia e la cattiva volontà delle quali troppo sovente essa ha dato prova verso la Francia. La necessità della revisione della convenzione che ha tracciato la demarcazione che lllette capo a Barrocca, le difficoltà che incontra la penetrazione ferroviaria da Gibuti nell'Etiopia, la questione del Siam furono indicate dal signor Denis Cochin come punti di attualità urgente nei rapporti fra i due paesi. E l'argomento dovea essere ripreso nella tornata d'oggi con molto maggiore ampiezza e vivacità dal deputato Etienne, capo del gruppo coloniale della C::1mera. Con l'autorità che gli deriva dallo avere occupato, in vari Ministeri, l'Ufficio delle Colonie, il focoso deputato di Orano parve proporsi la tesi di demolire l'affermazione, in precedenti ·Circostanze portata dal Governo al Parlamento, che ormai tutte le quistioni erano state convenzionalmente composte con l'Inghilterra e che nessuna causa di divergenza e di attrito sussisteva fra la Francia e quel paese. L'opera del Signor Delcassé non si spiegò infatti soltanto nello appianare le difficoltà e fare sparire i dissensi con l'Italia. Egli mise per lo meno la stessa intensità di propositi nel comporre i numerosi interessi territoriali che tenevano la Francia in uno stato di competizione verso la Gran Bretagna. Di questa politica temperante e conciliativa di cui non mi pare difficile scorgere, nella mente dell'attuale ministro degli affari esteri, lo scopo finale, quasi a lui fu mosso rimprovero, e non dal solo Etienne, ma anche da vari altri oratori, che dove non trovarono atteggiamenti aggressivi da rimproverare all'Inghilterra, si compiacquero a denunziarne la duplicità e gli inganni usati contro gl'interessi francesi. Vennero così presentati, sotto il colore che a questa schiera di oratori conveniva, il preteso accaparramento delle azioni della ferrovia di Gibuti e gli scopi occulti di esso; l'azione esercitata al Marocco, al Siam, a Mascate, a Koveit. Il pericolo che nasce per i possedimenti australiani della Francia dalla formazione della federazione australiana inglese fu denunciato ed il Signor Etienne che era al Governo quando fu fatta la Convenzione anglofrancese del 1890, in cui la linea che da Say va a Barrocca fu tracciata, parve

dimenticare la parte principale e diretta da lui avuta in quella stipulazione denunciandola come conseguenza di inganni e frodi nei quali la buona fede della Francia soccombette. Terranuova non fu dimenticata. Tutti tacquero invece della questione che il riparto del Congo francese fra compagnie aventi un privilegio d'esercizio ha fatto nascere recentemente fra uno di quei concessionari e due case di Liverpool commercianti in quella regione.

Il Signor Delcassé ha risposto ad una ad una alle obiezioni degli oratori che di null'altro parvero solleciti che della dimostrazione della incompatibilità

d'interessi esistente fra la Francia e l'Inghilterra e della necessità di profittare dell'ora presente per sistemare gli interessi della Francia checchè ne possa pensare il Gabinetto di Londra. Converrà che, in rapporti speciali, io esponga ciò che è risultato dal dibattimento recente circa lo stato attuale di alcune questioni alle quali si connettono anche interessi speciali del nostro paese. Qui mi preme di notare che dal dibattimento stesso potrebbe forse nascere un'impressione inesatta delle condizioni attuali delle relazioni franco-inglesi. Coloro che presero nei due giorni passati la parola alla Camera dei Deputati, se si eccettua il signor d'Estournelles, appartengono tutti alla frazione che spinge la Francia alla concorrenza, nella politica mondiale praticata dall'Inghilterra, tentata dalla Germania, che viene oggi designata con il nome d'imperialismo. Ma, sebbene il concetto che si esprime con questo vocabolo sia ben fatto per eccitare il sentimento dei Francesi, si può tuttavia ritenere con fondamento che gli interessi materiali che legano la Francia con l'Inghilterra formerebbero un contrappeso potente per impedire che da puri sogni di ambizione venga determinato un irreparabile conflitto. Certamente così la pensano molti uomini ponderati di questo paese ed in questo senso mi occorse di sentire esprimere ancor recentemente il Signor Delcassé con tanta persuasione da parte sua da far nascere in me il pensiero che, non per soli scopi di opportunità presente, ma ben piuttosto per antiveggenza di situazioni future nè forse lontane, questo Ministro degli affari esteri resiste con energica attività a tutto ciò che potrebbe compromettere lo stato soddisfacente delle relazioni fra i Governi di Parigi e di Londra.

Dalla necessità delle cose la Nazione inglese che, durante la crisi che traversa attualmente, fa una dura esperienza, potrebbe essere spinta ad uscire dallo splendido isolamento ed a concepire forse più esattamente la situazione che lo sviluppo coloniale e marittimo di altre Nazioni le assegna nel mondo. Allora suonerà l'ora in cui la potenza britannica potrà portare il suo peso decisivo nella bilancia delle forze che ora sembrano mantenute in perfetto equilibrio; perchè il pensiero probabile che guida l'Imperatore Guglielmo andando a ritroso col sentimento nazionale anti-inglese del suo paese, non sarebbe anche nella mente degli uomini dirigenti la politica estera della Francia? Si può anzi supporre che appunto dallo spettacolo che offrono i manifesti dissensi delle tendenze della Nazione e del Governo tedesco nei rapporti con l'Inghilterra, sia rinvigorito e raffermato il proposito del Gabinetto di Parigi di non assecondare la spinta pericolosa che gli viene dalle frazioni nazionaliste e coloniali che nel parlamento rappresentano una politica di diffidenza e di ostilità verso la Gran Bretagna. In recente occasione mi sono accertato che il mio collega d'Inghilterra rende perfettamente merito al Signor Delcassé degli sforzi da lui fatti per togliere di mezzo tutti gli inciampi facilmente nascenti nei rapporti di due paesi in contatto fra di loro in tutte le parti del mondo.

Non converrebbe pertanto che dallo svolgimento che ebbe la discussione nella Camera dei deputati si deducesse che i rapporti fra Parigi e Londra siano in procinto di subire alterazione. Fra i due Governi questi rapporti sono buoni e regolari e se della convenienza di mantenerli in questo stato il Gabinetto inglese è egli pure convinto, nulla fa prevedere che finchè resterà al Governo il Ministero francese presente, qualche seria novità si produrrà a questo riguardo.

692

L'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, BOTTARO COSTA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T.167. Londra, 22 gennaio 1901, ore 9,20.

Alla analoga domanda del Governo germanico sulle intenzioni del Governo britannico di fronte ai reclami dei sudditi espulsi dal Transwaal, Lansdowne ha risposto nei termini seguenti: « Governo della Regina sta facendo un'inchiesta intorno alle circostanze di fatto, nelle quali avvennero le espulsioni, e sarà pronto ad accordare indennizzi a qualsiasi persona stata espulsa senza giusti motivi ». Lord Lansdowne mi esprime il desiderio che que,ste sue parole servano pure d; trama alle dichiarazioni che l'E. V. credesse di dover fare in parlamento.

693

L'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, BOTTARO COSTA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 168/8. Londra, 22 gennaio 1901, ore 20,52 (per. ore 23,50).

S. M. regina spentasi ore 6,30 p. m.

694

L'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, BOTTARO COSTA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 169/7. Londra, 22 gennaio 1901, ore 20,52.

Ho fatto oggi comunicazione commessami col telegramma 18 corrente (1). Circa Benadir ministro si è mostrato riconoscente per la cortese accoglienza fatta dall'E. V. alle domande inglesi. Saranno impartite oggi stesso istruzioni alle autorità in Zanzibar, Kisimayo di trattare direttamente e porsi d'accordo con Dulio circa tutti i dettagli militari e altri riflettenti spedizioni contro Somali Ogaden. Governo britannico d'altronde spera di potere allontanare teatro operazioni dal Giuba verso nord-ovest.

695

L'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. CONFIDENZIALE RISERVATO S. N. Vienna, 22 gennaio 1901.

In seguito al telegramma di V. E. del 18 corrente (2), ho chiesto al Conte Goluchowski il testo dei tre punti concordati nel convegno di Monza, e redatti nella forma che egli intende adottare nella sua risposta al di Lei dispaccio su

questo argomento. Il Conte Goluchowski, nel consegnarmi quel testo, mi disse che esso riproduceva i suoi propri ricordi e le brevi note che egli aveva preso della sua conversazione con V. E.

Mi pregio di trasmettere qui unito quel testo. Il primo ed il secondo punto sono sostanzialmente conformi al testo del dispaccio di V. E. e non danno luogo ad osservazioni. Il terzo punto, per le ragioni di convenienza già note, si astiene dal contemplare il caso di uno smembramento territoriale di una parte dell'Impero Turco. Ma si astiene egualmente dal riferirsi in termini generali alle stipulazioni precedenti, che è quanto dire al trattato d'alleanza. Infatti il Conte Goluchowski vede un inconveniente nel far cenno, in questo scambio di dispacci, d'una clausola di quel patto, circa il quale è convenuto che si debba conservare il segreto. Io ho riflesso sullo scrupolo che a Lei ed a me si era presentato, sulla possibilità che il silenzio dei dispacci sugli impegni anteriori venisse ad attenuare il valore di questi in quanto riguardano lo stesso argomento. Ma il risultato del mio esame escluderebbe questo scrupolo.. e tenderebbe piuttosto a riconoscere un inconveniente non piccolo nello stabilire una necessaria dipendenza degli uni dagli altri impegni. Se infatti gli impegni di Monza sono legati espressamente col patto d'alleanza, la conseguenza è che essi cesserebbero di essere validi alla scadenza dell'alleanza stessa. Invece se si mantengono separati, essi continuerebbero ad avere vigore, anche quando l'alleanza venisse a cessare. Io penso quindi che sia utile il mantenerli distinti. Nè si può temere che lo scambio d'idee consacrato nel convegno di Monza possa avere per effetto di modificare le clausole d'un trattato solenne di alleanza, poichè questo, finchè non scade, non potrebbe modificarsi che con un nuovo patto o una convenzione addizionale, da comunicarsi anche al terzo alleato.

Restituisco il dispaccio di V. E. (l) affinchè Ella possa introdurvi le modificazioni che crederà opportune. Appena avrò il nuovo testo di quel dispaccio, avrò cura di comunicarlo al Conte Goluchowski, e di sollecitare la di lui risposta che sarà comunicata a V. E. da codesto Ambasciatore Austro-Ungarico presso la

R. Corte.

ALLEGATO

REDAZIONE AUSTRIACA

Dans l'échange de vues qui eut lieu dans nos entretiens (1897) par rapport à cette question nous avons reconnu en effet la nécessité: l) de maintenir le statu qua aussi longtemps que les circonstances le permettraient.

2) d'employer nos efforts, au cas où l'état de choses actuel ne pourrait etre conservé et où des changements s'imposeraient à ce que les modifications y relative~' se réalisent dans le sens de l'autonomie; tout comme nous avons constaté, en général,

3) la disposition, de part et d'autre, de rechercher en commun et toutes les fois qu'il y aurait lieu, les voies et moyens les plus propres à concilier et à sauvergarder nos intérets réciproques.

(l) -Cfr. n. 678. (2) -Cfr. n. 675.

(l) Cfr. n. 594.

696

IL MINISTRO AD ATENE, AVARNA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 1917. Atene, 22 gennaio 1901.

Com'ebbi l'onore di fare conoscere all'E. V. con la mia precedente corrispondenza, i negoziati commerciali intavolati nel tempo tra la Grecia e la Rumenia non poterono condurre ad alcun resultato a causa del rifiuto del Governo rumeno di stipulare un trattato a lunga scadenza, desiderando esso riprendere la sua libertà d'azione dopo il 1903, data in cui avrà termine quello conchiuso con la Germania.

La chiusura del mercato ottomano, avvenuta in seguito all'applicazione dei diritti differenziali, avendo obbligato la Grecia a trovare un altro sbocco ai suoi prodotti, ha indotto il Governo ellenico a stipulare col Governo rumeno un accordo provvisorio, purchè fossero riconosciute come enti morali le Comunità elleniche esistenti in quel Regno.

Tale condizione essendo stata accettata dal Governo rumeno il trattato di Commercio e Navigazione venne firmato ieri a Bukarest tra il signor Argyropoulo e il Ministro rumeno degli Affari Esteri.

Nel colloquio ch'ebbi ieri col signor Romanos, S. E. si compiacque darmi lettura del testo del trattato che consta di 4 articoli ed è basato sulla clausola della nazione la più favorita; la sua scadenza è fissata al 1903.

In un protocollo poi annesso al trattato il Governo rumeno riconosce come enti morali le 8 comunità greche esistenti a Braila, Galatz, Sulina, Giurgevo, Calasate, Tultza, Mangalia e Costanza, dando loro facoltà di possedere e acquistare proprietà, salvo beni rurali.

La conclusione del nuovo trattato è stata partecipata dal Ministro degli Affari Esteri alla Camera dei deputati nella seduta d'oggi.

In quest'occasione il signor Romanos ha fatto conoscere che, nel risolvere definitivamente la questione delle Comunità greche, il Governo rumeno avea dato prova delle sue amichevoli disposizioni verso il Governo ellenico, il quale, dal suo lato, erasi dimostrato animato da identici sentimenti.

Ha dichiarato poscia che presenterebbe in breve il testo del trattato insieme all'annessovi protocollo ed ha espresso la fiducia che la Camera, senza distinzione di partiti, l'avrebbe approvato manifestando così i suoi sentimenti amichevoli verso la Rumania.

La stipulazione del trattato greco-rumeno è stata accolta con molto favore da tutta la stampa della capitale, la quale fa rilevare i vantaggi che ne risulteranno per il commercio di ambedue gli Stati. Essa esprim,e quindi il voto che i rapporti amichevoli esistenti tra la Grecia e la Rumania, di cui il nuovo trattato è una prova evidente, possano diventare più intimi ancora per indurle ad adottare una linea di politica identica, intesa a tutelare contro i nemici comuni i loro interessi ed a cooperare al mantenimento dello statu qua nella penisola balcanica.

697

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, ALL'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, BOTTARO COSTA

T.l75. Roma, 23 gennaio 1901, ore 11,25.

La morte di S. M. la regina Vittoria è lutto anche per l'Italia. So di essere interprete del pensiero nazionale pregandola di presentare a codesto Governo le nostre più profonde condoglianze (1).

698

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, PANSA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 64/25. Costantinopoli, 23 gennaio 1901.

Conformemente alle istruzioni impartitemi da V. E. col dispaccio del 7 corrente (n. 6) (2), non mancherei di associarmi agli uffici che qualche mio Collega fosse per fare presso la Sublime Porta, per indurla a provvedere con maggior efficacia alla sicurezza degli abitanti greci di Macedonia. Per quanto, però, mi fu dato verificarlo, nessuno di questi Ambasciatori ebbe, finora, simile istruzione dal proprio Governo.

699

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. R. 160/80. Parigi, 23 gennaio 1901.

Sotto il titolo di • Une occasion manquée -Une page d'histoire •, La PTesse delli 12 corrente ha pubblicato delle pretese rivelazioni circa il concerto che negli ultimi giorni del Ministero Méline, in giugno 1898, si era stabilito fra la Francia la Russia e la Germania per tenere a segno l'Inghilterra tanto in Egitto, quanto nell'Africa Australe. La scarsa autorità del giornale che fece questa pubblicazione e lo scopo manifestamente aggressivo della medesima, poichè essa tende a far ricadere sul Ministero Brisson-Delcassé e principalmente sovra il successore del Signor Hanotaux la responsabilità di non avere dato seguito alle trattative che questi avea condotte a compimento con il Conte MUnster Ambasciatore tedesco in Parigi, tolgono credito alle informazioni anzidette. Ne faccio tuttavia menzione e trasmetto a V. E. il testo dell'articolo che le contiene (2), perchè il negare che potesse essere nelle viste del Gabinetto Méline-Hanotaux un'intelligenza con la Germania la quale permettesse alla Francia di condurre a buon fine l'impresa dal Gabinetto stesso preparata in segreto per attraversare la strada all'Inghilterra nel centro dell'Africa, -impresa che miserabilmente finì a Fashoda -, sarebbe forse andare troppo oltre.

Non mi sarebbe stato possibile raccogliere qui delle indicazioni precise per sapere se ed in quale misura l'aspettativa del Signor Hanotaux nell'esito della sua politica, fosse giustificata dal contegno del Gabinetto di Berlino o del suo Ambasciatore a Parigi. Ma, trovandomi io, nei passati giorni, a conversare familiarmente con il signor Delcassé di una campagna di stampa aperta negli ultimi tempi principalmente contro di lui da varì gruppi di opposizione, credo che il Ministro ben intendesse ciò che in tale campagna avea specialmente fissato la mia attenzione, poichè egli m'incitava a chiedere io stesso al Conte Miinster quali fossero le proposte da questi recategli e da lui ricusate.

(l) -Con successivo telegramma pari data, il ministro Visconti Venosta pregava l'in. caricato d'affari di far pervenire al Foreign Office con nota ufficiale le condoglianze del Senato italiano. La commemorazione della Regina Vittoria venne fatta alla Camera dal presidente del Consiglio, on. Saracco, nella seduta del 24 gennaio. (2) -Non pubblicato.
700

IL VICE CONSOLE A BENGASI, MANCINELLI SCOTTI, AL CONSOLE GENERALE A TRIPOLI, CHICCO

R. R. 26/10. Bengasi, 23 gennaio 1901.

È giunta notizia che i francesi hanno occupato buona parte del sultanato del Baghirmi; che la loro dominazione vi è oramai incontestata; che quel sultano sarebbe stato invitato ad abbandonare questo titolo e ad assumere invece quello più modesto di Emir (principe), a prova della pel'duta indipendenza e quale riconoscimento della nuova sovranità: in compenso riceverebbe una sovvenzione annua.

In tutto il territorio del sultanato venne vietato il commercio degli schiavi, vi si gode piena sicurezza e tranquillità, la giustizia vi è bene amministrata.

Le autorità francesi avrebbero fatto anche significare al Sultano del Wadai che i territori di Debaba, di Logone, di Fitri, sui quali questi esercitava autorità, da ora in poi dovranno considerarsi come appartenenti al Baghirmi, e che i proventi ed i prodotti di essi non potranno più essere inviati, come per il passato, nel Wadai, ma bensì saranno ritirati dagli incaricati del Baghirmi.

Ciò sembra fatto al doppio scopo di rettificare i confini di quel territorio e di dare pretesto ai francesi, ove il Sultano del Wadai si rifiutasse di sottomettersi a questa disposizione, di muovere, allorchè il momento propizio sarà venuto, alla conquista di quel sultanato.

Si dice altresì che la fine di Rabah ha molto impressionato il Sultano Ibrahim, che incomincia a comprendere la sorte che lo attende.

701

L'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 181. Vienna, 24 gennaio 1901, ore 10,40.

Arciduca Francesco Ferdinando rappresenterà Imperatore d'Austria-Ungheria funerali Regina d'Inghilterra i quali si crede abbiano luogo due febbrajo. Imperatore ordinò invio di una corona in suo nome sulla tomba.

702

L'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, MORRA DI LAVRIANO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T.184. Pietroburgo, 24 gennaio 1901, ore 17,49.

Sarebbe desiderio di questo Governo che nei negoziati a Pechino si dia sod

disfazione ai rappresentanti chinesi, facendo cessare le spedizioni militari. Tale è pure il sentimento del Governo degli Stati Uniti.

703

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, ALL'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, BOTTARO COSTA

T. 192. Roma, 24 gennaio 1901, ore 22.

Ricevuto telegramma 22 corrente (1). Prego far pervenire, secondo convenuto, pel tramite Foreign Office seguente telegramma: « Consolato italiano Zanzibar. Per Dulia. Governo britannico ci annuncia azione militare contro Sceik Abdullai e contro gli Ogaden della destra del Giuba, e prevede eventualità forze inglesi entrino temporaneamente in sfera influenza italiana. Ho risposto che R. Governo, sebbene desideroso agevolare azione inglese dal Giuba, non era in grado portare giudizio su situazione, e doveva lasciare ogni apprezzamento su opportunità accogliere domanda britannica al governatore Benadir. Circa azione inglese dal nord, confidavamo si tenesse conto vive legittime preoccupazioni nostre per eventuali effetti pericolosi su Benadir. Governo britannico ha già impartito istruzioni autorità competenti di trattare intendersi direttamente con lei. Informata società. Informi comandante "Volturno" in rotta per costà». Nel consegnare telegramma al Foreign Office prego, a scanso malintesi, mettere bene in chiaro essere proposito R. Governo lasciare interamente al go

vernatore Benadir giudizio opportunità accogliere domanda inglese per passaggio sinistra Giuba forze armate.

704

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 94. Parigi, 24 gennaio 1901.

Durante la visita ebdomandaria che feci avant'ieri a questo Signor Ministro degli Affari esteri, egli mi domandò se dal R. Governo mi fossero state comunicate le domande che, in nome dell'Imperatore, erano state rimesse ai plenipotenziari a Pechino. In seguito alla mia risposta negativa, il Signor Delcassé,

prese il foglio sul quale quelle proposizioni erano scritte e me ne ha dato rapida lettura

Sulla prima di esse, relativa alla cessazione delle operazioni militari delle truppe alleate, questo Ministro osservava che ormai tali operazioni essendo di fatto cessate, non sembrava difficile il dare sovra questo punto soddisfazione al Governo chinese. Del pari, quando egli lesse la domanda che la misura delle indennità ed i termini per i pagamenti abbiano ad essere regolati in proporzione delle forze finanziarie della Cina, il Signor Delcassé si soffermò ad osservare essere perfettamente inutile di chiedere più di quanto un paese può effettivamente pagare.

In sostanza, egli disse, quando ebbe finito la lettura, che le domande chinesi parevano tali da non potere suscitare serie difficoltà ed era desiderabile che i Rappresentanti delle Potenze a Pechino che doveano farne l'esame in comune, accelerassero le loro deliberazioni per poter uscire presto dalle difficoltà e far cessare le spese.

(l) Cfr. n. 694.

705

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. R. 182/95. Parigi, 24 gennaio 1901.

La morte della Regina Vittoria è avvenuta in un momento in cui, da vario tempo e per cause diverse, le relazioni fra la Francia e l'Inghilterra sono entrate in un periodo di tensione del quale sarebbe inutile dissimularsi la gravità. I rapporti fra i due Governi non ebbero recentemente a risentirsi da incidenti aspri. Direi anzi che, dopo l'episodio di Fashoda, nulla è venuto a turbarne la perfetta regolarità. Ma fra i due paesi, fra la stampa periodica londinese e parigina, lo stato di irritazione ha perdurato da quel momento in poi esacerbandosi talvolta per motivi futili. Alla formazione del partito nazionalista contribuisce certamente assai più l'antipatia verso l'Inghilterra che il pensiero di rivendicare dalla Germania le provincie perdute. Tuttavia all'annunzio della morte della Sovrana che fu alleata della Francia nell'ultimo periodo di vera gloria e potenza per essa, l'impressione fu qui generalmente vivissima ed essa si palesa mista ad una inquieta aspettazione della direzione che gli affari dell'Inghilterra potranno ricevere dal nuovo regno. È notevole un sentimento che definirei di perplessità e che, nell'ora pre

sente, domina ed impedisce la manifestazione degli astii che, nella loro espressione, non conoscevano negli ultimi tempi alcuna misura.

706

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELL'INTERNO, SARACCO

T. 201. Roma, 25 gennaio 1901, ore 17,10.

Il ministro di Olanda mi comunica che la direzione della pubblica sicu

rezza di quello stato avendo avuto sentore di trame anarchiche che si progetterebbero in occasione del matrimonio della Regina d'Olanda che avrà luogo

il 7 febbraio e al quale interverranno numerosi Principi stranieri ritiene indispensabile la presenza all'Aja nel più breve tempo possibile di un agente speciale italiano per la sorveglianza degli anarchici. Mentre non dubito che la E. V. vorrà aderire a tale desiderio, la prego vivamente di volermi porre in condizione di dare al più presto possibile una risposta concreta a quel minist:·o.

707

L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 191/13. Berlino, 25 gennaio 1901, ore 17,35.

Fino a questo momento non si conosce ancora qui in modo positivo se

S. M. l'Imperatore assisterà personalmente funerali Regina d'Inghilterra. S. M. l'Imperatore, che tuttora trovasi presso la famiglia reale inglese, ha telegrafato però al Principe Imperiale tenersi, in ogni caso, pronto a partire per Inghilterra. :E qui molto graditamente commentata buona impressione fatta a Londra dalla sollecita andata a Osborne di Sua Maestà appena fu noto stato grave sua augusta ava. Da quella gita ... (l) delle repentine impulsive determinazioni dell'Imperatore si fanno buoni augurii per le future relazioni di lui nuovo Re d'Inghilterra, relazioni che non furono sempre le più cordiali in passato. Si ritiene qui perfino che Sua Maestà Imperiale coll'atto ora compiuto e con i suoi modi così insinuanti sappia, nell'attuale suo soggiorno in seno famiglia reale inglese, cattivarsi simpatie dell'elemento femminile di essa, che più gli fu finora contrario e che, in ultimo, pare, avesse preso una certa predominante influenza sulla vecchia Regina.

708

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, ALL'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, BOTTARO COSTA

D. R. 3643/12. Roma, 25 gennaio 1901.

Come le telegrafai il 18 corrente (2), questo Ambasciatore d'Inghilterra mi rimise un pro-memoria, in cui, accennandosi alle spedizioni militari britanniche nella Somalia, sia a nord contro lo sceik Mohamed Abdullahi, sia a sud, contro i Somali Ogaden, si prevede la possibilità che, nel corso delle operazioni, tanto a nord, quanto a sud, le forze inglesi impegnate, debbano, per esigenze militari, passare la linea della sfera d'influenza italiana.

Al pro-memoria di Lord Currie risposi con quello di cui unisco copia.

La S. V. rileverà dalla nostra risposta ·che il Governo del Re vivamente

si preoccupa degli effetti che in date circostanze, le operazioni militari inglesi

potrebbero produrre nella nostra Colonia del Benadir.

33 -Documenti diplomatici -Serie III -Vol. IV

Queste preoccupazioni sorgevano nel R. Governo fin dal marzo e aprile

1900, nel qual tempo io vi richiamava già l'attenzione del compianto Barone

de Renzis (dispacci 17 marzo e 6 aprile 1900, n. 47 e 68) (1).

Dopo che il nostro memorandum era stato già spedito a Lord Currie,

pervennero a questo Ministero rapporti del commendator Dulia i quali ac

crebbero le nostre preoccupazioni per gli effetti che una eventuale permanenza

di truppe inglesi sulla sinistra del Giuba avrebbe potuto produrre nella nostra

Colonia che è ora amministrata da una Società commerciale, e che finora è

tranquilla.

Il Governo del Re, a tanta distanza e in condizioni così mutevoli, pur

essendo desideroso di agevolare l'azione inglese, anche dalla parte del Giuba,

non è in grado di portare un giudizio sulla situazione, e deve lasciare ogni

apprezzamento alle autorità del Benadir, tanto più trattandosi di territorio

amministrato da una Società privata.

E però, io la pregava di tenere analogo linguaggio con codesto Ministro

degli affari esteri, invitandolo ad impartire istruzioni alle autorità dell'East

Africa di mettersi, su questo punto, direttamente d'accordo col Governatore

del Benadir.

Circa l'azione inglese del nord, confermavamo quanto era 'stato detto nel

l'unito memorandum.

Credo opportuno aggiungere, per sua informazione, che qualche tempo fa, pregatone da questo Ambasciatore d'Inghilterra, telegrafai al R. Console in Zanzibar quanto segue:

• -Veuillez transmettre à Dulia : • -Le Gouvernement anglais est ìnformé que le Mahdi Moullah a envoyé

des émissaires avec argent sur la còte du Benadir pour acheter des fusils. Veuillez surveiller et empècher tout achat •. Secondo il convenuto, dovendo questo telegramma essere inviato a desti

nazione pel tramite del Foreign Office, l'ho inviato a Lord Currie che ne ha curata la trasmissione.

ALLEGATO.

MEMORANDUM

Roma, 9 gennaio 1901. Il Governo del Re ha ricevuto il memorandum del 17 dicembre 1900 (2), relativo alle operazioni militari che il Governo di S. M. Britannica si accinge a fare, sia

dalla parte del Golfo di Aden, per reprimere il movimento dello Sceik Mohamed Abdullai, sia, dalla parte del Giuba, per punire gli Ogaden autori dell'eccidio della spedizione Jenner.

Il Governo di S. M. la Regina prevede la eventualità che le forze inglesi debbano, per esigenze militari, entrare in territorì che trovansi nella sfera di azione dell'Italia. ·

Per parte sua, il Governo del Re, pur essendo disposto ad agevolare, per quanto è in suo potere, le operazioni militari britanniche, non può nascondere, però, le sue vive preoccupazioni per gli effetti che, in date circostanze, le operazioni stesse potrebbero produrre, sia spingendo a Sud verso il Benadir, l'agitatore Somaio

Mohamed Abdullai, sia rendendo possibile, sulla riva sinistra del Giuba, un movimento insurrezionale che potrebbe comunicarsi alla vicina Colonia del Benadir, ora tranquilla.

E di ciò tanto più si preoccupa il Governo del Re in quanto il Benadir, è, com'è noto, amministrato, in virtù di speciale convenzione firmata a Roma il 25 maggio 1898, da una Società commerciale, che potrebbe risentire grave danno se si verificasse l'una o l'altra delle due accennate eventualità.

Esposte con tutta sincerità queste considerazioni, il Governo del Re, mentre prende nota di quanto in proposito gli fu comunicato dal Governo della Regina, confida, dal canto suo che quest'ultimo vorrà nel condurre le operazioni militari in Somalia tener conto delle legittime preoccupazioni più sopra manifestate.

(l) -Gruppi indecifrati. (2) -Cfr. n. 679. (l) -Non pubblicati. (2) -Non pubblicato.
709

IL MINISTRO A PECHINO, SALVAGO RAGGI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 206/5. Pechino, 26 gennaio 1901, ore 2,30.

Missionario italiano giunto qui a cercare aiuto per i suoi compagni venne vedermi indeciso se rivolgersi legazione di Francia oppure legazione di Sua Maestà per informarsi quale è vera situazione missionari italiani verso la R. legazione. Conformandomi alle istruzioni avute di affermare, in ogni occasione, i nostri diritti, dichiarai che gli accovdi con il Governo cinese garantiscono questi non riceve reclami missionari italiani se presentati da altre legazioni. Aggiunsi che non credevo probabile Governo chinese avrebbe voluto sottrarsi ora agli impegni presi verso il R. Governo, perciò parmi convenga missionari rivolgersi alla R. legazione, giacchè loro reclami presentati da altre legazioni non sarebbero accolti.

710

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, ALL'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, BOTTARO COSTA

T. 204. Roma, 26 gennaio 1901, ore 11,30.

La prego di annunciare al Foreign Office che S. M. il Re ha risoluto che ai funerali della Regina Vittoria assista il Duca d'Aosta (1).

711

IL MINISTRO A TANGERI, MALMUSI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R.36/11. Tangeri, 26 gennaio 1901.

Il Temps di Parigi annunziò, giorni or sono, che il famoso Bu Amena, già da tempo in segrete intelligenze ad accordi colle Autorità coloniali d'Algeri, si era, insieme alle bellicose tribù onde è a capo, sottomesso al Governo della

Repubblica. In questo fatto, se vero, tutta si rivelerebbe la continuità e l'avvedutezza della politica francese rispetto al Tuat ed al Marocco.

Si è veduto, diffatti, come la Francia abbia saputo aspettare, e come, in momento opportuno d'imbarazzi per l'Inghilterra e di generali preoccupazioni, e sicura, se non del beneplacito, della tacita annuenza delle Potenze, risolutamente procedesse nella, da lunga mano preparata, sua spedizione militare alle oasi di Figuig e Tidikelt.

Nè adesso si può dubitare che la resa, per defezione del Bu Amena, non sia in ogni caso a somma abilità di negoziati, se non pure ad insidie, dovuta.

Certo è che per tali mezzi, e grazie alla destrezza di scelti Agenti ed emissari il Governo d'Algeria pur dappertutto semina, e nello Sahara ed ai confini, e nel cuore stesso dell'Impero di Marocco, odi e discordie; e ne sobilla e corrompe i Caid, i Governatori e gli Sceriffi.

Si aggiunga l'innegabile e sempre crescente attrazione che la confinante colonia algerina, ·coi suoi musulmani prosperanti e protetti sì nella fede religiosa che nei costumi e negli averi, potentemente esercita sull'animo degli oppressi, infelici loro correligionari di Marocco; e da siffatta condizione di cose, facile sarà il dedurre l'importanza che il voltafaccia, il tradimento, al Bu Amena attribuito, qui aver potrebbe.

L'effetto sarebbe tristissimo per il dispregio che, di riflesso, ne deriverebbe all'Autoritt. del Sultano, Principe e difensore dei credenti; e l'umiliazione che ne risentirebbero l'Impero, e massime le fanatiche popolazioni del Tafilet e di Fez.

Soggiogato che fosse il Tuat, la Francia tutta poi svilupperebbe l'opera sua di propaganda e di demolizione.

È una lotta nella quale il Marocco, che pur possiede la forza sufficiente ad una resistenza armata, non ha difesa; perchè manca al Sultano, e mancano ai suoi Consiglieri, il concetto e la volontà di prepararla migliorando, come dovrebbe e potrebbe, le condizioni morali e giuridiche del paese che sono deplorevoli nè peggiori si possono immaginare.

In ciò sta il danno, il vero pericolo di questo Impero.

(l) Con t. 224 in data 28 gennaio Visconti Venosta informava l'incaricato d'affari che il Duca e la Duchessa d'Aosta sarebbero partiti il 30 gennaio e che al ritorno si sarebbero fermati per qualche ora a Parigi.

712

L'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, BOTTARO COSTA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 68/31. Londra, 26 gennaio 1901.

Addì 22 gennaio 1901, alle ore 6,30 pomeridiane, cessava di vivere in Osborne, S. M. la Regina Vittoria nell'83o anno di Sua vita, e nel 64° di un regno la cui prosperità non ha l'uguale nella storia moderna. La veneranda Regina in quell'ora suprema era circondata dai figli, nipoti e pronipoti. L'indomani, 23 gennaio, il nuovo Re, che assumeva il titolo di Edoardo VII, prestava giuramento dinanzi al Consiglio di Stato (Privy Council) e fra ieri

l'altro e ieri in omaggio alle antiche costumanze il nuovo Re • our only lawful and rightful liege Lord •, Edoardo VII per la grazia di Dio Re del Regno Unito della Gran Bretagna e di Irlanda, Difensore della Fede, Imperatore delle Indie, veniva proclamato in varie città, borghi e castelli legittimo Sovrano del Regno.

Ieri 25, tanto alla Camera dei Pari, quanto in quella dei Comuni è stato letto il messaggio del Sovrano, mentre in tutto il Regno migliaia di cittadini si affollavano dinanzi ai Palazzi Municipali per udire lettura del Proclama con cui il nuovo Re annunciava il suo avvenimento al trono. Innumerevoli sono le condoglianze giunte da tutte le parti dell'Impero Britannico alla metropoli. Il Corpo Diplomatico ha fatto pervenire le sue alle Loro Maestà per il tramite dell'Ambasciatore di Germania, che in assenza dell'Ambasciatore di Russia, funge da Decano del Corpo Diplomatico, accreditato presso questo Governo, e Lord Lansdowne ha risposto ringraziando del cortese omaggio. Il lutto di Corte è di un anno.

713

IL CONSOLE GENERALE A MALTA, GRANDE, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 63/13. Malta, 26 gennaio 1901.

Continuo a riferire intorno all'ultima deliberazione del Consiglio di Governo (Vedi Rapporto 17 gennaio 1901 n. 46/11} (l) sulla quale mi occorre che io rammenti che la Commissione d'Inchiesta, composta dallo stesso Consiglio, fu, per proposta del Principale Segretario, tenuta non pubblica, ma quasi segreta, al che l'Onorevole Azzopardi si oppose; alla susseguente seduta, su proposta dello stesso, fu accettato e votato dalla maggioranza del Consiglio, che le interrogazioni fossero pubbliche. Pertanto dalle prime sedute si prevede che il risultato possa essere sfavorevole ai Nazionalisti ed è possibile che la maggioranza si schieri contro di loro. Ormai non è più questione di lingua, di cultura italiana, ma bensì d'interesse personale dei giovani e dell'avvenire loro ed è quindi ascoltato nell'animo dei padri dei giovani, questo sentimento di pratica utilità, anzichè un puro sentimento storico. Il Governo ha fatto pure intendere che non si può aspirare ad un impiego civile e militare, all'esercizio anche di una libera professione senza la perfetta conoscenza della lingua Inglese. E su ciò ben chiaro si manifestò li pensiero dell'Onorevole Principale Segretario, quando nella Seduta del Consiglio, tornata del 16 corrente, rispondendo all'Onorevole Azzopardi disse chiaramente queste testuali parole: • Tra pochi anni lo studio della lingua italiana cesserà di essere obbligatorio e sarà opzionale ». Ed ormai, come lo stesso Principal Segretario nella medesima tornata dichiarava, non è più questione di adottarsi o no la lingua italiana negli Studi superiori, poco importa, quando la riforma è cominciata già dagli studi primarì dalla Scuola Elementare; e soggiungeva • che al Governo poco cale che ne pensano gli studenti di Fisica od altro corso, perchè esso, il Governo, ha cominciato dal fondo

dalle Scuole Primarie, e tra pochi anni quelli, che da queste Scuole, andranno al Liceo e all'Università, saranno per la Lingua Inglese •.

(l) Cfr. n. 673.

714

IL CONSOLE GENERALE A SOFIA, SILVESTRELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 66/33. Sofia, 26 gennaio 1901.

Ieri finalmente fu costituito il nuovo ministero bulgaro, sotto la presidenza del Generale Petroff, ed alle 9 pom. venne annunziato alle agenzie diplomatiche colla nota qui acclusa in copia (1).

La presidenza del Consiglio, lasciata dal Signor Ivantchoff, ed il Ministero degli Affari Esteri ·lasciato dal Signor Tontcheff, sono stati assunti dal Generale Petroff, che conserva anche il portafoglio dell'Interno: restano al loro posto

ministri:

Generale Paprikoff (guerra e interim dei lavori pubblici);

Peyeff (istruzione);

Dantchoff (giustizia), prendendo quest'ultimo l'interim del Ministero del commercio, lasciato dal Signor Titoroff. Il Ministero delle finanze, lasciato dal Signor Ivantchoff, è stato affidato in reggenza all'attuale Segretario generale, Signor Cristo Bontcheff, funzionario di carriera.

Cosicchè il nuovo gabinetto è, come il suo capo, senza colore politico ben definito; un vero e proprio ministero d'affari, con tendenze militari assai pronunciate. E, per quanto la presente situazione politica glielo permetta, esso può dirsi meno ligio alla Russia del gabinetto precedente. Per non dare tuttavia una importanza esagerata a questa osservazione, basterà di por mente agli impegni personali indubbiamente assunti dal Principe col Governo Imperiale, ed al fatto che nei giorni passati corsero trattative fra il generale Petroff ed i partiti russofili, allo scopo di far entrare nel gabinetto il Signor Sarafoff (zancovista) ed il Signor Berlinoff (karavelista); sebbene tali trattative non approdassero per le esigenze abituali dei partiti suddetti, che intendono di arrivare al potere senza transazioni e connubi.

715

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, MALVANO, ALL'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, PANSA

(Archivio Pansa)

L. P. Roma, 27 gennaio 1901.

Credo anch'io che sarebbe stato più regolare lo indirizzare anche a te il telegramma n. 3443 (2). Osservo, però, anche per tua informazione che il Principe Giorgio fece vedere al Ministro il suo memorandum e poi se lo rimise in tasca con l'aria di non dargli grande importanza. Il Principe appoggiò invece sopra

l'Aide-Memoire russo, che però dichiarò doversi considerare come strettamente riservato.

Credo che uno di questi prossimi giorni il Sinedrio a quatt1·o si riunirà alla Consulta per deliberare anche su questo soggetto. E te ne scriveremo, poi, ufficialmente.

Comprendo le tue preoccupazioni e le tue incertezze. Intanto il Ministro nulla ancora ha deciso, e neppure ci ha ancora pensato sul serio. Però la morte della Regina Vittoria dovrebbe dare una spinta efficace.

Mi sono tosto occupato del prete venditore. Te ne scriverò appena ne abbia una risposta.

(l) -Non pubblicata. (2) -Numero errato.
716

L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 184/50. Berlino, 27 gennaio 1901.

Quando il conte von Biilow fu nominato cancelliere dell'Impero e presidente del Consiglio dei Ministri prussiano si disse di lui che sul terreno della politica economica era una • pagina bianca • ed i partiti che su quel terreno si agitano augurarono a lui ed a se stessi-ciascuno di essi a seconda delle proprie aspirazioni -che egli vi raccogliesse non minori allori di quelli messi insieme sul terreno della politica estera. Nelle prime discussioni parlamentari che seguirono dopo la nomina del Conte Biilow ai suoi alti uffici, dei partiti non lasciarono passare occasione, anche incidentale, per tentar di strappare al nuovo capo del Governo una dichiarazione che lo compromettesse nel senso desiderato. Sul terreno della politica economica • mi conoscerete a suo tempo • rispose un giorno il Conte Biilow; e la pagina seguitava ad esser bianca, ma questo candore politico non poteva durare a lungo di fronte alle cupide insistenze dei partiti. Già nel discorso della Corona si conteneva un breve ma chiaro cenno alle condizioni difficili dell'Agricoltura: e, di poi, nel presentare al parlamento prussiano il disegno di legge pei canali navigabili il Conte Biilow pur parlando della protezione degli • interessi generali del paese • prometteva all'agricoltura una

• -assicurata protezione doganale • di fronte all'estero. Che cosa precisamente significhi questa c assicurata protezione doganale • ho avuto l'onore di dire a V. -E. coi miei rapporti n. 21 del 10 e n. 40 del 20 corrente (1). Su quella pa

c

gina bianca • sono state scritte ieri nuove linee.

Quanta fretta avessero i conservatori-agrari ad ottenere in loro favore dichiarazioni governative sulle più gravi questioni economiche ,che presentemente qui si agitano ho detto nel secondo di quei rapporti. Discutendosi ieri nella Camera prussiana dei deputati il bilancio dell'agricoltura il portavoce dei

conservatori presentò e svolse il seguente ordine del giorno per la cui votazione chiese l'appello nominale: • Il Governo reale è invitato ad agire decisamente nel senso di ottenere a vantaggio dell'agricoltura, in occasione del prossimo riordinamento delle nostre relazioni politico-commerciali, una protezione doganale sostanzialmente aumentata. In tale concetto il Governo reale è invitato a provvedere a che il progetto di tariffa doganale venga al più presto sottoposto all'esame del Reichstag. • Come è qui uso, un tale ordine del giorno fu pr~sentato alla Camera dopo averne informato il Governo: il Conte Biilow fu così in grado di rispondere subito colla seguente dichiarazione: • Pienamente riconoscendo le difficili condizioni in cui versa l'agricoltura, animato dal desiderio di apportare ad essa un miglioramento efficace il Governo reale è deciso ad agire per assicurare ai prodotti agricoli una protezione doganale sufficiente, ad aumentarla quindi in modo corrispondente. Il Governo reale farà inoltre il possibile per affrettare la presentazione della nuova tariffa doganale •. Dopo questa dichiarazione e dopo i discorsi dei capi-partito l'ordine del giorno suddetto venne approvato con 238 voti contro 43: coi voti, cioè, dei conservatori, del centro nonchè della maggioranza del partito dei nazionali-liberali e contro i voti della

minoranza di questo partito e di tutti i liberali-radicali.

Per rendersi esatto conto del significato delle dichiarazioni del capo del

Governo prussiano bisognerebbe conoscere, oltre il limite del • sostanziale au

mento • richiesto dagli agrari-conservatori, che cosa abbia ad intendersi per

• miglioramento efficace • per • protezione efficiente • per • aumento corrispondente •. Ed io ritengo che, per quanto queste espressioni facciano fede della tendenza del Governo sul terreno della politica economica, al giorno d'oggi il Governo stesso non sarebbe in grado di dare esaurienti spiegazioni: a questo riguardo mi richiamo a quanto ebbi l'onore di esporre col mio rapporto n. 14 dell'8 corrente (1). Taluno dei giornali liberali ha gridato iersera perchè il Governo -il quale, come ella vede, non parlò in modo concreto nè di dazi doganali nè di tariffa massima e minima -aveva • capitolato nelle mani degli agrari '. Io non posso dare alle sue dichiarazioni un tale significato. Il Governo vuole ora condurre in porto il disegno di legge sui canali navigabili. Questo disegno di legge deve essere approvato da una camera composta in prevalenza di elemento conservatore e di elementi ad esso nelle presenti questioni alleati: è quindi ben naturale che il Capo del Governo prussiano cerchi di dare alla sua politica, oggi, un indirizzo che non vada contro le ardenti aspirazioni di quegli elementi in questioni la cui soluzione è rimessa a più tardi ed è devoluta ad altro parlamento -il Reichstag, ove le varie frazioni del partito liberale insieme coi socialisti possono farsi valere, per ragione di numero meglio di quanto riesce loro presentemente nella prima camera prussiana. E siffatto indirizzo risulta da frasi che rivelano il tatto dell'antico diplomatico e permettono di scrivere in avvenire nella già • pagina bianca • altre righe il cui significato corrisponde ad esigenze politiche, a situazioni. parlamentari diverse.

(l) Solo il primo di questi rapporti è edito al n. 648.

(l) Non pubblicato.

717

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI

T. 223. Roma, 28 gennaio 1901, ore 12,30.

L'ambasciatore di Francia mi ha annunciato l'intenzione del presidente della repubblica di conferire a S. M. il Re il Gran Cordone della Legione d'Onore. D'ordine di Sua Maestà ho già fatto conoscere all'ambasciatore che tale decorazione sarà di buon grado accettata. Verrà in questa circostanza in missione il capo della casa militare del presidente, il quale si unirà all'ambasciatore incaricato della presentazione.

718

IL REGGENTE IL CONSOLATO GENERALE AD ADEN, LANG, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 214. Aden, 28 gennaio 1901, ore 16,05.

Profittando partenza • Volturno • per Benadir, credo utile toccata Alula, onde procurare accomodamento fra sultani Osman Mahmoud e Jusuf Alì, le relazioni fra i quali, estremamente tese, richiedono pronto intervento R. Governo; nel caso Osman Mahmoud persistesse misconoscere impegno assunto col Governo del re, sarebbe desiderabile ·che V. E. accordasse comandante • Volturno •, facoltà infliggere punizione sia Alula che Hofum, valendosi mezzi riterrà opportuni ed apertamente favorendo Jusuf Alì.

Se V. E. è contraria questa proposta, toccata Alula riuscirebbe inopportuna, anzi dannosa nostro prestigio, e guerra fra sultani non può essere evitata, con palese danno nostri interessi in caso vittoria Osman Mahmoud.

719

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, PANSA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 76/29. Costantinopoli, 28 gennaio 1901.

S. M. l'Imperatore di Germania in occasione della visita fatta a S. M. il Sultano or son due anni, gli aveva manifestato il desiderio di far costruire a proprie spese una fontana monumentale sulla piazza dell'At-Meidan a Stamboul e di donarla alla città. S. M. il Sultano avendo gradito l'offerta i lavori furono tosto incominciati ed essendo stati condotti ultimamente a termine la consegna del monumento ebbe luogo ieri in ·forma solenne nella ricorrenza del genetliaco di S. M. l'Imperatore Guglielmo.

Un'apposita missione condotta dal Generale von Kessel fu qui inviata da Berlino per codesta cerimonia alla quale assistevano pure numerosi allievi di marina qui giunti due giorni or sono sulla nave-scuola • Moltke •.

P. S. -Aggiungo il testo pubblicato dai giornali tedeschi del discorso pronunciato dal Barone Marschall, all'inaugurazione del monumento (1).

720

IL MINISTRO A BELGRADO, MAYOR DES PLANCHES, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 139/37. Belgrado, 28 gennaio 1901.

Attacchi analoghi a quelli a cui, poco fa, il Ministro di Germania era stato segno, sono stati diretti al Ministro di Austria-Ungheria, gli scorsi giorni, dalla Narodni Novine, giornale radicaleggiante, con tre articoli successivi. Non era

precisato alcun fatto speciale; si biasimava, in genere, il di lui contegno, le sue ingerenze, le sue pretese di voler guidare la politica serba, egli che, poco fa,

• non era se non un consoluccio in qualche posto di Egitto •.

Il barone Heidler che, come è noto a V. E., è diplomatico di carriera, da parecchi anni giunto al grado di inviato straordinario e ministro plenipotenziario, e fungeva da agente e console generale al Cairo, non ha, per tali attacchi, mosso passo presso questo Governo; attende ciò che esso Governo sarà per fare e gli ordini che a lui, Ministro di Austria-Ungheria, potranno esser dati da Vienna. Parlandomi confidenzialmente del caso accennato, mi diceva che, poco più di un mese fa, il conte Goluchowski gli aveva diretto, sul contegno della stampa serba verso la Monarchia, un dispaccio alquanto severo, con istruzione di darne lettura al Ministro-Presidente. In esso era detto a un dipresso, che l'Austria-Ungheria non pretendeva indicare al Governo serbo la condotta da seguire con la stampa, ma che si meravigliava altamente del linguaggio aggressivo e insultante della stampa stessa, linguaggio che certamente non sarebbe stato tollerato sotto i precedenti Gabinetti e che faceva stridente contrasto con le assicurazioni ripetutamente da Belgrado date a Vienna, secondo le quali nulla vi sarebbe di mutato nei sentimenti della Corte e del Governo verso la vicba Monarchia. In quell'occasione, il Signor Yovanovitch, dichiarandosi dispiacente che, a Vienna, si fosse data importanza al linguaggio di qualche organo indipendente, il quale abusa della libertà di stampa vigente in Serbia, aveva mostrato al barone Heidler la nota da lui diretta al Ministro dell'Interno per invitarlo a far comprendere ai giornalisti i loro doveri verso i Paesi esteri ed i loro rappresentanti. Gli attacchi diretti, precisamente in allora, contro il barone di Waecker Gotter, ed ora contro di lui, sarebbero, secondo il barone Heidler, prova che o le obiurgazioni del Ministro-Presidente non sono tenute da conto dal suo collega dell'Interno, e questi non vuole usare, verso i giornalisti, i mezzi che erano adoperati dai suoi predecessori, o che, fra l'uno e l'altro.

si fa per giuoco e si prende altrui a gabbo. Egli ritiene che codesti attacchi sono voluti, o, quanto meno, non dispiacciono in alto. Crede sapere che, oltre ai redattori ordinari, altri scriva nelle Narodni Novine per ispirazioni ricevute. Soggiungeva assai pericoloso per la Serbia che il Governo lasci questo giornalismo perseverare in una campagna di denigramento contro la potenza che tiene nelle sue mani la prospiciente Semlin. E mi accennava a tre nuovi giornali, sbocciati di questi giorni, con tendenze antiaustriache, l'uno dei quali, il Serbiu, nel suo articolo-propaganda, dipingeva l'Austria-Ungheria come la nemica ereditaria della Serbia, la sfruttatrice degli Slavi della penisola balcanica, eccitando questi ad unirsi contro di essa; nella quale lotta, Serbia e Montenegro uniti metterebbero in campo 300 mila armati.

Ho discorso, pure, sull'increscioso argomento col Signor Boskovitch, facendogli segnatamente osservare, nel modo più amichevole, come i rappresentanti esteri essendo ospiti del paese presso la cui Corte sono accreditati, sarebbe dovere di ospitalità premunirli contro le offese che si volesse far loro. Egli si è dichiarato dispiacentissimo dell'accaduto, e mi ha detto credere che, a Nisch, Re e Governo fossero preoccupati degli attacchi avvenuti tanto contro l'Austria-Ungheria (sebbene il giornalismo, colà, sia, in gran parte, tutt'altro che amichevole e corretto verso la Serbia), quanto verso il suo rappresentante; in conseguenza di che, il Governo si dipartirà probabilmente dal principio sin qui professato di assoluto rispetto per la libertà della stampa, prendendo, in un modo o nell'altro, provvedimenti perchè non si rinnovino più codesti attacchi contro Governi e rappresentanti esteri, in genere.

(l) Non pubblicato.

721

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI

T. 237. Roma, 29 gennaio 1901, ore 13.

Sono interrogato alla Camera circa la questione dei nostri v.ini in Francia. So che V. E. farà tutto il possibile e ne la ringrazio, acciocchè sia approvata la legge mercè la quale sarebbe attenuato il danno per i nostri vini. V. E. potrebbe cercare, all'uopo, anche il concorso di influenti uomini politici favorevoli al pro getto, essendo manifesta l'incresciosa situazione che altrimenti ne risulterebbe.

Prego telegrafarmi intanto se è già in effettivo vigore la nuova legge sugli alcool.

722

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL MINISTRO A PECHINO, SALVAGO RAGGI

T. 239/6. Roma, 29 gennaio 1901, ore 13,45.

Ri.ferendomi al suo telegramma n. 5 (l) debbo ricordarle che gli accordi del

1888 sono bensì da noi considerati in vigore, ma conviene nella pratica evitare che possano per noi sorgerne difficoltà e conflitti. Sta dunque bene che ella

dichiari accogliere i reclami dei missionari e li incoraggi anche alla presentazione. Ma il diffidarli che il Governo cinese non riceverà i loro reclami presentati da altra legazione non può che creare una situazione di cose che condurrebbe ad un conflitto non suscettibile di favorevole soluzione nè verso la Francia nè verso la China. Mi riferisco, del resto, alle istruzioni impartitele col dispaccio del 18 maggio 1898 e col telegramma del 22 novembre scorso (1).

(l) Cfr. n. 709.

723

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, PANSA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 221. Pera, 29 gennaio 1901, ore 15,10.

Per conto marchese Guiccioli, prego comunicare quanto segue al presidente della camera di commercio a Roma.

• Riguardo questione presidenza tutti i colleghi caddero d'accordo approvare lunedì venturo mozione, secondo la quale si attenderà per avere prova materiale ripartizione titoli per nazionalità, il settembre 1903, epoca nella quale sarà esaurito foglio cuponi e diventerà necessario depositare titoli per ottenere nuovi fogli. Si procederà ora nomina arbitro per stabilire anticipatamente portata frase: • modificazione essenziale •. Considero soluzione per noi favorevole, poichè passaggio immediato sistema elettivo non avrebbe ottenuto maggioranza voti ».

724

IL MINISTRO A LISBONA, GERBAIX DE SONNAZ, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 225/17. Lisbona, 29 gennaio 1901, ore 16,18.

Individuo, argomento rapporto del 18 corrente, n. 12 (2), non vuole più andare Africa: invoca aiuto legazione italiana, consolato d'Italia per avere rimpatrio. Prego telegrafarmi se debbo rimpatriare individuo o se posso !asciarlo andare Africa: individuo nega essere anarchico; dice aver fatto servizio militare Italia e minaccia scandali Italia, parlamento, stampa se non rimpatriato. Urgentissima risposta.

725

L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. CONFIDENZIALE 223/16. Berlino, 29 gennaio 1901, ore 17,15 (per. ore 19,40).

La lunga permanenza di S. M. Imperatore di Germania in Inghilterra, la sua intimità col nuovo Re, la nomina sua a feld-maresciallo inglese e i telegrammi scambiati con Salisbury e maresciallo Roberts se, da un lato, lusingano

popolo tedesco nella persona del suo Sovrano, non mancano di sollevare qui molta critica. I partigiani dei boeri.. e sono molti in Germania, perfino nella Corte imperiale, vedono specialmente mal volentieri quemintimità dell'Imperatore coll'Inghilterra e si consolano solo colla speranza che Sua Maestà se ne valga per far sentire sua influenza in favore del piccolo popolo sud-africano. Ma più inquieti sono coloro i quali temono il contraccolpo dell'attuale apparente intimità dei Sovrani inglese e tedesco sull'animo dello Czar e sulle relazioni colla Russia. Fra quest'ultimi io non esito a annoverare lo stesso Biilow, il quale mi consta che si sforza di mitigare impressione che può avere fatto a Pietroburgo la condotta del suo Sovrano e avrebbe, come mi si assicura, diplomaticamente, ma inutilmente, lavorato perchè nomina dell'Imperatore a feld-maresciallo inglese avvenisse dopo o contemporaneamente a nomina di Sua Maestà a feld-maresciallo russo e ancora lavora perchè tale nomina avvenga.

(l) -Cfr. n. 504. (2) -Non pubblicato.
726

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 226. Parigi, 29 gennaio 1901, ore 18,40.

Con corriere di gabinetto partito la sera del 25, ho mandato a V. E. un rapporto circa il dazio sul vino e le assicurazioni datemi dal ministro esteri, circa il proposito del ministero di portare avanti il progetto di legge deposto alla camera, nonostante la non favorevole disposizione della commissione di dogana. La tassa sopra l'alcool si applica fino dal primo gennaio; essa finora non ha prodotto sensibile effetto sul mercato del vino. Avverto, ad ogni buon fine, che l'importazione di centrotrentamila ettolitri di vino italiano nei primi

undici mesi del 1900 è in commercio generale, e che il commercio speciale dà soltanto una importazione di circa ottantamila ettolitri.

727

IL MINISTRO A BUCAREST, BECCARIA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. CONFIDENZIALE l 74/18. Bucarest, 29 gennaio 1901.

Il Signor Marghiloman mi diede non ha guari lettura d'un rapporto del Ministro rumeno a Belgrado, signor Mavrocordato, relativo alla recente intervista del Principe di Bulgaria, al suo ritorno da Vienna, col Re di Serbia a Nisch: intervista che svegliò qui tanto maggiormente l'attenzione in presenza delle voci di alleanza bulgaro-serba che circolano nella stamp3 europea. Secondo il Signor Mavrocordato, il principe Ferdinando avrebbe avuto soltanto l'intenzione di fare una visita .in forma privata al Re Alessandro, e sarebbe stato quest'ultimo che s'applicò a darle un carattere ufficiale. Dal medesimo sarebbe

pure partita l'iniziativa del telegramma comune diretto allo Czar il l" dell'anno ortodosso.

Senza prendere alla lettera le voci d'una intesa diretta bulgaro-serba -che la KiHnische Zeitung non crede entrare nelle vedute della politica russa, alla quale, secondo il foglio renano, non può convenire si costituisca così nei Balcani una forza la cui direzione, visto le fluttuazioni dell'influenza russa a Sofia e Belgrado, risieda altrove che a Pietroburgo -questo Ministro degli Esteri opina il Gabinetto di Vienna faccia troppa affidanza sulla pressione che l'Austria è in grado di esercitare ad un dato momento sulla Serbia, e non si curi abbastanza di controbilanciare in essa l'azione russa e di guadagnare l'animo del suo giovane Sovrano. Egli teme si ripeta col Re Alessandro l'errore altra volta commesso col Principe Ferdinando di Bulgaria. A tal proposito il Signor Marghiloman mi palesò molto confidenzialmente che alcune settimane or sono il Re Alessandro gli avea fatto fare delle aperture per un'alleanza serbo-rumena. Beninteso, soggiunse il Ministro, questo Governo non avrebbe mosso piede senza consultarsi coi suoi amici della Triplice. Epperò, l'Austria essendo la più direttamente interessata negli affari balcanici, Marghiloman credette di dover scrivere anzitutto al Conte Goluchowsky per informarlo di quella proposta e conoscerne il modo di vedere al riguardo. Nella sua risposta, recata pochi giorni sono dal mio collega austriaco tornando da un congedo, il Conte sconsiglia recisamente dal legarsi mediante impegni con un Sovrano che non solo ha dato prova del suo spirito versatile e sul quale non si può fare affidamento, ma la cui posizione è tutt'altro che sicura. La politica serba non presenta inoltre garanzie sufficienti da escludere il pericolo che la Rumania possa trovarsi trascinata suo malgrado in qualche avventura. Il signor Marghiloman lasciò dunque cadere la cosa. Ma pur r·iconoscendo come gli argomenti del Conte Goluckowsky non siano senza fondamento, egli persiste a ritenere utile qualche atto amichevole verso la Serbia ed il suo Sovrano allo scopo almeno di evitare un raffreddamento delle relazioni tra essi e la Rumania che potrebbe essere la conseguenza del loro riavvicinamento alla Bulgaria, oppure avere per effetto di spingerli su quella via. Qui si ebbe il torto di lasciar tacitamente comprendere come

si disapprovasse il matrimonio del Re Alessandro, che di per se stesso non faceva in fin dei conti nè caldo nè freddo alla Rumania; ciò che non sarà certo sfuggito al giovane Sovrano e non può a meno d'averne ferite le suscettibilità. Il Signor Marghiloman cui, conversando famigliarmente con esso lui non nascosi già da tempo il mio modo di vedere al riguardo, riconosce ora con molta franchezza essere stato questo un errore al quale vorrebbe riparare decidendo Re Carol a compiere finalmente la restituzione della visita fattagli nell'ottobre 1896 dal Monarca serbo, che più d'una volta fece sentire qui di aspettarla. Secondo il mio collega austriaco, il conte Goluchowsky non sarebbe contrario in massima a tale restituzione, ma egli trova il momento assolutamente inopportuno, sia a motivo della posizione precaria di Re Alessandro, sia perchè, dopo averla tanto differita, il compierla appunto non molto dopo l'allontanamento di Re Milan ed il cambiamento di politica che lo seguì avrebbe l'apparenza d'una approvazione. Questo Ministro degli Esteri sembra tuttavia non essersi arreso ai ragionamenti del marchese Pallavicini e voler anzi persistere nel proprio divisamento. In ogni caso però la sua effettuazione potrebbe difficilmente aver luogo prima della primavera.

Accennando poi alle voci d'alleanza turco-rumeno-greca preconizzata da certi fogli ellenici per contrapporla ad una alleanza eventuale serbo-bulgaramontenegrina (voci che durante una sua recente breve gita in Germania e a Vienna il presidente del consiglio, Signor Carp, intervistato dai redattori di alcuni giornali, qualificò di pure fantasie) il signor Marghiloman dissemi che il Sultano finì per comprendere i motivi pei quali il Re Carol non credette di poter accogliere le proposte d'alleanza fattegli nel 1897 (mio rapporto 24 luglio stesso anno, n. 1083/164) e rinunziò a quel progetto. Le mene bulgare avrebbero non pertanto giovato a far sentire in Grecia, come in Rumania e Turchia l'opportunità di più strette relazioni fra i tre Governi e, senza che siavi quistione di patti formali, d'una mutua cooperazione contro le mire ambiziose e rivoluzionarie dei bulgari. Il Ministro ellenico degli affari esteri avrebbe perfino detto al rappresentante rumeno ad Atene ·che, senza rinunziare ai propri diritti sulla Macedonia, la Grecia preferisce lo statu quo ad una espansione bulgara in quella provincia dell'Impero ottomano. Il Signor Marghiloman mi confidò inoltre che il Re Giorgio aveva fatto esprimere al Re Carol il desiderio d'incontrarlo all'occasione di qualche viaggio all'estero dei due Monarchi. Un convegno in simili condizioni essendo per altro difficile a combinarsi, Re Carol avrebbe volentieri invitato Re Giorgio a Sinaia l'estate prossima, se ciò non implicasse l'obbligo d'una contro visita da parte di questo Sovrano il quale non sopporta assolutamente un viagg,io in mare e non sa risolversi ad affrontarlo. La risposta che il ministro rumeno ad Atene fu incaricato di comunicare è però redatta in modo da lasciar intendere quanto precede.

728

L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 230/17. Berlino, 30 gennaio 1901, ore 5,11 (per. ore 18,20).

Questione pagamento indennità per parte China forma oggetto qui diligenti studi. Tre sistemi sono stati esaminati: l) esigere da China pagamento somma da fissarsi in un conveniente numero annualità; 2) allargare base prestiti anteriori convertendoli in un solo corrispondente a nuova situazione sotto la garanzia potenze; 3) creare appositamente nuovi prestiti con relativi corrispondenti aumenti dazi entrata. Il primo sistema porterebbe pagamento troppo in lungo; il secondo solleverebbe difficoltà potenze cui occorre autorizzazione Parlamento per garanzia. Solo il terzo offre nel pensiero del Governo imperiale base pratica. Dazi attuali d'entrata sono nominalmente al 5 % del valore in realtà 3 % per differenza moneta. Questo Governo crede si potrebbe portare senza inconvenienti a 10 % in oro. Dazi d'uscita è pericoloso toccarli per questioni esportazione thè e così dicasi d'altri balzelli interni su cui potenze non avrebbero possibilità sorveglianza. Questo sottosegretario di stato per gli affari esteri in assenza di conte Richthofen indisposto, mi disse che, nel senso che precede, saranno date norme direttive al ministro tedesco in China, mentre si

aspettano da Londra risultati degli studi colà pure intrapresi e che Gabinetto inglese promise qui comunicare.

729

L'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 228. Vienna, 30 gennaio 1901, ore 14.

Il borgomastro di Vienna mi ha diretto una nobile lettera di condoglianza per la morte di Verdi. Mi sono fatto premura di ringraziarlo e di pregarlo di ringraziare la popolazione viennese a nome dell'Italia (1).

730

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI

T. 249 bis. Roma, 30 gennaio 1901, ore 23,15.

La ringrazio per le spiegazioni contenute circa la questione dei vini, nel suo telegramma di ieri e nel suo rapporto del 23 (2). L'importanza della cosa sta in ciò che la modificazione dello statu quo per i nostri vini in Francia costituirebbe, quale che sia il danno materiale, una prima e grave breccia, nel nostro accordo, e l'impressione ne sarebbe necessariamente grave sul terreno politico non meno che sull'economico. Non dubito quindi che codesti ministri, da lei opportunamente sollecitati, nulla tralasceranno per fare approvare il noto progetto di legge. L'ambasciatore Barrère divide il nostro apprezzamento e telegrafa in questo senso a Parigi. Egli si proponeva altresì di suggerire al suo Governo che, per agevolare l'approvazione del progetto di legge, dichiari, come analogamente fece rispetto alle sete per evitare una lesione dell'accordo colla Svizzera che l'intero argomento dei vini sarà ripreso in esame alla scadenza del regime risultante dai nostri accordi.

731

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, ALL'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, BOTTARO COSTA

D. 4379/23. Roma, 30 gennaio 1901.

In relazione al dispaccio del 12 novembre u.s., n. 46591/243 (3), mi pregio d'informare V. S., giusta quanto mi riferisce il R. Consolato in Aden, che l'ultimo trattato fra l'Inghilterra ed il Sultano dei Migiurtini porta la data del l o maggio 1884, ed è, perciò, anteriore all'atto da quel Sultano conchiuso con l'Italia del 7 aprile 1889.

Il trattato del l o maggio 1884 contiene accordi in caso di naufragi di bastimenti. Ho pregato il Cav. Lang di procurarmene, se possibile, il testo.

(l) -La commemorazione di Giuseppe Ve-rdi era stata fatta alla Camera dei deputati il 28 gennaio con discorsi del presidente Villa, del ministro dell'Istruzione, Gallo e di altri. (2) -Cfr. n. 699. Il rapporto non è pubblicato. (3) -Non pubblicato.
732

IL CONSOLE GENERALE A SERAJEVO, FINZI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 238. Serajevo, 31 gennaio 1901, ore 3,45.

Vengono molto commentati alcuni articoli dei giornali di Pesth e dell'Agramertagt circa poss1bLlità conflitto fra Austria-Ungheria ed Italia a proposito Albania e si parla del richiamo del rappresentante del Governo generale

Appel, il quale sarebbe qui sostituito dall'attuale ministro della guerra Krieghammer. Trasmetto duplicato R. ambasciatore a Vienna.

733

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 240. Parigi, 31 gennaio 1901, ore 4,30.

Ho insistito jeri ancora una volta presso questo ministro degli affari esteri per la legge-relativa al dazio doganale dei vini. Delcassé nutre fiducia che la legge potrà essere approvata. Il plenum della commissione di dogana non si è ancora pronunziato. L'opinione sfavorevole è stata emessa soltanto dalla sottocommissione, dalla stessa incaricata di un preliminare esame. A parer mio, la situazione è molto delicata, nè gioverebbe, ad una risoluzione per noi favorevole, una discussione nel parlamento nostro, la quale sembrasse voler pesare sopra il voto delle camere francesi. La questione è aperta fra i due Governi. Gli accordi commerciali della Francia con tutti gli stati sono fatti sul principio del rispetto reciproco della libertà di tarH'fe. In caso di modificazioni, introdotte da una delle parti, l'altra conserva la libertà di ricercare e stabilire un equo compenso. A me pare che, se il ministero nostro è interpellato, la sua risposta

potrebbe utilmente limitarsi a questi due punti: questione aperta; riserva di eventuale ricerca d'accordo con Governo francese di equo compenso.

734

IL MINISTRO A PECHINO, SALVAGO RAGGI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 241/7. Pechino, 31 gennaio 1901, ore 10,30 (per. ore 19,50).

Condizione principale accordi 1888 essendo promessa Governo cinese non accettare domande presentate altre legazioni, credevo che istruzione affermare in ogni occasione nostro diritto, implicasse, qualora interrogato, che tale accettazione non era ammissibile. Ringrazio però V. E. suo telegramma n. 6 (1), e coglierò prima occasione, precisando mie dichiarazioni modificare errata impres

sione che la mia lettera può avere creata. Credo probabile missionari si rivolgeranno legazione di Francia.

34 -Documenti diplomatici -Serie III -Vol. IV

(l) Cfr. n. 722.

735

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELL'INTERNO, SARACCO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 236. Roma, 31 gennaio 1901, ore 15,50.

N o te relative alla cessione ferrovie Rubattino che codesto ministero trasmise con lettera 18 luglio 1898 furono dal mio predecessore rimesse con nota 19 detto n. 58 al ministro dei lavori pubblici che non le ha più restituite.

736

IL MINISTRO A PECHINO, SALVAGO RAGGI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 237/8. Pechino, 31 gennaio 1901, ore ..... (per. ore 16,10).

So che qualche collega intende proporre riduzione graduale truppe dal Pecili riducendole proporzionalmente alla arrendevolezza che il Governo cinese dimostrerà. In tali condizioni proporrei che noi, avendo mandato qui meno truppe delle altre potenze, meno l'Austria-Ungheria procediamo più lentamente che altri a questa riduzione per procurare Governo cinese convincimento sua convenienza assumere verso il Governo italiano vieppiù favorevoli disposizioni. Prego V. E. telegrafarmi fin d'ora, per mia norma se il R. governo è in massima disposto accettare quella proposta che credo riuscirebbe gradita miei colleghi Germania e Francia.

737

L'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, MORRA DI LAVRIANO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 42/21. Pietroburgo, 31 gennaio 1901.

Stimo opportuno comunicare qui appresso a V. E. il riassunto di un articolo pubblicato oggi dal Petersbw·ski Viedomosti:

• Nella vita dei popoli vi sono tradizionali prevenzioni che sussistono da secoli e che passano di generazione in generazione, ed alcu11e volte mettono profonde radici nell'animo della gente.

Fra queste prevenzioni fatalistiche occorre annoverare l'implacabile antagonismo degli interessi politici e di cultura fra la Russia e l'Inghilterra, che finora non hanno potuto pacificare gli sforzi della diplomazia e della stampa.

È ormai tempo di esaminare le cause di questo malinteso Anglo-Russo onde ristabilire la verità e addivenire ad una mutua pacificazione. All'epoca della guerra di Crimea, allorchè la Russia non pensava ad offendere l'Inghilterra ed ancor meno la minacciava, a questa è sembrato che la

Turchia potesse esserle utile e necessaria. Lasciandosi dominare da tale prevenzione, l'Inghilterra fece quanto era possibile onde staccarsi per lungo tempo dalla Russia. Eguale condotta essa dimostrò nel 1870, essendole nuovamente sembrato che l'oppressione degli slavi nei Balcani e le minaccie contro la Russia le fossero più utili che l'amicizia della stessa Russia. Tali prevenzioni non erano che gli effetti degli intrighi dei rappresentanti inglesi a Costantinopoli. Tutto ciò era prodotto dalla sola morbosa illusione, fomentata dalle prevenzioni tradizionali dei patrioti inglesi di una certa scuola, i quali senza attendere nè a fatti nè a obiettivi, rivolgono i loro sospetti contro le sedicenti macchinazioni della Russia.

Per parte della Russia non vi deve essere odio per l'Inghilterra, poichè tanto gli interessi che la politica russa non richiedono l'umiliazione dell'Inghilterra nè il suo indebolimento.

Nella vita delle Nazioni come nella vHa degli uomini sorgono momenti, più o meno favorevoli per ricredersi dei propri errori. Di questi momenti è indispensabile servirsi, poichè aumentano la probabilità di una pacificazione generale, senza la quale le genti continueranno a lottare correndo dietro all'illusoria fortuna della propria egemonia sopra gli altri.

Tutto dimostra che l'Inghilterra si trova in uno di questi momenti e sarebbe imperdonabile che la Russia non ne facesse profitto cercando il modo più opportuno per provocare un riavvicinamento Anglo-Russo.

Esistono dati positivi comprovanti che un tale riavvicinamento fu desiderato dalla venerabile Regina. Essa parlava del desiderio e della completa possibilità di una mutua stima e simpatia fra la Russia e l'Inghilterra.

Si può perciò assicurare senza tema di errare che non sarà certo per parte della Russia che si solleveranno i maggiori impedimenti alla realizzazione di un tal fatto, da tutti desiderato ed utilissimo agli interessi del mondo intero •.

Il Petersburski Viedomosti, come altra volta accennai, è un giornale molto serio, non uso a pronunziarsi in questioni politiche se non con conoscenza di causa ed a ragion veduta. È sussidiato dal Governo Imperiale ed ha un carattere ufficioso. Principale collaboratore ne è il Principe Uchtomski, che è tenuto in particolare concetto dall'Imperatore, e fu suo compagno di viaggio nell'Estremo Oriente. Si ritiene anche che il giornale in parola sia in buoni rapporti col signor Witte.

L'articolo da me segnalato alla E. V. acquista perciò speciale importanza, nè è inverosimile sia dovuto ad ispirazioni ufficiali. Qua potrebbe forse non spiacere che sia messa innanzi la possibilità di un ravvicinamento all'Inghilterra, qualunque sia al proposito l'intimo pensiero del Governo Imperiale, sia per averla meglio disposta verso gli interessi Russi in China, sia anche in vista delle future eventuali complicazioni nei Balcani.

Vi ha poi chi suppone che l'articolo sia stato direttamente ispirato dal Signor Witte il quale, profittando delle attuali difficoltà dell'Inghilterra e del cambiamento del suo Sovrano, spererebbe di potersi rendere colà più benevola l'opinione pubblica pel caso che gli fosse ,in seguito necessario di far appello alla finanza ed ai capitali inglesi.

In fatto, malgrado il generale ottimismo con cui venne accolta l'esposizione del Ministro delle Finanze e le asserzioni governative, vi ha, a mio avviso, in Russia, come già accennai nei miei precedenti rapporti, urgente bisogno di denaro. La situazione dei Russi nell'Estremo Oriente è molto difficile per la mancanza dei mezzi di sussistenza, ed allo stato delle cose appare sempre più dubbio che i 60 milioni di d~sponibilità sui quali il Signor Witte conta per far fronte alle evenienze in China, siano sufficienti.

Dalle notizie pervenute da Vladivostok vi risulta che col primo gennaio del corrente anno è stato colà abolito il porto franco. Questa misura era già stata in precedenza annunziata nè si presentò come novità.

Però le circostanze che ne promossero l'attuazione sono in questo momento assai mutate e la popolazione di Vladivostok (composta oramai non soltanto di gente che accudisce ai propri interessi, ma eziandio di militari, impiegati e obbligati a quel soggiorno dalla situazione politica) viene a sopportare un peso superiore alle sue forze. I recenti torbidi in Oriente che hanno aumentato la popolazione di quei paesi, hanno pure determinato il consumo di quelle derrate di prima necessità che vi si trovavano raccolte in vista della prossima applicazione della tariffa doganale. Di modo che ora la popolazione di Vladivostok deve pagare a prezzi esorbitanti generi di uso comune e giornaliero che non può ottenere che per via di importazione.

Dianzi preoccupata da un tale insieme di cose, la stampa ebbe perciò a sostenere che o si sarebbe dovuta sospendere l'abolizione del porto franco di Vladivostok o, ove ciò fosse impossibile, provvedere a che l'industria e commercio russi fornissero all'Estremo Oriente quelle derrate ed oggetti di cui il bisogno si fa vivamente sentire ed i cui prezzi sono divenuti addirittura favolosi.

738

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL MINISTRO A PECHINO, SALVAGO RAGGI

T. 26917. Roma, 1 febbraio 1901, ore 23.

Ricevo n. 8 (1). Convengo nei suoi apprezzamenti e la autorizzo regolarsi in conseguenza.

739

L'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. CONFIDENZIALE 169/71. Vienna, 2 febbraio 1901.

Mi è pervenuto oggi il dispaccio dell'E. V. in data del 20 Dicembre u. s., colle modificazioni .concertate col Conte Goluchowski, concernente gli accordi

esistenti tra i due Gabinetti circa l'Albania, e ne ho oggi stesso inviato copia a S. E. il Ministro I. e R. degli affari esteri.

ALLEGATO

VISCONTI VENOSTA A NIGRA

R. 15. Roma, 20 dicembre 1900 (1).

J'appelle l'attention de V. E. sur ma réponse à l'interpellation qui m'a été récemment adressée, à la Chambre des Députés, au sujet de l'Albanie. Void le texte de cette réponse:

• Je puis assurer que le Gouvernement italien et le Gouvernement austrohongrois ont ,eu l'occasion de considérer leurs intéret~t sur les còtes ottomanes de l'Adriatique et de reconnaitre que ces intérets trouvent leur sauvegarde dans le resp~ct, dans le maintien du status quo • (2).

Je crois utile que Vous portiez mes déclarations à la connaissance de S. E.

M. le Comte Goluchowski. Je ne doute pas que le Ministre I. et R. des affaires étrangères les trouvera conformes à l'entente qui s'était établie entre lui et moi, sur ce sujet, à l'occasion de sa visite à Monza, en 1897. Dans l'échange de vues qui eut lieu dans nos entretiens par rapport à cette question, nous nous sommes trouvés d'acco.rd sur les points suivants:

lo) Maintenir le status quo aussi longtemps que les circonstances le permettraient;

2°) Employer nos efforts au cas où l'état de choses actuel ne pourrait etr~ conservé, et où des changements s'imposeraient, afin que les modifications y relatives se réalisent dans le sens de l'autonomie;

3°) En général, et camme disposition mutuelle de part et d'autre, rechercher en commun, et toutes les fois qu'il y aurait lieu, les voies et moyens les plus propres à concilier et à sauvegarder nos intérets réciproques.

J'attacherais du prix à etre assuré que le Comte Goluchowski voit, comme moi, dans ce qui précède le résumé fidèle de la substance de ce qui a été convenu entre nous à ce sujet. J'autorise, en conséquence, V. E. à lui communiquer cette dépeche.

(l) Cfr. n. 736.

740

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, FUSINATO, ALL'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, PANSA

(Archivio Pansa)

L. P. Roma, 2 febbraio 1901.

Ella mi userà indulgenza se ho tardato alquanto a rispondere alla Sua cortese e molto interessante lettera del 5 gennaio. Questa volta le giustificazioni -vere e serie! -sono due: le soHte occupazioni, che, lo creda, non mi lasciano respiro; e poi il fatto che il Ministro, al quale volli naturalmente far leggere la Sua lettera, me la restituì soltanto l'altro giorno.

L'aver dovuto tardare sino ad oggi, d'altronde, mi pone alquanto a disagio nello scriverLe di cose d'ufficio; perchè la situazione parlamentare (che si deciderà lunedì) è tale che il bollettino ultimo sulla salute del Ministero reca:

• polso filiforme; stato comatoso • ..... Del resto quanto son per dirLe non è tal cosa da compromettere la mia responsabilità!... Tutto quanto Ella scrive sulle

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indennità armene è, naturalmente, assai giusto. Ma resta pur vero che se, in qualunque maniera Francia, Stati Uniti e poi magari altri ancora, ottengono, e noi no, con quella tendenza che v'è nello spirito pubblico (fuori della Camera e dentro) a considerare la nostra vita nazionale ·come tutta intessuta di umiliazioni e di spregi, e quasi a compiacersene, la interpretazione sarebbe assai sfavorevole.

La soluzione della riduzione dei dazii d'esportazione per l'Eritrea, ha un solo difetto: d'essere troppo bella... Del resto la protezione del nostro interesse non potrebbe essere affidata a mano più esperta e più vigile della Sua.

Convengo in tutto e per tutto per il terreno donato (?). Sarebbe contrario ad ogni nostra dignità non dico d'insistere, ma anche di ricordare la cosa... ; non senza dubitare peraltro che, se non la ricordiamo noi, i Turchi se la scordino... Si parlava di giustizia turca sinora: ora potremo parlare di regali turchi! Ella peraltro, così esperto di quelle cose e di quelle persone, è d'opinione che finiranno per dare. E al modo di accomodare le cose allora, ci penseranno i successori!...

Ancora mi scusi se Le scrivo così male; ma pensi che questa lettera è stata scritta in cinque riprese.

(l) -Per la risposta del ministro Goluchowski, v. più avanti p. 480. Sull'intesa itala-austriaca cfr. A. F. PRIBRAM, Die politischen Geheimvertriige Osterreich-Ungarian (1879-1914), Wien, 1920, pp. 83-95; P. PASTORELLI, A!hania e Tripo!i ne!la politica e.•tera itaLiana durante la crisi d'Oriente de! 1897, in Rivista Studi PoLitica Internazionale, 1961, n. 3; E. SERRA, Note sull'intesa Visconti Venosta -Go!uchowski per !'Albania, in Clio, 1971, n. 3. (2) -L'interpellanza era stata svolta dall'an Guicciardini, ex sottosegretario agli Esteri, il 18 dicembre. Cfr. Atti Parlamentari, XXI Legislatura, Camera Deputati, I Sessione p. 1767.
741

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL MINISTRO A PECHINO, SALVAGO RAGGI

T. 280/9. Roma, 3 febbraio 1901, ore 19,45.

Correndo voci contraddittorie, prego telegrafarmi circa domande che l'Imperatore avrebbe fatto presentare ai negoziatori delle potenze ed in genere circa lo stato del negoziato.

742

IL CONSOLE A CANEA, MEDANA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 267. Canea, 3 febbraio 1901, ore 21,25.

Rispondo telegramma n. 276 (1).

Nessuna novità nella situazione di Creta: parlasi di un giro che l'alto commissario intenderebbe di fare nell'isola prima delle prossime elezioni politiche. Ove simile voce si confermasse vi sarebbe da preoccuparsi dell'influenza che un tale viaggio potrebbe esercitare sullo spirito della popolazione in relazione alla questione della annessione. Ritengo quindi opportuno che le deliberazioni della conferenza di Roma, circa assetto politico Creta, siano al più presto comunicate al principe per norma sua e del paese (2).

(l) -Non pubblicato. (2) -Cfr. n. 639. Si tratta della conferenza degli ambasciatori delle quattro grandi potenze a Roma circa le proposte del principe Giorgio. Cfr. anche n. 762.
743

L'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 175/77. Vienna, 4 febbraio 1901.

Col cerimoniale d'uso ebbe luogo oggi nel palazzo imperiale di Vienna la solenne inaugurazione del Parlamento. Assistevano alla cerimonia, oltre ai membri delle due Camere, gli Ar·ciduchi ed Arciduchesse presenti in Vienna, i grandi dignitarì di Corte, il Consiglio dei Ministri e il Corpo diplomatico. Era corsa in precedenza qualche voce di possibili dimostrazioni da parte di deputati dei partiti estremi, ma tali dicerie avevano trovato poca fede perchè, a parte la tradizione di rispetto per la persona dell'Imperatore, profondamente radicata nell'animo dei suoi sudditi senza distinzione di partito, la circostanza che l'inaugurazione aveva luogo alla reggia era un ritegno sufficiente alle eventuali velleità di dimostrazioni politiche. Infatti in Austria l'immunità dei deputati non esiste che nel palazzo del Parlamento. Fuori di esso sono ·considerati come qualunque altro suddito dell'Impero, e nel caso spec·iale, qualsiasi dimostrazione ostile al discorso della Corona avrebbe potuto dar luogo ad un procedimento di lesa maestà contro i suoi autori. Conviene poi notare che, secondo le notizie della stampa, che io non sono ora in grado di controllare, alcuni deputati, appartenenti ai gruppi estremi, si sarebbero astenuti dall'intervenire. La cerimonia, che consistette, come al solito, nella semplice lettura del discorso della Corona, fatta dall'Imperatore, si compì senza il minimo incidente, e i membri del Parlamento si limitarono a qualche sommessa approvazione specialmente nei punti del discorso in cui era svolto il programma economico e legislativo del Governo. Dal testo del discorso medesimo, che qui accluso trasmetto (l) insieme alla traduzione pubblicatane dalla Correspondance Politique, l'E. V. rileverà come le gravi scissure politiche attualmente qui esistenti siano state appena toccate di sfuggita, quasi per non inasprire la piaga. All'incontro il programma legislativo ed economico del Governo è molto vasto, anzi talmente vasto che oltrepassa di gran lunga la potenzialità di una sola sessione parlamentare. È naturale il supporre che il Sovrano non si sia fatto illusioni a questo proposito, ma che, colla esposizione dei numerosi progetti relativi a materie di grande importanza, e in parte urgenti, abbia voluto chiamare l'attenzione del Parlamento e del paese sugli inconvenienti a cui diede e potrà ancora dar luogo l'inazione forzata della Camera dei Deputati, con danno evidente e serio degli interessi generali. Nel passo sulla politica estera, dopo aver pagato un affettuoso tributo di compianto alla memoria di Re Umberto, esprimendo la sua esecrazione pel delitto di Monza, e nobilmente commemorato la morte della Regina Vittoria, l'Imperatore ha accennato alla cordialità dei rapporti fra l'Austria-Ungheria e le Potenze Sue alleate. Passando poi agli avvenimenti di China, ha rilevato in

ispecial modo che la situazione di grande potenza e gli interessi dell'AustriaUngheria, benchè non siano molto sviluppati, le imponevano di partecipare a

quell'azione, nella quale il piccolo contingente della Marina I. e R. si è gloriosamente distinto. Ha concluso manifestando la fiducia che dagli avvenimenti dell'Estremo Oriente non deriverà alcun contraccolpo per la pace europea. All'entrata ed all'uscita del Sovrano furono fatte, in seguito ad iniziativa del Presidente della Camera dei Signori, le tre ovazioni consuete.

Le esortazioni esplicite e implicite del Monarca per determinare i deputati a non porre ulteriori incagli al funzionamento del Parlamento, parrebbero indicare che, se tali incagli si rinnovassero, la costituzione sarebbe sospesa. È tuttavia opinione generale che, per poco che la Camera si presti alla votazione delle misure indispensabili di Governo, specialmente quelle che toccano l'esercito e l'unione coll'Ungheria, non si verrebbe nemmeno ora, da parte della Corona, alle misure estreme.

(l) Non pubblicato.

744

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL CONSOLE GENERALE A TRIPOLI, CHICCO

T. 287. Roma, 5 febbraio 1901, ore 13,30.

Per meglio concretare nostre istruzioni, desidero che per questo corso quindicinale di posta il servizio con Bengasi continui a farsi come finora. La prego di provvedere in tal senso d'accordo col titolare di codesto nostro ufficio postale, e di scrivere al R. vice console in Bengasi acciocchè sappia e faccia eventualmente sapere che il ritardo dell'apertura di quell'ufficio è unicamente dovuto a nostre ragioni di servizio, astenendosi, beninteso, da ogni comunicazione al Mutasserif. A lei confidenzialmente aggiungo che, dalla dichiarazione del Mutasserif potendosi argomentare che questi non rifuggirebbe anche da atti di violenza, mia intenzione sarebbe che il nostro servizio postale a Bengasi, con tutte le cautele da lei suggerite o che ella potrebbe ancora suggerire sia assistito dalla presenza di una nostra nave. La prego di telegra:farmi a tale riguardo la sua opinione (1).

745

IL MINISTRO A PECHINO, SALVAGO RAGGI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 280/9. Pechino, 5 febbraio 1901, ore 15,20 (per. ore 22,55).

Dopo la comunicazione, di cui nel mio telegramma n. 3 (2) non abbiamo più ricevuto nessuna comunicazione dai cinesi.

Oggi vi è stata riunione con i plenipotenziari cinesi per indicare punizioni. Concedono pena capitale per uno dei principi e per governatore Shansi, mentre per il principe Tuan, che è il principale colpevole, duca Lan e gli altri ministri vogliono accordare prigione ed esilio.

Siccome ministri di Russia, degli Stati Uniti, del Giappone ci hanno dichiarato non poter insistere per pena capitale Tuan e Lan, credo che si finirà a cedere per questi due, e si insisterà per gli altri. Fino a che vi è speranza ottenere, tutti concordi, pena capitale per i principali colpevoli, appoggerò insistenze ministri di Germania e d'Inghilterra. Qualora ministri di Russia, degli Stati Uniti, del Giappone si separassero dagli altri, minacciando, chiederò istruzioni prima di pronunziarmi.

(l) -Il tel. venne inviato tramite il consolato generale a Malta. (2) -Non pubblicato.
746

L'AMBASCIATORE A WASHINGTON, FAVA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 281/10. Washington, 5 febbraio 1901.

In risposta mia nota 7 gennaio, Commissario federale mi ha scritto che: l) accetta qualificazione • colofonia •, purchè con questa intendasi resina presentemente importata in Italia; 2) accorda vincolo dazi attuali per le voci designate quarta colonna nostro elenco, oltre riduzione sulle castagne già concessa; 3) ammette trattamento della nazione più favorita, ma solo per i prodotti europei inclusi nel trattato e non per quelli di paesi americani e delle isole limitrofe; 4) respinge parola • carbone di terra • non avendo questa alcun valore per gli Stati Uniti ed insiste per la parola pura e semplice « coal and coke •; 5) non può accordare esenzione dazio seta ritorta tassata dall'articolo 385 tariffa. Accorda però stessa riduzione 5 % concessa alla Francia, sotto la categoria silkgoods; 6) per il lardo, granturco, sue farine osserva che le nostre riserve costituiscono minaccia principio stesso dei compensi da noi dovuti per le numerose concessioni americane, ed escludono le sole importanti concessioni che interessano Stati Uniti. Queste riserve lasciano sostanzialmente senza compensi concessioni fatte all'Italia coll'articolo I progetto di convenzione annesso al rapporto 4 novembre; 7) per gli agrumi afferma Giamaica fornisce produzione limitata, la cui esportazione non può aumentare per una diminuzione di dazii, per la quale Giamaica concesse del resto numerose esenzioni agli Stati Uniti. Per questi motivi, gli rincresce, non può aderire nostro desiderio, tanto più che, se, come sembra probabile, riduzione dazii agrumi indurrà Senato respingere convenzione Giamaica, ciò motiverebbe certamente rigetto nostra convenzione; 8) per la firma immediata nostra convenzione ripete che, se trattato francese otterrà, come sembra probabile, approvazione Senato, trattato contenente uguale concessione Italia verrebbe ugualmente respinto. Con rapporto riferirò più a lungo abboccamento col commissario federale su tutto ciò che precede. Credo utile informare V. E. che il mio collega francese ha perduto ormai ogni speranza di vedere suo trattato ventilato in questa sessione. Egli non sa se il suo Governo potrà autorizzarlo a chiedere terza proroga per le ratifiche, essendo notorio che presidente della Confederazione non aderirebbe a questa domanda per non umiliarsi dinanzi Senato e pitoccare adesione che gli sarebbe probabilmente negata.

747

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, ALL'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, BOTTARO COSTA

D. R. 5344/30. Roma, 5 febbraio 1901.

Segno ricevimento del suo rapporto n. 61/29, del 21 scorso (1), e La ringrazio delle interessanti notizie che con esso mi comuni-ca, nonchè della carta annessa.

Questo Ministero terrà il suo rapporto riservato ma ritiene necessario darne confidenziale notizia al R. Console Generale in Zanzibar e al Governatore del Benadir, tanto più che le prime comunicazioni fatteci al riguardo dal Governo britannico lasciavano supporre non improbabile che l'azione inglese potesse svolgersi in parte e ripercuotersi in territorio nostro, mentre dall'esame della direzione generale delle operazioni risulterebbe che tal fatto non abbia ad avverarsi.

748

L'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 178/80. Vienna, 5 febbraio 1901.

Ringrazio V. E. della comunicazione fattami del rapporto del Commendator Mayor sulle relazioni tra la Serbia e l'Austria-Ungheria. Il R. Ministro a Belgrado rettamente distingue in questo argomento i Governi dei due Stati dai giornali dei due Paesi, e anche dagli Agenti dei due paesi, i quali facendo dello zelo, non sono sempre interpreti fedeli del pensiero dei loro rispettivi Governi. Ciò è spedalmente vero per quanto spetta al Governo Austro-Ungarico, il quale per quanto mi consta, fidandosi sulle intelligenze prese colla Russia, e sulla propria forza, non mostra grande inquietudine su ciò che accade in Serbia, e continua a dichiarare che non vuole ingerirsi negli affari interni della vicina monarchia, limitandosi ad esigere da essa che compia i suoi doveri internazionali verso l'Impero. Se il Ministro d'Austria-Ungheria a Belgrado tiene una condotta o un linguaggio diversi, egli non interpreta punto il pensiero dei suoi mandanti. Il matrimonio del Re di Serbia potè essere bene o male giudicato dai personaggi dirigenti la politica d'Austria-Ungheria. Ma è certo che il Governo Austro-Ungarico non se ne occupò punto.

(l) Non pubblicato.

749

IL MINISTRO A BELGRADO, MAYOR DES PLANCHES, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 189/48. Belgrado, 5 febbraio 1901.

Il giornale ufficiale di oggi contiene, nella prima pagina, in caratteri grossi, nella parte non ufficiale, un comunicato dal tenore seguente:

• Alcuni giornali locali hanno preso ad attaccare personalmente taluni dei rappresentanti diplomatici accreditati a Belgrado. Sono stati più manifesti gli attacchi, nè misurati, nè giustificati, contro il Ministro della vicina Monarchia austro-ungarica, e contro la stessa Monarchia, i quali esorbitano dalla lecita polemica politica. Il procedere di detti giornali è contrario a tutti i riguardi internazionali, nonchè alla cortesia ed alle buone relazioni di amicizia che la Serbia mantiene e desidera mantenere con la Monarchia austro-ungarica, come con tutti gli Stati che hanno fra noi rappresentanti ufficiali.

Il R. Governo biasima severamente tali intemperanze della stampa locale, nella quale così poco si osserva il rispetto dovuto al prestigio degli esteri Stati e dei loro ufficiali rappresentanti. Nel caso cotali attacchi si rinnovassero, il Governo si vedrebbe costretto a prendere contro i giornali colpevoli tutti i provvedimenti consentiti dalle leggi ».

Ho avuto, sullo sviluppo dell'incidente, dalla prima fase, esposta nel mio rapporto del 28 gennaio, nn. 139/37 (1), a questa ultima, le seguenti informazioni, datemi in modo confidenziale, ma che ritengo sicurissime.

ALcuni giorni ,sono, il Conte Capnist ed il Mavchese di Reverseaux avvisarono concordemente il Ministro di Serbia a Vienna, Signor Kostah Christitch, che il Governo austro-ungarico era vivamente irritato contro il Governo serbo per la sua tolleranza verso giornali che insultavano la Monarchia ed il suo rappresentante a Belgrado; e contro la Corte stessa, a cui qualche indizio avrebbe potuto far risalire l'ispirazione di quella campagna antiaustriaca. I suddetti ambasciatori avrebbero, in pari tempo, ,consigliato al signor Christitch di suggerire al suo Governo un atteggiamento più dimesso verso l'Austria-Ungheria, che, altrimenti, avrebbe potuto prendere risoluzioni gravi, quali la chiusura della sua frontiera al bestiame serbo, prevalendosi delle condizioni veterinarie del Reame, ecc.

Il signor Christitch ne scrisse direttamente al Re, che sentì tanto più la gravità della minaccia, in quanto che, per ragioni diverse, il paese attraversa già una crisi economica penosa. Il capo di Gabinetto di S. M., Signor Dottor M. Petronievitch, fu immantinenti, da Nisch, mandato a Belgrado, con incarico di esprimere al Barone Heidler il dispiacere, anzi l' • orrore • (das Entsetzen), della Corte per gli attacchi ai quali il Paese che rappresenta ed egli stesso erano stati oggetto; di annunciargli la soddisfazione datagli in un recente incidente, di cui scriverò a parte (incidente Karastojanovitch), e di proporgli, come mezzo di riparazione delle offese fattegli, una querela contro l'autore degli articoli Il

Barone Heidler accolse con deferenza le espressioni di sdegno portategli, in nome del Re, dal signor Petronievitch; più freddamente, la soluzione data all'incidente accennato; ma, circa al mezzo di riparazione che gli si offriva, rispose che, essendo lecito ad ognuno, straniero od indigeno, querelare un Serbo, la facoltà che gli si esibiva non aveva maggior valore di quella che gli si fosse offerta, di passeggiare liberamente per le vie di Belgrado; le querele presentare, d'altronde, più inconvenienti che vantaggi; aggravare, il più delle volte, l'effetto delle polemiche stesse. Soggiunse che, avendo notificata ogni ·cosa a Vienna, attendeva che di là gli fosse tracciata la sua condotta. Pregava, anzi, il signor Petronievitch, e questi prometteva, aspettare la risposta del Governo austroungarico, che era imminente.

Il signor Petronievitch ripartì, invece, per Nisch; e, di là, il Re interrogò il Signor Christitch, che confermò la necessità di una pronta riparazione. Questa venne specifi.cata in un dispaccio del Conte Goluchowski, che prescriveva al barone Heidler di esigerla doppia, per la Monarchia e per lui stesso, e pu];)blica, come pubblica era stata l'offesa. Il barone Heidler notificò immediatamente le sue istruzioni a questo Ministero degli affari esteri.

Il Dr. Petronievitch, nuovamente dal Re mandato a Belgrado, dapprima si consultò sul da farsi, con questo Incaricato d'affari di Russia. Il signor Mansuroff si schermì dal dare consigli; biasimò il Gabinetto per la malaccorta debolezza e tolleranza, soggiungendo che, dopo aver messo il proprio Sovrano e se stesso in cotali frangenti, non potesse far di meglio che ritirarsi. (È d'uopo ricordare che il Signor Mansuroff, amico di radicali, divide il malcontento di questi, di cui feci menzione col rapporto del 3 febbraio nn. 173/47) (1).

Venne allora offerta al Ministro di Austria-Ungheria, e da questo accettata, la inserzione nel giornale ufficiale del comunicato sopra riassunto, il cui testo fu concordato fra il barone Heidler ed il signor Petronievitch, sottomesso al Re e da Sua Maestà approvato.

Si dice, anche, che dal Gabinetto Yovanovitch uscirebbe il signor Marinkovitch, radicale, ministro della pubblica istruzione (che, in un rimaneggiamento avrebbe potuto avere il portafoglio degli affari esteri), siccome rappresentante in esso, nel modo più spiccato, la tendenza anti-austriaca.

(l) Cfr. n. 720.

750

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI

T. 296. Roma, 6 febbraio 1901, ore 19,15.

R. commissario Eritrea ha delegato per delimitazione Raheita cavalier Felter, commissario regionale Assab, e tenente Capri. Convegno potrà aver luogo Raheita 15 corrente. Prego comunicare codesto Governo.

(l) Non pubblicato.

751

L'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 188/87. Vienna, 6 febbraio 1901.

L'impressione prodotta dal discorso della Corona nella recente inaugurazione del Parlamento austriaco non è stata in generale favorevole nei circoli politici della Monarchia. A causa delle profonde scissure politiche che travagliano il paese il discorso stesso doveva necessariamente evitare di urtare le suscettibilità dei singoli partiti. Ma ne derivò che nessuno di questi si ritenne soddisfatto nelle sue esigenze, che considera come legittime. Da un lato i Tedeschi si lagnano acerbamente perchè, a loro avviso, non fu rilevata in modo abbastanza esplicito la necessaria prevalenza del tedesco come lingua di stato. Dall'altro i Czechi, per mezzo dei loro giornali, protestano fieramente contro il Ministro Korber, dicendo che per la prima volta in un discorso della Corona austriaco non fu menzionata l'eguaglianza di diritti delle varie nazionalità, garantita dalle leggi fondamentali dello Stato. Anche nella seduta della Camera di ieri, nella quale furono trattate essen

zialmente questioni d'ordine interno, già vi furono alcune avvisaglie, che fanno temere il rinnovarsi di incidenti tumultuosi nelle prossime sedute.

752

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, ALL'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, BOTTARO COSTA

D. 5689/33. Roma, 7 febbraio 1901.

Il R. Agente diplomatico in Cairo, mi scrive essergli stato assicurato che, per la questione dei confini meridionali fra l'Abissinia ed il Sudan, il Governo Anglo-Sudanese abbia ammesso, in massima che il territorio abissino si estenda sino al lago Rodolfo, e che quella regione sarebbe già occupata dagli Abissini. In altro rapporto, mi scrive che 700 soldati sotto il comando del colonnello Sparkel sarebbero stati inviati nel Bahr el Gazal, per occupare quella regione compresa nella sfera d'azione britannica, giusta la convenzione del 21 marzo 1899.

Comunico a V. S. tali notizie per quelle ulteriori informazioni che Ella fosse in grado di procurarmi.

753

L'AMBASCIATORE A WASHINGTON, FAVA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 90/34. Washington, 7 febbraio 1901.

Dopo una viva e lunga discussione nei due rami del Congresso il bill sulla

riorganizzazione dell'esercito federale, con molte modifiche, è stato votato il l • di questo mese e firmato il giorno successivo dal Presidente.

L'ostilità al bill non è stata soltanto mossa dai democratici per ragioni

d'opposizione di partito, ma altresì da vari membri della maggioranza repub

blicana preoccupati dell'aumento dell'esercito permanente dell'Unione contro le

tradizioni e le tendenze del paese.

Fino all'approvazione di questa legge l'Amministrazione della Guerra si trovava in difficile situazione atteso che nel giugno prossimo il corpo di volontari alle Filippine dovrà per la legge che Io costituì, essere licenziato ed i democratici al Senato ed alla Camera minacciavano di non consentire al rinnovamento della ferma dei volontari.

L'esercito degli Stati Uniti viene quindi molto accresciuto e dai 25.000 uomini a cui sinora ammontava, potrà raggiungere, qualora il Presidente della Confederazione lo creda necessario, la cifra di 100.000, come limite massimo. È notevole nella nuova legge il rinforzo dei quadri degli ufficiali tanto da far credere ad un ulteriore aumento dell'effettivo delle truppe.

Ho l'onore di accludere 3 esemplari del testo di questa legge (1).

754

IL VICE CONSOLE A BENGASI, MANCINELLI SCOTTI, AL CONSOLE GENERALE A TRIPOLI, CHICCO

R. 44/19. Bengasi, 7 febbraio l 901.

Mi viene riferito che i membri della confraternita dello Snussi, residenti in Kufra, discutevano tempo indietro su di un messaggio che i francesi avrebbero inviato al loro capo, mediante il quale lo inviterebbero a dichiarare quale è la sua intenzione, cioè se egli abbia degli scopi puramente religiosi e d'istruzione morale delle popolazioni indigene, ovvero se abbia scopi politici e ad essi ostili. I confratelli si meravigliavano che si avesse avuto il coraggio di fare simili domande al Santo, del quale non si conosceva ancora la risposta, considerando questo fatto come mancanza di riguardo verso di lui.

Se quanto precede è vero, spero essere in breve in grado di fornirle maggiori particolari, tanto più che ciò costringerebbe il Mahdi Snussi a prendere una decisione, specialmente per la residenza.

Con riferimento al rapporto del 23 gennaio a.c., n. 26/10 (2), la informo che i francesi avrebbero imposto altresì al sultano del Baghirmi di permettere loro la costruzione di fortificazioni per premunirsi contro un eventuale attacco da parte del Wadai, e l'abbandono delle razzie sui territori e sulle popolazioni appartenenti a questo Stato, cosa che usavasi fare allorchè il tesoro era secco.

(l) -Non pubblicato. (2) -Cfr. n. 700.
755

IL MINISTRO A PECHINO, SALVAGO RAGGI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 315/10. Pechino, 9 febbraio 1901, ore 14,30 (per. ore 21,50).

Unanimi dirigemmo ieri nota plenipotenziari cinesi esigendo condanna a morte per tutti i principali colpevoli Pekino, eccettuati principe Tuan e duca Lan per i quali si esige condanna capitale che Imperatore, però, potrà commutare in prigione perpetua nel Turchestan. Oggi decideremo riunirei martedì per scambio d'idee circa principii su cui basare domande indennità. Austria, che ha in China quattro navi, e non ebbe mai a terra più di 500 marinaj, credo che pensi di chiedere circa 11 milioni spese militari. Ministro Inghilterra, in conversazione privata, mi disse: credo noi potremo domandare tre milioni sterline, per il caso occupazione duri fino a giugno, senza ritiro truppe. Risposi ciò non essere lungi dai miei calcoli, ma non avere alcuna indicazione dal R. Governo. Sarei grato se l'E. V. potrà farmi conoscere per martedì a quanto ammontino domande indennità dirette a codesto R. Ministero. Circa indennità di guerra credo che ognuno attenda ordini, a che noi domandiamo molto più di quanto abbiamo effettivamente speso; parmi quindi sia il caso io serbi massimo riserbo avanti di pronunziare cifre per le

quali l'E. V. potrà regolarsi in proporzione a quanto chiedono Germania e Francia.

756

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL MINISTRO A PECHINO, SALVAGO RAGGI

T. 339/10. Roma, 9 febbraio 1901, ore 22.

L'ambasciatore di Francia mi ha fatto conoscere nei seguenti termini il pensiero del suo Governo circa la questione dei missionarii. Il Governo francese nulla ha da obiettare circa la protezione che la R. legazione esercita a favore dei missionari italiani che ad essa si rivolgono, ma non crede di poter

respingere i missionari italiani che invocassero la protezione della legazione francese. La informo di quanto precede per sua notizia e norma.

757

L'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, BOTTARO COSTA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 101/42. Londra, 9 febbraio 1901.

L'avvenimento politico senza dubbio il più importante della passata quindicina, è la venuta ed il soggiorno qui dell'Imperatore di Germania.

La Kolnische Zeitung, l'ufficiosa rivelatrice di quanto si vuol far trapelare nel pubblico, ha dato in un suo articolo di fondo l'intonazione, ha dato la nota che desideravasi fosse attribuita in Germania al soggiorno dell'Imperatore in Inghilterra, ed alle infinite cortesie da Lui qui usate. Il fatto si è che col suo tatto e la sua discrezione Egli è riuscito a cattivarsi l'animo, non solo di quanti lo avvicinarono, ma anche il favore della folla che non gli ha risparmiato le manifestazioni più vivaci di simpatia in occasione del suo recente passaggio per Londra al suo ritorno in Germania. È oggi unanime il consenso delle opinioni in ogni classe sociale che l'Inghilterra non ha migliore e più fido amico di Guglielmo II.

Eppure non è ancora lontano il tempo in cui il nome di Lui suscitava qui un uragano di antipatia ed era fatto segno ad innumerevoli manifestazioni ostili dalla musa popolare!

758

IL MINISTRO DEGLI ESTERI AUSTRO-UNGARICO, GOLUCHOWSKI, ALL'AMBASCIATORE D'AUSTRIA-UNGHERIA A ROMA, PASETTI

(Copia)

STRETTAMENTE CONFIDENZIALE. Vienna, 9 febbraio 1901.

A son retour de Rome le Comte Nigra a attiré mon attention sur la réponse

donnée par S. E. le Ministre des affaires étrangères du royaume d'Italie à l'in

terpellation qui lui a été récemment adressée à la Chambre des députés au sujet

de l'Albanie, et a exprimé en meme temps I'espoir que je trouverais les décla

rations qu'elle renferme conformes aux principes sur lesquels nous sommes

tombés d'accord, en 1897, lors de mon entrevue avec le Marquis Visconti Ve

nosta au chateau de Monza.

Dans l'échange de vues strictement confidentiel qui eut Iieu dans nos en

tretiens par rapport à cette question nous avons reconnu, en effet, la nécessité:

l) de maintenir le status quo aussi longtemps que les circonstances le

permettraient;

2) d'employer nos efforts, au cas où l'état de choses actuel ne pourrait

etre conservé, et où des changements s'imposeraient, à ce que les modifications

y relatives se réalisent dans le sens de l'autonomie; tout comme nous avons

constaté, en général;

3) la disposition, de part et d'autre, de rechercher en commun, et toutes

les fois qu'il y aurait lieu, les voies et moyens les plus propres à concilier et à

sauvegarder nos intérets réciproques.

Etant donné ce qui précède je me plais donc à établir que l'énonciation

du Marquis Visconti Venosta a été accueillie avec une vive satisfaction par le

Cabinet I. et R.; et en Vous priant, M. le Baron, d'en faire part à S. E. le Ministre

des Affaires Etrangères, je saisis ... (1).

S. -E. il Barone Pasetti, Ambasciatore d'Austria Ungheria, oggi, undici febbraio 1901 •.
(l) -Annotazione marginale di Visconti Venosta: • Questa copia mi è stata rimessa da
759

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL MINISTRO A PECHINO, SALVAGO RAGGI

T. 340/11. Roma, 10 febbraio 1901, ore 14,30.

Rispondo al n. 10 (1).

A mio avviso le indennità da chiedersi alla Cina sono di quattro categorie:

l) spese militari sostenute dai Governi; 2) danni materiali per legazioni di

strutte e per perdite subite dai membri delle legazioni; 3) marinai uccisi e

feriti durante la ribellione e prima che cominciassero vere e proprie operazioni

di guerra; 4) reclami di società e di privati, compresi i reclami di missionarii

o delle loro famiglie pervenuti alla R. legazione od al R. Governo. Per la seconda e per la terza categoria le indennità debbono, a mio avviso, concordarsi costì, tra i titolari delle singole legazioni, in base a criterii uniformi. Per la prima categoria approvo il suo suggerimento di tenerci in riserbo per trarre norma da quello che si voglia fare da altri Governi, ed intanto la prego telegrafarmi se secondo il concetto costì prevalente per questa categoria la somma da reclamarsi si presenterà come cifra fissa ed irreducibile. Infine, per quanto eoncerne la quarta categoria, mi riservo di indicarle con un successivo telegramma i reclami pervenuti a questo ministero oltre quelli segnati nel suo rapporto 29 ottobre (2) ed il loro complessivo ammontare. Intanto la prego telegrafarmi dopo lo scambio di idee coi colleghi, quale procedimento parrà più conveniente per questa categoria di reclami, e cioè se si dovranno presentare al Governo cinese per essere singolarmente discussi, o se invece si dovrà chiedere una somma in blocco lasciandosi ad ogni Governo la cura di esaminare i singoli reclami e di ripartire tra essi la ottenuta indennità complessiva (3).

760

L'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 387. Vienna, 11 febbraio 1901, ore 4,50.

Re Milan morì oggi alle 4,30.

761

IL MINISTRO A PECHINO, SALVAGO RAGGI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 329/11. Pechino, 11 febbraio 19.01, ore 13,50.

Prego V. E. telegrafarmi se posso accennare in conversazione privata col r:1inistro di Francia alle intenzioni manifestate all'E. V. dall'ambasciatore di Francia. Credo che si potrebbe così procedere praticamente d'accordo.

<2) Non pubblicato.

35 -Documenti diplomaéici -Serie III -Vol. IV

(l) -Cfr. n. 755. (3) -Telegramma analogo fu inviato lo stesso giorno a Berlino.
762

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL CONSOLE A CANEA, MEDANA

T. 358. Roma, 11 febbraio 1901, ore 23,55 (1).

Si sono meco riuniti alla Consulta, in questi giorni, gli ambasciatori di

Francia, d'Inghilterra e di Russia. Dopo esame delle comunicazioni del Prin

cipe Giorgio e dei rapporti dei nostri rispettivi ·consoli, ,siamo venuti alla con

clusione essere grandemente desiderabile di mantenere lo statu quo nell'isola

e di prevenire ogni manifestazione che possa turbarlo. A tal fine abbiamo sti

mato dover significare la nostra decisione tanto al Principe Giorgio quanto al

Re di Grecia mediante la seguente dichiarazione identica di cui il collega fran

cese le comunicherà il testo francese: « Le quattro potenze protettrici di Creta

hanno preso in seria considerazione, da una parte la relazione sulla situazione

che loro fu presentata dall'alto commissario e dall'altra le condizioni politiche

ed amministrative dell'isola. Pur essendo disposte ad esaminare con simpatia

tutte le proposte che loro fossero fatte allo scopo di migliorare lo stato del

l'isola, esse sono unanimemente d'avviso che esse non possono, nelle attuali

circostanze, sanzionare una modificazione qualsiasi della situazione politica nel

senso indicato nella relazione e nel pro-memoria del Principe Giorgio.

Penetrate dal sincero desiderio di tener conto così delle legittime aspira

zioni dei cretesi, come del loro ben inteso interesse e sopratutto di evitare tanto

alla Grecia quanto a Creta i pericoli ai quali le esporrebbe qualsiasi tentativo

contro l'attuale stato di cose, le potenze non possono se non insistere perchè

il Principe Giorgio unisca i suoi ai loro sforzi per prevenire ed impedire intem

pestive manifestazioni, le quali avrebbero solo per effetto d'interrompere l'an

damento regolare degli affari nell'isola e di ritardarne lo sviluppo.

Le potenze sollecite di non lasciar compromettere l'avvenire, non potrebbero in alcun modo prendere in considerazione simili manifestazioni. Esse sperano che S. A. R., cosciente dei molteplici interessi che si rannodano al suo soggiorno in Creta, continuerà ad esercitarvi il mandato che esse gli hanno conferito e che esse desiderano veder rinnovato alla scadenza •.

Per il momento ella dovrà tenere segreta la dichiarazione qui sopra riprodotta. Quando, poi, i suoi tre eolleghi avranno ricevuto identica istruzione, ella vorrà con essi concertarsi per presentarla in quella forma che parrà più conveniente (2).

(l) -Telegramma analogo fu trasmesso in pari data ad Atene. (2) -Con D. 6861/11 bis Visconti Venosta inviò 1'11 febbraio all'incaricato di affari a Londra, Bottaro Costa, per sua informazione personale e confidenziale, i verbali delle sedute tenutesi alla Consulta il 30 gennaio, il 5, 6 e 9 febbraio, in ordine agli affari cretesi dai rapprzsentanti delle quattro potenze protettrici di Creta, nonché copia del memorandum e dell'« aide mémoire » a suo tempo consegnatigli dal principe Giorgio.
763

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL CONSOLE A CANEA, MEDANA

T. 360. Roma, 11 febbraio 1901, ore 23,55.

A complemento della dichiarazione a cui si riferisce l'altro mio telegramma d'oggi (1), converrà che, d'accordo coi colleghi, tostochè abbiano ricevuto identica istruzione, ella tenga analogo linguaggio con le autorità amministrative, coi membri dell'assemblea e coi notabili del paese. I quattro consoli debbono far valere che ogni voto o manifestazione contraria alla volontà categorica delle potenze non potrà che nuocere al benessere materiale di Creta, provocando disordini, e compromettere la realizzazione delle aspirazioni nazionali rendendo più difficile la posizione del Principe Giorgio. Essi potranno pure far intendere che le potenze esamineranno con benevolenza ogni proposta di miglioramento che sia compatibile con la loro stessa dichiarazione.

764

L'AGENTE E CONSOLE GENERALE A SOFIA, SILVESTRELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 116/46. Sofia, 11 febbraio 1901.

Ieri in tutta la Bulgaria ebbero luogo le elezioni politiche, ed eccone i risultati, conosciuti oggi soltanto e ad ora assai tarda:

Zancovisti 31 Karavelisti 27 Stoilovisti 23 Stambulovisti 37 Petrovisti 13 Radoslavisti 5 Agrarii 13 Turchi . 7 Socialisti 3 Incerti . l Ballottaggi 7

NUMERO DEI SEGGI . . 167

Il Governo mantenne realmente la promessa di lasciare piena libertà nelle elezioni; ed è questa la prima volta che una simile esperienza venne fatta in Bulgaria. Si vuole che il motivo d'una tale decisione sia stato di dimostrare che il paese non sa decidersi per alcun partito, e che è impossibile formare un Governo con una Sobranie composta di cinque o sei gruppi fra loro avversari. Ciò giustificherebbe la permanenza al potere del Ministero d'affari, il quale sarebbe costretto a sciogliere di nuovo l'assemblea ed a procedere a nuove elezioni, ma non più libere, fatte bensì nel modo abituale di questo paese.

Se tale .fu l'intenzione del Principe e del Generale Petroff, i fatti hanno dato ragione alle loro previsioni. C'è tuttavia un punto oscuro nella situazione presente, ed è la prevalenza numerica nell'Assemblea dei partiti russofili (zancovisti, karavelisti, stoilovisti) dovuta evidentemente all'oro e agli intrighi della diplomazia russa. Se i tre capi -partito Zancoff, Karaveloff e Stoiloff riuscissero a mettersi d'accordo, il Ministero Petroff sarebbe facilmente rovesciato, ed il Principe sarebbe costituzionalmente costretto ad affidar loro il potere.

Su di che nel momento attuale non si può che accennare alla suddetta eventualità divenuta possibile, mentre sarebbero premature e avventate le profezie.

Delle principali notabilità politiche bulgare riuscirono eletti il Generale Petroff, Zancoff, Karaveloff, Grecoff, Petkoff, Guechoff; non furono invece eletti Stoiloff e Radoslavoff.

(l) Cfr. n. 762.

765

IL MINISTRO A PECHINO, SALVAGO RAGGI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 343/12. Pechino, 12 febbraio 1901, ore 15,20.

Oggi corpo diplomatico si è occupato specialmente progetto di sistemare quartiere diplomatico conformemente nota accettata dal Governo chinese. Si è parlato pure brevemente indennità delle quali parleremo diffusamente sabato prossimo. Ho colto questa occasione per accennare quesito che ci si presenta circa modo in cui domanda verrà presentata ed esaminata. Ministri d'AustriaUngheria, di Germania, d'Inghilterra pensano che ogni legazione presenti cifra in complesso sia per l'indennità governativa, sia per l'indennità privata. Siccome esiste precedente che nel 1860 si è seguito questo sistema, credo che verrà seguito anche ora, ed io lo credo preferibile. Tutti fummo concordi che le domande private dovranno essere esaminate dalle rispettive legazioni uniformandosi a principii comuni da stabilirsi. Ministro d'Inghilterra propone limitare danni commercianti a perdite reali, non ammette indennità per lucri mancati

o per altri danni indiretti.

766

L'AMBASCIATORE A MADRID, AVOGADRO DI COLLOBIANO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 342. Madrid, 12 febbraio 1901, ore 16.

Ieri continuarono manifestazioni anticlericali e contro il conte di Caserta. Il Governo ha annunziato che sarebbero represse con severità e sospese un giornale repubblicano. Vi furono manifestazioni coesioni parecchie città di provincia. La stampa di tutti partiti biasima contegno del Governo.

767

IL MINISTRO A BELGRADO, MAYOR DES PLANCHES, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 340. Belgrado, 12 febbraio 1901, ore 16,20 (per. ore 19,25).

Notizia morte re Milan giunse Nisch prima della chiusura della sessione. Assemblea nazionale la accolse degnamente. Re Alessandro giunto questa notte con regina e ministri. Fermatosi Belgrado. Missione straordinaria recatasi Vienna prendere salma cassa militare. Salvo contrarie disposizioni defunto tuttora ignote sarà qui tumulata sabato. In Belgrado ed in tutto il paese lutto profondo quale non si sarebbe potuto supporre. Truppe consegnate, ordine perfetto. Gabinetto dimissionario.

768

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, MALVANO, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DELL'INTERNO, SARACCO

T. 366. Roma, 12 febbraio 1901, ore 17,15.

Il ministro della Repubblica Argentina mi scrive una nota così concepita:

• Per istruzione del mio Governo debbo presentare alcune osservazioni circa il decreto che dichiara infette le provenienze dai porti del Paranà e del Rio della Plata. Queste osservazioni hanno l'elevato proposito di salvaguardare gli importanti interessi del commercio itala-argentino. Ciò che ha dato origine al decreto del 7 corrente è la apparizione di casi di peste nella città di San Nicolas de lo Arrojos. Il Governo argentino ha talmente isolato il focolare di propagazione che lo stesso porto della città si mantiene immune. Nel resto del litorale del Paranà e del Rio della Plata non è occorsa novità e le misure di precauzione sono tali da garantire l'immunità. In questa condizione di cose il Governo argentino crede che il Governo italiano non manterrà il decreta

potendo essere certo che se sfortunatamente il male si propagasse, il Governo argentino non mancherebbe al suo dovere di farlo sapere in tempo opportuno come fece la prima volta che apparve il flagello nel suo territorio. Invocando i grandi reciproci interessi commerciali, mi permetto di pregare V. E. di voler concedere a questo affare l'urgenza che la sua natura richiede ".

Prego V. E. mettermi in grado di rispondere al ministro dell'Argentina.

769

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, MALVANO, AL CONSOLE DELL'URUGUAY A ROMA, SANGUINETTI

T. 367. Roma, 12 febbraio 1901, ore 18,15.

Riferendomi conversazione odierna avverto S. V. che protocollo 2 dicembre 1898 per rimettere in vigore trattato commercio fra Italia e Uruguay non fu mai ratificato dal Governo uruguayano.

770

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL MINISTRO A PECHINO, SALVAGO RAGGI

T. 369/13. Roma, 12 febbraio 1901, ore 23,55.

Autorizzo accennare in privata conversazione col ministro di Francia alle intenzioni manifestatemi dall'ambasciatore di Francia circa i missionari (1). Desidero anch'io che, lasciando fuori la questione di principio, si possa praticamente procedere d'accordo.

771

L'AMBASCIATORE A MADRID, AVOGADRO DI COLLOBIANO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 163/36. Madrid, 12 febbraio 1901.

Da tre giorni succedono in Madrid manifestazioni anticlericali ed ostili alla presenza del Conte di Caserta.

I dimostranti percorsero le vie principali proferendo minaccie contro i Gesuiti e contro il Conte di Caserta. Si formò un .:.ssembramento dinanzi al collegio dei Gesuiti dove la polizia dovette intervenire per far cessare la sassaiuola contro l'edificio. La carrozza del Nunzio fu accolta a fischi e ricevette qualche sassata.

Ieri sera le dimostrazioni ebbero un carattere più grave e la polizia caricò varie volte la folla per sciogliere gli assembramenti, vi furono molti arresti e nella colluttazione vi fu una persona uccisa e vari feriti. Nella giornata, occorrendo l'anniversario della proclamazione della repubblica vi erano state riunioni nei centri repubblicani con discorsi violenti pubblicati dai giornali.

Oggi fu affisso un manifesto del Governatore che proibisce gli assembramenti ordinando alla forza pubblica di scioglierli. Fu soppresso il giornale repubblicano il Pais.

In Saragozza, Valladolid, Valenza ed altre città della Spagna vi furono pure in questi giorni dimostrazioni anticlericali con tentativi di assalti alle case dei gesuiti.

In Saragozza e Valenza vi furono conflitti colla polizia.

I giornali di stamane censurano quasi unanimi il gabinetto che per i suoi legami col clericalismo e per il suo consenso alla venuta del Conte di Caserta diede l'azione a queste perturbazioni dell'ordine pubblico.

L'Imparcial il più diffuso dei giornali di Spagna ed organo del Signor Gasset, già ministro nel gabinetto Silvela, si dimostra assai ostile ai provvedimenti di repressione sovrattutto contro la stampa.

La situazione del Ministero è assai difficile e si prevede imminente la sua caduta.

Il partito liberale e la parte moderata del partito conservatore biasimano il Gabinetto per la sua condiscendenza verso gli ultra-clericali per non essersi opposto alla venuta del Conte di Caserta, la cui presenza risolleva i ricordi e le passioni delle guerre civili.

L'agitazione che per se stessa non aveva molta gravità cesserà in seguito ai provvedimenti di repressione ma questi fatti continuano a provocare una certa reazione contro all'invadimento del clericalismo che segnalai nel mio carteggio. Per ora è già sintomo degno di nota che il Signor Silvela con una parte dell'Unione Conservatore ammette la necessità pel Governo di svincolarsi dalle influenze clericali e di affermare principi di libertà nel Governo.

(l) Cfr. n. 756.

772

IL MINISTRO A BELGRADO, MAYOR DES PLANCHES, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 222/55. Belgrado, 12 febbraio 1901.

Il Signor Alexa G. Bogosavljevitch, già comandante la gendarmeria di confine, ora comandante il corpo dei pompieri di Belgrado, seppe, durante la sua permanenza sulla frontiera, affezionarsi alcuni capi arnauti ed entrare con essi in relazioni di amicizia, ed anche di parentela. Giorni sono, il figlio di Mula Zega, ragguardevole capo albanese, qualche altro notabile musulmano di Ipek, di Scutari, dei distretti limitrofi, vennero, con una scorta, a Belgrado, per visitare il Sigi10r Bogosavljevitch, il quale, con diversi Serbi, e, .specie, col Prof. Atanasie M. Popovitch, redattore Célpo del Bratimstro (La Fratellanza),

giornale ben accetto anche dagli Arnauti, fece agli ospiti cordiale e premurosa

accoglienza. In quell'occasione vi furono, da entrambe le parti, dimostrazioni

di simpatia, buone assicurazioni per l'avvenire ed affermazioni dei comuni so

spetti e diffidenze verso la • nemica dei popoli balcanici», l'Austria-Ungheria,

la cui politica tenderebbe a seminare zizzania fra loro, a crescere le loro di

scordie, ove ne esistono, a danno loro ed a vantaggio della propria dominazione.

Osserverò, passando, che tale è attualmente, attutita in vero dal recente

comunicato, la nota dominante nella stampa serba. Tra le maggiori offese fatte

alla Monarchia e rilevate dal Barone Heidler vi era l'accusa direttale di fornire

armi agli Arnauti per i loro attacchi contro i Serbi. D'altra parte gli Arnauti

subiscono a malincuore la propaganda e la pressione morale degli agenti del

l'Austria-Ungheria. Il riavvicinamento tra Serbi ed Arnauti sarebbe dunque

un naturalissimo fenomeno, nulla valendo quanto un pericolo comune ad unifi

care od a conciliare genti per altre ragioni scisse o divise.

L'amicizia durerà quanto potrà durare. Intanto, però, Fethy pascià trae

dalla visita degli Arnauti a Belgrado buoni auspicii per la tranquillità della

frontiera serbo-albanese nella prossima primavera.

773

L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 356/20. Berlino, 13 febbraio 1901, ore 17,48.

Rispondo suo telegramma n. 347 (1). Circa numero uno, Governo imperiale sta facendo compilare ammontare esatto spese già fatte e da farsi fino a primo aprile, epoca in cui si presume potersi iniziare rimpatrio truppe. Circa numero due, si lascia ministro a Pechino stabilire importo danni subiti. Circa numero tre, Governo imperiale non ha preso, fino ad ora, in considerazione indennità da V. E. accennate e esaminerà la cosa. Circa numero quattro, finalmente.. per ciò che riguarda missioni, Governo imperiale ha intenzione seguire via già iniziata da Stati Uniti di lasciare, cioè, che missioni stesse trattino direttamente con governatori provincie. Per

ciò che riguarda privati, si aspetta esaminare reclami che saranno da essi presentati.

774

L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 355/19. Berlino, 13 febbraio 1901, ore 17,48 (per. ore 19).

Mio collega inglese di ritorno da Londra mi conferma profonda favorevole

impressione lasciata colà da S. M. Imperatore che si è d'un tratto cattivato tutte le simpatie del Governo e popolo inglese. Senza esagerare importanza

politica di un tale fatto, mio collega non dubita che intimità creatasi fra i dueSovrani al principio nuovo regno inglese sia per esercitare la migliore influenza su relazioni future delle due nazioni nell'interesse della pace. Tale sembra sia anche l'idea dell'Imperatore che nella sola sua manifestazione di carattere politico in un brindisi, cioè prima partire da Londra, assicurò Re Edoardo che egli poteva sempre ed ora più che mai fare assegnamento sull'aiuto di lui, quando creda o gli occorra invocarlo nell'interesse della pace. Mentre a Londra si inneggia all'Imperatore a Berlino, ove grande è sempre diffidenza contro Inghilterra, si mormora e non solo a bassa voce contro lui, specie dopo il conferimento aquila nera al generale Roberts all'esterminatore dei boeri, distinzione che tanto ferisce sentimento popolo tedesco per valorosa repubblica sud-africana; ma Sua Maestà non si lascia commuovere dalla opinione pubblica quando crede, anche a dispetto di essa, agire nell'interesse del paese. E fino a che Germania non possa competere sul mare con l'Inghilterra è certo di capitale importanza, anzi una vera necessità per Germania, averla amica. Tutto ciò non muta però orientamento politico tedesco, che poggia eziandio sulle buone relazioni colla Russia. Questa è, per verità, fatta ora molto sospettosa dalle recenti, forse eccessive, dimostrazioni di intimità anglo-tedesche, ma non dubito che Blilow saprà presto dissipare tali sospetti. S. M. l'Imperatore travasi ora a Homburg e vi rimarrà, probabilmente, fino arrivo del Re Edoardo, che, secondo le attuali disposizioni, dovrebbe venire nella prossima settimana in forma privata a Homburg a visitare sorella Imperatore Federico, cui stato· è sempre inquietante.

(l) Non pubblicato, ma cfr. p. 481, nota 3.

775

IL CONSOLE GENERALE A TRIPOLI, CHICCO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 105/46. Tripoli, 13 febbraio 1901 (per. il 21).

Dal cav. Andrea Pedretti, maggiore nel R. esercito, che, proveniente dalla Tunisia, fu qui di passaggio in questi giorni, ho apprese parecchie notizie concernenti la vigilanza francese al confine tripolino.

Per quanto io ritenga che codesto ministero sia a giorno, a mezzo del nostro attento agente consolare in Gabes, delle notizie che il cav. Pedretti mi ha comunicate, le riferisco, non di meno, ad ogni buon fine.

In prossimità della frontiera tripolina i francesi hanno stabilito degli uffici,

o depositi di vettovagliamento, comandati da capitani e difesi da piccole opere di fortificazioni.

Più innanzi, proprio al limite estremo della frontiera tunisina, sono stabiliti altri uffici (bureaux de renseignements), comandati da ufficiali subalterni degli Spahis. Questi ufficiali servono a dare avvisi ed informazioni, anche con segnalazioni antiche, di tutto quanto si passa al confine tripolino.

Presso uno di questi bureaux vi ha una gn:nde piccionaia, appositamente mantenuta pel servizio dei piccioni viaggiatori.

Sull'altipiano Mat-Mat, i francesi hanno costruito una ridotta, armata con .quattro cannoni da dodici centimetri.

Presso Kebilì alcuni avamposti francesi hanno speciale incarico di deviare tutte le carovane tripoline che si dirigono a Ghadames, per indurle, con lusinghe, o con paure, a recarsi a Gabes.

La guarnigione francese lungo il confine tunisino è calcolata in circa duemila uomini.

Oltre queste notizie mi sono state comunicate, da altra fonte, nuove informazioni che concordano nel dimostrare l'opera e lo studio incessante dei francesi per impedire che dall'interno dell'Africa le carovane si dirigano a Tripoli.

I francesi hanno fatto centro a Zinder, con distaccamenti prolungati, da una parte, fino a Barreca sul lago Tchad, e, dall'altra parte, fino all'incontro della strada carovaniera che da Sokoto mette ad Ai:r. Tutti questi avamposti hanno incarico di deviare le carovane per farle convergere a Zinder, e sono sottoposte a pagamento di tasse se vanno, o provengono dalla Tripolitania, ed esenti se vanno, o provengono da Gabes.

Dal canto suo, la compagnia inglese della Nigeria, la quale tiene i suoi depositi lungo rive del Niger e del fiume Benoué, sta studiando l'impianto d'una linea ferroviaria da Kano al fiume Benoué. Lo scopo commerciale di questa linea è di paralizzare l'azione francese, attirando il commercio del Bornu, di Zinder e di Sokoto, al golfo della Guinea.

776

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, AL MINISTRO A PECHINO, SALVAGO RAGGI

T. 389/15. Roma, 14 febbraio 1901, ore 13.

Rispondo al n. 12 (1).

l) Non avrei eventualmente obiezione a che la indennità governativa e le indennità private formino una sola cifra in blocco per ogni potenza, ma mi sembra sopratutto desiderabile che le indennità complessive delle singole potenze siano a loro volta insieme cumulate per formare una cifra unica da presentarsi in blocco alla Cina. 2) Se le domande dei privati dovranno essere esaminate dalle rispettive legazioni è indispensabile che siano chiaramente fissati per tale esame criterii uniformi ed obbligatorii consegnati in un documento uftìciale, acciocchè ne risulti una assoluta eguaglianza di trattamento tra le varie nazionalità. 3) Per meglio conseguire tale intento si potrebbe suggerire l'idea di deferire l'esame di tutte le domande di privati d'ogni nazionalità ad una commissione internazionale unica che potrebbe essere formata dai capi delle estere legazioni in Pechino. La autorizzo a mettere innanzi questi concetti nella seduta di sabato e la prego di telegrafarmene dopo la seduta.

(l) Cfr. n. 763.

777

IL MINISTRO A PECHINO, SALVAGO RAGGI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 372/13. Pechino, 14 febbraio 1901, ore 17,10.

Stanno per cominciare lavori sistemazione quartiere in istato difesa secondo la nota accettata dal Governo cinese. Legazioni di Germania, di Francia, d'Austria-Ungheria, nostra viclna, fanno eseguire lavori dal corpo d'operazione che anticipa spese le quali saranno rimborsate dal Governo cinese insieme alle indennità. Colonnello Garioni farebbe altrettanto purchè autorizzato.

Sarei grato all'E. V. volere farmi avere autorizzazione onde potere eseguire lavori contemporaneamente legazioni vicine.

778

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI

T. 397. Roma, 14 febbraio 1901, ore 17,35.

Prego telegrafarmi sollecitamente quale risposta V. E. potè avere dal signor Delcassé in seguito alla fattagli comunicazione della mia lettera 5 febbraio corrente (l) circa la questione dei vini.

779

L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 265/80. Berlino, 14 febbraio 1901.

In un mio telegramma in data di ieri (2) accennavo alle critiche che si fanno all'attitudine assunta da S. M. l'Imperatore verso l'Inghilterra in questi ultimi giorni; critiche, che raggiunsero il loro punto culminante allorchè fu nota la distinzione che S. M. accordò al Generale Roberts, conferendogli l'ordine dell'Aquila Nera. Di questa corrente dell'opinione tedesca si fanno, e ciò è degno di nota, particolarmente eco i giornali del partito conservatore, quelli stessi che rappresentano le idee delle classi più elevate, che più avvicinano il trono, mentre una difesa o meglio il tentativo di diminuire l'importanza dei fatti avvenuti si trova solo nei giornali del partito liberale. Cito qui di seguito alcuni sunti dei primi dei detti periodici, che meglio di ogni altra parola dipingono lo stato d'animo di una gran parte della popolazione tedesca. Taccio di alcuni discorsi da me stesso uditi e pronunciati da persone che per la loro posizione almeno dovrebbero parlare con maggior rispetto del loro sovrano.

La Kreuz-Zeitung gio::-nale ultra conservatore, che già ebbe parole severe per Sua Maestà in precedenti articoli, combatte oggi la difesa fattane dalla National-Zeitung e soggiunge che i suoi articoli • sono l'espressione rispettosa dei sentimenti di una grandissima maggioranza della popolazione •.

Il Reichsbote spera che una seria per quanto rispettosa manifestazione sarà fatta in parlamento non potendosi ammettere che l'Imperatore consideri il Generale Roberts come un camerata.

La Tiigliche Rudschau (per quanto conservativo più moderato) dice « il nostro esercito si asterrà certo dal prendere gli inglesi come esempio nel modo di fare la guerra, modo che ha molta rassomiglianza con quello di bande selvaggie di incendiari •.

Il Giornale di Grandeuy si richiama al testo degli statuti dell'Aquila Nera. In Germania non si conosce come si possano riscontrare le qualità che si richiedono per i cavalieri dell'Ordine nel Comandante dei Capitalisti e affamati di rapina che presero parte alla guerra Sud-Africana, nel vinto da Cronje nel distruttore delle fattorie dei Boeri.

Le Hamburger Nachrichten (giornale moderato ma Bismarkiano) parlano nientemeno che di un abisso spaventoso scavatosi fra i Circoli Monarchici e la Corona a danno della Monarchia.

La Vossische Zeitung invece giornale francamente democratico stima che tali dimostrazioni non trovano alcuna giustificazione nella politica dell'Impero, giacchè la Germania, ora come prima, rimane indipendente dall'Inghilterra. Consiglia maggior riserva, tanto più che la politica tedesca è spesso così impenetrabile che possono essere consigliabili atti di cui l'opinione pubblica non conosce nè comprende i motivi. Esso trova poi strano che appunto i giornali della destra siano quelli che più si agitano, mentre non si stancano di esprimere la loro fiducia nel Conte Biilow.

(l) -Non pubblicata. (2) -Cfr. n. 774.
780

AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

(AVV)

L. P. u. . .... 14 febbraio 1901.

A quanto dice l'on. Galimberti i radicali !egalitari accettano di far parte del gabinetto, avendo l'on. Zanardelli concesso la radiazione delle spese militari tanto per l'esercito quanto per l'armata.

Il gabinetto sarebbe quindi virtualmente costituito, e ne farebbero parte gli on.: Zanardelli; Giolitti; Prinetti; Nasi; Sacchi!; Marcora?; Galimberti; Giusso!; Guicciardini o Cocco-Ortu; Ponza di S. Martino; Morin.

L'on. Prinetti ha fatto fare delle dichiarazioni confidenziali agli ambasciatori d'Austria e di Germania circa la sua indefettibile fedeltà ai trattati. Egli è molto impensierito per la pubblicazione di un suo discorso del 1891 sulla Triplice Alleanza -pubblicazione che gli è stata minacciata dal Popolo Romano. In quel discorso egli spezzava una lancia per i fr::ctelli irredenti contro la Triplice e contro l'Austria.

781

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 374. Parigi, 15 febbraio 1901, ore 3,30 (per. ore 19,25).

Il telegramma di V. E. in data di ieri (l) mi fa temere che io non mi sia espresso fin qui abbastanza chiaramente circa il proposito fermo nel quale il signor Delcassé ed i ministri suoi colleghi si mantengono di insistere per l'approvazione della legge che sta davanti alla camera dei deputati allo scopo di conservare immutato il dazio sui vini inferiori ai quindici gradi. Allorchè comunicai a questo ministro esteri il tenore della lettera di V. E. in data 5 corrente (2) io ne ebbi l'accoglienza che si farebbe a chi non avesse riferito esattamente al proprio Governo le disposizioni di quello presso il quale è accreditato. • Ma chi dubita, mi disse il signor Delcassé, del mio preciso intendimento di portare innanzi questa legge? Tutti sanno che il ministro finanze, ritenuto al senato per ultimare il bilancio, non si è fin qui occupato di questa legge. Ma fra pochi giorni andremo noi due davanti alla camera nelle migliori condizioni possibili •. Così parlò il ministro esteri, accennando pure ad informazioni che egli teneva da Roma e secondo le quali l'an. Luzzatti si proponeva di venire a Parigi per questo affare. Non era la prima volta che, dal canto mio, si faceva cenno della necessità in cui, se le camere non approvassero la legge, il R. Governo si troverebbe di compensare a carico dell'esportazione francese in Italia il danno che a noi deriverebbe. Il ministro, sopra speciale mia osservazione, prese nota della dichiarazione fattagli per valersene egli stesso davanti alla commissione parlamentare. Coi miei rapporti relativi a questa questione ho indicati quali -a parer mio -sono i veri termini della medesima. Ho inoltre informato delle disposizioni nelle quali si mantiene Delcassé. Il dimostrare di diffidare, sia nella fermezza del suo proposito, sia nella autorità che egli ed i suoi colleghi possono esercitare sopra la maggioranza parlamentare, non credo possa giovare. Pur tenendomi in contatto con lui ed indicandogli l'importanza che questo affare assume nella opinione pubblica italiana, mi astengo, nell'interesse dei nostri rapporti, dall'assumere un contegno diffidente.

782

L'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, MORRA DI LAVRIANO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

T. 373. Pietroburgo, 15 febbraio 1901, ore 15,50 (per. ore 17,05).

Persone bene informate suppongono esista malumore alla ~orte imperiale pel modo non cortese col quale il granduca ereditario sarebbe stato ricevuto alla corte d'Inghilterra in occasione dei funerali regina d'Inghilterra.

(l) -Cfr. n. 778. (2) -Non pubblicata.
783

L'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, MORRA DI LAVRIANO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 66/32. Pietroburgo, 15 febbraio 1901.

Mi risulta che giungerà oggi qui una missione straordinaria francese presieduta dal Capo dello Stato maggiore dell'esercito francese, secondo quanto viene detto, unicamente allo scopo di rendere omaggio all'Imperatore e di felicitarsi per la ricuperata sua salute.

Per quanto questo fatto non sembri rivestire una speciale importanza, non ho voluto trascurare d'informarne l'E. V.

784

L'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, BOTTARO COSTA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 125/58. Londra, 15 febbraio 1901.

Con splendore mai visto S. M. Edoardo VII ha solennemente inaugurato ieri il primo Parlamento del suo Regno.

Lo spettacolo magnifico rimarrà impresso per sempre nella mente dei pochi che ebbero la fortuna di assistervi. Il Re, che all'entrare nella Camera dei Lords, dove ha luogo la cerimonia inaugurale, procedeva lentamente tenendo per mano la Regina, pronunciata la nota dichiarazione sulla transustanziazione ed il culto dei Santi, presentatagli in ginocchio dal Lord Chancelor, diede lettura del discorso del trono di cui qui unito mi onoro trasmettere alcuni esemplari (1).

Non è consuetudine dell'udienza che suole assistere a siffatte cerimonie, di manifestare alcun segno speciale di approvazione, ma a quanto mi parve, sono sembrate particolarmente felici le allusioni alla Regina defunta ed alla prossima visita del Duca di Cornovaglia ad York in Australia, meno buone quelle accennanti al programma di riforme nella legislazione.

785

IL MINISTRO A BUCAREST, BECCARIA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, VISCONTI VENOSTA

R. 319/41. Bucarest, 15 febbraio 1901.

Mi riferisco ai miei telegrammi delli 8 corrente e di ieri mattina (2), col primo dei quali annunziai all'E. V. la presentazione delle dimissioni del gabinetto Carp e, col secondo, che il Re Carlo avendole respinte il gabinetto mede-simo rimaneva in carica tale e quale.

Nel mio rapporto 5 corrente, ai nn. 237/30 (1), ebbi l'onore d'esprimere le cause delle divergenze insorte tra l'attuale Presidente del Consiglio e i personaggi più considerevoli dell'antica frazione vecchia-conservatrice. Espressi in pari tempo l'opinione che, volendolo fermamente, non riuscirebbe soverchiamente difficile al Sovrano il rimuovere dalla loro opposizione i signori Cantacuzeno, Take Ionesco, Generale Mano e seguaci. Riassumerò ora il più brevemente possibile le ulteriori fasi della crisi.

Premetterò anzitutto che, in seguito all'intervento del Re e prima che il Carp rassegnasse formalmente le dimissioni del gabinetto, ebbero luogo tra i membri di esso e gli oppositori ripetuti abboccamenti per cercare di mettersi d'accordo. Il differente fu infine portato davanti alla commissione eletta dagli uffici della Camera per l'esame dei progetti fiscali del Carp, nella quale s'impegnò una vivace discussione. Benchè quasi unicamente composta di avversari dei progetti in parola, quali il Take Ionesco, Generale Mano, Giovanni Lahovary, ecc., la commissione, per timore di veder passare il potere ai liberali, sarebbe tuttavia stata disposta a accettare in massima il piano di Carp, salvo alcune modificazioni, segnatamente nel quantum degli aggravii proposti che persisteva a trovar troppo elevato. Non avendo creduto di poterle ammettere, il Presidente del Consiglio dichiarò il 7 corrente alla Camera essere sua convinzione di non possedere più la forza morale e materiale necessaria per continuare l'opera intrapresa: volersi pertanto astenere dall'appellarne dalla Commissione alla Camera, poichè anche se questa sconfessasse la propria delegazione e le desse un voto di biasimo, non ne sarebbe rinforzata la posizione del Ministero avendo esso contro di sè le personalità più spiccate della maggioranza.

Rassegnando l'indomani le dimissioni al Re, il Carp espresse il parere che fosse indicato d'affidare a Sturdza la formazione d'una nuova amministrazione. Non così la pensavano invece il presidente del Senato Boeresco, il generale Mano e altri vecchi conservatori chiamati a consulto dal Sovrano, i quali, basandosi sul fatto di disporre d'una forte maggioranza nel Parlamento, si pronunziarono nettamente per un nuovo Ministero conservatore sotto la presidenza di Giorgio Cantacuzeno, che si dichiarò pronto a assumere la responsabilità della situazione. Per una soluzione simile propendevano pure i membri vecchi-conservatori del Gabinetto dimissionario, come Olanesco, Giacomo Lahovary, Filipesco e Gradishteano. Il linguaggio che secondo mi fu riferito, impressionò maggiormente il Re sarebbe stato quello del Presidente del Senato, il quale insistette nel grande inconveniente d'esporre a suo turno, chiamandolo presentemente al potere, il partito liberale alla impopolarità di aggravii fiscali dai quali non potrebbe esso pure prescindere, checchè dicano ora Sturdza ed i suoi amici: essere quindi miglior consiglio il lasciar i conservatori proseguire l'opera di ristaurazione finanziaria da essi incominciata sacrificandovi la propria popolarità, e riservare intatto per l'avvenire il partito liberale. Altrimenti, logoraUsi nell'ingrato e diffi.cile compito i due grandi partiti che si alternano al potere, il Sovrano non saprebbe più a chi rivolgersi per costituire un governo forte e durevole.

Sentito anche lo Sturdza -che, secondo l'impressione !asciatami dallo ultimo mio colloquio seco lui, appunto per le difficoltà della situazione sarebbe poco frettoloso di raccogliere la successione e cercherebbe piuttosto di calmare l'impazienza dei gregari famelici del suo partito i quali non vedono l'ora di dar l'assalto al potere, ossia agli impieghi -il Re incaricò Cantacuzeno di formare un Gabinetto, a condizione però d'ottenere la cooperazione e di comprendere in esso anche dei giunimisti; condizione che, a quanto mi risulta da buona fonte, la Maestà Sua già ben sapeva impossibile a riempirsi. Infatti, dopo tre o quattro giorni d'infruttuosi negoziati, il Cantacuzeno rinunziò al mandato consigliando al Re di tenere Carp e assicurando la Maestà Sua di volergli prestare tutto il proprio appoggio. Il Sovrano respinse allora puramente e semplicemente le dimissioni rassegnategli dal Carp, che consentì a restare in carica purchè il Gabinetto rimanesse tale e quale. Di questa soluzione e del voltafaccia del signor Cantacuzeno sono naturalmente tutt'altro che soddisfatti Take Ionesco e consorti, i quali celano male la loro irritazione. Non può pertanto passare inosservata la contraddizione tra le dichiarazioni fatte il 7 corrente alla Camera dal signor Carp e qui sopra riportate, e quelle colle quali annunziò avant'ieri al Parlamento la fine della crisi; cioè, che • avendo il signor G. Cantacuzeno, capo del partito conservatore, dichiarato possibile una intesa colla commissione di finanza circa i progetti fiscali, ed in seguito a ciò il Re avendo invitato il primo Ministro a ritirare le dimissioni, il Governo è deciso a continuare l'opera incominciata, forte della convinzione che il Parlamento gli accorderà il proprio appoggio assolutamente indispensabile nella situazione attuale del paese •. Ma la logica non bisogna cercarla nelle combinazioni della politica interna rumena aventi quasi sempre unicamente come motori ambizioni e interessi personali. Fatto sta che lo stesso Carp, col quale ebbi, non ha guarì, occasione di conversare a lungo, non sembra credere alla durata di questa racconciatura, benchè non alieno, come lo era sin da principio, dall'ammettere qualche riduzione del .quantum delle tasse da lui proposte, se gli verrà dimostrata la possibilità di ottenere ciò malgrado il pareggio.

In quanto ai liberali, essi s'apprestano a riprendere la campagna accanita incominciata prima della crisi, in riunioni pubbliche nella capitale e nelle provincie, contro i progetti attuali e in genere tutta l'opera finanziaria del Governo. In base a calcoli, che egli però non ha sin qui esposti nè in Parlamento nè fuori e che sembrano soggetti a cauzione, lo Sturdza chiede tra le altre cose 10 o 15 milioni d'ulteriori economie nel bilancio pel prossimo esercizio già ridotto secondo il progetto Carp a 227 milioni, di 11 milioni cioè in confronto di quello per l'anno 1900-01 preventivato in 238 milioni. Defalcando da quei 227 milioni oltre 91 milioni per gli interessi del debito pubblico e le pensioni, rimarranno per tutta l'amministrazione dello stato soltanto 136 milioni, dai quali bisogna ancora togliere 41 milioni e mezzo pel bilancio della Guerra già diminuito di quasi 4lh milioni in confronto dell'esercizio 1900-01 e sul quale sarebbe ben difficile fare altri ritagli. Le ulteriori economie di 10 o 15 milioni preconizzate dal signor Sturdza dovrebbero quindi portare su 91 milioni e appaiono assai problematiche.

Alla determinazione del Re di respingere le dimissioni del Carp mi risulta non essere stato estraneo il linguaggio dei miei colleghi tedesco e austriaco, i quali -come accennai nel mio rapporto 5 corrente -non nascosero alla Maestà Sua la pessima impressione che la caduta del gabinetto avrebbe prodotta a Berlino e a Vienna. Nei suoi discorsi poi con varii uomini politici, discorsi che vennero alle orecchie del Sovrano, il collega tedesco fece chiaramente intendere come la banca tedesca non accordi, al punto di vista finanziario, nessuna fiducia allo Sturdza ed ai liberali che durante i loro ultimi anni di governo tanto contribuirono colla loro grandomania e prodigalità alla rovina delle finanze rumene. Nella speranza che ne sarebbe dato comunicazione al Re, il signor von Kiderlen andò anzi tant'oltre da telegrafare in chiaro al proprio governo, appena saputa la presentazione delle dimissioni del Presidente del Consiglio, • temere egli molto che col ritiro del Carp fosse fallito l'ultimo serio tentativo di ristaurare le finanze di questo paese •.

36 -Documenti diplomatici -Serie III -Vol. IV

(l) -Non pubblicato. (2) -Non pubblicati.

(l) Non pubblicato.

<
APPENDICI

APPENDICE I

AMBASCIATE E LEGAZIONI DEL REGNO D'ITALIA ALL'ESTERO

(Situazione aL gennaio 1901)

ARGENTINA

Buenos Ayres -MALASPINA DI CARBONARA marchese Obizzo, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; MACCHI (dei conti di Cellere) Vincenzo, segretario.

AUSTRIA-UNGHERIA

Vienna -NIGRA conte Costantino, senatore, ambasciatore; CusANI CoNFALONIERI marchese Luigi Gerolamo, segretario; FASCIOTTI barone Carlo, addetto; TolVIMASINI Francesco, addetto; ToRLONIA (dei principi) Carlo, addetto onorario; DEL MASTRO Cesare, tenente colonnello di stato maggiore, addetto militare.

BAVIERA

Monaco -DE FORESTA (dei conti) Alberto, inviato straordinario e ministro pieni· potenziario; MONTAGNA Giulio Cesare, addetto.

BELGIO

Rruxell.es -CANTAGALLI Romeo, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; IMPERIALI DI FRANCAVILLA marchese Guglielmo, segretario; CAPRARA conte Enrico, addetto; N.N. addetto militare (residente a Parigi).

BOLIVIA

PIRRONE Giuseppe, inviato straordinario e ministro plenipotenzario (residente a Lima).

BRASILE

Rio de Janeiro -N.N., inviato straordinario e ministro plenipotenziario; Rossr ToEscA Vincenzo, segretario.

CILE

Santiago -GREPPI conte Antonio, ministro residente.

CINA

Pechino -SALVAGO RAGGI marchese Giuseppe, ministro residente; CAETANI (dei duchi di Sermoneta) Livio, addetto; VITALE Guido, interprete.

COLOMBIA

Bogotà -N.N., ministro residente.

COREA

SALVAGO RAGGI marchese Giuseppe, ministro residente (residente a Pechino).

COSTARICA

ROGERI DI VILLANOVA Filippo, ministro residente (residente a Guatemala).

DANIMARCA

Copenaghen -N.N., inviato straordinario e ministro plenipotenziario; FERRARADENTICE Enrico, segretario.

EQUATORE

PIRRONE Giuseppe, inviato straordinario e ministro plenipotenziario (residente a Lima).

ETIOPIA

Addis Abeba -CICCODICOLA Federico, maggiore di artiglieria, rappresentante diplomatico presso il Negus.

FRANCIA

Parigi -TORNIELLI-BRUSATI DI VERGANO conte Giuseppe, ambasciatore; POLACCO Giorgio, consigliere; PAULUCCI DE' CALBOLI conte Raniero, segretario; CAHEN Teofilo Rodolfo, marchese di ToRRE ALFINA, segretario; ANciLOTTo conte Giuseppe, segretario; MANZONI Gaetano, addetto; SFORZA Carlo, addetto; MARTIN FRANKLIN Alberto, addetto; N.N., addetto militare; BrANco Augusto, capitano di vascello, addetto navale.

GERMANIA

BerLino -LANZA conte Carlo, tenente generale, senatore, ambasciatore; MELEGARI Giulio, consigliere; MATTIOLI-PASQUALINI Alessandro, segretario; 0RSINIBARONI Luca, addetto; SERRA Attilio, addetto; GASTALDELLO Annibale, tenente colonnello di stato maggiore, addetto militare.

GIAPPONE

Tok'io -ORFINI conte Ercole, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; CoBIANCHI Vittore, segretario; CASATI Luigi, interprete.

GRAN BRETAGNA

Londra -BoTTARo-CosTA conte Francesco, consigliere, incaricato d'affari; QUARTo DI BELGIOIOso Antonio, conte del Vaglio, segretario; RUSPOLI (dei principi) Mario, segretario; SACERDOTI (dei conti di Carrobio) Vittorio, addetto col titolo di segretario; BIANCo Augusto, capitano di vascello, addetto navale.

GRECIA

Atene -AvARNA duca Giuseppe, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; NoBILI Aldo, segretario; ARRIVABENE-VALENTI-GONZAGA conte Carlo, addetto; SIGNORILE Vittorio, tenente colonnello di. stato maggiore, addetto militare (residente a Costantinopoli).

GUATEMALA

Guatemala -RoGERI DI VILLANOVA (dei conti) Filippo, ministro residente.

HONDURAS

RoGEiu Dr VILLANOVA (dei conti) Filippo, ministro residente (residente a Guatemala).

LUSSEMBURGO

GALVAGNA barone Francesco, inviato straordinario e ministro plenipotenziario (residente a L'Aja).

MAROCCO

Tangeri -MALMUSI Giulio, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; GIANATELLI GENTILE Agesilao, interprete.

MESSICO

Città del Messico-MAGLIANO Roberto, conte di Villar San Marco, inviato straordinario e ministro plenipotenziario.

MONACO

SJMONDETTr Melchiorre, console generale (residente a Nizza).

MONTENEGRO

Cettigne -BIANCHI DI CAsTELBIANCO marchese Francesco, inviato straordinario e ministro plenipotenziario.

NICARAGUA

RoGERI DI VILLANOVA (dei conti) Filippo, inviato straordinario e ministro plenipotenziario (residente a Guatemala).

PAESI BASSI

L'Aja -GALVAGNA barone Francesco, inviato straordinario e ministro plenipotenzi.ario; BRUNO Luigi, segretario.

PARAGUAY

MALASPINA DI CARBONARA marchese Obizzo, inviato straordinario e ministro plenipotenziario (residente a Buenos Ayres).

PERSIA

Teheran -MAISSA Felice, ministro residente.

PERU'

Lima -PrRRONE Giuseppe, inviato straordinario e ministro plenipotenziario.

PORTOGALLO

Lisbona -GERBAIX DE SoNNAZ conte Carlo Alberto, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; SALLIER DE LA TouR Giuseppe, duca di Calvello, segretario.

RUMANIA

Bucarest -BECCARIA INCISA (dei marchesi) Emanuele, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; BAROLI Carlo, segretario; SIGNORILE Vittorio, tenente colonnello di stato maggiore, addetto militare (residente a Costantinopoli).

RUSSIA

Pietroburgo -MoRRA Dr LAVRIANO E DELLA MoNTÀ Roberto, tenente generale, senatore, ambasciatore; CALVI DI BERGOLO tonte Giorgio Carlo, consigliere; CELESIA DI VEGLIASCO barone Alessandro, segretario; TOMASI DELLA TORRETTA Pietro, addetto; NASALLr-RoccA conte Saverio, tenente colonnello, addetto militare.

SALVADOR

RoGERI DI VILLANOVA (dei conti) Filippo, ministro residente (residente a Guatemala).

SERBIA

Belgrado -MAYOR DES PLANCHES Edmondo, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; N.N., segretario; DEL MASTRO Cesare, tenente colonnello, addetto militare (residente a Vienna).

SIAM

Bangkok -DE REGE Dr DONATO (dei conti) Alessandro, ministro residente.

SPAGNA

Madrid -AvoGADRO DI CoLLOBIANO ARBORio (dei conti) Luigi, ambasciatore; FRrozzr marchese Lorenzo, principe di Cariati, segretario; DE BosDARI conte Alessandro, segretario; Dr MoNTAGLIARI marchese Paolo, addetto col titolo di segretario.

STATI UNITI

Washington -FAVA barone Saverio, senatore, ambasciatore; CARIGNANI (dei duchi di Novoli) Francesco, segretario; ALIOTTI Carlo, addetto col titolo di segretario; CoRrNALDI (dei conti) Leopoldo, addetto onorario.

SVEZIA E NORVEGIA

Stoccolma -GuAsco DI Brsro (dei marchesi) Alessandro, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; FIORAVANTI (dei marchesi) Carlo, addetto onorario.

SVIZZERA

Berna -RrvA Alessandro, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; BERTI Emanuele, segretario; NEGROTTO CAMBIASO Lazzaro, addetto; GARBASSO Carlo, addetto; N.N., addetto militare.

TURCHIA

CostantinopoLi -PANSA Alberto, ambasciatore; GALLINA conte Giovanni, segretario; CARLOTTI marchese Andrea, segretario; CARACCIOLO DI CASTAGNETO duca Gaetano, addetto onorario; CANGIÀ Alfredo, interprete; SIGNORILE Vittorio, tenente colonnello di stato maggiore, addetto mHitare.

URUGUAY

MALASPINA DI CARBONARA marchese Obizzo, inviato straordinario e ministro plenipotenziario (residente a Buenos Ayres).

VENEZUELA

Ca1·acas -RIVA Giovanni Paolo, ministro residente.

APPENDICE II

UFFICI DEL MINISTERO DEGLI AFFARI ESTERI CONSIGLIO DEL CONTENZIOSO DIPLOMATICO

(Situazione al gennaio 1901)

MINISTRO VrscoNTI VENOSTA marchese Emilio, senatore del Regno.

SOTTOSEGRETARIO DI STATO FusrNATo Guido, deputato al Parlamento.

SEGRETARIO GENERALE ~NIALVANO Giacomo, consigliere di Stato, senatore del Regno.

SEGRETARIO PARTICOLARE DI S. E. IL MINISTRO BAJNOTTI Paolo, console di l" classe.

SEGRETARIO PARTICOLARE DI S. E. IL SOTTOSEGRETARIO DI STATO MORI UBALDINI ALBERTI conte Alberto.

DIVISIONE I

Affari Politici

Direttore capo di divisione: BrANCHINI Domenico.

SEZIONE I

Europa e colonie, Africa, Asia ed Oceania Apertura della corrispondenza -Carteggio in materia politica -Stipnla zione e interpTetazione dei trattati politici -Pubblicazione di documenti

diplomatici -Reclami di carattere politico verso governi straniert Espulsioni di natura politica -Rettifiche ed accertamenti di frontiere Rassegna della stampa politica nazionale ed estera -Cifrari coi regi uffici all'estero -Tipografia del Ministero

Capo sezione: FAsSATI DI BALZOLA (dei marchesi) Ferdinando. Segretari: KocH Ernesto, VoLTATTORNI Gabriele. Vice Segretario: MAESTRI MoLINARI marchese Francesco. Addetti all'ufficio: ARTOM Ernesto, addetto onorario di legazione; TKALAC Eme

rico, interprete di la classe. Direttore della tipografia: ALFERAZZI Giacomo Antonio. Ufficiali d'ordine: FERRERO Camillo; BoNGIOVANNI Emilio; ZUCCHETTI Pietro;

CLAUS Giuseppe.

SEZIONE II

America Come nella sezione I, nei rapporti cogli Stati d'America

Capo sezione: SERRA (dei conti) Carlo. Segretario: CANONico Edoardo. Vice segretario: LEVI Giorgio (col titolo di segretario di legazione). Addetto all'ufficio: LEccA Giulio, vice console di l a classe.

Attribuzioni comuni alle due sezioni: telegrafo e cifra.

SEZIONE AUTONOMA AFFARI COLONIALI

Eritrea, Somalia Italiana, Benadir e protettorati -Amministrazione di essi -Carteggio politico ed amministrativo in materia coloniale -Possedimenti, occupazioni, protettorati, determinazioni di confini e di sfere d'influenza in Africa -Clausole degli atti di Berlino e di Bruxelles Tratta degli schiavi -Pubblicazione di documenti diplomatici relativi a questioni coloniali -Spedizioni geografiche ed esplorazioni in Africa Colonizzazione -Personale coloniale -Preparazione delle leggi e dei decreti sull'ordinamento della Colonia Eritrea -Bilancio e contabilità coloniali -Protocollo ed archivio dell'ufficio.

Capo dell'ufficio: AGNESA Giacomo, ufficiale coloniale di l a classe. Segretari: RANDACCIO Ignazio; CoNTARINI Salvatore.

Addetti all'ufficio: PRINETTI conte Emanuele, segretario di legazione; BoDRERO Alessandro, capitano dei bersaglieri; MARCHISIO Ernesto, ufficiale coloniale di 5a classe; FABOZZI Eugenio, commesso coloniale di 3" classe; BERTOLETTI Ernesto, commesso coloniale di 4• classe; CIOPPI Bernardo, commesso coloniale di 5a classe; FESSAIÈ Giorgio, interprete.

Ufficiale d'ordine: SoRMANI Gilberto.

DIVISIONE II

Affari commerciali, emigrazione e scuole

Direttore capo di divisione: PucciONI Emilio.

SEZIONE I

Affari commerciali

Carteggio relativo aUa stipuiazione e interpretazione degli atti internazionali di natura commerciale, indust1·iaie, ferrovia1·ia, telegrafica, postale -Studi di politica commerciale -Pubblicazioni di indole economica -Esposizioni -Sconfinamenti doganali -Sanità pubblica.

Capo sezione: PASSERA Oscarre. Segretari: ANDREOZZI conte Pietro; ANIELLI Lorenzo. Ufficiale d'ordine: FILIPPINI Garibaldo.

SEZIONE II

Emigrazione

Emigrazione e colonie -Associazioni ed istituti all'estero, eschtse le scuole -Censimento -Indagini statistiche relative aii'emigmzione Bollettino dei ministero degli affari esteri.

Capo sezione: PELUCCHI Carlo.

SEZIONE III

Scuole

Istitnti scolastici governativi all'estero, loro ordinamento e direzione didattico-disciplinare -Istituzione e soppressione di scuole -Locali scolastici -Materiale didattico e scientifico -Personale insegnante -Depu

tazioni scolastiche -Concorsi -Ispezioni -Posti gratuiti e semigratuiti dall'estero pe1· l'inte1·no -Amministrazione, contabilità, bilanci delle scuole -Decreti e mandati relativi. Istituti sussidiati all'estero -Sussidi ordinari e straordinari a scuole coloniali, private e confessionali -VigiLanza sulle medesime, ispezioni di esse. Palestre ginnastiche -Biblioteche all'estero -Regio istituto orientale di Napoli -Regio istituto internazionale di Torino. Annuario delle scuole all'estero -Statistiche -Relazioni al Ministro e al Parlamento -Protocollo ed archivio dell'ufficio.

Ispettore generale delle regie scuole italiane all'estero: ScALABRINr Angelo,

R. provveditore agli studi.

Segretario: BoccoNI Luigi.

Addetti all'ufficio: AVATI marchese Giulio, vice console di l" classe; DELLA ToRRE nr LAVAGNA conte Giulio, segretario di legazione di 2• classe; FIORETTI Vittorio, vice segretario di ragioneria di 1• classe; SuGLIANI Augusto, vice segretario di ragioneria di 2" classe; FRANZETTI Attilio, vice segretario di ragioneria di 2a classe.

Ufficiali d'ordine: BARBERI F,rancesco; VIGNOLO Edoardo.

DIVISIONE III

Affari privati

Direttore capo di divisione: VACCAJ Giulio.

SEZIONE I

Europa, Africa, Asia ed Oceania

Questioni ed affari di nazionalità, di estradizione, di protezione consolare, di successioni, di stato civile e d'ogni altro ordine non politico nè commerciale -Rogatorie -Pensionati all'estero -Atti giudiziari -Atti di Stato civile -Stipulazione ed interpretazione di trattati relativi a dette materie.

Capo sezione: DE GAETANI Davide.

Segretario: Rrccr Arturo. Addetti all'ufficio: RrzzETTo Rizzardo, console di 2• classe; RossET Giuseppe, vice console di la classe; GRABAU Enrico, vice console di 3a classe. Ufficiali d'ordine: SANDRUCCI Lorenzo; BENFENATI Evaristo; CAMETTI Alberto; FIOCCARDI Cesare.

SEZIONE II

America Come nella sezione I, nei rapporti cogli Stati d'America.

Capo sezione: LANDI-VITTORJ Vittorio. Segretari: DURAND DE LA PENNE marchese Enrico; SARTORI Francesco.

DIVISIONE IV

Personale

Direttore capo di divisione: BARILARI Federico.

SEZIONE I

Personale

Personale di ogni categoria dipendente dal ministero degli affari estert (escluso il personale delle scuole e il personale coloniale) -Esami Annuario del ministero e bollettino del personale -Istituzione e soppressione di posti diplomatici e consolari -Servizio d'ispezione dei regi uffici all'estero -Uffici diplomatici e consolari esteri in Italia -Regi

strazione degli atti pubblici -Protocollo ed archivio dell'ufficio.

Capo sezione : BERTOLLA Cesare. Segretario: DECIANI Vittorio Tiberio. Vice segretario: SANDICCHI Pasquale. Archivisti: ZAVEL DE LouVIGNY Filippo Antonio; PEROTTI Felice. Ufficiale d'ordine: FANTOLINI Leopoldo.

SEZIONE II

Cerimoniale

Cerimoniale -Lettere reali -Redazione di pieni poteri, credenziali, lettere di richiamo, ecc. -Decorazioni italiane e stranie1·e -Privilegi e Immunità degli agenti diplomatici e consolari -Franchigie in materia doganale ai regi agenti all'estero e agli agenti stmnieri in Italia -Visite e passaggi di sovrani, principi, capi di Stato e grandi pe1·sonaggi -Richieste per viaggi in strada ferrata e per viaggi ma1·ittimi degli impiegati.

Capo sezione: BROFFERIO Tullio.

Segretario: VALENTINI Claudio.

Ufficiale d'ordine: BRANCO Pasquale.

SEZIONE III

L egaHzzazioni

LegaHzzazioni di atti di st-ato civile provenienti sia dall'estero che dall'interno -Atti di stato civile di stranieri in ItaLia -Registri di stato civile -Liste di cittadini morti alL'estero -Passaporti di servizio Riconoscimenti di firme.

Capo sezione: N.N. Archivista: DE GREGORIO Francesco. Ufficiale d'ordine: MoRONE Vittorio.

DIVISIONE V

Ragioneria

Direttore capo di divisione: BELLISOMI Ludovico.

SEZIONE I

Bilancio dell'entrata -Riscossioni e versamenti proventi consolari Cassa e oggetti di valore -Accettazione e incasso di cambiaLi -Conti correnti coi regi agenti all'estero -Conto corrente colla tesoreria centrale -Conti colle società di navigazione -Crediti su case bancarie estere -Conti giudiziali -Stipendi e assegni al personale consolare, agli interpreti e agli ufficiali d'ordine all'estero -Proventi dell'ufficio " legalizzazioni » -Corrispondenza e relativa copia.

Capo sezione: BoNAMICO Cesare. Segretario: CASA DIO Carlo. Vice segretari: VINARDI Giuseppe (cassiere); MARCONI Alfredo; CRIVELLAR! Qui

rino; RrNVERsr Romolo; VERDESI Ettore.

SEZIONE II

Bilancio della spesa -Tariffa consolare -Pensioni -Inventari -Contabilità, viaggi, stabilimenti, missioni -Stipendi al personale del ministero, stipendi e assegni al personale delle delegazioni -Copia mandati Conto articoLi -Situazione decadale dei fondi-Sussidi diversi -Mandati di pagamento per l'economato e la biblioteca -Protocollo e archivio della divisione -Corrispondenza e relativa copia.

Capo sezione: CALVARI Ludovico. Segretari: D'AVANZO Carlo; FANO Alberto.

Vice segretari: CASONI Enrico; DE SANTis Paolo; CARDARELLI Lorenzo.

Attribuzioni comuni alle due sezioni: Revisione deLta contabiLità degli uffici diplomatici e consolari all'estero -Decreti e mandati di pagamento -Palazzi all'estero -Corrispondenza e relativa copia.

ARCHIVIO

Distribuzione della corrispondenza ordinaria -Registrazione e sunto delle carte in arrivo e in partenza -Ricerca di precedenti -Rubriche per ragione di luogo, di materia e di persone -Trasmissioni -Spedizione Conservazione e incremento delle collezioni manoscritte del ministero e degli uffici all'estero -Ricerche storiche -Sunti, memorie, compilazioni archivistiche -Recupero di atti e carte di Stato -Copie, duplicati e autenticazioni -Conservazione degli originali degli atti internazionali conclusi dal Regno d'Italia e dagli antichi Stati italiani -Raccolta delle circolari ministeriali e delle disposizioni di massima -Archivi degli uffici all'estero e inventari (esclusi i libri ed il mobiLio) -Conservazione dei registri di stato civile dei nazionali all'estero -Provvista di stampati agli uffici diplomatici e consola1·i all'estero per la formazione di detti registri -Statistiche della corrispondenza e degli atti d'ufficio.

Direttore: GoRRINI Giacomo (con grado fisso di capo divisione di 2rr classe). Capo sezione: BARILARI Pompeo. Archivisti; BENEDETTI Carlo; PASANISI Francesco; SILVANI LORENI Demetrio. Ufficiali d'ordine: CIACI Romolo; DE SANGRO Alberto; OsTINI Alessandro; GRA

ZIOSI Luigi; PANVINI-RosATI Mario; CoLELLA Achille; ANGELONE Francesco.

SPEDIZIONE

Trasmissioni -Spedizioni periodiche -Francature e franchigie postali Svincoli doganali.

Archivista: MARCONE Gabriele Antonio, corriere di gabinetto.

BIBLIOTECA

Conservazione ed incremento della biblioteca del Ministero e di quelle dei regi uffici all'estero -Inventari, cataloghi, schedari -Associazioni a giornali e riviste -Provvista di libri e pubblicazioni agli uffici diplomatici e consolari -Scambi di pubblicazioni con altri Ministeri od istituti del Regno o di Stati esteri -Conservazione delle pubblicazioni del Ministem.

Bibliotecario: PASQUALUCCI Loreto, con grado fisso di capo sezione di 2a classe. Ufficiale d'ordine: RANUCCI Umberto.

37 -Documenti diplomatici -Serie III -Vol. IV

ECONOMATO

Inventari degli oggetti esistenti at Ministero -Contratti -Acquisto di

mobili -Manutenzione dei locali -Magazzino -Personale di servizio.

Economo : DE ANGIOLI Eugenio.

Ufficiale d'ordine: PETRuccr Carlo.

CONSIGLIO DEL CONTENZIOSO DIPLOMATICO

Presidente: VISCONTI VENOSTA marchese Emilio, senatore del Regno, ministro degli Affari Esteri. Vice presidente: BrANCHERI Giuseppe, deputato al Parlamento.

Consiglieri: BoccARDO Girolamo, senatore del Regno, consigliere di Stato; CANONICo Tancredi, senatore del Regno, presidente di sezione della Corte di cassazione di Roma; CAPPELLI marchese Raffaele, deputato al Parlamento; DAMIANI Abele, senatore del Regno; FE' n'OsTIANI conte Alessandro, senatore del Regno, inviato straordinario e ministro plenipotenziario in ritiro; FINALI Gaspare, senatore del Regno, presidente della Corte dei conti; GABBA Francesco, professore di diritto civile nella R. Università di Pisa; INGHILLERI Calcedonio, senatore del Regno, consigliere di Stato; PAGANO GUARNASCHELLI Giambattista, senatore del Regno, primo presidente della Corte di cassazione di Roma; PIERANTONI Augusto, professore di diritto internazionale nella R. Università di Roma, senatore del Regno; PoMPILJ Guido, deputato al Parlamento; Pozzr Domenico, avvocato, deputato al Parlamento; SANMINIATELLI conte Fabio, inviato straordinario e ministro plenipotenziario onorario; SAREDo Giuseppe, senatore del Regno, presidente del Consiglio di Stato.

Segretario: FASSATI DI BALZOLA (dei marchesi) Ferdinando, capo sezione di l a classe nel ministero degli Affari Esteri.

Archivista: BoNGIOVANNI Emilio, ufficiale d'ordine di 2a classe nel ministero degli Affari Esteri.

APPENDICE III

AMBASCIATE E LEGAZIONI ESTERE IN ITALIA

(Situazione at gennaio 1901)

Argentina -MoRENO Enrique B., inviato straordinario e ministro plenipotenziario; ZAVALIA Carlos E., primo segretario; BENITEZ DE ALVEAR Adamo, secondo segretario.

Austria-Ungheria -PASETTI VON FRIEDENBURG barone Marius, ambasciatore; KUHN VON KUHNENFELD barone Otto, consigliere; RIEDL VON RIEDENAU barone Franz, segretario; LowENTHAL VON LrNAU conte Heinrich, segretario; VON LEDERER-TRATTUERN barone Otto, segretario; SzÀPÀRY conte Friedrich, addetto; MARENZI DI TAGLIUNO e TALGATE conte Francesco, tenente colonnello, addetto militare; BASELLI voN SussENBERG barone Vietar, capitano di fregata, addetto navale.

Baviera -voN TucHER barone Heinrich, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; voN RrTTER barone Otto, consigliere.

BeLgio -VAN Loo Augustus, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; GRENIER barone Alberic, consigliere; RooMAN D'ERTBUER Maurice, primo segretario; LEJEUNE Jules, secondo segretario.

BrasiLe -REGrs DE OLIVEIRA Francisco, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; DE BARROS MOREIRA Alfredo, primo segretario; REGIS DE 0LIVEIRA Raoul, secondo segretario.

Cile -SANCHEZ FoNTECILLA Mariano, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; GREZ Victorio, primo segretario; Rws-GoNZALEs Mattia, secondo segretario.

Cina -Lo FENG LuH Chi-Chen, inviato straordinario e ministro plenipotenziario, (residente a Londra); Lou Hsiao-Meng, addetto; LrN Wen-Yu, addetto.

Danimarca -VAN REVENTLOW conte Ferdinand Julius Gottlieb, inviato straordinario e ministro plenipotenziario.

Equatore -VENEGAs Vilfrido, inviato straordinario e ministro plenipotenziario.

Francia -BARRÈRE Camille, ambasciatore; LE GRAND Albert, primo segretario; TRUMET DE FoNTARCE François-René, segretario; LAROCHE Jules-Alfred, terzo segretario; GATINE Lucien-Jacques-Marie, terzo segretario; DE LA CROIX DE RAVIGNAN Marie-André-Jean, addetto; GrRARD-PINSONNIÈRE Félix, colonnello del genio, addetto militare; JoussELIN Lucien, tenente di vascello, addetto navale.

Germania -VON WEDEL conte Karl, ambasciatore; VON CASTELL-RUDENHAUSEN, conte, consigliere; voN JAGOW Gottlieb, primo segretario; voN DER LANCKENWAKENITZ, barone, secondo segretario; voN BERGEN, terzo segretario; VON CHELIUs Oscar, luogotenente colonnello, addetto militare; WENTZEL Oscar, capitano di fregata, addetto navale.

Giappone -0KYAMA Tsunaské, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; NAKAYAWA Tsunejiro, primo segretario; IcHIKU Massakata, secondo segretario; KusAKABE Sankuro, terzo segretario; SAKOMIDZU Suiti, luogotenente colonnello, addetto militare; KABURAKI Makoto, capitano di vascello, addetto navale.

Gran Bretagna -CuRRIE OF HAWLEY Jord Philip, ambasciatore; BucHANAN George, primo segretario; TowNLEY Walter B., secondo segretario; LEECH Stephen, secondo segretario; GAISFORD Hugh W., terzo segretario; KIDsToN George, terzo segretario; NEEDHAM Charles, colonnello, addetto militare; GAMBLE Douglas A., capitano di vascello, addetto navale; WILLIAMS Hugh, Pigot, capitano di vascello, addetto navale; BENNET A. Percy, addetto commerciale (residente a Vienna).

Grecia -CoNDURIOTIS Dimitri, incaricato d'affari.

Guatemala -CRuz Fernando, inviato straordinario e ministro plenipotenziario (residente a Parigi); EsTRADA Domingo, segretario.

Messico -EsTEVA Gonzalo A., inviato straordinario e ministro plenipotenziario; EsTEVA Y CuEvAs Eduardo A., secondo segretario.

Monaco -DuGUÉ DE MAc CARTHY Pierre, inviato straordinario e ministro plenipotenziario.

Paesi Bassi -WESTENBERG Bernhard, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; DE LIMBURG STIRUM conte G. P., segretario.

Persia -MALCOLM Khan Nizam ed Daouleh, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; ABASS Alì Khan, segretario; FREYDOUN Khan, principe, addetto militare.

Perù -CANEVARO José Francisco, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; DE ALTHAUS Augusto, colonnello, addetto militare.

Portogallo -DE CARVALHo Y V ASCONCELLos Mattia, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; MoNTEVERDE Alfredo Achille, primo segretario.

Romania -KATARGI Alexandru, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; ZAMFIREsco Duilio, primo segretario; GHIKA Dimitri, secondo segretario; ARGETOYANO Kostantin, terzo segretario, KATARGI Alexei, addetto.

Russia -NELIDOV Alexandr Ivanovic, ambasciatore; KRUPENSKI.J Anatol Nikolaevic, consigliere; KoRFF-SCHMISSING barone Modesto, primo segretario; KELLER conte Aleksandr, secondo segretario; DE HALPERT Karl, addetto; IGNATIEV conte Alexei, addetto; BARCLY DE TOLLI-WEIMARN, principe, addetto; TRUBEZKOIJ principe Nicolaj, tenente colonnello di stato maggiore, addetto militare; NELIDOV Ivan, luogotenente di vascello, addetto navale.

Se1·bia -BARLOVATZ G. M., inviato straordinario e ministro plenipotenziario.

Siam -PHYA SuRIYA Nuvatr, inviato straordinario e ministro plenipotenziario (residente a Parigi); CoRRAGIONI D'ORELLI Carlo, consigliere; PHRA SRIDHAMAsANA, segretario.

Spagna -DuPuy DE LÒME E., ambasciatore; ALVAREZ Y MoYA Miguel, conte di Chacon, primo segretario; GuTIERREZ DE AGUERA Y BAYO Francisco, secondo segretario; DE LA GANDARA y PLAZAOLA, marchese de la Gandara, José, addetto; FERRATGES Y DoMINGUEZ Alvaro Roberto, addetto; VALLES Y SoLER DE ARAGON Camillo, colonnello, addetto militare.

Stati Uniti -WALCOTT R., ambasciatore; IDDINGS Lewis Morris·, primo segretario; PARSONS Richard Chappel, secondo segretario; BEEHLER W. H., capitano di corvetta, addetto navale.

Svezia e Norvegia -DE BILDT barone Karel Nils Daniel, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; DE WEIDENHIELM Ernest G., capitano, addetto militare; MowrNCKEL U., addetto.

Svizzera -CARLIN Gaston, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; DEUCHER Walter, primo segretario; PROBST Ernst, addetto.

Tu1-chia -REcnm bey Mustafà, ambasciatore; PANGIRIS bey Costaki, consigliere; OHANNEs bey Couyoumgian, primo segretario; RECHID Saadi bey, secondo segretario; IBRAHIM SAMIH bey Schinik Zadè, terzo segretario; MoNVAVIF bey Halil, terzo segretario; RrFAAT bey Ahmed, addetto militare.

U1·uguay -MuN'oz Daniele, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; RoVIRA Enrique, primo segretario; CASALIA José Agostino, addetto; SAEZ Carlos, addetto; SosA DrAZ Alessandro, addetto.